[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

171 / MARZO 2022 (CCII)


filosofia & religione

BLAISE PASCAL: UNA VISIONE ALTERNATIVA
PER UNA POLITICA CRISTIANA

di Raffaele Pisani

 

La proposta di Maria Vita Romeo nel saggio Pascal. Una politica cristiana è quella di mostrarci un lato poco noto di questo genio mistico, di questo sublime misantropo, secondo la definizione di Voltaire, tanto preso nella difesa del cristianesimo del XVII secolo minacciato da nuove visioni del mondo.

 

Dai Pensieri, preziosi frammenti che indagano la realtà umana nel suo rapporto con il divino, con una sorta di distillazione frazionata il presente libro tenta di cogliere i fondamenti per una politica cristianamente intesa.

 

L’antropologia pascaliana è un tutt’uno con il messaggio biblico cristiano, in essa vediamo come le forme di aggregazione sociale non possano prescindere dalla considerazione della natura lapsa, nella quale l’umanità si è venuta a trovare in conseguenza del peccato originale.

 

D’altra parte la libido dominandi, l’amor proprio che ha allontanato l’uomo da Dio non è così totalizzante da non permettere una certa idea di giustizia, il tiranno che è riuscito a imporsi sente il bisogno di giustificare la sua posizione. La forza non basta alla conservazione del potere, si tratta allora di acconsentire quel tanto di concupiscenza affinché i sudditi possano trovare conveniente obbedire al sovrano.

 

Pascal giustifica gli artifizi che il potere mette in atto per reggersi e consolidarsi, oltre alla forza e alla concupiscenza di cui abbiamo detto, trova posto l’immaginazione, altrove definita: maestra di errore e di falsità, qui viene recuperata, come anche l’abitudine e la coutume, che Pascal definisce “una seconda natura” (Pensieri, Fr. 159, Sellier). Tutto ciò al finedi dare persistenza alla forza sovrana e di garantire quindi la pace.

 

Per difendere il popolo da aggressioni e invasioni di potenze straniere il sovrano ha il diritto e il dovere di fare la guerra, che in tal caso può essere definita giusta. Per mantenere l’ordine interno che garantisce il benessere ai sudditipuò anche usare la menzogna, facendo credere che alle disposizioni si deve obbedire in quanto giuste, anche se è chiaro per Pascal che l’obbedienza è dovuta al fatto che viene dall’autorità, alla quale si deve comunque prestare obbedienza, a prescindere da ogni altra considerazione.

 

Tutto ciò troverebbe il suo fondamento nelle Scritture: il dare a Cesare ciò che è di Cesare, di cui parla lo stesso Gesù; o San Paolo, poi ripreso da Sant’Agostino, quando dice di come bisogna obbedire a coloro che si occupano delle cose umane perché “non c’è autorità che non venga da Dio” (Rom. 13,1).

 

Questo non significa per Pascal che chiunque tenga in mano il potere sia investito dell’autorità divina, non lo è il tiranno che si regge solo sulla forza senza venire incontro alle esigenze, ai desideri dei governati, e non lo è nemmeno chi, prevaricando il proprio ordine che è quello della corporeità, pretende di imporsi nell’ordine della sapienza filosofica e teologica, delle scienze e delle idee in generale.

 

La distinzione tra Stato e Chiesa diventa la logica conseguenza, naturalmente si tratta di quella cattolica alla quale spetta il compito di convertire con la persuasione gli eretici e diffondere la giusta dottrina a chi ancora non l’ha incontrata.

 

Nonostante lo Stato sia un corpo artificiale, nonostante talvolta degeneri in un sistema oppressivo, Pascal esclude decisamente ogni rivolta popolare, se una guerra può essere giusta non lo può essere una sollevazione che si prefigge di scardinare le istituzioni. Le Fronde seicentesche che interessavano la Francia costituivano una sorta di conferma empirica di quanto andava teorizzando.

 

La soluzione sta nel passaggio dall’ordoconcupiscentiae all’ordocaritatis, vale a dire: la Repubblica cristiana. Lo Stato è comunque un moderatore degli egoismi di gruppo e individuali, il sovrano che lo regge abbiamo visto che può essere un re tiranno o un re di concupiscenza. Se quest’ultimo “non si limita semplicemente ad appagare i desideri individuali o particolaristici dei propri sudditi, ma si adopera anche ad indirizzare al servizio di un bene comune il desiderio di gloria e la ricerca dell’utile, che sono sentiti in ogni individuo” (p. 176), allora afferma l’autrice siamo di fronte all’honnêtehomme di cui parla Pascal nel Terzo discorso sulla condizione dei Grandi.

 

L’honnê per Pascal è certo il presupposto di una vita sociale apprezzabile, è l’ultimo passaggio prima di arrivare alla Repubblica cristiana. Non è detto che tutti lo compiano; scrivendo al giovane duca di Cherveuse, che Pascal aveva il compito di educare, così si esprime: “Ciò che vi dico non va molto lontano; e se, vi fermerete lì, finirete per perdervi; ma almeno vi perderete da galantuomo” (p. 178).

 

L’uomo si realizza pienamente solo se trova il suo rapporto con Dioe il compito umano è quello di “costruire una società in cui non dovrà esserci posto per la concupiscenza e il suo regno e dove tutti i sudditi respireranno solo la carità e desidereranno solo i beni della carità” (p. 183).

 

Sulla possibilità di realizzazione anche l’autrice avanza delle perplessità, inoltre rileva che anche qualora si verificasse “non si identificherebbe mai con la Città di Dio, ma sarebbe almeno la città dell’uomo riconciliato” (p. 184).

 

La coscienza tragica, che il filosofo Lucien Goldmann aveva delineato negli anni Sessanta del secolo scorso, pur non essendo esplicitamente richiamata nel testo, è presente in tante posizioni alternative per le quali risulta problematica una sintesi conciliativa. L’ansia di cogliere l’assoluto si scontra con l’impossibilità di trasformare una società di individui in una comunità perfetta senza dover ricorrere a una prospettiva escatologica.

 

Ma la politica riguarda tutto il cammino storico dell’umanità, questo lungo periodo nel quale il grano è destinato a convivere con la zizzania; che fare allora per rendere questa convivenza più accettabile?

 

L’Autrice ha raccolto dalle opere di Pascal quanto può servire per delineare la sua concezione politica, confrontandola e talvolta contrapponendola con quella di altri pensatori, possiamo ricordare: Agostino, Hobbes, Montaigne e Vico.

 

Nelle ultimissime pagine, richiamando la Lettera enciclica Dives in misericordia, di Giovanni Paolo II, appare un timido accenno all’attualità: “Oggi – afferma la Romeo – c’è un forte bisogno che il mondo degli uomini diventi sempre più umano. Oggi c’è un forte bisogno di una ripresa cristiana in una società globalizzata e scristianizzata, opulenta ed egoista, che sta riducendo la vita e il consorzio umano in un rapace sistema di oppressione dei più deboli da parte dei più forti oppure in una permanente guerra di tutti contro tutti” (p. 186).

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

B. Pascal, Pensée, Librairie Général Française, 2000 Paris.

M.V. Romeo, Pascal. Una politica cristiana, Studium Edizioni, Roma 2021. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]