N. 83 - Novembre 2014
(CXIV)
BRAMANTE e giulio ii A VITERBO
LE SCUDERIE DELLA ROCCA ALBORNOZ
di Ginevra Bentivoglio
Quest’anno,
nel
2014,
ricorrono
i
500
anni
dalla
scomparsa
di
Donato
Bramante
(1444-1514),
architetto
e
pittore
considerato
uno
dei
maggiori
esponenti
del
Rinascimento
italiano.
Nell’ottica
delle
celebrazioni
in
corso,
credo
sia
simbolico,
che
proprio
in
questa
occasione
si
sia
avviato
il
progetto
di
recupero
–
restauro
e
valorizzazione
- di
un’importante
opera
del
maestro
lombardo,
finora
rimasta
nell’ombra,
nonostante
documenti
e
riscontri
oggettivi
la
colleghino
senza
dubbio
alla
sua
mano.
Finalmente grazie
al
progetto di
“Restauro
e
rifunzionalizzazione
dei
resti
delle
monumentali
Scuderie
della
Rocca
Albornoz”, proposto
dagli
storici
dell’architettura
Simonetta
Valtieri e Enzo
Bentivoglio, un
importante
monumento
del
Bramante, progettato
per
il
papa
Giulio
II
all’inizio
del
Cinquecento, potrà
essere
“restituito”
alla
città
di
Viterbo.
Grazie
al
trentennale
impegno
da
parte
degli
storici
sopra
menzionati,
infatti
l’edificio
è
stato
sottoposto
a
vincolo
per
il
ruolo
di
particolare
interesse
storico,
tramite
l’analisi
di
alcuni
documenti
del
1506
e
1508
che
attestano
la
presenza
del
Bramante
a
Viterbo
proprio
in
quegli
anni.
L’intervento
architettonico
risale
dunque
allo
stesso
periodo
in
cui
prende
avvio
il
cosiddetto
“ammodernamento”
della
Basilica
Vaticana
a
Roma,
artefici
gli
stessi
personaggi,
Giulio
II e
Bramante.
Non
si
può
comprendere
l’importanza
delle
Scuderie
senza
conoscere
l’ambizioso
programma
di
trasformazione
della
Rocca
Albornoz
–
che
nel
Rinascimento
sostituisce
la
residenza
dei
Papi
presso
il
Duomo
–
intrapreso
da
papa
Giulio
II,
il
quale,
risiedendovi
per
oltre
dieci
giorni
nel
settembre
1505,
e
avendo
constatato
che
la
residenza
–
nonostante
gli
interventi
operati
da
Pio
II –
manteneva
ancora
un
carattere
tipicamente
“medievale”
a
causa
del
suo
impianto
irregolare,
si
rivolge
a
Bramante,
che
ne
trasforma
la
corte
interna
apponendovi
due
nuovi
fronti
con
porticati
e
logge
e
una
fontana
al
centro
(l’intervento
dell’artista
è
attestata
da
sue
quietanze
di
pagamento).
Le
Scuderie
di
Sallupara
alla
Rocca
Albornoz
completavano
la
funzionalità
della
nuova
residenza
papale.
L’imponente
costruzione,
lunga
63
metri,
era
a
tre
navate
con
volte
a
crociera
poggianti
su
24
colonne
monolitiche
di
peperino
alte
quasi
5
metri,
e
capitelli
d’ordine
tuscanico
simili
a
quelli
delle
logge
dei
fronti
porticati
interni
alla
corte
della
Rocca.
La
scala
per
raggiungere
il
fienile
al
piano
superiore
era
di
testata,
verso
piazza
San
Faustino,
mentre
l’ingresso
originario
si
trovava
dal
lato
opposto,
verso
la
Rocca.
La
costruzione
di
un
edificio
a
destinazione
militare,
realizzato
tra
la
Rocca
e le
sue
Scuderie,
interromperà,
alla
fine
dell’Ottocento,
ogni
continuità
funzionale
tra
i
due
edifici,
facendo
perdere
nel
tempo
anche
la
memoria
del
loro
rapporto,
facilitando
così
per
decenni
l’abbandono
della
struttura,
che
nel
1839
aveva
avuto
una
riconfigurazione
a
seguito
della
sua
trasformazione
in
carcere,
rimasto
in
funzione
fino
ai
bombardamenti
del
1944.
La
rimozione
della
vegetazione
e di
circa
tre
metri
di
macerie
ha
fatto
rinvenire
tutte
le
24
colonne
e
tutti
i
capitelli
dell’impianto
originario
bramantesco.
Un
saggio
sotto
un
pavimento
più
recente,
a
circa
50
cm
sopra
la
quota
originaria,
ha
consentito
di
verificare
la
presenza
in
situ
delle
basi
delle
colonne,
sulle
quali
andranno
ricollocate
le
colonne
recuperate.
Anche
le
mura
longitudinali
dell’edificio
del
piano
terreno
–
una
coincidente
con
le
mura
medievali,
l’altra
realizzata
nel
Cinquecento
–
conservano
i
peducci
in
mattoni
sui
quali
poggiavano
le
volte
a
crociera;
pertanto
la
ricucitura
della
scatola
muraria
con
le
pietre
derivate
dai
crolli,
consentirà
di
riconfigurare
la
spazialità
originaria
dell’ambiente,
limitando
l’intervento
di
ricostruzione
con
le
tecniche
costruttive
originarie.
Inoltre
il
rinvenimento,
in
luoghi
diversi,
di
tre
pezzi
di
un’iscrizione,
un
tempo
collocata
nell’edificio,
ha
consentito
di
ricostruire
la
scritta
[IVLI]
VS .
II
[PO]NT
.
MAX.,
dicitura
che
testimonia
ulteriormente
il
ruolo
determinante
avuto
da
Giulio
II
nella
realizzazione
di
questo
edificio.
Il
progetto
di
restauro,
teso
ad
esaltare
le
parti
autentiche
del
‘monumento’,
limita
le
aggiunte
necessarie
a
una
sua
semplice
rifunzionalizzazione:
prevede
la
riconfigurazione
dello
spazio
interno,
coperto
con
volte
a
crociera
su
colonne,
e la
ricostruzione
di
una
porzione
del
piano
superiore,
lasciando
la
zona
Nord
scoperta,
come
un
sito
archeologico,
consentendo
di
percepire
dall’interno
la
profondità
complessiva
dell’edificio
originario,
ricollocando
in
sito
tutte
le
sue
24
colonne
antiche,
preliminarmente
ricomposte
tramite
anastilosi.
La
parte
coperta
si
presterà
ad
accogliere
nelle
navatelle
laterali
–
le
cui
colonne
definiscono
spazi
modulari
–
stand
per
esposizioni
e
manifestazioni,
mentre
in
occasione
di
particolari
eventi
questo
spazio
potrà
essere
collegato
con
la
zona
scoperta,
che
può
essere
fruita
anche
autonomamente
per
manifestazioni
all’aperto.
La
struttura
dell’edificio,
in
cui
svolgere
attività
diversificate,
è
idonea
a
ospitare
un
punto
di
conoscenza
e
irradiazione
nei
riguardi
delle
notevoli
risorse
materiali
e
immateriali
della
città
di
Viterbo
e
del
suo
territorio.
La
caratteristica
di
essere
una
struttura
rinascimentale
si
presta
a
accogliere
attività
volte
alla
valorizzazione
di
un
aspetto
finora
poco
noto
di
una
città
–
riconosciuta
quasi
esclusivamente
come
città
medievale
–
che
nel
Rinascimento,
in
quanto
collocata
nel
tragitto
tra
Firenze
e
Roma,
recepisce
precocemente,
già
nel
Quattrocento,
il
nuovo
linguaggio
rinascimentale
fiorentino,
mentre
nel
Cinquecento
partecipa
alle
politiche
del
papato,
in
quanto
molti
personaggi
importanti
della
corte
papale
ricoprono
ruoli
di
governo
a
Viterbo
così
come
alcuni
viterbesi
incarichi
importanti
presso
la
corte
pontificia.
Sarà
di
grande
importanza
che
le
Scuderie
rimangano
legate
alla
loro
‘storia’,
che
le
vede
strettamente
connesse
ai
personaggi
di
Bramante
e
Giulio
II e
quindi
alla
residenza
papale
di
riferimento,
anche
se
si
auspica
che
le
attività
di
fruizione
siano
diversificate,
per
permettere
un
uso
continuo
dei
suoi
spazi
–
coperto
e
scoperto
–
accogliendo
attività
nell’ambito
artistico
e
culturale
e
allestimenti
temporanei.
Riferimenti
bibliografici:
E.
Bentivoglio,
S.
Valtieri,
I
lavori
nella
Rocca
di
Viterbo
prima
e
durante
il
pontificato
di
Giulio
II
in
“L'Arte”,
nn.
15-16,
1971,
pp.
101-109.
E.
Bentivoglio,
S.
Valtieri,
Le
Scuderie
della
Rocca
Albornoz
trasformata
da
Bramante
per
Giulio
II.
La
loro
storia
e un
progetto
di
riuso,
GB
EditoriA,
Roma
2010.
S.
Valtieri
e E.
Bentivoglio,
Viterbo
nel
Rinascimento,
GB
EditoriA,
Roma
2012.