N. 33 - Settembre 2010
(LXIV)
Camillo Berneri
l’Anarchico dall’ethos liberale
di Domenico Letizia
Camillo
Berneri,
un
anarchico
sincero,
di
quelli
che
dovrebbe
essere
considerato
culturalmente
e
politicamente
alla
pari
di
Gobetti
e
Gramsci.
Invece
la
sua
figura
soprattutto
agli
studenti
è
sconosciuta.
Ripercorriamone
allora
la
storia
e il
pensiero.
Berneri
era
nato
il
20
maggio
1897.
Quindicenne
era
seguace
del
socialista
reggiano
Prampolini,
e
nel
1915
si
trovò,
ad
una
riunione
antimilitarista,
costernato
davanti
a
due
manifestanti
morti.
Torquato
Gobbi
gli
fu
maestro,
lungo
la
via
Emilia,
sotto
questi
portici
convenne
d’essere
nato
anarchico
entusiasta.
Anche
perciò
si
sposò
minorenne,
ad
Arezzo,
con
un’allieva
della
madre.
Arruolato
nella
Grande
Guerra
continuò
a
diffondere
la
propaganda
libertaria,
scoperto,
venne
spedito
in
prima
linea
e
ferito.
Quindi,
a
guerra
finita,
venne
confinato
dalla
Regia
Questura
a
Pianosa,
insomma
un
anarchico
schedato.
A
fianco
di
Malatesta
e
Fabbri,
che
l’amavano
come
un
figlio,
fu
avversario
della
tirannia
fascista.
Ma
Berneri
era
un
anarchico
troppo
libertario
perfino
per
gli
anarchici.
Amante
della
cultura
e
della
politica
si
laureò
con
Gaetano
Salvemini
e
divenne
amico
di
Ernesto
Rossi,
Gobetti
e
Rosselli.
Berneri
intervenne
nel
dibattito
sulla
religione,
la
generalità
degli
anarchici
si
professava
atea,
lui
riteneva
il
concetto
di
ateismo
errato,
una
nuova
teologia,
si
considerava
agnostico,
lui
non
pensava
a
Dio.
La
maggior
parte
degli
anarchici
erano
a
favore
di
un
economia
comunista,
collettivista
e
molte
volte
ricca
di
elementi
marxisti,
lui
si
considerava
un
anarchico
liberista
(questo
termine,
questo
liberismo
non
va
assolutamente
confuso
con
il
neo-liberismo
e
con
il
capitalismo
nazionalista
e
assistenzialista
del
900),
Berneri
voleva
la
concorrenza
tra
lavoro
e
commercio
cooperativi
e
individuali
e
condannava
ogni
forma
di
collettivizzazione
coatta
e
imposta,
la
sue
idee
erano
libere
da
ogni
pensiero
staliniano
(concedetemi
il
termine).
Profondamente
anarchico
negava
l’autorità
di
ogni
Stato
centrale,
però
studiava
e
teorizzava
forme
di
stato
federale
e
con
forte
autonomia,
senza
mai
ricredersi
sul
male
dello
stato
e
dello
statalismo.
Non
era
simpatico
ai
comunisti,
e
nemmeno
lui
guardava
con
piacere
a
quelle
idee,
considerava
questa
ideologia
bigotta,
ottusa
e
profondamente
dispotica,
e
sulla
cultura
proletaria
diceva:
«Non
contenti
della
“anima
proletaria”,
hanno
tirato
fuori
“la
cultura
proletaria”».
Un
anarchico
così,
ovviamente,
era
profondamente
antifascista
e
antitotalitarista
e il
fascismo
gli
negò
la
cattedra
e
iniziò
a
perseguitarlo.
Nel
1928,
espulso
in
Belgio,
elogiò
l’attentato
al
principe
Umberto
di
Savoia
e,
con
gli
evasi
di
Lipari
di
Giustizia
e
Libertà,
fu
implicato
nel
progetto
d’attentato
al
ministro
Rocco,
finì
altri
mesi
in
prigione.
Prese
parte
alla
guerra
di
Spagna,
partecipò
ai
combattimenti
come
semplice
miliziano.
Mediò
i
contrasti
tra
gli
anarchici
e
Giustizia
e
libertà;
e
avversò
gli
omicidi
stalinisti;
e
quindi
Togliatti,
che
Berneri
riconobbe
per
il
professorino
pedante,
di
«perentorietà
asinesca»,
che
era.
Le
gesta
che
gli
costarono
la
vita.
Eppure
in
Italia
abbondano
le
vie
intitolate
a
quel
“figlio
di
Stalin”
Togliatti
e
agli
altri
complici
dei
suoi
peccati.
Non
ce
n’è
un
granché
dedicate
a
Berneri.
La
storia
parla
di
Togliatti
di
Berneri
no,
ovviamente
la
storia
ufficiale
quella
dei
governanti.
Berneri
culturalmente
non
aveva
nulla
da
invidiare
ai
grandi
del
liberalismo
e
del
comunismo,
e
come
ha
indicato
Nico
Berti
se
le
sue
opere
non
sono
così
dettagliate
come
quelle
di
Gramsci
è
solo
perché
Berneri
è
stato
sempre
in
prima
linea
a
combattere
contro
tutti
i
fascismi.
L’invito
che
lancio
è
quella
di
creare
una
Fondazione
a
Camillo
Berneri,
penso
che
sia
nostro
dovere
farlo.