contemporanea
Gli echi di
Hiroschima
La Bomba Atomica
nella cultura di massa giapponese
di Carlo Desideri
Il 7 maggio 1945 i responsabili
dell’esercito tedesco firmano a Reims la
resa senza condizioni. Nonostante
questo, il Giappone continua a
combattere. Tra il 1943 e il 1945
l’esercito statunitense ha riconquistato
palmo a palmo posizioni di territorio,
fino a rimettere piede nelle Filippine
nel luglio del 1945. Ma la resistenza
giapponese continua, affidata anche alle
azioni dei kamikaze, aviatori
suicidi che si lanciano con i loro aerei
carichi di esplosivo contro le navi
statunitensi.
Dopo la morte di Roosevelt, avvenuta il
12 Aprile del 1945, Harry Truman diventa
presidente degli Stati Uniti, rimanendo
in carica fino al 1953. Dal giugno
precedente gli scienziati che lavoravano
per il governo statunitense hanno messo
a punto una nuova arma di inusitata
potenza. Truman decide di usarla contro
il Giappone, per chiudere una guerra che
potrebbe costare ancora troppe vite
umane agli Stati Uniti.
La nuova arma, la bomba atomica,
viene sganciata il 6 agosto del
1945 sulla città giapponese di
Hiroschima; tre giorni dopo (il 9
agosto 1945) un attacco analogo viene
compiuto contro la città di Nagasaki.
Gli effetti delle due bombe sono
inenarrabili. Le due città sono
distrutte; i morti sono 100.000 a
Hiroshima e 60.000 a Nagasaki; chi resta
in vita subisce ferite e deturpazioni di
una gravità mai vista, e soffrirà a
lungo negli anni seguenti per effetto
delle radiazioni atomiche che l’hanno
contaminato.
L’8 agosto, intanto, anche l’Urss ha
dichiarato guerra al Giappone. Il 15
agosto 1945 l’imperatore Hirohito offre
una resa senza condizioni. Il 2
settembre 1945 viene firmato
l’armistizio.
I morti della seconda guerra mondiale
sono stati più di 50 milioni (cinque
volte superiori a quelli della Grande
Guerra), di cui circa 35 milioni sono
civili. Tuttavia, il disastro delle due
città di Hiroshima e Nagasaki non
saranno i soli avvenimenti legati
all’utilizzo di armi atomiche che
colpiranno il Giappone. Questo stato,
nel secondo dopoguerra, era una zona
soggetta a vari lanci atomici
sperimentali da parte del governo
americano.
Gli esperimenti provocarono, nel Marzo
del 1954, un incidente che coinvolse una
nave giapponese, la
Daigo Fukuryu
Maru,
e il suo
equipaggio, il quale venne esposto alle
radiazioni causate appunto dallo scoppio
di una bomba all’idrogeno. L’impatto
mediatico dell’evento si estese oltre il
territorio giapponese, giungendo anche
in Europa e generando un interesse per i
quotidiani che ne documentarono il fatto
e gli effetti.
Come è risaputo, le radiazioni sono
estremamente nocive, in quanto
danneggiano singole cellule del corpo
umano distruggendone il DNA, provocando
quindi danni sia immediati che
ereditari. Il danno inferto da queste
radiazioni è direttamente proporzionale
alla quantità di cui se ne viene
colpiti: una dose massiccia, come quella
ricevuta in un raggio di qualche
chilometro da un’esplosione nucleare,
può provocare la morte in poche ore. Man
mano che ci si allontana, le dosi subite
diminuiscono e il tempo di sopravvivenza
aumenta. Vi saranno quindi, tenendo
conto di un’esplosione nucleare che
avviene nei dintorni di una città,
migliaia e migliaia di morti nei giorni
successivi.
I soggetti esposti in modo minore alle
radiazioni possono essere curati in
appositi centri specializzati ma, in
molti di essi, si manifesteranno
comunque a distanza di anni numerosi
casi di cancro provocati dal
danneggiamento del DNA delle cellule e
nella loro discendenza saranno più
frequenti casi di aborto spontaneo,
malformazioni e malattie genetiche.
Chi si interessa di produzioni animate e
cinematografiche giapponesi è
sicuramente a conoscenza che all’interno
di tali produzioni sia fortemente
presente l’elemento bellico. Secondo le
osservazioni di Ilaria Simonini,
riportate in un suo articolo, un fattore
che ha condizionato quel filone
specifico dell’animazione a sfondo
bellico-militare, è proprio la
situazione storica del periodo. Andando
a ritroso, eccoci al momento che
maggiormente ha segnato le condizioni e
l’immaginario giapponese: la Seconda
guerra mondiale.
“Dopo l’attacco giapponese a Pearl
Harbor”, scrive la Simonini, “gli
Stati Uniti contrattaccano il nemico che
ha osato sfidarlo in casa propria. Il 6
agosto 1945, il bombardiere B29 chiamato
Enola Gay sgancia, su Hiroshima Little
Boy, il primo ordigno nucleare della
storia dei conflitti armati e tre giorni
dopo, Fat Man, il secondo ordigno, viene
sganciato su Nagasaki. Due nomi, Little
Boy e Fat Man, tanto giocosi
all’orecchio quanto crudeli negli
effetti che si portano dietro: a partire
da quel momento, il Giappone è fuori dai
giochi della guerra. La bomba atomica
influenzerà in maniera profonda sia le
dinamiche sociali che industriali
post-belliche, andando a modificare
l’immaginario collettivo del mondo
intero, ma soprattutto del Giappone
‘nuclearizzato’ che virerà verso
l’esperienza del reducismo della ‘morte
atomica’. Da qui i tanti ricordi
trasposti in animazione di chi la bomba
l’ha vissuta sulla propria pelle, come
tanti autori e animatori che operano
dagli anni ‘60 in avanti”.
Partendo da queste osservazioni si
possono ricercare numerosi esempi,
alcuni di essi riportati dalla stessa
autrice nell’articolo citato nelle righe
precedenti, nei quali sia presente
l’elemento della “Bomba”.
Simonini si concentra prevalentemente
sul filone animato che parte dagli anni
‘70 in poi, per ritrovarvi nella figura
dei vari antagonisti richiami
riconducibili al nazismo e al fascismo.
Individuando appunto gli anni ‘70 come
punto di partenza dal quale queste
figure emergono e costringono gli eroi
salvifici protagonisti a studiare
strategie e ad adottare tecnologie
avanzate per poter affrontare queste
terribili minacce.
Le analisi della studiosa, per quanto
riguarda l’individuazione di figure
para-naziste all’interno
dell’immaginario animato giapponese,
sono estremamente interessanti e
dimostrano quanto gli elementi della
seconda guerra mondiale abbiano
influenzato – e continuino a influenzare
– l’immaginario della società
giapponese.
Tuttavia questo articolo ha lo scopo di
cercare un elemento specifico della
seconda guerra mondiale all’interno di
queste produzioni mediatiche: la Bomba
Atomica. Per quanto quest’arma di
distruzione di massa che ha segnato la
fine della seconda guerra mondiale, è
possibile riscontrare elementi a essa
riconducibili molto prima degli anni
‘70, per fare ciò è però necessario non
concentrarci esclusivamente nel panorama
di animazione, ma osservare anche
l’universo cinematografico.
Il 1954, come citato nel paragrafo
precedente, è l’anno dell’incidente
della Daigo Fukurio Maru, ma è anche
l’anno nel quale esce un film con uno
dei protagonisti più famosi del mondo
del cinema, nonostante tale personaggio
non abbia fattezze umane e non si possa
considerare del tutto una figura
eroistica: questo film è Godzilla.
Nel film, Godzilla è una creatura
probabilmente sopravvissuta al periodo
giurassico, caduta in una sorta di
lunghissimo letargo e risvegliatasi
proprio in seguito a determinati
esperimenti atomici avvenuti nei pressi
del territorio giapponese e da esse
potenziato divenendo così una creatura
capace di emettere raggi devastanti
dalla sua bocca, causando immensi danni
e ricordando proprio gli effetti di
un’arma atomica. L’unico modo per
sconfiggere una così grande minaccia
sembra essere quello di costruire
un’arma ancora più devastante e
pericolosa. Gli scienziati progettano
quindi una bomba ancora più distruttiva
di quella atomica, qui chiamata
Oxygen Destroyer, con la quale
riescono a uccidere la possente
creatura.
Vi sono anche riferimenti più “diretti”
all’interno della filmografia
giapponese, per quanto riguarda
l’argomento della Bomba Atomica. Nei
primi anni cinquanta escono due film
molto significativi che raccontano
direttamente tale fatto: Nagasaki no
Kane – The bell of Nagasaki – del
regista Hideo Ōba e Nagasaki no Uta
wa Wasureji – I’ll not forget the
song of Nagasaki – del regista
Tomotaka Tasaka, quest’ultimo rimase
egli stesso vittima degli effetti delle
radiazioni.
Un ultimo film da citare che tratti,
tramite la storia dei suoi protagonisti,
in modo diretto la tragicità legata
all’evento del lancio della bomba
atomica è il film Black rain – in
giapponese Kuroi Ame – del
regista Shoei Imamura. Questo film è
stato rilasciato nel 1989, a
testimonianza del fatto che, anche a
distanza di più di quattro decenni, quel
drammatico evento continua a essere
presente nella mentalità della società
giapponese.
Nel momento in cui si tenta di
analizzare determinati elementi
all’interno del panorama culturale
giapponese, è praticamente impossibile
non tenere conto dei film animati del
regista Hideo Miyazaki e più in generale
dello Studio Ghibli.
All’interno delle sue opere Miyazaki
analizza talmente tante tematiche che
meriterebbero una serie di articoli a
sé, motivo per il quale, in questo
articolo, verranno analizzati
esclusivamente i film animati che in
qualche modo hanno un richiamo con
l’elemento della Bomba e dei suoi
effetti, essendo questo lo scopo
principale di tale analisi, mettendo
quindi da parte tutte le altre metafore
e analisi a scopo pedagogico tipiche
dell’universo Ghibli e del regista
stesso, come l’antimilitarismo, la
critica ambientalista, la fiducia
nell’universo giovanile e la critica
verso l’ipocrisia e l’ingenuità del
mondo adulto.
La prima opera in ordine cronologico
all’interno della quale si possono
riscontrare dei richiami all’elemento
della Bomba Atomica è la serie anime
Conan, il ragazzo del futuro, il cui
autore è appunto Hideo Miyazaki. La
serie è stata rilasciata nel 1978 ed è
ambientata in una sorta di futuro
distopico, dove l’umanità ha rischiato
la totale estinzione in seguito a una
guerra combattuta attraverso l’utilizzo
di armi devastanti, le quali, anche solo
dalle immagini che accompagnano la sigla
– facilmente trovabile in rete –,
possono facilmente essere ricollegate ad
armi atomiche, essendo anch’esse capaci
di devastare intere città, lasciando
solo macerie in seguito al loro
utilizzo.
Un altro prodotto molto simile a
Conan è il film d’animazione
Nausicaa della valle del vento,
uscito nel 1984, diretto sempre da
Myiazaki e basato sull’omonimo manga,
anche questo film è ambientato in
universo pst-apocalittico, con il mondo
ormai quasi completamente devastato
dalle precedenti guerre combattute
anch’esse con armi di distruzione di
massa, una delle quali è possibile
vedere in azione verso la fine del film.
L’umanità, nonostante sia suddivisa in
piccole comunità, molto distanti tra
loro e in scarso contatto e nonostante
abbia perduto parte delle conoscenze
dell’era passata, anche quelle legate
alle tecnologie belliche, rimane
comunque legata a una tendenza
colonizzatrice e autodistruttiva, alla
costante ricerca di quelle armi di
devastazione utilizzate nelle precedenti
guerre, per poterle utilizzare ancora
come mezzo per prevalere su ciò che
rimane della razza umana. La
protagonista appartiene a una comunità
isolata, perlopiù pacifica, rimasta in
parte legata a un’agricoltura di
sussistenza e in armonia con l’ambiente
naturale nel quale vivono, rimasto meno
coinvolto dalla devastazione che
caratterizza il mondo, ma si trova
minacciata proprio dalla tendenza
colonizzatrice e belligerante delle
altre popolazioni.
Come ultimo esempio di film prodotti
dallo Studio Ghibli è necessario citare
Una tomba per le lucciole, un
film di animazione del 1988 diretto
questa volta non da Myiazaki, ma dal suo
collega Isao Takahata. Takahata, per
questo film, decide di mettere da parte
l’elemento dell’immaginario magico e
soprannaturale – come poi farà anche
Myiazaki per il suo film Si alza il
vento –, volendo mettere in scena
una storia realistica, ambientata
durante la seconda guerra mondiale e
riportandone tutte le sofferenze e le
drammaticità dal punto di vista del
Giappone.
I due protagonisti, Tetsuko e la sua
piccola sorella Seita, si ritrovano a
vivere in prima persona il bombardamento
della città di Kobe, in seguito al quale
perdono prima la loro casa e poco dopo
la loro madre, rimasta gravemente ferita
a causa delle ustioni causate dalle
bombe incendiarie.
La scena del bombardamento è resa in
maniera estremamente drammatica e ancora
più drammatici saranno gli eventi che
seguiranno i due giovani protagonisti;
costretti a fuggire dalla casa della
propria zia a causa di una convivenza
impossibile dovuta all’atteggiamento di
quest’ultima nei loro confronti,
rimangono senza casa e senza cibo
costretti a sopravvivere giorno dopo
giorno e senza riuscire a comprendere
come gli eventi tragici che
caratterizzano il 1945 si stiano
evolvendo e non accorgendosi neanche che
la guerra a un certo punto giunge a una
conclusione con la resa del Giappone –
lo scopriranno solo tempo dopo la resa
dei Giapponesi – per poi concludersi con
la morte prima della piccola Seita e
successivamente di Setsuko.
Nonostante non venga rappresentato in
modo diretto il lancio della bomba
atomica, viene comunque rappresentata la
devastazione causata dal lancio delle
bombe americane sulla popolazione
giapponese, e quindi l’elemento della
bomba si ripresenta anche qui
all’interno di un teatro, logicamente,
drammatico.
Vi è poi una serie di animazione che ha
riscosso un incredibile successo.
Nonostante non sia stata prodotta né da
Myiazaki né dallo Studio Ghibli è
comunque doveroso citarla, anche perché
è anch’essa legata al panorama
dell’universo post-apocalittico. La
serie anime in questione è quella di
Ken il guerriero – il titolo
giapponese è Hokuto no Ken –
prodotta negli anni Ottanta e basata
sull’omonima serie manga.
La storia ha un elevatissimo contenuto
di arti marziali ma è ambientato, come
spiegato in precedenza, in universo
post-apocalittico causato da un
conflitto mondiale combattuto con
l’utilizzo di armi atomiche. Il mondo
che ci si presenta davanti è
caratterizzato da un ambiente
prevalentemente desertico, in totale
decadenza, con edifici moderni ormai
abbandonati e in decadimento, gruppi di
criminali che percorrono quotidianamente
le strade abbandonate delle città in
cerca di nuovi luoghi da saccheggiare e
comunità che cercano di sopravvivere in
un ambiente completamente ostile.
Anche all’interno di questa serie è
possibile riscontrare le analogie
esaminate in precedenza, nonostante non
sia un prodotto legato alle produzioni
Ghibli vi sono comunque elementi in
comune, utili all’analisi complessiva di
questo articolo.
Come è stato riportato, la tragicità
legata alla visione e agli effetti
devastanti della Bomba Atomica si
ripresenta spesso nel panorama culturale
giapponese, anche e soprattutto
all’interno dei prodotti più diffusi qui
in Occidente.
Mettendo per un attimo da parte il
contesto di un olocausto nucleare, si
può osservare comunque quanto nei
prodotti culturali giapponesi, come
manga o anime, sia molto facile
ritrovare elementi di forte tragicità,
violenza e crudezza. Per citare solo
alcuni dei titoli con tali elementi
(titoli che hanno riscosso un elevato
successo commerciale e che sono molto
diffusi anche qui in Occidente), vi sono
per esempio: Death Note,
L’attacco dei Giganti, Berserk
e Helsing. Questi sono titoli,
come è stato accennato, pieni di
elementi fortemente violenti, con
richiami anche a scene di stupro (come
nel caso del Protagonista Alucard
in Helsing) o con una struttura
narrativa che può in parte
destabilizzare la stessa moralità dello
spettatore, come può accadere nel caso
di Death Note, che presenta come
protagonista un serial killer che,
grazie all’ausilio di un quaderno
magico, è capace di uccidere chiunque
semplicemente scrivendo il nome del
soggetto su tale quaderno e decide di
sfruttare tale potere per eliminare ogni
criminale del mondo, elevandosi però a
giudice supremo, ma ottenendo anche un
grande supporto dalla società, la quale
arriva addirittura a opporsi alle forze
dell’ordine che cercano di fermarlo.
I prodotti culturali asiatici riescono
ad avere una certa influenza anche sul
panorama culturale occidentale, come
osserva Henry Jankins in Cultura
Convergente: “Molti dei cartoni
animati mandati in onda nelle TV
americane vengono dall’Asia (soprattutto
dalla Corea), spesso con una scarsa
supervisione da parte delle imprese
statunitensi. Gran parte dei bambini
occidentali di oggi ha maggiore
dimestichezza con i personaggi dei
Pokemon che con i protagonisti delle
fiabe europei dei fratelli Grimm o Hans
Crhistian Handersen. […] Nel tentativo
di recuperare lo svantaggio di mercato
con l’Asia, Marvel Comics ha
sperimentato, nel 2002, la pubblicazione
di una nuova serie di fumetti del titolo
Mangaverse, nella quale i supereroi
storici Marvel sono riadattati alla
tradizione di genere giapponese”.
In modo simile, dice Jankis continuando
le sue osservazioni, Kingdome Hearts
(2002) – primo capitolo di una saga
videoludica di enorme successo – è nato
dalla collaborazione tra la Disney
e l’industria di videogiochi giapponese
Squeresoft – oggi chiamata
Squere Enix –, creatrice della saga
videoludica Final Fantasy.
Le osservazioni di Jankis sono
logicamente corrette, tuttavia le
influenze Asiatiche sul mondo
occidentale da lui citate, riguardano
tutti prodotti che non hanno al loro
interno elementi tragici né violenti.
L’anime dei Pokemon, così come il
videogioco di Kingdome Hearts,
non presentano gli elementi
identificativi di Death Note,
Helsing, o Berskerk, né
l’impatto di critica sociale dello
Studio Ghibli o gli elementi tragici di
Una Tomba per le Lucciole. Viene
quindi da ipotizzare che l’influenza
avvenga maggiormente per quegli elementi
che non siano propriamente dannosi a
quella che è ritenuta essere la
mentalità comune occidentale
(naturalmente queste osservazioni sono
solo riferite a un mercato di massa e
non di nicchia) e che quindi non abbiano
elementi destabilizzatori a livello
morale o che possano intaccare quella
che i produttori reputano essere la
sensibilità del pubblico di massa
occidentale.
In occidente, infatti, per quanto
riguarda il panorama mediatico
culturale, vi è ancora una forte
avversione per il trattamento di queste
tematiche e spesso vengono ricondotte
proprio al mondo videoludico.
Sempre Jankins osserva che “Quello
dei video game è il settore
economicamente più significativo per
l’intrattenimento, la vera testa di
ponte dei tentativi di realizzare nuove
forme di narrativa interattiva, ma tutto
quel che i media vogliono fare è parlare
di violenza”. In questo caso i media
sono interessati alla violenza
videoludica solamente con lo scopo di
avanzare critiche verso quel determinato
ambito commerciale.
In conclusione, che si tratti del
singolo elemento della Bomba Atomica e
delle conseguenze legate al suo
utilizzo, o della seconda guerra
mondiale, o più in generale di elementi
drammatici e considerati fortemente
oppressivi a livello morale e
psicologico, nel panorama culturale
Giapponese non si fatica a individuarli,
come se fossero rimasti radicati
all’interno della stessa società e ora
ne fossero diventati parte integrante.
Riferimenti bibliografici:
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