N. 87 - Marzo 2015
(CXVIII)
BULLISMO E CYBERBULLISMO
Sulla Dodicenne pestata a sangue a Genova
di Giovanna D'Arbitrio
Il
28
febbraio
2015
su
Whatsapp
e
Facebook
è
apparso
un
video
girato
a
Genova
con
uno
smartphone:
in
esso
si
vede
una
dodicenne
che
viene
picchiata
a
sangue
da
una
ragazza
più
grande
(mentre
un’amica
filmava)
per
circa
otto
minuti,
alla
presenza
di
coetanei
che
osservano
la
scena
senza
intervenire.
I
genitori
della
vittima
hanno
sporto
denuncia
contro
le
due
ragazze
che
dovranno
rispondere
per
lesioni
aggravate
e
diffamazione
per
aver
diffuso
il
video.
I
giovani
spettatori
sono
stati
identificati
e,
interrogati
sul
fatto,
hanno
svelato
che
il
pestaggio
era
scaturito
da
una
“vendetta”
per
un
torto
di
cui
si
era
macchiata
la
ragazza.
L’episodio
ancora
una
volta
punta
i
riflettori
sul
preoccupante
fenomeno
del
bullismo
e il
video
lascia
sgomenti
sia
per
la
violenza
delle
due
bulle
sia
per
l’indifferenza
e la
mancanza
di
reattività
dei
coetanei
presenti.
Ci
si
chiede
allora
quali
siano
le
cause
che
producono
tali
effetti.
Per
un
approfondimento
di
tale
tema,
per
la
sottoscritta
si
rivelò
illuminante
il
convegno-dibattito
“Oltre
il
Bullismo”,
organizzato
dal
Club
Soroptimist
di
Napoli,
con
la
partecipazione
della
dott.
Amina Lucantonio,
preside
in
pensione
e
allora
presidente
del
suddetto
club,
la
dott.
Gabriella
Colla
e
alcuni
alunni
di
licei
e
scuole
medie.
A.
Lucantonio
definì
il
fenomeno
come
una
manifestazione
di
una
società
carente
di
valori
etici
i
cui
veloci
cambiamenti
rendono
ancor
più
difficili
interventi
appropriati.
Gabriella
Colla,
autrice
del
testo
“Bullismo
e
altre
sfide”,
attraverso
un
breve
excursus
storico
mise
in
evidenza
che
di
bullismo
si
parlò
per
la
prima
volta
in
Norvegia
negli
anni
’70
quando
fu
studiato
con
un
costante
monitoraggio
su
scuole
e
alunni:
“il
bullo”(dall’inglese
bull,
"toro"),
benché
si
scateni
contro
i
più
deboli
con
violenze
fisiche
e
psicologiche,
è in
realtà
a
sua
volta
un
debole
che
maschera
i
suoi
gravi
problemi
esistenziali
con
l’aggressività.
Oggi
purtroppo
alle
manifestazioni
tradizionali
si
sono
unite
quelle
di
tipo
informatico,
cioè
il
cosiddetto
“cyberbullismo”,
esercitato
attraverso
cellulari
e
social
network.
Ai
giovani
fu
poi
rivolta
la
domanda
“che
cos’è
secondo
voi
il
bullismo?”
ed
essi
individuarono
alcune
significative
definizioni,
come
“prevaricazione,
vessazione,
ignoranza,
protagonismo”,
raccontando
alcuni
episodi
accaduti
ai
loro
amici
e
mettendo
in
rilievo
la
presenza
del
“mobbing”
nelle
loro
scuole,
non
coinvolte
in
forme
di
violenza
fisica,
più
presenti
nei
quartieri
a
rischio.
Secondo
loro
il
“mobbing”,
termine
di
solito
riferito
al
mondo
lavorativo,
può
essere
usato
oggi
anche
per
definire
una
forma
sottile
di
“scherno”
esercitata
da
un
gruppo
su
ragazzi
più
fragili,
una
tattica
che
gradualmente
conduce
a
emarginazione
e
isolamento.
Citando
il
testo
“Volevano
uccidere
la
mia
anima”
di
Marco
Cappelletti,
uno
degli
alunni
asserì
che
il
mobbing
non
è
meno
grave
del
bullismo,
poiché
può
condurre
anche
al
suicidio
e
concluse
il
suo
intervento
evidenziando
tra
le
principali
cause
i
cattivi
esempi
dei
genitori
e la
violenza
della
società
in
cui
viviamo.
Alla
domanda
“Come
si
può
combattere
tutto
ciò?”,
i
ragazzi
risposero
che
la
lotta
è
possibile
evitando
una
deleteria
omertà
con
la
coraggiosa
denuncia
dei
colpevoli,
mentre
la
dotteressa
Colla
sottolineò
che
a
ciò
va
aggiunta
una
specifica
preparazione
dei
docenti
per
ben
operare
sul
campo,
nonché
una
proficua
collaborazione
tra
scuola,
famiglia
e le
organizzazioni
già
presenti
sul
territorio
in
ogni
regione.
Interessante
è
notare
che
alle
stesse
conclusioni
giunge
il
testo
“Bullismo
e
Cyberbullismo”
di
Alessandro
Meluzzi
(Ferltrinelli).
Nella
presentazione
del
libro
si
legge
quanto
segue:
“Il
bullismo
rappresenta
una
forma
estrema
di
degenerazione
nel
mondo
adolescenziale.
Il
bullo
è un
violento
ma
spesso
è
fragile:
un
ragazzo
che
cerca
un
tentativo
di
affermazione
violenta
per
la
compensazione
di
sentimenti
di
fragilità
e
inferiorità
nei
confronti
del
mondo
(...). L'amplificazione
prodotta
dai
media
e
dai
social
network
estremizza
questa
condizione,
anche
perché
la
dimensione
degli smartphone,
che
diventano
ricevitori
e
trasmettitori
nello
stesso
istante,
fa
sì
che
la
prodezza
del
bullo
possa
diventare
uno
spettacolo
con
decine
di
migliaia
di
accessi.
Quando,
poi,
il
fenomeno
riguarda
le
ragazze,
si
innesca
un
meccanismo
che
ne
amplifica
la
mediaticità.
Il
bullismo
delle
ragazze
pare
contraddire
un'aspettativa
quasi
naturale
verso
il
femminile.
Ci
si
aspetta
cioè
che
siano
più
attente
dei
maschi
alle
ragioni
della
tenerezza,
dell'empatia,
dell'accoglienza
e
della
non-violenza.
Il
bullo
è la
classica
figura
di
un
carnefice-vittima:
un
carnefice
perché
produce
dolori
e
sofferenze
negli
altri
come
tutti
gli
psicopatici
e i
sociopatici,
ma
anche
una
vittima
perché
viene
immediatamente
isolato
e
stigmatizzato,
considerato
un
soggetto
borderline
nella
propria
comunità
sociale
di
riferimento
di
suoi
pari”.