.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


 

 

 

 

 

 

 

.

contemporanea


N. 61 - Gennaio 2013 (XCII)

Il XX BATTAGLIONE ERITREO
L’IMPRESA D’ETIOPIA secondo MONTANELLI

di Massimo Manzo

 

Nel maggio del 1935 il ventiseienne Indro Montanelli si imbarcava come volontario per l’Africa orientale partecipando alla conquista italiana dell’Etiopia, il cui inizio era ormai imminente. Da questa straordinaria avventura, che lo stesso Montanelli ricorderà sempre con nostalgia negli anni seguenti, nacque un romanzo particolarissimo, intitolato “XX battaglione eritreo”, dal nome dell’unità indigena alla quale il giovane fu assegnato col grado di sottotenente.

 

Il libro, pubblicato da una piccola casa editrice nel periodo in cui il suo autore si trovava ancora in Africa, ebbe un notevole successo in patria, tanto da ricevere entusiastiche recensioni da parte di esponenti importanti della cultura italiana dell’epoca. Fino a tempi recentissimi, però, non fu più pubblicato, entrando nel limbo delle opere semisconosciute del grande giornalista toscano.

 

Tra le pieghe di questo romanzo, che sarebbe più opportuno definire un insieme di racconti brevi e di memorie, si scorge una visione originalissima dell’impresa coloniale italiana, lontana sia dai resoconti ufficiali delle battaglie, sia da alcuni memoriali, spesso di scarsa qualità letteraria e infarciti di vuota retorica. Al contrario, in XX battaglione eritreo, Montanelli racconta una guerra diversa, la “sua guerra” in Africa, vissuta in prima persona in mezzo agli eritrei della sua unità.

 

Con uno stile già inconfondibile, ma ancora grezzo, il giornalista di Fucecchio riesce così a coinvolgere il lettore trascinandolo in un mondo fatto di paesaggi maestosi e personaggi che sembrano usciti da un racconto di Kipling: dal maggiore Gonella, comandante di ferro del XX e veterano di molte campagne africane, a Tesemmà Uorché, vecchio e fedelissimo ascaro.

 

Sono due i protagonisti assoluti del racconto montanelliano: la natura dell’Eritrea e dell’Etiopia, aspra e selvaggia, e gli ascari che compongono il battaglione, la cui devozione agli italiani rasenta l’idolatria. Nei riguardi della prima, Indro appare a tratti stupito dalla sua spoglia magnificenza, riuscendo spesso a descriverla efficacemente in poche righe.

 

Sono soprattutto i monti del Tigrai, nell’altopiano etiope, a colpire l’immaginazione di Montanelli, ispirando alcune delle pagine più poetiche dell’intera opera. Di notte, esso assume un fascino particolare: “quando si veglia ai margini del bivacco e tutto s’accende di fuochi che lo punteggiano, come fossero gli occhi fosforescenti di un immenso mostro silenzioso. Han ragione gli ascari che nei loro canti se lo rappresentano come l’ultimo epigono di una razza di giganti partoriti direttamente dalla Terra che li concepì in un amplesso smisurato col Cielo e gli danno voci e sensi e aspirazioni umane. È vivo, infatti, il Tigrai, anche se sono spenti i crateri dei suoi enormi vulcani. E credo anch’ io a quel che si dice: che, sotto la pelle dura, fluisca un sangue ricco di ferro che ogni tanto spumeggia anche, e s’incrosta alla superficie”.

 

Nei confronti degli ascari eritrei al seguito delle truppe italiane Indro assume un atteggiamento estremamente curioso, che lo porta a descriverne in modo vivido ed accurato i comportamenti, le abitudini, il carattere. Guerrieri coraggiosi per natura, gli ascari hanno una mentalità fortemente condizionata da superstizioni e riti difficili da decifrare per un occidentale. Usanze tipiche di una società preindustriale che non possono lasciare indifferente un acuto osservatore come Montanelli.

 

Gli ascari considerano inoltre i loro superiori bianchi alla stregua di semidei, talché il comportamento degli ufficiali italiani in loro presenza deve essere ben diverso da quello al quale sono stati abituati nelle accademie. Per guadagnarsi il rispetto degli ascari il “Goitana” bianco non può tradire la minima esitazione nei momenti difficili, e quando occorre deve amministrare la giustizia in modo imparziale, mostrando freddezza ed inflessibilità:

 

Coll’ascaro quel po’ di crosta democratica, che anche in noi italiani è qua e là attaccata, deve cadere. Tu, ufficiale, ricordati che sei <<Goitana>> e impara – è l’ascaro stesso che te lo insegna – che questa parola racchiude un concetto non europeo. Goitana è tutto: non soltanto <<signore>> come in genere si crede, o per lo meno non è <<signore>> che nel senso più alto, qualcosa che sta al disopra, il motore immobile, l’Assoluto […] Se non sei attore, devi imparare a diventarlo: devi apparire il più forte, il più coraggioso, il più saggio. Il primo incontro con queste truppe, con quell’imperativo categorico ch’esse t’impongono d’essere un Dio, ti dà quasi le vertigini. È difficile far l’idolo…

 

Si instaura così uno strano dialogo tra ufficiali e indigeni, che inevitabilmente conduce ad un forte legame e ad una comprensione profonda della reciproca diversità, cementata dalla guerra combattuta insieme. Proprio gli avvenimenti bellici, in XX battaglione eritreo, appaiono quasi sempre sullo sfondo, e sono vissuti solo a sprazzi, come nel caso del racconto dell’eroica morte del capitano Ghizzoni, narrata come un intermezzo. L’unità di cui fa parte Montanelli, d’altronde, fu impegnata raramente in prima linea e svolse soprattutto operazioni di retroguardia scontrandosi il più delle volte con un nemico già in fuga.

 

Per ricostruire la guerra in Etiopia oggi esiste una numerosa bibliografia, anche molto accurata; ben più importante per il lettore moderno è invece conoscere, attraverso il racconto di Montanelli, il sentimento che animò la generazione alla quale apparteneva rispetto all’impresa d’Abissinia, considerata come un vero e proprio riscatto nazionale dopo l’onta subita ad Adua quarant’anni prima. Da ogni riga del libro traspare infatti la candida certezza di un ventiseienne convinto in buona fede della giustezza di quell’avventura e determinato a svolgere con zelo il proprio dovere.

 

Leggendo XX battaglione eritreo inoltre, si possono comprendere a pieno le posizioni mantenute negli anni da Montanelli sul fenomeno del colonialismo italiano, che lo portarono fino alla tarda età ad un’aspra polemica con lo storico Angelo del Boca.

 

La permanenza di Indro in terra d’Africa durò quasi due anni, nei quali scrisse tantissimo. Fu alla fine di quel periodo, però, che la sua fede nel fascismo cominciò a incrinarsi. Con essa, terminarono anche le certezze e le illusioni della sua gioventù.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.