contemporanea
LA CADUTA DI ALBERT CAMUS
PARTE II / UNA DIFFICILE INTERPRETAZIONE
di Raffaele Pisani
Avevamo accennato nel precedente numero
dello sconcerto da parte dei critici
riguardo l’interpretazione di
quest’opera. Cos’è dunque La caduta
per Camus?
Un momento di sconforto per il quale
basta una spiegazione psicologica? Una
ripresa dei temi classici dell’autore,
come l’assurdità del mondo che trova una
risposta nell’impegno sociale, per i
quali si richiede una maggiore
radicalità? Oppure la presa d’atto di
una colpa e dell’impossibilità dell’uomo
di redimersi o di essere redento?
Afferma Roger Grenier: «La caduta si
presenta come un libro a parte
nell’opera di Camus. Una rottura. Questo
testo non ha mai cessato di costituire
un problema per i suoi lettori, tanto
più che, nello stesso momento, lo stile
dello scrittore sembrava raggiungere un
livello di perfezione. Camus non aveva
mai scritto così bene».
Anche Stelio Zeppi rimarca il valore
artistico dell’opera, vista peraltro
insieme ad altre scritte da Camus in
quegli anni: L’esilio e il regno,
Riflessioni sulla pena di morte, Lettere
ad un amico tedesco, Discorsi di Svezia,
ma precisa altresì che esse «non
aggiungono nulla disignificativo alla
sua consolidata Weltanschauung».
Pierre Nguyen-Van-Huy vede invece ne
La caduta l’opera di ricapitolazione
per eccellenza, che riprenderebbe sotto
una forma umoristica il problema
fondamentale delle soluzioni fin qui
date: «Fino ad ora Clamence,
sull’esempio dei suoi predecessori nella
rivolta negativa, non fa che negare per
affermarsi e opporsi per porsi. Egli ha
ugualmente superato i suoi antenati con
le sue imprese e il suo “colpo di
genio”. Ma ha capito ben presto che
questo stato di cose è una
contraddizione continua e un vicolo
cieco, e la felicità ci è impossibile».
Clamence è posto di fronte ad un bivio:
se vuole andare fino in fondo egli deve
accettare l’atto tradizionale delle
rivolte negative, che consiste nel
negare tutti gli altri con la morte e
negare se stesso con il suicidio, oppure
rinnegare i suoi antenati e la
loro falsa soluzione per tentare un
metodo nuovo. Il suo merito consiste
nell’aver attuato la scelta decisiva;
egli non ha esitato a realizzare il suo
secondo colpo di genio che
consiste questa volta nel capovolgere
per trionfare. Lo fa distaccandosi
dai suoi antenati e confidando
nell’amore come ancora di salvezza.
Nguyen-Van-Huy a sostegno della sua tesi
cita il passo emblematico, che avevamo
riportato per intero nella prima parte
del nostro articolo: «Fanciulla,
gettati ancora nell’acqua perché io
abbia una seconda volta la possibilità
di salvare entrambi». Peccato che il
prosieguo del discorso muti
completamente il significato.
Un’interpretazione completamente opposta
sembra essere quella che scaturisce da
un saggio di Eva Carlota Rava, questa
vede ne La caduta la coscienza
lucida e disperata di Camus per
un’umanità irrimediabilmente
compromessa: «Il nostro autore evolve
verso una conoscenza sempre più
approfondita dell’uomo, ma questa
conoscenza gli si rivela disperante
nella sua negatività».
Abbiamo visto nella ricerca, pur
modesta, che abbiamo compiuto una
diversità di posizioni al riguardo, esse
vanno da una visione pessimistica che
riguarda la storia (questa non sarebbe
una novità) e la stessa natura umana
(qui starebbe il cambio di posizione) a
una visione che riconosce invece il
Camus della rivolta, più che mai
fiducioso dell’umanità.
Da parte nostra ci sembra che La
caduta indichi proprio il
significato usuale del termine: un
precipitare, uno staccarsi dall’armonia
originaria, o meglio, la presa d’atto di
una situazione già presente che si
celava in quel senso d’inquietudine che
pervadeva le esperienze, anche più
gratificanti del protagonista.
Notiamo un’opposizione simmetrica fra
certe figure ed eventi narrati nella
Bibbia e quelli de La caduta: le
acque salvifiche del Mar Rosso e del
Giordano fanno da contrappunto a quelle
della Senna e dei canali di Amsterdam,
rispettivamente portatrici di morte
e odoranti di morte.
Quanto alla simmetria contrapposta tra
Giovanni Battista e Clamence notiamo che
entrambi sono portatori di un annuncio e
consapevoli della colpevolezza
dell’uomo, tuttavia mentre per il
Battista la redenzione ormai imminente
toglierà ogni colpa per opera di Cristo,
Clamence non pare scorgere alcuna
prospettiva in tal senso per l’umanità.
Ci pare di vedere in questo
giudice-penitente, il più nordico dei
personaggi camusiani, un certo spirito
luterano quanto al modo di concepire
l’agire morale. A nulla valgono le buone
azioni, la difesa della vedova e
dell’orfano, l’aiuto al cieco che deve
attraversare la strada o la cortesia nel
dare la precedenza a chi va di fretta;
sono tutte azioni che lasciano immutata
la profonda colpevolezza dell’uomo.
Egoismo e volontà di prevalere si
accompagnano e guastano le azioni più
virtuose, questa è l’amara verità che
Clamence ha colto nei momenti cruciali
della sua esistenza.
Si diceva di un certo spirito luterano
in relazione alla constatazione della
inefficacia delle azioni umane per la
salvezza, il discorso comunque non trova
ulteriori sviluppi. Chi si aspettava che
a questo punto Camus facesse una
professione di fede cristiana, cattolica
o luterana che fosse, è andato deluso.
Egli stesso in un’intervista al
quotidiano Le monde pone in
chiaro la sua posizione, che è pure
quella di Clamence nei riguardi del
cristianesimo. Afferma a proposito di
coloro che lo vorrebbero cristiano: «Nulla,
veramente, li autorizza ad una simile
speranza. Il mio giudice-penitente non
dice forse chiaramente di essere
Siciliano o Giavanese? Non dice affatto
di essere cristiano. Come lui (Clamence)
provo molta amicizia per il primo di
loro (Cristo). Ammiro la maniera in cui
è vissuto ed è morto. La mia mancanza di
fantasia mi vieta di seguirlo più in là».
Il persistere della concezione
immanentistica porta Camus a escludere
ogni intervento divino, sia di salvezza
che di punizione. L’uomo, incapace di
autoredenzione, basta a se stesso nel
produrre colpe e punizioni: «Dio non
è necessario per creare la colpevolezza
né per punire. Bastano i nostri simili,
aiutati da noi».
Riferimenti bibliografici:
Camus A., La caduta, traduzione
di Sergio Morando, Opere, Romanzi,
racconti, saggi, a cura e con
introduzione di Roger Grenier, Bompiani,
Milano 2000.
Grenier R., Note ai testi di Camus,
in A. Camus, Opere, Romanzi,
racconti, saggi, Bompiani, Milano
2000.
Nguyen-Van-Huy, La
métaphysiquedubonheurchez Albert Camus,
Langages à la Baconièrre, Neuchâtel
1968.
Rava E.C., Il paradosso della
rivolta. Saggio su Albert Camus,
Vita e pensiero, Milano 1980.
Zeppi S., Camus, un uomo in rivolta,
Nuova Accademia Editrice, Milano 1961. |