[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 152 / AGOSTO 2020 (CLXXXIII)


contemporanea

Gli echi di Hiroschima

La Bomba Atomica nella cultura di massa giapponese

di Carlo Desideri

 

Il 7 maggio 1945 i responsabili dell’esercito tedesco firmano a Reims la resa senza condizioni. Nonostante questo, il Giappone continua a combattere. Tra il 1943 e il 1945 l’esercito statunitense ha riconquistato palmo a palmo posizioni di territorio, fino a rimettere piede nelle Filippine nel luglio del 1945. Ma la resistenza giapponese continua, affidata anche alle azioni dei kamikaze, aviatori suicidi che si lanciano con i loro aerei carichi di esplosivo contro le navi statunitensi.

 

Dopo la morte di Roosevelt, avvenuta il 12 Aprile del 1945, Harry Truman diventa presidente degli Stati Uniti, rimanendo in carica fino al 1953. Dal giugno precedente gli scienziati che lavoravano per il governo statunitense hanno messo a punto una nuova arma di inusitata potenza. Truman decide di usarla contro il Giappone, per chiudere una guerra che potrebbe costare ancora troppe vite umane agli Stati Uniti.

 

La nuova arma, la bomba atomica, viene sganciata il 6 agosto del 1945 sulla città giapponese di Hiroschima; tre giorni dopo (il 9 agosto 1945) un attacco analogo viene compiuto contro la città di Nagasaki. Gli effetti delle due bombe sono inenarrabili. Le due città sono distrutte; i morti sono 100.000 a Hiroshima e 60.000 a Nagasaki; chi resta in vita subisce ferite e deturpazioni di una gravità mai vista, e soffrirà a lungo negli anni seguenti per effetto delle radiazioni atomiche che l’hanno contaminato.

 

L’8 agosto, intanto, anche l’Urss ha dichiarato guerra al Giappone. Il 15 agosto 1945 l’imperatore Hirohito offre una resa senza condizioni. Il 2 settembre 1945 viene firmato l’armistizio.

 

I morti della seconda guerra mondiale sono stati più di 50 milioni (cinque volte superiori a quelli della Grande Guerra), di cui circa 35 milioni sono civili. Tuttavia, il disastro delle due città di Hiroshima e Nagasaki non saranno i soli avvenimenti legati all’utilizzo di armi atomiche che colpiranno il Giappone. Questo stato, nel secondo dopoguerra, era una zona soggetta a vari lanci atomici sperimentali da parte del governo americano.

 

Gli esperimenti provocarono, nel Marzo del 1954, un incidente che coinvolse una nave giapponese, la Daigo Fukuryu Maru, e il suo equipaggio, il quale venne esposto alle radiazioni causate appunto dallo scoppio di una bomba all’idrogeno. L’impatto mediatico dell’evento si estese oltre il territorio giapponese, giungendo anche in Europa e generando un interesse per i quotidiani che ne documentarono il fatto e gli effetti.

 

Come è risaputo, le radiazioni sono estremamente nocive, in quanto danneggiano singole cellule del corpo umano distruggendone il DNA, provocando quindi danni sia immediati che ereditari. Il danno inferto da queste radiazioni è direttamente proporzionale alla quantità di cui se ne viene colpiti: una dose massiccia, come quella ricevuta in un raggio di qualche chilometro da un’esplosione nucleare, può provocare la morte in poche ore. Man mano che ci si allontana, le dosi subite diminuiscono e il tempo di sopravvivenza aumenta. Vi saranno quindi, tenendo conto di un’esplosione nucleare che avviene nei dintorni di una città, migliaia e migliaia di morti nei giorni successivi.

 

I soggetti esposti in modo minore alle radiazioni possono essere curati in appositi centri specializzati ma, in molti di essi, si manifesteranno comunque a distanza di anni numerosi casi di cancro provocati dal danneggiamento del DNA delle cellule e nella loro discendenza saranno più frequenti casi di aborto spontaneo, malformazioni e malattie genetiche.

 

Chi si interessa di produzioni animate e cinematografiche giapponesi è sicuramente a conoscenza che all’interno di tali produzioni sia fortemente presente l’elemento bellico. Secondo le osservazioni di Ilaria Simonini, riportate in un suo articolo, un fattore che ha condizionato quel filone specifico dell’animazione a sfondo bellico-militare, è proprio la situazione storica del periodo. Andando a ritroso, eccoci al momento che maggiormente ha segnato le condizioni e l’immaginario giapponese: la Seconda guerra mondiale.

 

Dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor”, scrive la Simonini, “gli Stati Uniti contrattaccano il nemico che ha osato sfidarlo in casa propria. Il 6 agosto 1945, il bombardiere B29 chiamato Enola Gay sgancia, su Hiroshima Little Boy, il primo ordigno nucleare della storia dei conflitti armati e tre giorni dopo, Fat Man, il secondo ordigno, viene sganciato su Nagasaki. Due nomi, Little Boy e Fat Man, tanto giocosi all’orecchio quanto crudeli negli effetti che si portano dietro: a partire da quel momento, il Giappone è fuori dai giochi della guerra. La bomba atomica influenzerà in maniera profonda sia le dinamiche sociali che industriali post-belliche, andando a modificare l’immaginario collettivo del mondo intero, ma soprattutto del Giappone ‘nuclearizzato’ che virerà verso l’esperienza del reducismo della ‘morte atomica’. Da qui i tanti ricordi trasposti in animazione di chi la bomba l’ha vissuta sulla propria pelle, come tanti autori e animatori che operano dagli anni ‘60 in avanti”.

 

Partendo da queste osservazioni si possono ricercare numerosi esempi, alcuni di essi riportati dalla stessa autrice nell’articolo citato nelle righe precedenti, nei quali sia presente l’elemento della “Bomba”.

 

Simonini si concentra prevalentemente sul filone animato che parte dagli anni ‘70 in poi, per ritrovarvi nella figura dei vari antagonisti richiami riconducibili al nazismo e al fascismo. Individuando appunto gli anni ‘70 come punto di partenza dal quale queste figure emergono e costringono gli eroi salvifici protagonisti a studiare strategie e ad adottare tecnologie avanzate per poter affrontare queste terribili minacce.

 

Le analisi della studiosa, per quanto riguarda l’individuazione di figure para-naziste all’interno dell’immaginario animato giapponese, sono estremamente interessanti e dimostrano quanto gli elementi della seconda guerra mondiale abbiano influenzato – e continuino a influenzare – l’immaginario della società giapponese.

 

Tuttavia questo articolo ha lo scopo di cercare un elemento specifico della seconda guerra mondiale all’interno di queste produzioni mediatiche: la Bomba Atomica. Per quanto quest’arma di distruzione di massa che ha segnato la fine della seconda guerra mondiale, è possibile riscontrare elementi a essa riconducibili molto prima degli anni ‘70, per fare ciò è però necessario non concentrarci esclusivamente nel panorama di animazione, ma osservare anche l’universo cinematografico.

 

Il 1954, come citato nel paragrafo precedente, è l’anno dell’incidente della Daigo Fukurio Maru, ma è anche l’anno nel quale esce un film con uno dei protagonisti più famosi del mondo del cinema, nonostante tale personaggio non abbia fattezze umane e non si possa considerare del tutto una figura eroistica: questo film è Godzilla.

 

Nel film, Godzilla è una creatura probabilmente sopravvissuta al periodo giurassico, caduta in una sorta di lunghissimo letargo e risvegliatasi proprio in seguito a determinati esperimenti atomici avvenuti nei pressi del territorio giapponese e da esse potenziato divenendo così una creatura capace di emettere raggi devastanti dalla sua bocca, causando immensi danni e ricordando proprio gli effetti di un’arma atomica. L’unico modo per sconfiggere una così grande minaccia sembra essere quello di costruire un’arma ancora più devastante e pericolosa. Gli scienziati progettano quindi una bomba ancora più distruttiva di quella atomica, qui chiamata Oxygen Destroyer, con la quale riescono a uccidere la possente creatura.

 

Vi sono anche riferimenti più “diretti” all’interno della filmografia giapponese, per quanto riguarda l’argomento della Bomba Atomica. Nei primi anni cinquanta escono due film molto significativi che raccontano direttamente tale fatto: Nagasaki no Kane – The bell of Nagasaki – del regista Hideo Ōba e Nagasaki no Uta wa Wasureji I’ll not forget the song of Nagasaki – del regista Tomotaka Tasaka, quest’ultimo rimase egli stesso vittima degli effetti delle radiazioni.

 

Un ultimo film da citare che tratti, tramite la storia dei suoi protagonisti, in modo diretto la tragicità legata all’evento del lancio della bomba atomica è il film Black rain – in giapponese Kuroi Ame – del regista Shoei Imamura. Questo film è stato rilasciato nel 1989, a testimonianza del fatto che, anche a distanza di più di quattro decenni, quel drammatico evento continua a essere presente nella mentalità della società giapponese.

 

Nel momento in cui si tenta di analizzare determinati elementi all’interno del panorama culturale giapponese, è praticamente impossibile non tenere conto dei film animati del regista Hideo Miyazaki e più in generale dello Studio Ghibli.

 

All’interno delle sue opere Miyazaki analizza talmente tante tematiche che meriterebbero una serie di articoli a sé, motivo per il quale, in questo articolo, verranno analizzati esclusivamente i film animati che in qualche modo hanno un richiamo con l’elemento della Bomba e dei suoi effetti, essendo questo lo scopo principale di tale analisi, mettendo quindi da parte tutte le altre metafore e analisi a scopo pedagogico tipiche dell’universo Ghibli e del regista stesso, come l’antimilitarismo, la critica ambientalista, la fiducia nell’universo giovanile e la critica verso l’ipocrisia e l’ingenuità del mondo adulto.

 

La prima opera in ordine cronologico all’interno della quale si possono riscontrare dei richiami all’elemento della Bomba Atomica è la serie anime Conan, il ragazzo del futuro, il cui autore è appunto Hideo Miyazaki. La serie è stata rilasciata nel 1978 ed è ambientata in una sorta di futuro distopico, dove l’umanità ha rischiato la totale estinzione in seguito a una guerra combattuta attraverso l’utilizzo di armi devastanti, le quali, anche solo dalle immagini che accompagnano la sigla – facilmente trovabile in rete –, possono facilmente essere ricollegate ad armi atomiche, essendo anch’esse capaci di devastare intere città, lasciando solo macerie in seguito al loro utilizzo.

 

Un altro prodotto molto simile a Conan è il film d’animazione Nausicaa della valle del vento, uscito nel 1984, diretto sempre da Myiazaki e basato sull’omonimo manga, anche questo film è ambientato in universo pst-apocalittico, con il mondo ormai quasi completamente devastato dalle precedenti guerre combattute anch’esse con armi di distruzione di massa, una delle quali è possibile vedere in azione verso la fine del film.

 

L’umanità, nonostante sia suddivisa in piccole comunità, molto distanti tra loro e in scarso contatto e nonostante abbia perduto parte delle conoscenze dell’era passata, anche quelle legate alle tecnologie belliche, rimane comunque legata a una tendenza colonizzatrice e autodistruttiva, alla costante ricerca di quelle armi di devastazione utilizzate nelle precedenti guerre, per poterle utilizzare ancora come mezzo per prevalere su ciò che rimane della razza umana. La protagonista appartiene a una comunità isolata, perlopiù pacifica, rimasta in parte legata a un’agricoltura di sussistenza e in armonia con l’ambiente naturale nel quale vivono, rimasto meno coinvolto dalla devastazione che caratterizza il mondo, ma si trova minacciata proprio dalla tendenza colonizzatrice e belligerante delle altre popolazioni.

 

Come ultimo esempio di film prodotti dallo Studio Ghibli è necessario citare Una tomba per le lucciole, un film di animazione del 1988 diretto questa volta non da Myiazaki, ma dal suo collega Isao Takahata. Takahata, per questo film, decide di mettere da parte l’elemento dell’immaginario magico e soprannaturale – come poi farà anche Myiazaki per il suo film Si alza il vento –, volendo mettere in scena una storia realistica, ambientata durante la seconda guerra mondiale e riportandone tutte le sofferenze e le drammaticità dal punto di vista del Giappone.

 

I due protagonisti, Tetsuko e la sua piccola sorella Seita, si ritrovano a vivere in prima persona il bombardamento della città di Kobe, in seguito al quale perdono prima la loro casa e poco dopo la loro madre, rimasta gravemente ferita a causa delle ustioni causate dalle bombe incendiarie.

 

La scena del bombardamento è resa in maniera estremamente drammatica e ancora più drammatici saranno gli eventi che seguiranno i due giovani protagonisti; costretti a fuggire dalla casa della propria zia a causa di una convivenza impossibile dovuta all’atteggiamento di quest’ultima nei loro confronti, rimangono senza casa e senza cibo costretti a sopravvivere giorno dopo giorno e senza riuscire a comprendere come gli eventi tragici che caratterizzano il 1945 si stiano evolvendo e non accorgendosi neanche che la guerra a un certo punto giunge a una conclusione con la resa del Giappone – lo scopriranno solo tempo dopo la resa dei Giapponesi – per poi concludersi con la morte prima della piccola Seita e successivamente di Setsuko.

 

Nonostante non venga rappresentato in modo diretto il lancio della bomba atomica, viene comunque rappresentata la devastazione causata dal lancio delle bombe americane sulla popolazione giapponese, e quindi l’elemento della bomba si ripresenta anche qui all’interno di un teatro, logicamente, drammatico.

 

Vi è poi una serie di animazione che ha riscosso un incredibile successo. Nonostante non sia stata prodotta né da Myiazaki né dallo Studio Ghibli è comunque doveroso citarla, anche perché è anch’essa legata al panorama dell’universo post-apocalittico. La serie anime in questione è quella di Ken il guerriero – il titolo giapponese è Hokuto no Ken – prodotta negli anni Ottanta e basata sull’omonima serie manga.

 

La storia ha un elevatissimo contenuto di arti marziali ma è ambientato, come spiegato in precedenza, in universo post-apocalittico causato da un conflitto mondiale combattuto con l’utilizzo di armi atomiche. Il mondo che ci si presenta davanti è caratterizzato da un ambiente prevalentemente desertico, in totale decadenza, con edifici moderni ormai abbandonati e in decadimento, gruppi di criminali che percorrono quotidianamente le strade abbandonate delle città in cerca di nuovi luoghi da saccheggiare e comunità che cercano di sopravvivere in un ambiente completamente ostile.

 

Anche all’interno di questa serie è possibile riscontrare le analogie esaminate in precedenza, nonostante non sia un prodotto legato alle produzioni Ghibli vi sono comunque elementi in comune, utili all’analisi complessiva di questo articolo.

 

Come è stato riportato, la tragicità legata alla visione e agli effetti devastanti della Bomba Atomica si ripresenta spesso nel panorama culturale giapponese, anche e soprattutto all’interno dei prodotti più diffusi qui in Occidente.

 

Mettendo per un attimo da parte il contesto di un olocausto nucleare, si può osservare comunque quanto nei prodotti culturali giapponesi, come manga o anime, sia molto facile ritrovare elementi di forte tragicità, violenza e crudezza. Per citare solo alcuni dei titoli con tali elementi (titoli che hanno riscosso un elevato successo commerciale e che sono molto diffusi anche qui in Occidente), vi sono per esempio: Death Note, L’attacco dei Giganti, Berserk e Helsing. Questi sono titoli, come è stato accennato, pieni di elementi fortemente violenti, con richiami anche a scene di stupro (come nel caso del Protagonista Alucard in Helsing) o con una struttura narrativa che può in parte destabilizzare la stessa moralità dello spettatore, come può accadere nel caso di Death Note, che presenta come protagonista un serial killer che, grazie all’ausilio di un quaderno magico, è capace di uccidere chiunque semplicemente scrivendo il nome del soggetto su tale quaderno e decide di sfruttare tale potere per eliminare ogni criminale del mondo, elevandosi però a giudice supremo, ma ottenendo anche un grande supporto dalla società, la quale arriva addirittura a opporsi alle forze dell’ordine che cercano di fermarlo.

 

I prodotti culturali asiatici riescono ad avere una certa influenza anche sul panorama culturale occidentale, come osserva Henry Jankins in Cultura Convergente: “Molti dei cartoni animati mandati in onda nelle TV americane vengono dall’Asia (soprattutto dalla Corea), spesso con una scarsa supervisione da parte delle imprese statunitensi. Gran parte dei bambini occidentali di oggi ha maggiore dimestichezza con i personaggi dei Pokemon che con i protagonisti delle fiabe europei dei fratelli Grimm o Hans Crhistian Handersen. […] Nel tentativo di recuperare lo svantaggio di mercato con l’Asia, Marvel Comics ha sperimentato, nel 2002, la pubblicazione di una nuova serie di fumetti del titolo Mangaverse, nella quale i supereroi storici Marvel sono riadattati alla tradizione di genere giapponese”.

 

In modo simile, dice Jankis continuando le sue osservazioni, Kingdome Hearts (2002) – primo capitolo di una saga videoludica di enorme successo – è nato dalla collaborazione tra la Disney e l’industria di videogiochi giapponese Squeresoft – oggi chiamata Squere Enix –, creatrice della saga videoludica Final Fantasy.

 

Le osservazioni di Jankis sono logicamente corrette, tuttavia le influenze Asiatiche sul mondo occidentale da lui citate, riguardano tutti prodotti che non hanno al loro interno elementi tragici né violenti. L’anime dei Pokemon, così come il videogioco di Kingdome Hearts, non presentano gli elementi identificativi di Death Note, Helsing, o Berskerk, né l’impatto di critica sociale dello Studio Ghibli o gli elementi tragici di Una Tomba per le Lucciole. Viene quindi da ipotizzare che l’influenza avvenga maggiormente per quegli elementi che non siano propriamente dannosi a quella che è ritenuta essere la mentalità comune occidentale (naturalmente queste osservazioni sono solo riferite a un mercato di massa e non di nicchia) e che quindi non abbiano elementi destabilizzatori a livello morale o che possano intaccare quella che i produttori reputano essere la sensibilità del pubblico di massa occidentale.

 

In occidente, infatti, per quanto riguarda il panorama mediatico culturale, vi è ancora una forte avversione per il trattamento di queste tematiche e spesso vengono ricondotte proprio al mondo videoludico.

 

Sempre Jankins osserva che “Quello dei video game è il settore economicamente più significativo per l’intrattenimento, la vera testa di ponte dei tentativi di realizzare nuove forme di narrativa interattiva, ma tutto quel che i media vogliono fare è parlare di violenza”. In questo caso i media sono interessati alla violenza videoludica solamente con lo scopo di avanzare critiche verso quel determinato ambito commerciale.

 

In conclusione, che si tratti del singolo elemento della Bomba Atomica e delle conseguenze legate al suo utilizzo, o della seconda guerra mondiale, o più in generale di elementi drammatici e considerati fortemente oppressivi a livello morale e psicologico, nel panorama culturale Giapponese non si fatica a individuarli, come se fossero rimasti radicati all’interno della stessa società e ora ne fossero diventati parte integrante.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Banti Alberto Mario, L’età contemporanea. Dalla grande Guerra a oggi, Laterza, Bari-Roma 2009.

Broderick Mick, Hibakusha Cinema, Hiroshima Nagasaki and the Nuclear Image in Japanese Film, Routledge, Gennaio 1996.

Jankins Hnery, Cultura Convergente, Maggioli Editore, Aprile 2014, Sant’Arcangelo di Romagna.

Jankins Henry, Fan, Blogger e Videogamers. L’emergere delle culture partecipative nell’era digitale, Franco Angeli, Milano 2008.

Simonini Ilaria, L’ombra della seconda guerra mondiale nell’animazione giapponese, Giugno 2012.

van Vilet Peter, Armi nucleari e non convenzionali, Fratelli Melita Editori, La Spezia 1992.

H.G., Gli insegnamenti del tragico episodio dei pescatori giapponesi. La straordinaria pericolosità della polvere radioattiva che il vento può disperdere in ogni senso, L’Unità, 27 Marzo 1954.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]