N. 143 - Novembre 2019
(CLXXIV)
9 novembre 1989
quando
il
novecento
crollò
sotto
il
muro
di
Daniele
Milella
Alle
ore
18:00
del
9
novembre
1989
il
Ministro
della
Propaganda
della
Germania
Est,
tenne
una
conferenza
stampa
in
cui
annunciò
in
diretta
tv
che
sarebbe
stato
possibile
attraversare
il
confine
con
la
Germania
Ovest.
I
Berlinesi
della
zona
Est
(quella
sotto
l’influenza
Sovietica)
udito
l’annuncio,
si
riversarono
in
massa
verso
quel
muro
che
bloccava
il
passaggio
dall’altra
parte,
da
ben
28
anni.
Fu
una
festa
per
tutti
i
Berlinesi
che
non
più
divisi,
si
riabbracciavano
dopo
decenni
di
costrizione
ideologica.
All’indomani
della
fine
della
Seconda
Guerra
Mondiale,
le
potenze
vincitrici
del
conflitto,
divisero
l’Europa
che
durante
il
conflitto
era
stata
quasi
totalmente
occupata
dai
tedeschi,
in
“Sfere
di
Influenza”.
La
parte
occidentale
fu
controllata
dagli
stati
democratici
–
Regno
Unito,
Francia,
USA
–
mentre
tutta
la
parte
Orientale,
passò
sotto
il
controllo
dell’Unione
Sovietica.
Per
l’Unione
Sovietica
di
Stalin,
la
Germania
oltre
che
un
valore
strategico
ed
economico,
aveva
una
immensa
importanza
simbolica
e
politica,
perché
la
sua
disfatta
rappresentava
in
termini
simbolici
e
propagandistici,
la
sconfitta
del
Nazismo
del
cui
merito
Stalin,
voleva
essere
il
principale
beneficiario.
Non
a
caso
Stalin
aveva
voluto
che
l’Armata
Rossa
entrasse
per
prima
a
Berlino
a
tutti
i
costi,
sfidando
anche
il
tempo
e
gli
eventi.
Persino
la
morte
di
Hitler
sulla
quale
per
anni
sono
aleggiati
dubbi,
divenne
un’ossessione
per
Stalin,
il
quale
fece
di
tutto
per
dimostrarla
arrivando
a
catturare
l’ex
dentista
del
Fuhrer
perché
analizzando
i
denti
di
un
corpo
semi
carbonizzato
trovato
nel
bunker
della
Cancelleria,
certificasse
che
si
trattasse
di
quelli
del
dittatore
Tedesco.
Naturalmente
anche
le
altre
potenze
vincitrici
che
già
avevano
mal
digerito
il
“sorpasso”
di
Stalin
nella
conquista
di
Berlino,
non
avevano
alcuna
intenzione
di
lasciare
che
la
Germania
fosse
a
esclusivo
appannaggio
Sovietico.
Per
tale
ragione,
con
il
contributo
fondamentale
di
Churchill
che
fu
il
vero
Deus
ex
Machina
dei
trattati
di
pace,
decisero
di
dividere
in
due
la
Germania:
una
parte,
quella
Occidentale,
sarebbe
stata
sotto
la
“Sfera
di
Influenza”
degli
stati
democratici,
l’altra,
quella
Orientale,
sarebbe
passata
sotto
quella
della
Russia,
che
rivendicando
il
primato
della
conquista
di
Berlino,
ottenne
la
compensazione
più
corposa.
Il
confine
fra
le
“due
Germanie”
fu
costituito
formalmente
il
1°
luglio
1945
e
divise
quindi
come
sopra
accennato,
le
zone
di
occupazione
della
Germani
britannica,
statunitense
e
francese. Da
subito
sul
lato
orientale
venne
creata
una
linea
di
alte
recinzioni metalliche,
muri, fili
spinati,
fossati,
torrette
d’osservazione,
allarmi,
trappole
e
campi
minati,
creati
per
inibire
il
passaggio
degli
abitanti
della
Germania
Est
verso
la
Germania
Ovest.
Il
confine
che
aveva
ridisegnato
la
geografia
fisica
e
politica
della
nuova
Germania
che
si
era
voluta
non
più
unita,
era
pattugliato
da
50.000
guardie
armate
della
DDR
(Repubblica
Democratica
Tedesca
–
controllata
dall’Unione
Sovietica)
che
si
fronteggiavano
con
altre
decine
di
migliaia
di
guardie
e
militari
della
Germania
Ovest,
dipendenti
dal
Regno
Unito
e
degli
Stati
Uniti.
Da
subito
fu
nitido
il
divario
fra
le
due
Germanie:
se
da
un
lato,
quello
occidentale,
vi
era
un
paese
che
se
pur
sotto
l’influenza
straniera
si
avviava
verso
la
democrazia
e la
ripresa
economica;
dall’altro,
quello
orientale,
vi
era
una
nazione
che
schiacciata
sotto
il
giogo
sovietico,
subì
tutto
il
carico
di
privazioni
in
termini
di
diritti
e di
civiltà
che
il
Comunismo
infliggeva
ai
popoli
sottomessi
in
suo
nome.
Ovviamente
un
importante
numero
di
persone,
cominciò
a
varcare
il
confine
a
Est,
per
dirigersi
verso
Ovest
nella
speranza
di
sfuggire
dal
regime
comunista.
Questo
fenomeno,
indusse
quindi
le
autorità
della
Germania
Est,
a
presidiarlo
e a
rafforzarlo
fisicamente,
in
maniera
sempre
più
netta.
Nel
1953
nella
Germania
Est
scoppiò
una
rivolta
contro
il
sistema
che
fu
repressa
nel
sangue
dai
carri
armati
Sovietici,
quest’ultimo
episodio,
indusse
le
autorità
comuniste,
a
erigere
un
confine
più
solido,
che
si
concretizzò
nel
1961
con
la
conclusione
dei
lavori
della
erezione
di
un
muro
di
cemento
armato
e
filo
spinato,
che
divideva
inibendone
in
maniera
definitiva
il
passaggio,
la
parte
est
di
Berlino,
da
quella
ovest.
Nonostante
il
muro
fosse
presidiato
giorno
e
notte,
molti
Berlinesi
dell’est
tentarono
comunque
la
fuga,
ma
la
maggior
parte
di
loro
fu
arrestata
o
peggio
uccisa.
Non
vi
sono
dati
certi
sul
numero
delle
vittime,
che
sono
comunque
stimate
fra
i 98
e i
245
morti.
Questo
status
di
tirannide
imperversò
fino
all’inizio
degli
anni
Ottanta,
quando
le
crepe
già
presenti
nel
sistema
comunista,
cominciarono
ad
acuirsi.
Nel
1981
infatti,
avvenne
un
evento
dalla
portata
secolare:
il
Conclave
elesse
Papa
un
cardinale
polacco,
che
assurse
al
trono
di
Pietro
con
il
nome
di
Giovanni
Paolo
II.
Questo
evento
accese
la
miccia
della
rivolta
in
Polonia,
nella
quale
gli
operai
di
Danzica
guidati
da
Lech
Walesa
si
ribellarono
alla
dittatura
comunista
e
creando
un
nuovo
partito
che
chiamarono
“Solidarnosc”
–
che
in
polacco
significa
solidarietà
–
ottennero
delle
elezioni
democratiche
che
vinsero,
estirpando
la
tirannide
dal
territorio
polacco.
Analogamente
in
Ungheria
sulla
scia
dell’entusiasmo
accesso
dai
fatti
di
Polonia,
cominciarono
ad
attecchire
focolai
di
rivolta
contro
il
governo
comunista,
che
portarono
lo
stesso
governo
a
uscire
dapprima
dal
Patto
di
Varsavia
e
poi
con
un
lento
processo
di
autocritica,
a
liberare
nel
1988,
il
paese
dalla
dittatura.
Qualche
anno
dopo
in
Russia,
(che
già
negli
anni
Sessanta
aveva
iniziato
la
“Destalinizzazione”)
il
paese
guida
di
tutti
i
paesi
comunisti,
il
presidente
Gorbaciov
avviò
una
serie
di
riforme
che
si
riassunsero
in
due
parole
d’ordine
da
lui
coniate:
perestroika
(ristrutturazione)
e
glasnost
(trasparenza)
in
seguito
alle
quali,
impose
forti
limitazioni
al
Partito
Comunista,
consentendo
la
formazione
di
partiti
di
opposizione
e
concedendo
la
libertà
di
stampa
e di
propagazione
delle
idee.
È
chiaro
guardando
a
questi
fatti,
come
le
prime
“picconate”
al
Muro
di
Berlino
siano
state
date
proprio
da
Giovanni
Paolo
II
e da
Gorbaciov.
Le
trasformazioni
del
1989,
si
formarono
quindi
in
un
humus
politico
e
culturale,
che
maturava
già
da
alcuni
anni.
Nonostante
ciò
però,
non
già
la
eliminazione
dei
confini
fra
Est
e
Ovest
della
Germania,
quanto
le
conseguenze
che
essa
ebbe,
si
manifestarono
con
una
portata
che
i
vertici
comunisti
dell’epoca
non
avevano
calcolato,
poiché
questo
avvenimento
si
trasformò
ben
presto
da
un
affare
interno
alla
Germania,
in
una
questione
che
ebbe
riverberi
internazionali
e
conseguenze
irreparabili
per
tutto
il
blocco
comunista.
Ad
agosto
del
1989
il
governo
Ungherese
aprì
i
propri
confini
ai
cittadini
della
Germania
Est,
molti
dei
quali
sfruttarono
la
“via
Ungherese”
per
raggiungere
la
parte
Ovest
della
Germania.
In
settembre
Gorbaciov,
giunse
in
visita
ufficiale
a
Berlino
Est
e
spinse
i
vertici
comunisti
ad
accettare
le
riforme
che
il
popolo
chiedeva.
A
questo
punto
le
rivolte
popolari
si
fecero
via
via
più
importanti,
tanto
che
il
partito
unico
di
governo,
cioè
il
Partito
di
Unità
Socialista
di
Germania (SED),
depose
Honecker
a
metà
ottobre,
e lo
sostituì
con
Egon
Krenz.
Questi
però
si
rivelò
incapace
di
fermare
la
continua
fuga
di
rifugiati
verso
ovest
attraverso
l’Ungheria,
la
Cecoslovacchia e
la
Polonia;
quindi
la
Germania
Est
fu
costretta
ad
autorizzare
i
propri
cittadini
a
entrare
a
Berlino
Ovest e
nella
Germania
Ovest attraverso
tutti
i
confini
esistenti.
Furono
centinaia
di
migliaia
le
persone
che
si
misero
in
marcia
verso
l’altra
parte,
tanto
che
furono
anche
aperti
nuovi
punti
di
passaggio
attraverso
il
Muro
di
Berlino
e
lungo
il
confine
con
la
Germania
Ovest.
Questa
decisione
che
era
stata
presa
per
salvare
il
salvabile,
si
rivelò
invece
il
colpo
di
grazia
inferto
dai
suoi
stessi
gerarchi,
all’ormai
traballante
regime
comunista
tedesco.
A
quel
punto
anche
Gorbaciov,
compreso
che
il
regime
tedesco
rappresentava
un
ostacolo
per
il
suo
progetto
di
riforma
del
comunismo,
abbandonò
ufficialmente
il
governo
della
Germania
Est
al
suo
destino;
a
dicembre
infatti
Krenz
delegittimato
ormai
anche
dal
Cremlino,
fu
destituito
e
con
la
sua
caduta
terminò
anche
il
potere
assoluto
del
partito
unico.
Il 9
novembre
quindi
come
detto
in
apertura,
il
popolo
rimasto
a
Berlino
Est
si
riversò
contro
il
muro
e
oltre
a
oltrepassarlo,
cominciò
anche
a
smantellarlo.
Sulla
scia
degli
avvenimenti
della Germania
Est
ai
quali
l’Unione
Sovietica
non
volle
reagire,
anche
in Cecoslovacchia (all’epoca
Repubblica
Socialista
Cecoslovacca)
il
popolo
si
riversò
nelle
strade
per
chiedere
elezioni
libere.
Il
17
novembre
1989
ci
fu una
manifestazione
pacifica
studentesca
a
Praga
che fu
caricata
dalla
polizia;
questa
reazione
del
regime
causò
una
serie
di
manifestazioni
pubbliche
che
si
protrassero
dal
19
novembre
fino
a
dicembre,
fra
le
quali
si
distinsero
per
importanza
una
protesta
pacifica
di
500.000
persone
il
20
novembre
e un
sciopero
generale di
due
ore
il
27
novembre.
Il
10
dicembre
incalzato
dagli
eventi,
il
dittatore
comunista
Husàk si
dimise
e
nominò
il
primo
governo non
comunista
in Cecoslovacchia dal
1948.
A
seguito
di
ciò
il
28
dicembre
alexander
Dubcek fu
eletto
presidente
del
Parlamento
Federale
e il
giorno
dopo
Vàclav
Havel divenne
Capo
di
Stato.
In
Bulgaria
Il
10
novembre
1989,
appena
un
giorno
dopo
la
caduta
del
muro
di
Berlino,
il
Politburo
sfiduciò
il
dittatore
Živkov.
Anche
in
questo
caso
Mosca
approvò
il
cambiamento.
La
caduta
di
Živkov
però
non
soddisfece
il
movimento
per
la
democrazia,
una
folla
infatti
si
riunì
a
Sofia per
chiedere
nuove
riforme
ed
elezioni
democratiche.
Il Partito
Comunista
Bulgaro allora,
fu
costretto
a
febbraio
1990
a
rinunciare
al
potere
e a
giugno
1990
in
Bulgaria
si
tennero
le
prime
elezioni
libere dal
1931.
Živkov
fu
processato
nel 1991.
Le
cose
andarono
diversamente
in
Romania: la Repubblica
Popolare
Rumena,
così
come
la Bulgaria,
non
aveva
aderito
al
processo
di de-stalinizzazione,
mantenendo
una
forma
intransigente
di
fedeltà
alla
precedente
impostazione
stalinista
dello
stato.
Nel
novembre 1989
il
dittatore
romeno
Nicolae
Ceaușescu,
si
fece
rieleggere
per
altri
5
anni
come
leader
del Partito
Comunista
Rumeno
e da
subito
si
impose
come
capo
morale
della
reazione
alle
rivolte
anti-comuniste
che
si
infiammavano
negli
altri
paesi
vicini.
Ceaușescu
era
in
procinto
di
svolgere
una
visita
di
stato
in Iran
e
prima
di
partire
ordinò
l’arresto
e
l’esilio
di
un
parroco
calvinista di
nazionalità
ungherese
colpevole
di
aver
fatto
dei
sermoni
contro
il
regime.
L’arresto
del
parroco
che
si
sommava
alle
notizie
delle
rivolte
negli
altri
paesi
comunisti,
accese
anche
nel
popolo
romeno
la
voglia
di
riscatto,
dando
vita
alla
rivolta
anche
in
Romania.
Di
rientro
dall’Iran,
Ceaușescu
ordinò
che
la
rivolta
fosse
soppressa
con
ogni
mezzo.
In
un
primo
momento
le
forze
di
sicurezza
obbedirono
agli
ordini
arrivando
a
sparare
sulla
folla.
Il
22
dicembre
però,
gli
alti
comandi
delle forze
armate
romene
decisero
di
abbandonare
il
regime
ormai
compromesso
e
inviso
al
popolo
e di
operare
un
capovolgimento.
Ordinarono
quindi
all’esercito
di
muovere
contro
il
Comitato
Centrale
per
catturare
Ceaușescu
e la
moglie Elena,
che
però
riuscirono
a
scappare
in elicottero.
La
fuga
durò
poche
ore,
l’elicottero
fu
infatti
intercettato
e
obbligato
all’atterraggio.
Il
dittatore
e la
moglie
furono
arrestati
processati
e
fucilati,
le
immagini
del
processo
furono
mandate
dalla
tv
romena
e da
quelle
di
tutto
il
mondo,
il
giorno
di Natale. Contestualmente
i
militari
con
la
collaborazione
di
alcuni
esponenti
dell’opposizione
al
regime,
crearono
un
“Consiglio
per
la
Salvezza
Nazionale”
che
prese
provvisoriamente
il
potere
e
annunciò
le
libere
elezioni
che
si
tennero
a
maggio
del
1990.
Il 3
dicembre 1989 Bush
e
Gorbaciov
si
incontrarono
a
Malta
e
dichiararono
la
fine
della Guerra
Fredda.
Nel
luglio 1990
il
Cancelliere
della
Germania
Ovest
Hemut
Kohl convinse
Gorbaciov
a
rinunciare
alle
obiezioni
sovietiche
all’interno
della
NATO,
rispetto
all’ipotesi
di
una
Germania
riunificata,
rimuovendo
così
l’ultimo
impedimento
politico
internazionale,
alla
riunificazione
nazionale
tedesca.
Il
28
giugno
1991
fu
sciolto
il Comecon e
il
1°
luglio
il Patto
di
Varsavia
e
sempre
a
luglio,
Bush
e
Gorbaciov
annunciarono
un
patto
di
“Amicizia
Strategica”.
La
caduta
del
Muro
di
Berlino è
stato
uno
degli
eventi
storici
centrali
del
Novecento.
Il
secolo
breve
che
di
fatto
era
iniziato
in
ritardo
con
lo
scoppio
della
Grande
Guerra
nel
1914,
finì
in
anticipo
10
anni
prima
del
31
dicembre
1999,
nella
notte
del
9
novembre
1989.
A
Berlino
non
cadde
solo
un
muro,
ma
con
esso
si
sgretolò
un
sistema
di
opposte
fazioni
che
fronteggiandosi,
avevano
condizionato
la
storia
del
mondo
Occidentale.
Durante
la
Seconda
Guerra
Mondiale
parallelamente
alla
“guerra
degli
eserciti”
si
era
combattuta
anche
una
guerra
fra
quattro
modelli
politici,
sociali
e
culturali
contrapposti.
Questa
vide
protagonisti
il
modello
Socialista
Sovietico,
quello
Liberale,
quello
Nazionalsocialista
e
quello
Corporativo
dell’Italia
Fascista.
Per
opportunità
strategica,
le
Democrazie
pur
respingendola
dal
punto
di
vista
politico
e
culturale,
si
erano
dovute
alleare
con
la
Russia
comunista
con
la
quale
ingaggiarono
una
guerra
nella
guerra.
Esse
infatti,
benché
alleate
militarmente
si
contrapponevano
ideologicamente,
contendendosi
il
primato
di
guida
ideologica
dell’Europa,
il
cui
raggiungimento,
passava
naturalmente
per
le
vittorie
militari.
La
fine
del
conflitto
che
aveva
determinato
la
caduta
dei
modelli
Nazionalsocialista
e
Corporativista,
aveva
ridato
vita
alla
contesa
tardo
ottocentesca
fra
il
modello
liberal-capitalista
e
quello
marxista,
contesa
che
per
alcuni
decenni
del
Novecento
si
era
arricchita
di
altri
due
contendenti
il
Nazionalsocialismo
e il
Corporativismo
Fascista
appunto,
i
quali
si
erano
imposti
come
vie
alternative
al
Liberal-Capitalismo
e al
Socialismo
Reale.
Questa
contesa
che
non
fu
solo
ideologica,
ma
fu
sociale,
economica
e
culturale,
aveva
caratterizzato
e
condizionato
il
Novecento
sfociando
poi
nella
follia
della
guerra.
Il
muro
di
Berlino
crollando,
seppellì
sotto
le
sue
macerie
anche
il
comunismo
e
con
esso
il
Novecento,
che
da
allora
in
poi
non
fu
più
uguale
a se
stesso.
I
popoli
che
fino
ad
allora
ne
erano
stati
privati,
si
aprirono
alle
libertà,
l’internazionalismo
comunista
venne
meno
e
lasciò
il
passo
alla
globalizzazione
e
per
forza
di
cose,
anche
la
politica
dovette
cambiare,
abbandonò
le
ideologie
monolitiche
per
diventare
“post
ideologica”,
i
partiti
cessarono
di
essere
“chiese
laiche”
e
divennero
liquidi
come
aziende.
Il 9
novembre
1989
ha
aperto
le
porte
al
2000.