N. 57 - Settembre 2012
(LXXXVIII)
BOXING DAY DI BERNARD ROSE A VENEZIA
a proposito del terzo film della trilogia sui racconti di Tolstoj
di Leila Tavi.
Bernard Rose ha presentato
alla
LXIX
edizione
della
Mostra
del
Cinema
di
Venezia,
nella
Sezione
Orizzonti,
una
sua
fedele
interpretazione
di
Servo
e
Padrone
(Хозяин
и
работник),
scritto
da
Lev
Tolstoj
tra
il
1894
e il
1895,
in
un
periodo
della
sua
vita
in
cui,
dopo
il
successo
ottenuto
da
Anna
Karenina,
lo
scrittore
russo
entrò
in
una
profonda
crisi
spirituale
che
lo
portò
ad
abbracciare
un
misticismo
carico
di
dubbi
esistenziali.
Boxing
Day
è il
terzo
film
di
una
trilogia;
tutti
e
tre
i
lungometraggi
ambientati
a
Los
Angeles,
sono
dei
micro-budget
girati
in
digitale
e
hanno
come
protagonista
il
“rampollo”
di
Hollywood
Danny
Huston.
Le
musiche
originali
del
film
sono
state
composte
dallo
stesso
regista,
che
si è
cimentato
anche
con
due
biografie
di
grandi
musicisti:
Immortal
Beloved
del
1994,
con
Gary
Oldman
nei
panni
di
Ludwig
van
Beethoven,
e
Paganini:
The
Devil’s
Violinist,
interpretato
da
David
Garrett,
prossimamente
nelle
sale.
I precedenti film che
compongono
la
trilogia
sono
Ivans
XTC
del
2002,
ispirato
al
racconto
Morte
di
Ivan
Il’jc
(Смерть
Ивана
Ильича,
1887-1889),
in
cui
il
protagonista,
un
giudice
civile,
nella
tragicità
del
declino
alla
fine
della
sua
vita,
affronta
la
morte
come
un
momento
trascendentale.
Nella
versione
cinematografica
è
descritto
l’ultimo
giorno
in
vita
dello
strapagato
agente
di
Hollywood
Ivan
Beckman.
Il secondo film della
trilogia
uscito
nel
2008,
The
Kreutzer
Sonata,
è
tratto
dall’omonimo
racconto
(Крейцерова
соната,
1889-1890)
in
cui
Tolstoj
affronta
i
temi
della
gelosia,
del
tradimento
e
dell’ipocrisia
nel
matrimonio.
Nel
film
Edgar
Hudson
incontra
a
una
cena
Abby,
una
pianista
impegnata
sentimentalmente;
nasce
tra
i
due
un’irresistibile
e
violenta
passione.
Dopo
una
breve
frequentazione
Hudson
e
Abby
si
sposano
e
hanno
dei
figli,
ma
la
condizione
di
prigionia
mentale
che
Abby
trova
nel
matrimonio
fa
sì
che
la
felicità
della
donna
sia
solo
apparente.
Rose si è cimentato per
la
prima
volta
in
un
adattamento
di
Tolstoj
già
nel
1996
con
Anna
Karerina
(Анна
Каренина,
1877),
il
cui
produttore
esecutivo
fu
Mel
Gibson
e
l’attrice
protagonista
Sophie
Marceau.
Ancora
un
quarto
adattamento
dallo
scrittore
russo
è in
cantiere,
non
possiamo
parlare
però
di
quadrilogia
perché
il
prossimo
dei
racconti
di
Tolstoj
che
vedremo
prossimamente
sul
grande
schermo,
Due
ussari
(Два
гусара),
fu
scritto
da
Tolstoj
solo
nel
1826,
un
periodo
della
vita
in
cui
lo
scrittore
non
era
ancora
attanagliato
da
quesiti
sul
senso
della
vita
e
sull’importanza
della
meditazione
religiosa.
In Boxing Day, il
film
in
concorso
a
Venezia,
Matthew
Jacobs,
autore
di
Paperhouse,
interpreta
Nick,
un
cinquantenne
di
origine
inglese
che
fa
l’autista
di
una
Mercedes
a
nolo
per
sopravvivere;
ha
problemi
respiratori
e
porta
nel
cuore
una
dolorosa
separazione
dalla
moglie
e
dai
suoi
due
figli.
Nel
giorno
di
Santo
Stefano
deve
portare
Danny
Huston,
nei
panni
di
un
affarista
immobiliare
indebitato
fino
al
collo
di
Los
Angeles,
a
Denver
per
un
grosso
affare:
Huston
deve
visitare
alcune
villette
disabitate,
che
sono
svendute
a
prezzi
stracciati
perché
abbandonate
dai
precedenti
proprietari,
non
più
in
grado
di
pagare
le
rate
del
mutuo
dopo
la
subprime
crises.
L’uomo di affari, che
all’inizio
non
desidera
dare
troppa
confidenza
al
suo
autista
a
nolo,
non
spiega
esattamente
cosa
andranno
a
fare,
dice
che
si
occupa
di
various
things
e si
lascia
chiamare
solo
sir,
tanto
da
indurre
il
povero
Nick
a
crederlo
un
agente
segreto.
L’autista vorrebbe rompere
il
ghiaccio,
being
more
friendly,
ma
il
businessman
non
lo
ascolta,
lascia
nella
segreteria
telefonica
del
cellulare
della
moglie
un
cordiale
e
freddo
augurio
per
lei
e
per
i
figli.
Nick
invece
è
arrivato
trafelato
all’appuntamento
con
il
suo
cliente
per
passare
prima
a
fare
gli
auguri
e
portare
dei
regali
ai
suoi
figli
in
casa
della
sua
ex
moglie.
Per
lui
i
figli
e la
famiglia
sono
la
cosa
più
importante.
Mentre l’auto viaggia
sulle
strade
deserte
e
innevate
però
Huston
svela
a
Nick,
che
chiama
distrattamente
Mike,
il
suo
motto:
True
businessmen
strike
dynamic
acting
and
thinking
while
the
others
are
making
merry.
Perché
perdere
tempo
in
stupidi
festeggiamenti?
Vuole
fare
il
colpo
grosso
della
sua
vita
mentre
tutti
gli
altri
sono
in
famiglia
a
brindare
e a
impinzarsi,
pensa
che
capitalizzare
sulla
sfortuna
degli
altri
sia
un
business
più
che
remunerativo
e
poco
rischioso.
Nick
non
è
del
suo
stesso
avviso,
spiega
al
suo
cliente
che
in
Gran
Bretagna
nel
giorno
del
26
dicembre
si
fanno
dei
regali
a
chi
è
meno
fortunato,
una
specie
di
mancia…
Nonostante l’uomo d’affari
si
presti
pazientemente
ad
aiutare
Nick
con
il
GPS,
che
l’autista
chiama
confidenzialmente
Cintia
e
con
cui
non
ha
molta
dimestichezza,
o
scende
a
spingere
la
grossa
auto
ogni
volta
che
si
blocca
nella
neve,
il
viaggio
diventa
improvvisamente
pericoloso,
quando
una
tormenta
si
abbatte
su
Denver
e i
due
restano
isolati
in
un
posto
sperduto
tra
le
montagne,
senza
segnale
GPS,
senza
campo
per
i
cellulari
e
solo
con
un
pacchetto
di
chips
barbecue
che
Nick
ha
comprato
in
una
stazione
di
servizio.
Nel cuore della notte
Nick
perde
conoscenza
e
nel
delirio
prega
il
suo
cliente
di
portare
tutto
quello
che
ha
alla
sua
famiglia,
se
non
dovesse
superare
la
notte
gelida,
perché
la
famiglia
è la
cosa
più
importante
che
un
uomo
possa
ricevere
in
regalo.
L’affarista
senza
scrupoli
si
commuove
e si
lancia
in
una
disperata
ricerca
di
soccorsi
senza
ottenere
risultati
e,
quando
si
rende
conto
che
non
li
troverà
nessuno
prima
dell’alba
del
giorno
successivo,
decide
di
fare
a
Nick
il
suo
regalo
per
il
Boxing
Day,
decide
di
regalarli
la
sua
vita.
Poetica la sequenza d’inquadrature
dallo
specchietto
dell’auto;
l’incontro
dello
sguardo
dei
due
protagonisti,
entrambi
sono
disperati,
entrambi
riversano
tutte
le
aspettative
della
loro
vita
in
quel
viaggio,
cercando
di
affrancarsi
dal
loro
destino
da
perdenti
e di
tornare,
ognuno
dalla
rispettiva
famiglia,
a
testa
alta.
Nella perfetta messa in
scena
realistica
notiamo
come
i
vetri
dell’auto
si
appannino,
a
dimostrazione
del
fatto
che
il
freddo
non
è
stato
un
effetto
speciale
mentre
la
troupe
girava
nelle
montagne
del
Colorado.
Il regista Bernard Rose
ha
dovuto
prodursi
il
film
da
sé,
con
una
crew
di
sole
quattro
unità:
il
suo
assistente,
due
cameraman
e un
fonico,
perché
nessun
produttore
ha
avuto
interesse
a
investire
in
un
progetto
dove
i
protagonisti
sono
due
sfortunati
cinquantenni,
eppure
il
film
nella
sua
semplicità
arriva
al
cuore
dello
spettatore
molto
più
di
certe
ambiziose
rappresentazioni
pietistiche
e
autoreferenziali
che
quest’anno
si
sono
viste
a
Venezia.