N. 89 - Maggio 2015
(CXX)
"MA VOI, CHI DITE CHE IO SIA?"
Breve biografia di Gesù di Nazaret - PARTE vIiI
di Giorgio Giannini
La
pratica
della
crocifissione
La
crocefissione
era
una
“condanna
a
morte
infamante”
(mors
turpissima
crucis)
riservata
dai
Romani
agli
schiavi
ed
ai
ribelli.
Al
riguardo,
il
Vangelo
secondo
Matteo
ed
il
Vangelo
secondo
Marco
raccontano
che
sono
crocifissi
insieme
con
Gesù
due
“ladroni”
(o
meglio
ribelli,
dato
che
la
parola
lattina
latrones
è
una
errata
traduzione
del
termine
greco
lestés,
presente
nei
Vangeli,
che
significa
ribelli,
quali
erano
gli
Zeloti).
Questo
fatto
avvalora
l’ipotesi
che
Gesù
è
stato
condannato
a
morte
perché
“ribelle”
(probabilmente
Zelota).
La
crocifissione,
per
le
sue
particolari
modalità
di
esecuzione,
era
più
una
“tortura
protratta
fino
alla
morte”
che
una
condanna
a
morte.
Infatti,il
condannato
aveva
le
braccia
legate
al
braccio
orizzontale
della
croce
(detto
patibulum)
ed i
suoi
piedi
poggiavano,
legati,
ad
un
speciale
“appoggio”,
posto
ad
una
certa
altezza
sul
palo
verticale
della
croce
(detto
stipes).
In
questo
modo,
il
peso
del
corpo
rendeva
molto
difficile
la
respirazione,
per
cui
il
condannato
doveva
sorreggersi,
spingendosi
in
alto
con
le
gambe,per
alleviare
la
tensione
sul
torace
e
quindi
poter
respirare
meglio.
Alla
fine,
però,
subentrava
la
stanchezza,
per
cui
il
corpo
si
accasciava
e
questo
rendeva
impossibile
la
respirazione.
A
questo
punto,il
condannato
moriva
per
asfissia.
L’agonia
poteva
durare
anche
più
giorni,anche
per
precisa
indicazione
del
Comandante
romano.
Per
rendere
più
rapida
la
morte
del
crocifisso,
come
“atto
di
misericordia”,
gli
si
spezzavano
a
bastonate
le
gambe,
in
modo
che
non
lo
sostenevano
più
e
quindi
moriva
più
rapidamente,
per
asfissia.
Al
riguardo,
i
Vangeli
raccontano
che
i
soldati
romani
spezzano
le
gambe
dei
due
“ladroni”
(o
meglio
ribelli)
crocifissi
insieme
con
lui.
A
Gesù
invece
le
gambe
non
sono
spezzate
perchè
era
“già
morto”.
(Gv
19,31-33)
La
condanna
a
morte
di
Gesù,
mediante
la
crocefissione,
significa
che
egli
non
era
cittadino
romano,
perché
in
questo
caso
avrebbe
avuto
diritto
ad
un
regolare
processo,
come
fu
per
Paolo
che
fu
portato
a
Roma
per
essere
processato.
Infatti,
negli
Atti
degli
Apostoli
si
racconta
che
Paolo
è
catturato
dai
Romani
durante
un
tumulto
nel
Tempio
di
Gerusalemme
ed è
accusato
di
essere
il
Capo
dei
rivoltosi.
Portato
davanti
al
Comandante
romano,
che
gli
chiede
se è
“l’Egiziano
che
negli
ultimi
tempi
ha
sobillato
e
condotto
nel
deserto
4.000
ribelli”,
Paolo
si
difende
e
dice
di
essere
cittadino
romano.
Pertanto
è
portato
davanti
al
Governatore
romano
Felice
a
Cesarea
(la
Capitale
della
Giudea
romana),
che
lo
fa
arrestare,
ma
Paolo
fa
ricorso,
come
cittadino
romano,
all’Imperatore
e
quindi
è
portato
a
Roma.
(Atti,
21,
27 e
ss).
Molto
probabilmente,
Gesù
è
stato
condannato
alla
crocifissione
non
dal
Procuratore
romano
(Ponzio
Pilato),
ma
dal
Prefetto
(il
Comandante
militare),
dopo
un
sommario
processo
militare.
Questa
procedura
era
normalmente
adottata
in
caso
di
turbativa
dell’ordine
pubblico
o di
rivolta.
È
quindi
possibile
che
Gesù
sia
stato
catturato
dai
soldati
romani
a
Gerusalemme
durante,
o
subito
dopo,
un
tumulto
(o
una
rivolta)
e
quindi
condotto
davanti
al
Comandante
militare
(come
fu
per
Paolo
nell’episodio
raccontato
prima),
che
l’avrebbe
condannato
a
morte,
per
sedizione
(ribellione),
insieme
ad
altri
“ribelli,
mediante
la
crocefissione
sul
Golgota
(che
in
aramaico
significa
Luogo
del
cranio),
abitualmente
adibito
alla
esecuzione
delle
condanne
a
morte.
È
pertanto
escluso
il
processo
di
Gesù
davanti
alle
Autorità
ebraiche
(il
Sommo
Sacerdote
ed
il
Sinedrio).
Infatti,
come
ha
scritto
lo
storico
ebreo
filo
romano
Giuseppe
Flavio
sia
il
Sinedrio
che
il
Sommo
Sacerdote
non
avevano
grande
potere
e
dipendevano
per
lo
svolgimento
della
loro
attività
dall’Autorità
romana
(il
Procuratore
o il
Governatore
romano).
Infatti,
il
Sommo
Sacerdote
era
designato
dai
Romani,che
conservavano
anche
la
sua
veste
ed i
paramenti
sacri
e li
mettevano
a
sua
disposizione
solo
nei
giorni
stabiliti
per
le
cerimonie.
Inoltre,
per
la
convocazione
del
Sinedrio
era
necessaria
l’autorizzazione
del
Governatore
romano.
(Antichità
Giudaiche,
2,200-203).
Pertanto,
le
Autorità
ebraiche
non
potevano
quindi
condannare
a
morte,
dato
che
questo
potere
era
riservato
solo
al
Procuratore
romano.
I
maltrattamenti
inflitti
a
Gesù
Solo
il
Vangelo
secondo
Matteo
ed
il
Vangelo
secondo
Marco
narrano,
in
modo
molto
simile,
i
maltrattamenti
inflitti
a
Gesù
prima
della
crocifissione.
Nel
Vangelo
secondo
Matteo,
i
soldati
romani
“condussero
Gesù
nel
Pretorio..
Lo
spogliarono,
gli
fecero
indossare
un
mantello
scarlatto,intrecciarono
una
corona
di
spine,
gliela
posero
sul
capo
e
gli
misero
una
canna
nella
mano
destra.
Poi
inginocchiandosi
davanti
a
lui,
lo
deridevano
:”Salve
Re
dei
Giudei!”.
Sputandogli
addosso,
gli
tolsero
di
mano
la
canna
e lo
percuotevano
sul
capo.
Dopo
averlo
deriso,lo
spogliarono
del
mantello
e
gli
rimisero
le
sue
vesti,
poi
lo
condussero
via
per
crocifiggerlo”.
(Mt
27,27-31)
Dato
che
Gesù
è
condannato
a
morte,
mediante
la
crocifissione,
per
essersi
dichiarato
“Re
dei
Giudei”,
i
soldati
romani
lo
scherniscono
facendogli
indossare
un “mantello
scarlatto”,
ponendogli
in
testa
“una
corona
di
spine”
e
mettendogli
“una
canna
nella
mano
destra”.
Poi
lo
deridono,
salutandolo
come
“Re
dei
Giudei”
ed
inginocchiandosi
davanti
a
Lui,
lo
insultano,
lo
umiliano,
sputandogli
addosso,
e lo
maltrattano,
percuotendolo
“sul
capo”
con
la
canna
che
gli
hanno
tolto
di
mano.
Nel
Vangelo
secondo
Marco,
il
racconto
è
quasi
identico,
con
l’unica
differenza
che
“lo
vestirono
di
porpora”
invece
di
fargli
indossare
“un
mantello
scarlatto”.
(Mc
15,16-20)
Invece,
il
Vangelo
secondo
Luca,
non
racconta
i
maltrattamenti
e le
umiliazioni
subite
da
Gesù
prima
della
crocifissione,
ma
riferisce
solo
quelli
patiti
dopo
che
era
stato
messo
sulla
croce.
(Lc
23,35-38)
Anche
il
Vangelo
secondo
Giovanni
non
racconta
i
maltrattamenti
e le
umiliazioni
subite
da
Gesù
prima
della
crocifissione.
La
crocifissione
di
Gesù
I
Vangeli
non
descrivono
dettagliatamente
la
crocifissione
di
Gesù,
ma
le
fasi
successive,
perché
la
pratica
della
crocifissione
era
molto
usata
dai
Romani
nei
confronti
dei
ribelli
per
cui
era
ben
conosciuta
e
largamente
applicata
nella
Giudea
del
I
secolo,
per
le
frequenti
ribellioni
antiromane,
e
quindi
tutti
i
“lettori”
del
Vangelo
(Ebrei
e
Romani)
la
conoscevano
bene.
Nel
caso
di
Gesù,
la
croce
usata
era
la
crux
commissa,
formata
da
tue
travi
separate,
quella
verticale
(stipes),
posta
sul
luogo
dell’esecuzione,
e
quella
orizzontale
(patibulum),
portata
dal
condannato.
A
Gesù
furono
conficcati
nei
polsi
(e
non
nel
palmo
delle
mani
in
quanto
così
non
avrebbero
potuto
reggere
il
peso
del
corpo),con
precisione,
tra
le
ossa
del
polso,
dei
chiodi
lunghi
una
ventina
di
cm.
Poi,
gli
fu
piantato
nei
piedi,
tra
il
secondo
ed
il
terzo
metatarso,
un
altro
lungo
chiodo,che
poi
fu
conficcato
nella
trave
verticale
della
croce
(stipes).
La
crocifissione
di
Gesù
è
raccontata
in
modo
diverso
nei
Vangeli
Canonici.
Il
Vangelo
secondo
Matteo
narra
che
i
soldati
romani,
“mentre
uscivano”
dal
Pretorio
“incontrarono
un
uomo
di
Cirene,
chiamato
Simone,e
lo
costrinsero
a
portare
la
sua
croce”.
(Mt
27,32)
Quindi,
“giunti
al
luogo
detto
Golgota,
che
significa
“Luogo
del
cranio”,
gli
diedero
da
bere
vino
mescolato
con
fiele.
Egli
(Gesù)
lo
assaggiò,
ma
non
ne
volle
bere”.(Mt
27,
33-34)
Il
Vangelo
racconta
poi
che
“Dopo
averlo
crocifisso,
si
divisero
le
sue
vesti,tirandole
a
sorte…Al
di
sopra
del
suo
capo
posero
il
motivo
scritto
della
sua
condanna:
“Costui
è
Gesù,
il
Re
dei
Giudei”.(Mt
27,35-37)
Racconta
inoltre
che
“insieme
a
lui
vennero
crocifissi
due
ladroni,
uno
a
destra
e
uno
a
sinistra”
(Mt.
27,38)
e
che
“quelli
che
passavano
di
lì
lo
insultavano,
scuotendo
il
capo
e
dicendo:”Tu,
che
distruggi
il
Tempio
ed
in
tre
giorni
lo
ricostruisci,
salva
te
stesso,
se
tu
sei
Figlio
di
Dio,
e
scendi
dalla
croce!”.
(Mt
27,39-41)
Racconta
che
anche
i
Capi
dei
Sacerdoti,
gli
Scribi
e
gli
Anziani
del
Tempio
lo
sbeffeggiano
dicendo:
“
Ha
salvato
altri
e
non
può
salvare
sé
stesso!
È il
Re
di
Israele;
scenda
ora
dalla
croce
e
crederemo
in
lui.
Ha
confidato
in
io;lo
liberi
lui,
ora,
se
gli
vuole
bene.”
(Mt
27,41-43)
Racconta
infine
che
“anche
i
ladroni
crocifissi
con
lui
lo
insultavano”.
(Mt
27,44)
Il
racconto
del
Vangelo
secondo
Marco
è
simile,
con
alcune
differenze.
Innanzitutto
Simone
di
Cirene
“veniva
dalla
campagna”
e si
specifica
che
era
“padre
di
Alessandro
e di
Rufo”.
(Mc
15,21).
Inoltre,
i
Soldati
romani
danno
a
Gesù
“vino
mescolato
con
mirra”,
ma
Lui
“non
ne
prese”.
(Mc
15,23)
Anche
questo
Vangelo
non
racconta
la
scena
della
crocifissione,
ma
le
fasi
successive,
a
partire
dalla
divisione
delle
sue
vesti,
tra
i
soldati
romani,
che
le
tirano
a
sorte,
dopo
averlo
crocifisso
(Mc
15,24).
Non
si
comprende
a
cosa
serve
il “vino
mescolato
con
mirra”
(diverso
dal
“vino
mescolato
con
fiele”del
Vangelo
secondo
Matteo),
che
Gesù
non
beve,
anzi
non
lo
assaggia
neppure,
come
scritto
nel
Vangelo
secondo
Matteo
(Mt
27,34).
Forse
serviva
a
lenire
i
dolori.
Però,
fare
questo
per
un
condannato
a
morte
era
inconcepibile.
Il
Vangelo
specifica
che
“erano
le
nove
del
mattino
quando
lo
crocifissero”.
(Mc
15,
25)
e
che
la “scritta
con
il
motivo
della
sua
condanna
(titulus)
diceva:
Il
Re
dei
Giudei”.
(Mc
15,26)
Il
Vangelo
racconta
quindi
che
insieme
con
Gesù
sono
crocifissi
“anche
due
ladroni,
uno
a
destra
ed
uno
alla
sua
sinistra”,
e
riferisce
degli
insulti
fatti
a
Gesù
sulla
croce.
(Mc
15,27-32)
Anche
il
racconto
del
Vangelo
secondo
Luca
è
simile
agli
altri
due
Sinottici,
sia
nella
storia
di
Simone
di
Cirene,
che
“tornava
dai
campi”
ed
al
quale
i
soldati
romani
“misero
addosso
la
croce,
da
portare
dietro
a
Gesù”
(Lc
23,
26)
sia
nella
divisione
delle
vesti
di
Gesù,
tirate
a
sorte
dai
soldati
romani.(Lc
23,34)
Però
il
Vangelo
introduce
due
fatti
nuovi.
Il
primo
è
che
Gesù
è
seguito
da “una
grande
moltitudine
di
popolo
e di
donne,
che
si
battevano
il
petto
e
facevano
lamenti
su
di
lui”.
Gesù,
rivolto
verso
di
loro
dice:
“
Figlie
di
Gerusalemme,non
piangete
su
di
me,
ma
piangete
su
voi
stesse
e
sui
vostri
figli”.
(Lc
23,27-28)
Certamente
questo
passo
è
inserito
nel
Vangelo
per
ricordare
la
responsabilità
degli
Ebrei
per
aver
voluto
la
morte
di
Gesù
(scegliendo
di
liberare
Barabba
al
suo
posto).
Ad
avvalorare
la
tesi
della
colpevolezza
degli
Ebrei
e
della
innocenza
dei
Romani,
c’è
un
passo
esplicito
nel
quale
Gesù
perdona
i
suoi
carnefici
(i
Romani),
dicendo:
“Padre,
perdona
loro
perché
non
sanno
quello
che
fanno”
.(Lc
23,34)
Non
si
comprende
però
perché
Gesù
è
seguito
da “una
grande
moltitudine
di
popolo
e di
donne,
che
si
battevano
il
petto
e
facevano
lamenti
su
di
lui”,
come
se
fosse
un
“personaggio
autorevole”
(e
forse
“regale”)
e
non
un
condannato
a
morte.
Infine,
il
Vangelo
chiama
“malfattori”
e
non
“ladroni”,
i
due
uomini
crocifissi
insieme
con
Gesù,”uno
a
destra
e
l’altro
a
sinistra”.
(Lc
23,32-33)
Il
Vangelo
racconta
quindi
che
Gesù
è
deriso
sia
dai
“Capi”
(dei
Sacerdoti),
che
dicono:
“Ha
salvato
altri!
Salvi
se
stesso,se
lui
è il
Cristo
di
Dio,l’eletto”,
sia
dai
soldati
romani,
che
gli
porgono
dell’aceto
e
gli
dicono:
“Se
tu
sei
il
Re
dei
Giudei,
salva
te
stesso”,
mentre
“il
popolo
stava
a
vedere”.
(Lc
23,35-37)
Il
titulus,
posto
sulla
croce,
sopra
la
testa
di
Gesù
crocifisso,
reca
la
scritta
“Costui
è il
Re
dei
Giudei”,
simile
a
quella
del
Vangelo
secondo
Matteo.
(Lc
23,38)
Il
secondo
fatto
nuovo
narrato
nel
Vangelo
secondo
Luca
è la
cosiddetta
storia
del
“buon
ladrone”.
Infatti,
mentre
uno
dei
due
“malfattori”
crocifissi
accanto
a
Gesù,
lo
insulta,
l’altro
lo
rimprovera,
dicendogli:
“Non
hai
alcun
timore
di
Dio,
tu
che
sei
condannato
alla
stessa
pena?Noi
giustamente,
perchè
riceviamo
quello
che
abbiamo
meritato
per
le
nostre
azioni:
Egli
invece
non
ha
fatto
nulla
di
male”.
Quindi
rivolto
a
Gesù
gli
dice:
“Gesù,
ricordati
di
me
quando
entrerai
nel
tuo
Regno”.
Gesù
gli
risponde:
“In
verità
Ti
dico:oggi
con
me
sarai
nel
Paradiso”.(Lc
23,39-43)
La
narrazione
dei
fatti
nel
Vangelo
secondo
Giovanni
è
diversa
da
quella
dei
Vangeli
Sinottici.
Innanzitutto,
non
racconta
la
storia
di
Simone
di
Cirene.
Poi,
specifica
che
nel
titulus,
in
cui
è
riportata
la
motivazione
della
sua
condanna
alla
crocifissione,
è
scritto:
“Gesù
il
Nazareno,il
Re
dei
Giudei..
in
ebraico,
in
latino
e in
greco”.
(Gv
19,19-20)
Questa
scritta
è
ripresa
nella
tradizione
cristiana
con
la
sigla
INRI,
che
significa
Iesus
Nazarenus
Rex
Iudeorum
e
che
si
ritrova
nella
iconografia
di
Gesù
crocifisso.
Riguardo
a
questa
scritta,
il
Vangelo
specifica
che
i
Capi
dei
Sacerdoti
avevano
detto
a
Pilato
di
non
scrivere
“Il
Re
dei
Giudei”,
ma
“Costui
ha
detto:
Io
sono
il
Re
dei
Giudei”.
Però,
Pilato
aveva
risposto
loro,
infastidito:
“Quel
che
ho
scritto,
ho
scritto”.
(Gv
19,
21-22)
Da
questi
passi
è
chiaro
che
i
Capi
dei
Sacerdoti
desiderano
precisare
che
è
Gesù
che
ha
detto
di
essere
il “Re
dei
Giudei”
e
non
che
lo è
veramente.
Il
Vangelo
inoltre
non
specifica
chi
sono
i
due
uomini
crocifissi
insieme
con
Gesù,
ma
racconta
solo,
in
un
passo
successivo,
che
i
soldati
romani
spezzano
ad
essi
le
gambe
per
accelerarne
la
morte.
(Gv
19,32)
Il
Vangelo
infine
specifica
che
“quattro”
soldati
romani,
dividono
in “quattro
parti”
le
vesti
di
Gesù,
mentre
tirano
a
sorte
la
sua
“tunica”
che
“era
senza
cuciture”,
per
non
stacciarla.
(Gv
19,23-24)
L’agonia
e la
morte
di
gesù
Anche
l’agonia
e la
morte
di
Gesu’
sono
narrate
in
modo
diverso
nei
quattro
Vangeli.
Il
Vangelo
secondo
Matteo
narra
che
“
a
mezzogiorno
si
fece
buio
su
tutta
la
terra,
fino
alle
tre
del
pomeriggio.
Verso
le
tre,
Gesù
gridò
a
gran
voce:”
Elì,Elì,lemà
sabactàni?,
che
significa
“Dio
mio,
Dio
mio,
perché
mi
hai
abbandonato?
Udendo
questo,
alcuni
dei
presenti
dicevano:”Costui
chiama
Elia
(il
protettore
degli
afflitti).
E
subito,uno
di
loro
corse
a
prendere
una
spugna,
la
inzuppò
di
aceto,
la
fissò
su
una
canna
e
gli
dava
da
bere.
Gli
altri
dicevano:
Lascia!
Vediamo
se
viene
Elia
a
salvarlo!
Ma
Gesù
di
nuovo
gridò
a
gran
voce
ed
emise
lo
spirito”.(Mt
27,45-50)
Chi
è
colui
che
porge
a
Gesù
la
spugna
imbevuta
di
aceto?
Dalla
lettura
del
passo
evangelico
è
uno
dei
“presenti”
alla
crocifissione,
ma
non
sembra
essere
un
soldato
romano
perché
altrimenti
sarebbe
stato
nominato
espressamente.
Dopo
la
morte
di
Gesù,
“il
velo
del
Tempio
si
squarciò
in
due,
da
cima
a
fondo,
la
terra
tremò,
le
rocce
si
spezzarono,
i
sepolcri
si
aprirono
e
molti
corpi
di
santi..
resuscitarono…
dopo
la
sua
resurrezione,
entrarono
nella
città
santa
(Gerusalemme)
ed
apparvero
a
molti”
.(Mt
27,51-53)
A
questo
punto,
il
Centurione
romano
ed i
soldati
che
sono
con
lui,
vedendo
il
“terremoto”
e “quello
che
succedeva”,
si
impauriscono
e
dicono:
“
Davvero
costui
era
Figlio
di
Dio!”
(Mt
27,
54)
Nel
Vangelo
secondo
Marco
il
racconto
dell’agonia
di
Gesù
è
simile
(Mc
15,33-38),
con
alcune
piccole
differenze,
la
più
importante
delle
quali
è
che
è
citato
solo
il
Centurione
romano
(e
non
anche
i
soldati)
che
dichiara:
“Davvero
questo
uomo
era
Figlio
di
Dio!”.
(Mc
15,39)
La
narrazione
del
Vangelo
secondo
Luca
è un
po’
diversa.
Innanzitutto
si
specifica
che
“
si
fece
buio….perchè
il
sole
si
era
eclissato”.
(Lc
23,44-45)
Poi,
il
Centurione
romano
dice:
“Veramente
questo
uomo
era
giusto”.(Lc
23,47)
Inoltre,
“tutta
la
folla
che
era
venuta
a
vedere
questo
spettacolo
(!!),
ripensando
a
quanto
era
accaduto,
se
ne
tornava
battendosi
il
petto”.
(Lc
23,
48)
Probabilmente,
il
Vangelo
vuole
mettere
in
risalto
che
finalmente
gli
Ebrei
capiscono
di
aver
sbagliato
a
volere
la
morte
di
Gesù
e
pertanto
si
battono
il
petto
per
pentirsi.
Infine,
il
Vangelo
specifica
che
i
conoscenti
(Discepoli)
di
Gesù
e “le
donne
che
lo
avevano
seguito
fin
dalla
Galilea,
stavano
da
lontano
a
guardare
tutto
questo”.
(Lc
23,
49)
È
quindi
chiaro
che
esse
assistono
alla
sua
crocifissione,
anche
se “da
lontano”.
Nel
Vangelo
secondo
Giovanni,
la
narrazione
della
morte
di
Gesù
è
diversa.
Infatti,
Gesù
dice
:”Ho
sete”
ed
essendoci
lì
vicino
“un
vaso
pieno
di
aceto,
posero
una
spugna
imbevuta
di
aceto,
in
cima
ad
una
canna
e
gliela
accostarono
alla
bocca”.
Gesù,
“dopo
aver
preso
l’aceto”,
dice:
“È
compiuto!
E
chinato
il
capo,
consegnò
lo
spirito”.
(Gv
19,28-30)
In
questo
passo
del
Vangelo,
è
quindi
Gesù
che
chiede
da
bere,
per
lenire
l’arsura
causata
dal
dolore
straziante,
per
i
chiodi
infissi
nei
polsi
e
nei
piedi,
che
fa
aumentare
la
sudorazione
e di
conseguenza
la
sete,
con
la
necessità
impellente
di
bere.
E
beve
una
mistura
con
“aceto”.
Anche
in
questo
passo,
come
in
quelli
del
Vangelo
secondo
Matteo
(Mt
27,48)
e
del
Vangelo
secondo
Marco
(Mc
15,36)
non
è
chiaro
chi
sia
colui
che
porge
a
Gesù
la “spugna
imbevuta
di
aceto”,che
Egli
beve.
Il
Vangelo
racconta
quindi
un
fatto
nuovo,
esclusivo.
Infatti,
è
scritto
che
era
“il
giorno
della
Parasceve”
(cioè
era
venerdì,
che
è il
giorno
in
cui
si
“prepara”
il
cibo
da
consumare
il
sabato,
dato
che
in
questo
giorno
non
si
può
svolgere
alcuna
attività)
ed “i
Giudei,
perchè
i
corpi
(dei
crocifissi)
non
rimanessero
sulla
croce
durante
il
sabato-
era
infatti
un
giorno
solenne
quel
sabato-
chiesero
a
Pilato
che
fossero
spezzate
loro
le
gambe
(per
accelerarne
la
morte)
e
fossero
portati
via”.
(Gv
19,31)
Secondo
questo
passo
evangelico
il
giorno
successivo
alla
crocifissione
era
sabato,
che
era
anche
un “giorno
solenne”
,
perchè
era
Pasqua.
“Vennero
dunque
i
soldati”
(romani)
e
spezzano
le
gambe
ai
due
uomini
che
sono
stati
“crocifissi
insieme
con
Lui”.
I
soldati
però
non
spezzano
le
gambe
a
Gesù
“vedendo
che
era
già
morto”.
Però,
“
uno
dei
soldati,con
una
lancia
gli
colpì
il
fianco
e
subito
ne
uscì
sangue
ed
acqua”.
(Gv
19,32-34)
Questo
ultimo
passo
lascia
perplessi
perché
non
si
capisce
come
è
possibile
che
esca
dalla
ferita
al
costato
di
Gesù
“sangue
ed
acqua”,
se “era
già
morto”.
L’Evangelista
attesta
infine
la
sua
presenza
alla
crocifissione
di
Gesù,
affermando:
“Chi
ha
visto
ne
dà
testimonianza
e la
sua
testimonianza
è
vera”
.
Ribadisce
poi
che
“egli
sa
che
dice
il
vero”,
affinchè
anche
i
lettori
credano.
(Gv
19,35)
Le
donne
che
assistono
alla
crocifissione
Gesù
è
accompagnato
durante
il
ministero
(predicazione)
non
solo
dagli
Apostoli
e
dai
Discepoli,
ma
anche
da
numerose
donne,
di
cui
però
i
Vangeli
non
ci
dicono
nulla.
Probabilmente,
alcune
sono
le
mogli
degli
Apostoli
e
dei
Discepoli.
I
Vangeli
riferiscono
della
presenza
di
alcune
donne
che
assistono
“da
lontano”
alla
crocifissione
di
Gesù,
ma
non
riportano
gli
stessi
nomi.
Infatti,
nel
Vangelo
secondo
Matteo,
tra
le “molte
donne
...
che
osservavano
da
lontano”
e
che
“avevano
seguito
Gesù
dalla
Galilea
per
servirlo…
c’erano
Maria
di
Màgdala,
Maria
madre
di
Giacomo
e di
Giuseppe
e la
madre
dei
figli
di
Zebedeo
“.(Mt
27,55-56)
La
seconda
Maria
è
Maria
moglie
di
Cleofa
(o
Cleopa),
identificato
da
alcuni
studiosi
come
Alfeo,
il
fratello
di
Giuseppe,
il
padre
di
Gesù.
È la
madre
degli
Apostoli
Giacomo
il
Minore
e
Giuseppe
(Ioses).
La
terza
donna
è
Salomè,
moglie
di
Zebedeo
e
madre
degli
Apostoli
Giacomo
il
Maggiore
e
Giovanni,
che
alcuni
esegeti
ritengono
sia
la
sorella
di
Maria,
la
madre
di
Gesù.
È
però
molto
singolare
che
non
è
presente
alla
crocifissione
di
Gesù
sua
madre.
Nel
Vangelo
secondo
Marco,
è
scritto
che
“vi
erano
alcune
donne,che
osservavano
da
lontano,
tra
le
quali
Maria
di
Màgdala,
Maria
madre
di
Giacomo
il
Minore
e di
Ioses
(Giuseppe)
e
Salome,
le
quali,quando
(Gesù)
era
in
Galilea
lo
seguivano
e lo
servivano,
e
molte
altre
che
erano
salite
con
lui
a
Gerusalemme”.
(Mc
15,40-41)
È
molto
singolare
che
anche
in
questo
Vangelo
non
è
presente
alla
crocifissione
di
Gesù
sua
madre
Maria.
Nel
Vangelo
secondo
Luca,
alla
crocefissione
di
Gesù
assistono
“da
lontano..
tutti
i
suoi
conoscenti
(i
Discepoli)
e
le
donne
che
lo
avevano
seguito
fin
dalla
Galilea”,
di
cui
però
non
è
fatto
il
nome.
(Lc
23,
49).
Probabilmente,
alcuni
Apostoli
e
parte
dei
Discepoli
sono
fuggiti
per
il
timore
di
essere
arrestati.
È
molto
singolare
che
anche
in
questo
Vangelo,
non
è
menzionata
la
presenza
alla
crocifissione
di
Gesù
di
sua
madre
Maria.
Il
racconto
del
Vangelo
secondo
Giovanni
è
diverso.
Infatti,”stavano
presso
la
croce
di
Gesù
sua
madre,la
sorella
di
sua
madre,Maria
di
Cleopa
e
Maria
di
Màgdala”.
(Gv
19,25)
In
questo
caso,
le
donne
non
“assistono
da
lontano”
alla
crocefissione,
ma
sono
“presso
la
croce”.
Però,
solo
il
Vangelo
secondo
Giovanni
nomina
espressamente
Maria,
la
madre
di
Gesù,
la
quale,
insieme
con
le
altre
donne,
non
assiste
“da
lontano”
alla
crocifissione,
ma è
“presso
la
croce”.
Il
Vangelo
racconta
inoltre
che,
insieme
con
le
quattro
donne,
“presso
la
croce”
c’è
anche
il
Discepolo
che
Gesù
“amava”,
al
quale
Egli
affida
la
madre
Maria
dicendo:
“Donna,
ecco
tuo
figlio!”.
Poi,
rivolto
al “al
Discepolo
che
egli
amava”
gli
dice:
“Ecco
tua
madre!”.
Il
passo
giovanneo
si
conclude
con
l’affermazione
che
“da
quell’ora
il
Discepolo
l’accolse
con
sé”.
(Gv
19,26-27)
Questo
passo
è
considerato
dagli
esegeti
cattolici
come
la
prova
che
Gesù
non
ha
fratelli,
altrimenti
non
avrebbe
affidato
sua
madre
ad
un
suo
Discepolo,
anche
se
era
quello
che
Egli
“amava”.
In
questo
Discepolo
prediletto,
che
Gesù
“amava”,
si
riconosce
l’Evangelista
in
un
passo
successivo,
nel
quale
afferma:
“Questi
(cioè
il
Discepolo
prediletto)
è il
Discepolo
che
testimonia
queste
cose
e ha
scritte”.
(Gv
21,24)
La
sepoltura
di
Gesù
Anche
la
sepoltura
di
Gesu’
è
narrata
in
modo
diverso
nei
quattro
Vangeli.
Il
Vangelo
secondo
Matteo
narra
che
“venuta
la
sera…un
uomo
ricco,
di
Arimatea,
chiamato
Giuseppe…Discepolo
di
Gesù…
si
presentò
a
Pilato
e
chiese
il
corpo
di
Gesù.
Pilato
allora
ordinò
che
gli
fosse
consegnato.
Giuseppe
prese
il
corpo,lo
avvolse
in
un
lenzuolo
pulito
e lo
depose
nel
suo
sepolcro
vuoto,che
si
era
fatto
scavare
nella
roccia;
rotolata
poi
una
grande
pietra
all’entrata
del
sepolcro,se
ne
andò.
(Mt
27,57-60)
È
chiaro,
da
questo
passo
evangelico,
che
Giuseppe
di
Arimatea
è un
Discepolo
di
Gesù.
Il
Vangelo
racconta
che
“Lì,
sedute
davanti
alla
tomba
c’erano
Maria
di
Màgdala
e
l’altra
Maria”
(Mt
27,57-61),
la
cui
identificazione
non
è
certa.
Potrebbe
essere
Maria,
moglie
di
Cleopa
(o
Cleofa
o
Alfeo),
fratello
di
Giuseppe,
che
è
presente
alla
crocifissione
di
Gesù,
insieme
con
Maria
di
Màgdala.
La
presenza
di
Maria
di
Màgdala
“davanti
alla
tomba”
di
Gesù,
conferma
quanto
detto
in
precedenza,cioè
che
Lei
ha
un
ruolo
importante
tra
le
numerose
donne
che
seguono
Gesù
nel
suo
ministero.
Dal
passo
evangelico
seguente,
si
ricava
che
la
crocifissione
di
Gesù
avviene
nel
giorno
della
“Parasceve”,
ossia
la “preparazione”
al
sabato
cioè
venerdì.
Infatti,
in
questo
giorno
si
prepara
il
pasto
per
il
sabato
(da
cui
il
termine
parasceve=
preparazione)
dato
che
in
questo
giorno
non
si
può
fare
nulla,
essendo
il
giorno
di
riposo
assoluto,
dedicato
alla
preghiera.
Per
questo
motivo,
Giuseppe
di
Arimatea
chiede
a
Pilato
di
poter
seppellire
il
cadavere
di
Gesù
prima
che
venga
la
sera,
cioè
prima
che
inizi
il
sabato.
Infatti,
secondo
il
calendario
lunare
ebraico,
il
nuovo
giorno
inizia
al
tramonto
del
sole
e
finisce
al
tramonto
del
sole
del
giorno
seguente.
È
però
singolare
che
Pilato
accetti
di
consegnare
il
corpo
di
Gesù
a
Giuseppe
di
Arimatea
perché
i
cadaveri
dei
condannati
a
morte
non
avevano
una
“normale
sepoltura”,
ma
erano
gettati
in
una
“fossa
comune”.
Il
Vangelo
narra
quindi
che
il
giorno
seguente
(sabato)
i
Capi
dei
Sacerdoti
ed i
Farisei
vanno
da
Pilato
per
ricordargli
che
Gesù
ha
detto
che
sarebbe
risorto
dopo
tre
giorni
e
gli
chiedono,
pertanto,
di
ordinare
che
“la
sua
tomba
sia
vigilata,
fino
al
terzo
giorno”,
affinchè
i
suoi
Discepoli
non
“rubino”
il
suo
corpo
“e
poi
dicano
al
popolo:
È
risorto
dai
morti”.
Pilato
concede
le
guardie
per
vigilare
la
tomba
di
Gesù
ed
essi,
“
per
rendere
sicura
la
tomba,
sigillarono
la
pietra”.
(Mt
27,
62-66)
Nel
Vangelo
secondo
Marco,
la
narrazione
è
simile,
con
alcune
precisazioni.
Innanzitutto,
è
detto
chiaramente,
all’inizio
del
Capitolo,
che
“era
la
Parasceve,
cioè
la
vigilia
del
sabato”
(cioè
venerdì)
e
che
Giuseppe
di
Arimatea,
oltre
ad
essere
un
Discepolo
di
Gesù
(infatti
“aspettava
anche
egli
il
regno
di
Dio”)
è
anche
“un
membro
autorevole
del
Sinedrio”.
Inoltre,
Pilato
è
sorpreso
del
fatto
che
Gesù
è
già
morto
e ne
concede
il “corpo”
a
Giuseppe
di
Arimatea
solo
dopo
aver
avuto
conferma
della
sua
morte
dal
Centurione,
che
ha
eseguito
la
crocifissione.(Mc
15,42-46)
Il
Vangelo
infine
narra
che
“Maria
di
Màgdala
e
Maria,
madre
di
Ioses,
stavano
ad
osservare
dove
veniva
posto”
Gesù.
(Mc
15,47)
In
questo
passo,
è
chiaro
che
la
seconda
Maria
è la
madre
dell’Apostolo
Ioses
(Giuseppe)
e
quindi
è la
moglie
di
Cleopa
(Cleofa)
ed
anche
la
madre
dell’Apostolo
Giacomo
il
Minore.
Il
Vangelo
secondo
Luca
precisa
che
Giuseppe
di
Arimatea,
oltre
ad
essere
“un
membro
del
Sinedrio”
è
anche
un
uomo
“buono
e
giusto..
che
non
aveva
aderito
alla
decisione
ed
all’operato
degli
altri
“
componenti
il
Sinedrio,
che
avevano
voluto
la
morte
di
Gesù.
Era
inoltre
un
Discepolo
di
Gesù,
perché
“aspettava
il
regno
di
Dio”.
(Lc
23,50-53)
Il
Vangelo
inoltre
specifica
che
quando
Gesù
è
sepolto
“era
il
giorno
della
Paresceve
e
già
splendevano
le
luci
del
sabato”,
cioè
è
sera
e
nelle
case
sono
accesi
i
lumi,
che
annunciano
l’inizio
del
giorno
di
sabato
(dato
che
il
nuovo
giorno,
secondo
il
calendario
lunare
ebraico,
inizia
al
tramonto
del
sole).(Lc
23,54)
Il
Vangelo
narra
quindi
che
“le
donne
che
erano
venute
con
Gesù
dalla
Galilea
seguivano
Giuseppe;
esse
osservarono
il
sepolcro
e
come
era
stato
posto
il
corpo
di
Gesù,
poi
tornarono
indietro
e
prepararono
aromi
e
oli
profumati”
per
ungerne
il
corpo.
Però,
il
giorno
seguente,
sabato,
“osservarono
il
riposo
come
era
prescritto”
e
quindi
non
si
recarono
al
sepolcro.
(Lc
23,55-56)
Il
Vangelo
secondo
Giovanni
riporta
dei
fatti
nuovi.
Innanzitutto,
precisa
che
Giuseppe
di
Arimatea
è un
“Discepolo
di
Gesù,
ma
di
nascosto,
per
timore
dei
Giudei”.
Inoltre,
Giuseppe
va a
prendere
il
corpo
di
Gesù,
concesso
da
Pilato,
insieme
con
Nicodemo,
che
“in
precedenza
era
andato
da
lui
di
notte”,
il
quale
porta
“circa
trenta
chili
di
una
mistura
di
mirra
ed
àloe”.
Essi
“presero
il
corpo
di
Gesù
e lo
avvolsero
con
teli,
insieme
ad
aromi,
come
usano
fare
i
Giudei
per
preparare
la
sepoltura”.
Dato
che
era
“il
giorno
della
Paresceve”
e
che
“nel
luogo
dove
era
stato
crocifisso,
vi
era
un
giardino..
con
un
sepolcro
nuovo,nel
quale
nessuno
era
stato
ancora
posto,là
dunque…
posero
Gesù”.
(Gv
19,38-42)
Il
Vangelo
illustra
le
modalità
della
sepoltura,
secondo
la
ritualità
ebraica,
del
defunto,
il
cui
cadavere
era
cosparso
di
aromi.
Però,
appare
esagerata,
e
quindi
stupisce,
la
grande
quantità
(circa
30
Kg)
di “mistura
di
mirra
ed
àloe”,
che
è
portata
da
Nicodemo
per
cospargere
il
corpo
di
Gesù.
Pertanto,
tenuto
conto
che
l’àloe
è un
potente
cicatrizzante
di
ferite,
si è
ipotizzato
che
Gesù
non
era
morto
quanto
è
stato
portato
nella
tomba,
ma
era
in
uno
stato
di
“morte
apparente”,
causata
probabilmente
da
quello
che
aveva
bevuto
quando
era
crocifisso
e
che
nel
Vangelo
è
indicato
come
“aceto”.
Il
Vangelo
infine
specifica
che
la
tomba
in
cui
è
sepolto
Gesù
si
trova
in
un
“giardino”,
ubicato
“nel
luogo
dove
era
stato
crocifisso”(il
Golgota).Sembra
che
la
sepoltura
in
quella
tomba
è
determinata
da
motivi
di
praticità,
dato
che
si
trova
vicino
al
luogo
della
crocifissione
e
probabilmente
non
vi
era
il
tempo
per
portarlo
altrove
essendo
quello
anche
“il
giorno
della
Parasceve
della
Pasqua
“,
cioè
il
giorno
precedente
la
Pasqua.
(Gv
19,14)
Ricordiamo
però
quanto
detto
in
precedenza,
cioè
che
i
cadaveri
dei
condannati
a
morte,
soprattutto
quelli
crocifissi
in
quanto
ribelli,
non
avevano
una
“normale
sepoltura”,
ma
erano
gettati
in
una
“fossa
comune”.