antica
La devozione
mariana a Bisanzio
Il velo delle
Blacherne
di Marta Caramanti
Entro la seconda metà del V secolo la
famiglia imperiale bizantina aveva
cominciato a promuovere la devozione
mariana. Inizialmente il Cristianesimo
primitivo distolse l’attenzione da Maria
lasciando così insoddisfatto il bisogno
umano di protezione materna e comprensione.
Come risultato, la vita e la persona
della Vergine ricevettero un’attenzione
modesta solo con il Nuovo Testamento. In
più, oltre ad appagare un bisogno umano
fondamentale di protezione, la figura di
Maria cominciò in breve tempo ad avere
un ruolo politico essenziale. La Vergine
fortificò l’idea imperiale a Bisanzio e
si appropriò delle funzioni delle dee
Tyche e Vittoria legittimando così il
potere imperiale.
Nel V secolo quindi la figura di Maria
attrasse il patrocinio imperiale: gli
imperatori Leone e Verina iniziarono
diverse fondazioni mariane che
aumentarono per tutto VI secolo. La più
importante tra queste fondazioni fu il
complesso delle Blacherne situato a quel
tempo su terreni imperiali collocati
fuori delle mura.
Iniziato nel 474 avrebbe compreso una
chiesa, una cappella o soros (in
cui si conservano le reliquie) e il
bagno (Hagion
Lousma).
Divenne in breve tempo il principale
luogo pubblico per il culto imperiale
della Theotokos. Giustino I, loro
successore, porterà avanti il patrocinio
imperiale delle Blacherne e inizierà la
costruzione della basilica.
In breve tempo, il monastero delle
Blacherne a Costantinopoli divenne un
luogo identificato col ruolo di Maria
quale garante della vittoria imperiale e
protettrice dello Stato e della città.
Il posto fu associato anche all’evento
storico dell’assedio degli Avari. Qui,
secondo Teodoro Sincello, la
Theotokos respinse gli attacchi dei
nemici. E dopo l’assedio, il monastero
fu incluso dentro le mura della città.
All’interno del monastero, nell’abside e
nella vasca della sorgente erano
presenti due iscrizioni significative
attribuite a Giorgio di Pisidia.
L’iscrizione nell’abside recitava: “Qui
coloro che sono stati scelti per
governare sul mondo credono che i loro
scettri siano resi vittoriosi. Qui il
patriarca, che sempre vigila, allontana
numerose catastrofi dal mondo. I barbari
che attaccavano la città, al solo
vederla [la Vergine] alla testa
dell’esercito, chinarono immediatamente
i loro colli caparbi”. Questa
iscrizione sottolineava in modo evidente
il ruolo del santuario: assicurare la
vittoria della città tramite la Vergine.
La sua forza formidabile condurrà alla
sconfitta ogni possibile nemico della
città.
Queste iscrizioni, molto probabilmente
erano lette e recitate in particolari
occasioni durante la liturgia e si
credeva che il potere di Maria di
assicurare la vittoria potesse essere
suscitato anche solo tramite la
pronuncia stessa delle iscrizioni.
In origine, la presenza della Vergine
alle Blacherne fu collegata alle
miracolose acque della sacra fonte sulla
quale sorgeva l’amplesso, come riportava
anche la seconda iscrizione incisa sopra
la vasca della sorgente del monastero: “Qui
si trovano le sorgenti di purificazione
della carne, qui è la redenzione degli
errori dell’anima. Non vi è alcunché di
malvagio, anzi da lei [la Vergine]
sgorgò un dono miracoloso in grado di
porre rimedio al male. Qui, quando ella
fece cadere il nemico, lo distrusse per
mezzo dell’acqua, non della lancia. Non
aveva un unico modo per vincere, colei
che partorì Cristo e fece fuggire
i barbari”.
Successivamente l’importanza della
Theotokos alle Blacherne fu
amplificata anche alla presenza di un
particolare cimelio sacro. Nel 473
infatti, Leone I riuscì a procurarsi una
importante reliquia ritenuta collegata
alla Vergine: il suo manto o velo, il
così detto Maphorion.
La reliquia fu avviluppata in un drappo
di seta purpurea – simbolo del potere
imperiale – chiusa con un sigillo
dell’imperatore e deposta in un
reliquiario di pietre e metalli
preziosi. A questa principale reliquia
se ne aggiungeranno altre che eleveranno
ancora di più la sacralità del luogo di
culto. Però, almeno inizialmente il
potere di Maria di accordare vittoria e
protezione non era esteso anche alla
reliquia della sua veste.
Secondo il testo che descrive l’assedio
degli Avari del 621, la sua tunica non
svolse alcun ruolo miracoloso durante
l’avvenimento. Ma successivamente, il
Maphorion iniziò a proteggere la
città in varie occasioni, per esempio
durante l’assedio dei Russi nel 864, la
veste fu portata in processione sulle
mura della città; nel 920 invece, Romano
I Lecapeno si avvolse nel velo prima di
uscire a negoziare la pace col sovrano
bulgaro Simeone.
A prova di come l’importanza della
reliquia divenne centrale nelle vittorie
militari un sermone descrive così la
forza della reliquia portata in
processione sulle mura mentre la città
era sotto assedio: “[…] davvero è
questa santissima veste l’indumento
della Madre di Dio! Essa abbracciò le
mura, e i nemici inesplicabilmente ci
volsero la schiena; la città la indossò,
e il campo dei nemici si disperse come
ad un segnale; la città se ne adornò, e
i nemici furono privati delle speranze
che li animavano […]”.
In altre parole la reliquia di Maria
divenne velocemente il centro, il fulcro
del culto militare alle Blacherne.
Inoltre, col tempo, il 15 agosto diventò
il giorno per celebrare – celebrazione
che sarà estesa a tutto l’impero con
l’imperatore Maurizio – una festa
solenne in suo onore: in quel giorno
tutta la corte si recava alle Blacherne
e l’imperatore si raccoglieva, da solo,
in preghiera davanti alle reliquie.
Solo successivamente il culto del velo
come oggetto che garantiva la vittoria
venne gradualmente soppiantato da una
nuova devozione incentrata sulle icone
mariane.
Riferimenti bibliografici:
B.V. Pantcheva, Icone e potere. La
madre di Dio a Bisanzio, Editore
Jaca Book, Milano 2010.
La chiesa e il monastero di San Sisto
all’Appia: raccolta di studi storici,
a cura di R. Spiazzi,
Edizioni Studio Domenicano, Bologna
1992. |