BOLOGNA
FRA MEMORIA CIVICA E MEMORIA URBANA
di Stefano Bassi
Le città italiane sono dense di storia:
i luoghi rimandano a un passato lontano,
visibile e invisibile. Una ricchezza di
trame non sempre di facile
interpretazione. La Storia non ha finito
di raccontare e raccontarsi e,
nonostante la contemporaneità galoppi a
ritmi serrati, quello che ci circonda
testimonia processi di lunghissima
durata, iniziati secoli fa e non ancora
conclusi.
Ogni città ha un’anima, che riguarda la
propria civitas, e una realtà
materiale, l’urbs in senso
stretto. I due elementi si intrecciano,
si sovrappongono e si sviluppano
incessantemente, senza smettere di
rappresentare quel sottile filo che
collega noi, il passato e il futuro.
Bologna descrive benissimo come un
patrimonio sia in ogni epoca storica
un’eredità non morta, bensì fluida, da
plasmare e rimaneggiare.
Bologna fra Tardo Antico e Alto
Medioevo
L’Impero Romano d’Occidente già da tempo
sta compiendo la sua parabola
discendente. Tuttavia, se gran parte
della storiografia ha dato alle parole
di Sant’Ambrogio, cadaveri di città
semidistrutte, un peso rilevante,
ponendo l’accento sulla rovina
dell’Impero, si è dimenticata
innanzitutto della funzione di commiato
della lettera del vescovo, il quale
scrive all’amico Faustino a cui è appena
morta la sorella.
Focalizziamoci su Bononia e
ragioniamo sulla realtà materiale. Le
mura di Selenite sono formate da grandi
blocchi di gesso, perlopiù
parallelepipedi, montati a secco. Il
materiale è in parte di reimpiego:
proviene infatti dagli edifici romani
caduti in disuso. Il perimetro della
città si è contratto. Occupa solo un 1/3
della superficie originaria. La
datazione dell’opera muraria, molto
incerta e dibattuta, grazie alle analisi
al C14, incrociate con le fonti scritte,
ha dato un verdetto: fine IV, inizi V
secolo. Al passaggio di Alarico e dei
Visigoti che nel 410 d.C saccheggiano
Roma, Bologna sarebbe ben difesa.
A una prima lettura, gli elementi ci
fanno pensare a una generale decadenza,
concordante con quanto scritto da
Ambrogio: tuttavia, dobbiamo pensare che
in un generale periodo di incertezza
politica e di crisi, Bononia riesce a
operare delle scelte di sopravvivenza.
Costruire delle mura non è un’opera
facile, anzi prevede un grande
investimento, un progetto collettivo e
pubblico di lungimiranza.
Le mura di Selenite rappresentano la
volontà bolognese di resistere e darsi
un futuro. Nel frattempo, infatti, con
la presenza di San Ambrogio si traslano
le spoglie dei Santi Vitale e Agricola
in Santo Stefano, complesso a cui darà
lustro San Petronio, vescovo del V
secolo. Inoltre sul perimetro murario
vengono poste 4 croci: Bologna è difesa
materialmente e spiritualmente. Pronta a
proiettarsi nel futuro.
Bologna e San Petronio
Durante le lotte fra Impero e Comuni che
vedono confrontarsi l’imperatore
Federico I con le città italiane,
Bologna è uscita dal suo guscio
protettivo. Sta per iniziare un’ascesa
che la porterà ad essere una delle
metropoli più grandi in Europa nel corso
del XIII secolo, grazie anche alla
presenza dello Studium,
l’università cittadina.
Come abbiamo messo in evidenza
precedentemente, un’espansione materiale
si intreccia a elementi culturali.
Mentre si sta costruendo la seconda
cerchia di mura, quella dei Torresotti,
per opporsi a Federico I, si ritrovano
le spoglie di San Petronio e le reliquie
che ha raccolto in vita. Bologna ha
bisogno di una narrazione che accenda il
suo spirito civico. Si compone perciò la
Vita Sancti Petronii. Il culto
del Santo inizia a diventare importante
e la sua vita, arricchita di
particolari, rappresenta molto bene ciò
di cui i bolognesi necessitano in quel
particolare momento.
Dopo la pace di Costanza del 1183, a
Bologna fiorisce lo Studium e in città
confluiscono studenti e artigiani. Si
costruiscono canali e mulini. La seconda
cerchia non basta più a contenere lo
sviluppo urbanistico e nel primo quarto
del ‘200 si inizia a tracciare con un
fossato la terza cerchia, detta Circla.
Alla fine del XIII secolo, però, il
bilancio comincia ad essere in negativo:
una guerra persa contro Venezia, una
continua ed estenuante lotta con Ferrara
e le altre città limitrofe, bandi a
danno dei ghibellini Lambertazzi. Così
nel corso del ‘300 la città felsinea
conosce domini signorili, sia interni da
parte dei Pepoli, sia esterni, da parte
di legati pontifici e infine dei
milanesi Visconti.
Ma nel 1376, una volta cacciato il
vicario pontificio, il comune di popolo
rivive brevemente e inizia a costruire
nel 1380 la Basilica di San Petronio. Da
non confondere con il Duomo di San
Pietro, la Basilica, posta in fronte al
palazzo del Podestà, in posizione
centrale, con affaccio sulla principale
Piazza Maggiore, testimonia
materialmente la forza civica di una
città che mai ha perso la sua identità.
Bologna e il Neo Medievalismo
Facciamo ora un gran salto in avanti.
Alla fine dell’Ottocento, a Bologna si
sente la necessità di conferire un nuovo
volto alla città. Si sceglie di
attingere dal passato in maniera del
tutto libera e arbitraria. Si promuovono
perciò grandi restauri che molto spesso
lasciano spazio a interventi di
demolizione e di ricostruzione
immaginata, seppur puntualmente
ricercata attraverso lo studio negli
archivi e il confronto con i reperti
archeologici. Alfonso Rubbiani guida
moltissimi cantieri, nonostante non sia
un architetto, ma un notaio appassionato
di Medioevo.
In piena epoca positivistica, mentre si
abbattono le mura bolognesi per ragioni
di circolazione urbanistica, i palazzi
vengono dotati di merlature e si aprono
finestre a sesto acuto.
Palazzo Re Enzo, che aveva subito
profondi rimaneggiamenti e
stratificazioni di diverse epoche, viene
completamente ristrutturato. Così come
il Palazzo dei Notai, in piazza
Maggiore, e il Palazzo della Mercanzia.
Ancora oggi questi edifici richiamano un
aspetto medievale, benché esso sia
artificioso.
Ma è importante sottolineare nuovamente
che Bologna, per proiettarsi nel futuro,
si ancora al passato. Un passato che si
inizia a studiare in archivio e sul
campo. Un passato che viene
rimaneggiato, proprio come facevano i
medievali, per far coincidere date ed
eventi. Una commissione formata anche da
Carducci sceglie l’anno 1088 per la
fondazione dell’Universitas: nel
1888, anno dunque del centenario, si
tiene l’esposizione universale proprio a
Bologna.
Riferimenti bibliografici:
O. Capitani (a cura di), Storia di
Bologna, Bononia University Press,
Bologna 2007.
M.G. Muzzarelli (a cura di),
Neomedievalismi, CLUEB, Bologna 2007.
G.P Brogiolo, S. Gelichi, Le città
nell’alto medioevo italiano, Editori
Laterza, Roma-Bari 1998.
A. Rubbiani, Bologna sacra e profana,
Boni Editore, Bologna 1982.
A. Vasina, Comuni e Signorie in Emilia e
in Romagna, UTET, Torino 1986.