N. 75 - Marzo 2014
(CVI)
Il Senegal di Bruno Metsu
Quando una rondine non fa primavera
di Francesco Agostini
Capelli
lunghi,
occhi
azzurri
e
look
casual,
non
troppo
sportivo:
questa
era
l’immagine
un
po’
fuori
dalle
righe
dell’ex
tecnico
del
Senegal,
Bruno Lucas
Felix
Metsu.
Nato
nel
1954
a
Coudekerque,
milita
da
giovane
in
squadre
come
Valenciennes
e
Nizza
e si
ritira
nel
1987
quando
fa
parte
del
Beauvais,
squadra
con
la
quale
inizia
la
carriera
da
allenatore.
Nel
2000
arriva
la
chiamata
del
Senegal
che
lo
sceglie
come
tecnico
al
posto
di
Schnittger
e, a
dispetto
delle
perplessità
che
aleggiano
attorno
alla
squadra,
i
risultati
iniziano
ad
arrivare
fin
da
subito.
Bruno
Metsu
si
cala
alla
perfezione
nell’ambiente
Senegal
(per
esempio
da
lì a
breve
si
convertirà
all’Islam
e
cambierà
il
suo
nome
in
Abdoul
Karim)
perdendo
la
finale
della
Coppa
d’Africa
contro
il
Camerun
ai
rigori
e
qualificandosi
per
il
mondiale
del
2002
in
Giappone
e
Corea.
L’esordio
è
contro
la
squadra
che
ha
vinto
l’ultimo
mondiale
e
anche
l’ultimo
europeo,
ossia
la
Francia
di
Trezeguet
e
soci,
ma a
sorpresa
il
Senegal
riesce
a
vincere
per
uno
a
zero
con
rete
di
Bouba
Diop.
La
notizia
fa
clamore
perché
il
Senegal
è
alla
prima
partecipazione
a un
mondiale
e,
sull’onda
dell’entusiasmo,
pareggia
prima
contro
la
Danimarca
e
poi
contro
l’Uruguay
e
riesce
a
centrare
una
storica
qualificazione
agli
ottavi
con
il
secondo
posto
nel
girone.
Da
perfetti
sconosciuti
quali
erano,
Bouba
Diop,
Fadiga,
Diouf
e
Camara
diventano
famosi
in
tutto
il
mondo.
Il
loro
modo
semplice
e
divertente
di
affrontare
il
calcio
e le
loro
esultanze
scanzonate
ai
goal
ne
fanno
dei
veri
e
propri
idoli
in
terra
natia
e
con
estrema
leggerezza
affrontano
la
Svezia
negli
ottavi
di
finale.
Qui,
dopo
un
tesissimo
uno
a
uno
Camara
nei
tempi
supplementari
sigla
la
rete
(all’epoca
era
in
vigore
il
golden
goal)
che
porta
gli
africani
a
disputare
un
incredibile
quarto
di
finale
contro
la
Turchia.
È
una
vera
e
propria
favola
quella
del
Senegal
che
però
si
infrange
contro
i
turchi,
squadra
ben
più
attrezzata
degli
africani.
Questa
volta
è lo
stesso
golden
goal
che
punisce
gli
uomini
di
Bruno Metsu.
Al
94’,
infatti,
Ilhan
Mansiz
sigla
una
bellissima
rete
di
contro
balzo
che
costringe
gli
africani
a un
glorioso
ritorno
a
casa.
Dopotutto,
nessuno
si
aspettava
che
la
loro
avventura
durasse
così
a
lungo.
Ma è
proprio
qui
che
gli
eroi
di
quella
squadra
iniziano
il
loro
inesorabile
declino,
a
partire
proprio
dal
loro
tecnico.
Metsu,
infatti,
non
riuscirà
a
portare
il
Senegal
ai
mondiali
del
2006
superato
a
sorpresa
dal
Togo
e la
sua
carriera
subirà
una
tremenda
involuzione.
Dopo
il
Senegal,
approderà
alla
guida
del
Qatar
e
poi
a
quella
dell’Al-Wasl
per
sostituire
Diego
Armando
Maradona,
non
ottenendo
alcun
risultato.
Dicasi
lo
stesso
dei
calciatori.
Il
caso
più
emblematico
è
quello
di
Khaliou
Fadiga
che
approderà
all’Inter
nel
2003
ma
non
disputerà
mai
una
partita
a
causa
di
gravi
problemi
cardiaci;
dopo
quest’esperienza
verrà
ceduto
al
Bolton
e
poi
al
Derby
County,
finendo
nell’anonimato.
Anche
Henri
Camara
subirà
lo
stesso
destino,
passando
da
una
squadra
di
basso
livello
all’altra
come
Wolverhampton
o
Stoke
City,
esattamente
come
Bouba
Diop,
l’attuale
capitano
del
Senegal.
Anche
la
stella
della
compagine
di
Metsu,
El
Hadji
Diouf
deluderà
profondamente
tutte
le
aspettative
quando,
approdato
al
Liverpool,
non
riuscirà
mai
ad
affermarsi
ad
alti
livelli.
Nella
prima
stagione,
per
esempio,
pur
giocando
con
regolarità
non
siglerà
nemmeno
una
rete;
anche
lui
girerà
diverse
squadre,
ma
non
riuscirà
mai
a
ripetere
l’exploit
del
mondiale
2002.
Già
perché,
numeri
alla
mano,
quello
del
Senegal
al
mondiale
di
Giappone
e
Corea
sembra
esser
stato
più
un
exploit,
un
colpo
di
fortuna,
che
un
risultato
frutto
della
bravura
e
della
preparazione
tecnica.
Ma
il
calcio
è
forse
l’unico
sport
al
mondo
dove
non
vince
sempre
il
più
forte
e
dove
favole
come
il
Senegal
potranno
accadere
di
nuovo,
un
giorno
o
l’altro.
E
tutti
le
accoglieremo
a
braccia
aperte,
proprio
come
in
quel
mondiale
2002.