N. 83 - Novembre 2014
(CXIV)
"MA VOI, CHI DITE CHE IO SIA?"
Breve biografia di Gesù di Nazaret - PARTE II
di Giorgio Giannini
La
redazione
dei
Vangeli
canonici
Il
termine
vangelo
( o
evangelo)
deriva
dal
latino
evangelium,
che
a
sua
volta
deriva
dal
greco
eu
anghèlion,
che
significa
lieto
annuncio
o
buona
notizia.
Con
l’Apostolo
Paolo,
il
termine
assume
il
significato
di
annuncio
della
parola
di
Gesù,
da
parte
degli
Apostoli.
Si
riferisce
quindi
al
“contenuto”
dello
scritto
e
non
al
testo
scritto
in
sé.
Al
riguardo,
il
Vangelo
secondo
Marco,
che
è il
primo
dei
Vangeli
Canonici,
scritto
intorno
al
65,
inizia
con
queste
parole:
“
Inizio
del
vangelo
di
Gesù
Cristo,
il
Figlio
di
Dio”.
(Mc
1,1)
Il
termine
Vangeli,
al
plurale,
invece,
è
usato
per
la
prima
volta
da
Giustino
Martire,
nel
II
secolo,
che
nella
sua
Apologia,
parla
di “memorie
degli
Apostoli,
dette
vangeli”,
che
si
leggevano
in
Chiesa
“a
sostegno
della
fede,
ma
non
erano
Sacre
Scritture”,
come
quelle
dell’Antico
Testamento,
che
erano
“ispirate
da
Dio”
e
che
erano
utilizzate
nella
liturgia.
La
redazione
dei
Vangeli,
non
solo
dei
quattro
Canonici
che
noi
conosciamo,
è
stato
un
processo
lungo,
durato
alcuni
decenni
e
conclusosi
alla
fine
del
I
secolo
o
nel
II
secolo.
Infatti,
all’inizio,
nelle
prime
Comunità
cristiane,
poco
numerose,
le
parole
del
Signore,
predicate
da
Gesù
durante
il
suo
ministero,
sono
riportate
oralmente,
dagli
Apostoli
o
dai
loro
discepoli
oppure
dai
testimoni
che
avevano
assistito
alla
sua
predicazione
ed
avevano
visto
le
sue
opere.
Successivamente,
con
il
diffondersi
delle
Comunità
cristiane,
che
non
solo
aumentano
di
numero,
ma
si
costituiscono
anche
il
luoghi
distanti
tra
di
loro,
e
con
la
conseguente
impossibilità
per
i
testimoni
oculari
di
riportare
personalmente
quanto
da
loro
sentito
e
visto,
ed
anche,
con
il
passare
del
tempo,
con
il
venir
meno
dei
testimoni,
fu
necessario
ricorrere
a
testi
scritti,
in
sostituzione
dei
racconti
orali.
All’inizio
si
trattò
di
semplici
raccolte
di
detti
del
Signore
(logia),
pronunciati
da
Gesù
durante
la
sua
predicazione
(ministero),
che
erano
state
raccolti
da
chi
li
aveva
ascoltati,
anche
se è
difficile
risalire
alle
vere
parole
pronunciate
da
Gesù.
In
seguito,
i
Vangeli
furono
progressivamente
ampliati
con
notizie
relative
alla
passione,
morte
e
resurrezione
di
Gesù.
Solo
successivamente,
alcuni
Vangeli
(come
quelli
secondo
Matteo
e
Luca),
sono
stati
arricchiti
con
notizie
relative
alla
vita
di
Gesù.
Al
riguardo,
gli
esegeti
ritengono
che
i
primi
testi
scritti
dei
Vangeli
riguardavano
la
passione
di
Gesù,
con
la
sua
morte
e la
sua
resurrezione,
in
quanto
questi
fatti
impressionavano
profondamente
i
fedeli
e
coloro
che
si
dovevano
convertire
al
Cristianesimo.
Successivamente,
alcuni
Vangeli
aggiunsero
episodi
della
vita
di
Gesù,
soprattutto
sulla
sua
nascita.
In
sintesi,
quindi,
i
Vangeli
documentano
la
vita
di
Gesù,
la
sua
predicazione
(ministero),
con
i
miracoli
compiuti,
la
sua
passione,
morte
e
resurrezione.
Questi
testi,
però,
dovevano
essere
“attendibili”,
cioè
dovevano
garantire
di
riportare
fedelmente
gli
insegnamenti
formulati
da
Gesù
durante
la
sua
predicazione
e
quindi
si
ritenne
opportuno
attribuirne
la
redazione
agli
Apostoli
o a
loro
discepoli.
Pertanto,
a
partire
dalla
seconda
metà
del
I
secolo,
sono
stati
scritti
numerosi
Vangeli,
spesso
molto
diversi
nel
contenuto,
composti
essenzialmente
ad
uso
interno
delle
Comunità
Cristiane,
che
li
utilizzavano
nella
liturgia.
Alcuni
di
questi
Vangeli
sono
andati
perduti
e
solo
in
parte
sono
stati
riscoperti
negli
ultimi
secoli,
soprattutto
nel
Novecento,
anche
grazie
a
scoperte
archeologiche,
come
a
Nag
Hammadi
(Egitto)
nel
1945
o a
Qumran,
vicino
al
Mar
Morto
(Palestina),
nel
1947.
Però,
solo
quattro
di
questi
Vangeli
sono
stati
“riconosciuti”
dalla
Chiesa
Cristiana
che
li
ha
inseriti
in
un
“elenco
ufficiale”
di
testi,
detto
canone
(che
in
lingua
greca
significa
catalogo
o
regola),
per
cui
sono
chiamati
Vangeli
Canonici,
attribuiti,
secondo
la
tradizione,
agli
Evangelisti
Marco,
Matteo,
Luca
e
Giovanni.
In
verità,
i
Vangeli
Canonici
sono
“anonimi”,
cioè
non
riportano
il
nome
degli
autori
e
non
hanno
un
titolo.
Però,
nel
II
secolo,
dato
che
nelle
Comunità
cristiane
erano
utilizzati
nella
liturgia
Vangeli
differenti,
si
rese
necessaria
una
“titolazione”
specifica,
per
ciascuno
di
essi,
per
distinguerli.
Pertanto,
è
stato
dato
ad
ognuno
un
titolo
specifico,
denominandolo
“Vangelo
secondo”,
e
non
“Vangelo
di”,
aggiungendovi
il
nome
dell’Evangelista,
in
quanto
gli
Evangelisti,
più
che
autori
dei
Vangeli
sono
considerati
“redattori
di
documenti
e di
testi
preesistenti”.Quindi,
i
Vangeli
secondo
Matteo,
Marco,
Luca
e
Giovanni,
sono
il
risultato
del
loro
lavoro
di
redazione,
sulla
base
delle
diverse
fonti
a
cui
ciascuno
Evangelista
ha
attinto.
Gli
Evangelisti
sono
stati
individuati
negli
Apostoli
Matteo
e
Giovanni
(
che
proprio
in
quanto
Apostoli
sono
stati
testimoni
diretti
di
quanto
hanno
riferito
nei
loro
Vangeli),
e
nei
discepoli
o
collaboratori
di
altri
Apostoli,
nella
specie,
Marco
(collaboratore
prima
di
Paolo
e
poi
di
Pietro
a
Roma)
e
Luca
(compagno
di
viaggio
di
Paolo,
nelle
sue
missioni
di
evangelizzazione,
e
suo
collaboratore),
per
affermare
l’origine
apostolica
dei
Vangeli
e
quindi
garantire
l’attendibilità
del
loro
contenuto,
in
quanto
“conforme”
all’insegnamento
di
Gesù
manifestato
durante
la
sua
predicazione.
In
questo
modo,
si
distinguevano
questi
Vangeli
da
quelli
cosiddetti
Apocrifi,
considerati
“falsi”
ed
anche
eretici,
per
il
loro
contenuto.
Il
processo
di
composizione
dei
quattro
Vangeli
Canonici
è
bene
spiegato
nella
Dichiarazione
Sancta
Mater
Ecclesia,
emanata
il
21
aprile1964
dalla
Pontifica
Commissione
Biblica
per
affermare
la
verità
storica
dei
Vangeli,
in
base
al
quale
le
notizie
sulla
vita
di
Gesù
ed
il
suo
insegnamento
sono
giunti
a
noi
attraverso
tre
fasi.
La
prima
fase
è
quella
«della
vita
stessa
di
Gesù,
svoltasi
sotto
gli
occhi
dei
suoi
discepoli,
i
quali
furono
gli
ascoltatori
attenti
delle
sue
parole
ed i
testimoni
diretti
delle
sue
opere».
Infatti,
il
Signore,
nell’esporre
a
voce
il
suo
insegnamento,
seguiva
le
forme
di
pensiero
e di
espressione
allora
in
uso,
adattandosi
per
tale
modo
alla
mentalità
degli
uditori
e
facendo
sì
che
quanto
egli
insegnava
si
imprimesse
fermamente
nella
loro
mente
e
potesse
essere
ritenuto
con
facilità
dai
discepoli”.
Nella
seconda
fase,
gli
Apostoli
cominciarono
«
a
dare
testimonianza
di
Gesù
annunciando
e
riferendo
con
fedeltà
episodi
biografici
e
detti
di
Lui,
ma
tenendo
presenti,nella
predicazione,
le
esigenze
dei
vari
uditori».
Inoltre
non
è da
negarsi
che
gli
Apostoli
abbiano
presentato
ai
loro
uditori
quanto
Gesù
aveva
realmente
detto
ed
operato
con
quella
più
piena
intelligenza
da
essi
goduta
in
seguito
agli
eventi
gloriosi
del
Cristo
ed
all’illuminazione
dello
Spirito
di
Verità”.
In
seguito,
“Esigenze
catechetiche
ed
opportunità
di
vario
genere
portarono
ben
preso
alla
concentrazione
dei
detti
e
fatti
di
Gesù
in
alcune
raccolte”.
Nella
terza
fase
della
redazione
dei
Vangeli
«gli
autori
sacri
(gli
Evangelisti)
consegnarono
l’istruzione
fatta
prima
oralmente
e
poi
messa
per
iscritto…nei
quattro
Vangeli
per
il
bene
della
Chiesa,
con
un
metodo
corrispondente
al
fine
che
ognuno
si
proponeva.
Fra
le
molte
cose
tramandate,
ne
scelsero
alcune,
talvolta
compirono
una
sintesi…talaltra….svilupparono
certi
elementi…
Perciò
l’esegeta
ricerchi
quale
fosse
l’intenzione
dell’Evangelista
nell’esporre
un
detto
o un
fatto
in
un
dato
modo
o in
un
dato
contesto.
Invero,
non
va
contro
la
verità
del
racconto,
il
fatto
che
gli
Evangelisti
riferiscano
i
detti
ed i
fatti
del
Signore
in
modo
diverso
e ne
esprimano
le
parole
non
alla
lettera,
ma
con
qualche
diversità
e
conservando
il
loro
senso».
In
conclusione,
nella
redazione
dei
Vangeli,
che
riportano
le
parole
ed i
fatti
della
vita
di
Gesù,
ci
sono
state
tre
fasi:
la
prima
è la
vita
storica
di
Gesù,
“che
vide
l’origine
stessa
dei
fatti
e
delle
parole
alla
presenza
degli
Apostoli”.
La
seconda
fase
è
quella
in
cui
“i
discepoli
raccolsero,
fissarono
e
trasmisero
gli
insegnamenti
e le
opere
del
Maestro”
(Gesù).
La
terza
fase
è
quella
“
degli
Evangelisti
che
redassero
per
iscritto
la
tradizione
apostolica
con
un
metodo
personale,
corrispondente
allo
specifico
fine
che
ciascuno
di
essi
si
prefiggeva”
(Vangelo
ed
Atti
degli
Apostoli,
Edizioni
San
Paolo,
2010,
pag.
9-11).
Il
processo
di
composizione
dei
Vangeli
è
ben
spiegato
anche
nella
Costituzione
dogmatica
sulla
divina
rivelazione
Dei
Verbum
(Parola
di
Dio),
promulgata
il
18
novembre
1965
dal
Concilio
Vaticano
II
in
cui
si
legge:
«…i
Vangeli
costituiscono
la
principale
testimonianza
relativa
alla
vita
ed
alla
dottrina
del
Verbo
incarnato,
nostro
Salvatore.
La
Chiesa
ha
sempre
ed
in
ogni
luogo
ritenuto
e
ritiene
che
i 4
Vangeli
sono
di
origine
apostolica.
Infatti,
ciò
che
gli
Apostoli,
per
mandato
di
Cristo,
predicarono,
dopo,
per
ispirazione
dello
Spirito
Santo,
fu
dagli
stessi,
e da
uomini
della
loro
cerchia,
tramandato
in
scritti,
come
fondamento
della
fede,
cioè
l’Evangelo
quadriforme,
secondo
Matteo,
Marco,
Luca
e
Giovanni».
(Dei
Verbum,18)
Il
Capitolo
seguente
afferma:
“
La
santa
madre
Chiesa
ha
ritenuto
e
ritiene
con
fermezza
e
costanza
massima,
che
i
quattro
suindicati
Vangeli,
di
cui
si
afferma
senza
alcuna
esitanza
la
storicità,
trasmettono
fedelmente
quanto
Gesù
Figlio
di
Dio,
durate
la
sua
vita
tra
gli
uomini,
effettivamente
operò
e
insegnò
per
la
loro
eterna
salvezza,
fino
al
giorno
in
cui
fu
assunto
in
cielo.
Gli
Apostoli
poi,
dopo
l’ascensione
del
Signore,
trasmisero
ai
loro
ascoltatori
ciò
che
Egli
aveva
detto
e
fatto,con
quella
più
completa
intelligenza
di
cui
essi,…illuminati
dallo
Spirito
di
verità,
godevano.E
gli
autori
sacri
scrissero
i
quattro
Vangeli,
scegliendo
alcune
cose
tra
molte
che
erano
tramandate
a
voce
o
anche
in
iscritto,
alcune
altre
sintetizzando,
altre
spiegando…sempre
però
in
modo
tale
da
riferire
su
Gesù
con
sincerità
e
verità.
Essi,infatti,attingendo
sia
ai
propri
ricordi
sia
alla
testimonianza
di
coloro,
i
quali
“fin
dal
principio
furono
testimoni
oculari
e
ministri
della
parola”,
scrissero
con
l’intenzione
di
farci
conoscere
la
verità...”
(Dei
Verbum,19).
In
pratica,
gli
Evangelisti
hanno
inventato
gli
eventi
storici,
ma
li
hanno
interpretati
grazie
allo
Spirito
Santo
ed
alla
loro
Fede.
I
loro
racconti
sono
fondati
sulle
loro
testimonianze
personali,
come
nel
Vangelo
secondo
Giovanni,
in
cui
è
scritto
che
“Chi
ha
visto
ne
dà
testimonianza
e la
sua
testimonianza
è
vera”
( Gv
19,35)
ed
anche
che
“quel
discepolo
che
Gesù
amava,
colui
che
nella
cena
si
era
chinato
sul
petto..
è il
discepolo
che
testimonia
queste
cose
e le
ha
sentite”
( Gv
21,20
e
21,24),
oppure
fanno
riferimento
ad
altre
testimonianze,
come
nel
Vangelo
secondo
Luca,
nel
cui
Prologo
è
scritto:
“Poiché
molti
hanno
cercato
di
raccontare
con
ordine
gli
avvenimenti….come
ce
li
hanno
trasmessi
coloro
che
ne
furono
testimoni
oculari
fin
dal
principio…così
anche
io
ho
deciso
di
fare
ricerche
accurate
su
ogni
circostanza
…e
di
scriverne
un
resoconto
ordinato..”.
(Lc
1-1-4)
Nel
II
secolo,
S.
Ireneo,
Vescovo
di
Lione
(Capoluogo
della
Gallia
romana),
uno
dei
Padri
della
Chiesa,
nella
sua
opera
Contro
le
eresie
(
Adversus
haereses),
scritta
verso
l’anno
180,
per
spiegare
perchè
la
Chiesa
ha
riconosciuto
solo
quattro
Vangeli
fra
i
tanti
che
erano
usati
nelle
Comunità
cristiane,
sostiene
che,
come
ci
sono
i
quattro
angoli
della
terra
ed i
quattro
venti,
così
non
ci
possono
essere
più
di
quattro
o
meno
di
quattro
Vangeli.
Nella
stessa
opera,
inoltre,
attribuisce
la
paternità
ai
quattro
Vangeli
Canonici,
scrivendo:
“
Matteo
scrisse
nella
lingua
degli
ebrei
il
primo
vangelo,
al
tempo
in
cui
Pietro
e
Paolo
evangelizzavano
Roma
e vi
fondarono
la
Chiesa.
Dopo...Marco,
discepolo
ed
interprete
di
Pietro,
mise
per
iscritto
quello
che
Pietro
predicava…
Luca,
il
compagno
( di
viaggi)
di
Paolo,
ha
pubblicato
in
un
libro
il
vangelo
che
il
suo
maestro
predicava.
Poi
Giovanni,
il
discepolo
del
Signore,
quello
che
si
era
addormentato
sul
suo
petto,
pubblicò
anche
lui
un
vangelo
quando
si
trovava
ad
Efeso”.
(Contro
le
eresie,
3,1,1)
Secondo
alcuni
esegeti,
il
fatto
che
la
paternità
dei
Vangeli
Canonici
è
attribuita
a
due
Apostoli
(Matteo
e
Giovanni)
e a
due
collaboratori
di
Apostoli
(
Marco
e
Luca),
citati
in
nell’opera
di
Ireneo
contro
gli
eretici,
serviva
a
sostenere
l’autenticità
dei
testi,
derivanti
dall’autorità
di
alcuni
Apostoli.
Inoltre,
questi
Vangeli
si
distinguevano
da
quelli
considerati
eretici
per
il
loro
contenuto.
Ireneo
parla
quindi
di “Vangelo
quadriforme”
ed
Eusebio
di
Cesarea
di “sacra
quadriga
dei
quattro
Vangeli”.
I
quattro
Vangeli
rappresentano
però
un
unicum.
Al
riguardo
Origene
ritiene
che
“quanto
è
stato
scritto
da
quattro
è un
unico
Vangelo”
e S.
Agostino
parla
di “quattro
libri
di
un
unico
Vangelo”.
Per
giustificare
il
fatto
che
la
Chiesa
ha
riconosciuto
solo
i
quattro
Vangeli
Canonici,
gli
esegeti
cattolici
affermano
che
“i
quattro
Vangeli
ci
aiutano
a
cogliere
fino
in
fondo
la
ricchezza
del
disegno
di
Dio”
(La
Bibbia,
Ediz.
San
Paolo,
2010,
pag.
23).
Si
ritiene
che
i
Vangeli
Canonici
siano
stati
composti
nella
seconda
metà
del
I
secolo,
ma
la
loro
datazione
varia
anche
di
molto,
secondo
i
singoli
esegeti.
Inoltre,
ci
sono
pervenuti
scritti
in
lingua
greca,
che
era
la
lingua
diffusasi
in
Oriente
con
le
conquiste
di
Alessandro
Magno
(nel
IV
secolo
a.
C.)
e
che
era
la
lingua
utilizzata,
per
comunicare,
dalle
persone
che
vivevano
in
luoghi
diversi.
Pertanto,
per
la
sua
ampia
diffusione
nel
Mediterraneo,
fu
usata
anche
per
la
evangelizzazione.
Alcuni
esegeti
però,
ritengono
che
alcuni
Vangeli
Canonici
hanno
avuto
una
prima
redazione
in
lingua
aramaica,
che
era
quella
comunemente
parlata
in
Palestina
al
tempo
di
Gesù,
nel
I
secolo,
ma
non
ci
sono
pervenuti
documenti
scritti
in
questa
lingua.
Infine,
i
testi
dei
quattro
Vangeli
Canonici,
che
ci
sono
pervenuti,
non
sono
quelli
scritti
dagli
Evangelisti,
ma
copie
fatte
in
periodi
successivi,
dette
Codici,
che
sono
circa
4.270
per
tutta
la
Bibbia,
comprendendo
sia
l’Antico
Testamento
che
il
Nuovo
Testamento.
Nel
III
secolo,
ad
ogni
Evangelista
è
stato
attribuito
un
“simbolo”
alato,
specifico,
anche
per
distinguerli
facilmente,
riprendendo
le
sembianze
dell’essere
tetramorfo,
citato
dal
profeta
Ezechiele
all’inizio
del
suo
Libro
e
nell’Apocalisse.
Così:
l’Evangelista
Matteo
è
raffigurato
come
un
uomo,
o un
angelo,
perché
il
suo
Vangelo
mette
in
risalto
l’umanità
di
Gesù,
che
infatti
è
chiamato
spesso
Figlio
dell’Uomo;
l’Evangelista
Marco
è
raffigurato
come
un
leone,
dato
che
il
suo
Vangelo
mette
in
risalto
la
regalità
di
Gesù;
l’Evangelista
Luca
è
raffigurato
come
un
bue
o un
vitello,
che
è
simbolo
di
mansuetudine,
dato
che
la
semplicità
della
narrazione
degli
eventi
è un
carattere
distintivo
del
suo
Vangelo;
l’Evangelista
Giovanni
è
raffigurato
come
un’aquila
perché
il
suo
Vangelo
ha
un
contenuto
più
spirituale
e
teologico
e
quindi
l’Evangelista
ha
una
visione
più
acuta,
come
appunto
l’aquila,
che
inoltre
vola
anche
più
in
alto
e
quindi
può
vedere
verso
Dio.
Non
a
caso,
il
suo
Vangelo
inizia
con
il
Prologo
“
In
principio
era
il
Verbo,il
Verbo
era
presso
Dio
ed
il
verbo
era
Dio”.
( Gv
1,1)
Il
contenuto
dei
quattro
Vangeli
canonici
I
Vangeli
Canonici
sono
stati
redatti
in
periodi
diversi,
ma
la
datazione
è
controversa,
anche
se
la
maggior
parte
degli
studiosi
ritiene
che
il
primo
Vangelo
che
è
stato
scritto
sia
quello
secondo
Marco,
probabilmente
verso
l’anno
65
(cosiddetta
priorità
marciana),
che
si è
basato
su
“fonti”
che
non
si
conoscono
con
precisione.
Al
Vangelo
secondo
Marco
hanno
attinto
i
Vangeli
secondo
Matteo
e
secondo
Luca,
scritti
nel
periodo
70-90.
Gli
Evangelisti
Matteo
e
Luca
hanno
però
utilizzato
anche
un’altra
fonte
(cosiddetta
teoria
delle
due
fonti):
la
fonte
dei
detti
di
Gesù,
detta
fonte
Q (dal
tedesco
Quelle=fonte),
che
purtroppo
non
ci è
pervenuta.
Probabilmente,
ciascuno
dei
tre
Evangelisti
ha
utilizzato
anche
altre
fonti,
che
non
si
conoscono
con
precisione.
Questi
tre
Vangeli
concordano
ampiamente
nel
loro
contenuto,
per
cui
sono
stati
chiamati
Sinottici
dallo
studioso
tedesco
J.
J.
Griesbach,
che
li
mise
a
confronto
nel
1776.
Infatti,
poiché
sono
tre
racconti
paralleli
della
vita
di
Gesù,
si
possono
facilmente
confrontare
in
un
“colpo
d’occhio”,
con
uno
“sguardo
d’insieme”
(sinossi,
dal
greco
syn=insieme
e
òpsis=sguardo).
Per
risolvere
la
cosiddetta
questione
sinottica,
cioè
l’ordine
cronologico
di
composizione
dei
tre
Vangeli,
si
ritiene
comunemente
che
i
Vangeli
secondo
Matteo,
secondo
Marco
e
secondo
Luca,
data
la
somiglianza
di
molti
versi,
hanno
attinto
alle
medesime
fonti
e
forse
si
sono
anche
ispirati,
parzialmente,
l’uno
con
l’altro.
Infatti,
sono
“concordanti”
e
seguono
in
genere
lo
stesso
ordine
degli
eventi
e
contengono
storie
della
vita
e
del
ministero
di
Gesù
“comuni”,
cioè
che
hanno
lo
stesso
“contenuto”,
anche
se
spesso
sono
raccontate
in
modo
diverso.
Ad
esempio,
la
nascita
di
Gesù
è
raccontata,
anche
se
diversamente,
solo
nei
Vangeli
secondo
Matteo
e
secondo
Luca.
Inoltre,
anche
la
genealogia
di
Gesù
è
diversa
nel
Vangeli
secondo
Matteo
e
secondo
Luca.
Talvolta,
il
racconto
evangelico
è
“originale”,
cioè
è
presente
solo
in
un
Vangelo.
Ad
esempio,
l’infanzia
di
Gesù
è
raccontata,
peraltro
superficialmente,
solo
nel
Vangelo
secondo
Luca,
che
racconta
il
colloquio
religioso
di
Gesù
con
i
Dottori
della
Legge,
nel
Tempio
di
Gerusalemme,
quando
ha
appena
12
anni.
Inoltre,
solo
il
Vangelo
secondo
Matteo
racconta
la
visita
dei
Magi
a
Gesù
bambino,
la
fuga
in
Egitto
della
Sacra
Famiglia
perché
Erode
vuole
sopprimere
Gesù,
in
quanto
teme
che
gli
possa
sottrarre
il
Regno
di
Giudea,
dato
che
i
Magi
gli
hanno
detto
che
sono
venuti
ad
onorare
il
Re
dei
Giudei.
In
effetti,
Erode
fa
uccidere
i
bambini
fino
a
due
anni
(la
cosiddetta
strage
degli
innocenti).
Il
Vangelo
secondo
Giovanni
è
stato
invece
composto
verso
la
fine
del
I
secolo
ed è
molto
diverso
nel
contenuto
dai
tre
Sinottici.
Il
Vangelo
secondo
Matteo
è
considerato
il
Primo
Vangelo
Canonico
perché
era
quello
più
diffuso
nelle
Comunità
Cristiane,
quando
i
Vangeli
circolavano
separatamente.
Gli
esegeti
ritengono,
abbastanza
unanimemente,
in
base
alla
cosiddetta
“teoria
delle
due
fonti”,
che
l’autore
ha
utilizzato,
come
fonti,
sia
il
Vangelo
secondo
Marco,
per
la
vita
e la
passione
di
Gesù
( è
la
cosiddetta
priorità
marciana),
sia
la
fonte
Q,
per
i
suoi
“detti”
o
insegnamenti.
In
particolare,
il
Vangelo,
su
un
totale
di
1.071
versi,
riporta
387
versi
del
Vangelo
secondo
Marco
e
secondo
Luca.
Altri
130
versi
sono
ripresi
dal
Vangelo
secondo
Marco
e
184
versi
dal
Vangelo
secondo
Luca.
Quindi,
solo
370
versi
sono
specifici
del
Vangelo
secondo
Matteo.
È
strutturato,
in
28
Capitoli,
divisi,
secondo
la
maggior
parte
degli
studiosi,
in
sette
parti.
All’inizio
c’è
la
nascita
e
l’infanzia
di
Gesù.
Seguono
cinque
parti,
centrate
su
altrettanti
“discorsi”
(
discorso
della
montagna;
discorso
sulla
missione
degli
Apostoli;
discorso
delle
parabole;
discorso
ecclesiastico,
sulla
vita
delle
Comunità
dei
discepoli;
discorso
escatologico
detto
anche
degli
ultimi
tempi).
Nei
ultimi
due
Capitoli,
si
narra
la
passione,
morte
e
resurrezione
di
Gesù.
La
datazione
per
la
composizione
del
Vangelo
non
è
nota
con
precisione,
ma
la
maggioranza
degli
esegeti
ritengono
che
sia
stato
composto
dopo
il
70,
perché
sembra
che
si
sia
un
riferimento
alla
distruzione
del
Tempio
di
Gerusalemme,
avvenuta
nel
70
ad
opera
di
Tito,
il
figlio
dell’Imperatore
Vespasiano.
Altri
studiosi
però
ritengono
che
sia
stato
composto
nel
decennio
60-
70.
Il
Vangelo
è
stato
redatto
in
lingua
greca,
intorno
agli
anni
60-70,
probabilmente
ad
Antiochia
di
Siria,
la
Provincia
romana
di
cui
faceva
parte
la
Palestina.
Alcuni
esegeti
della
Scuola
di
Madrid,
però,
ritengono,
come
la
Pontificia
Commissione
Biblica
nel
1911,
che
il
Vangelo
sia
stato
scritto
in
lingua
aramaica
negli
anni
40-50
e
poi
è
stato
tradotto
in
greco.
Però,
non
si
conosce
alcun
documento
relativo
alla
versione
in
lingua
aramaica.
Al
riguardo,
già
Erasmo
da
Rotterdam,
nel
XVI
secolo,
aveva
contestato
l’esistenza
di
una
versione
originaria
in
ebraico
o in
aramaico,
tradotta
poi
in
greco,
basandosi
proprio
sull’assenza
di
documenti
al
riguardo.
Non
si
conosce
l’autore
del
Vangelo,
dato
che
tutti
i
Vangeli
Canonici
sono
anonimi.
Secondo
la
Tradizione
cristiana
è
attribuito
all’Apostolo
Matteo,
detto
anche
Levi,
che
era
un
esattore
delle
imposte
(un
publicano).
Al
riguardo,
vari
esegeti
concordano
nell’attribuire
questa
professione
all’autore
del
Vangelo,
perchè
fa
spesso
riferimento,
in
modo
preciso,
al
denaro,
come
nel
caso
del
tradimento
di
Gesù,
da
parte
di
Giuda,
per
“trenta
monete
di
argento”
(Mt
26,15).
Successivamente,
dopo
la
condanna
a
morte
di
Gesù
pronunciata
dal
Sinedrio,
Giuda,
“preso
dal
rimorso,
riportò
le
trenta
monete
d’argento
ai
Capi
dei
Sacerdoti
ed
agli
Anziani”
e
poi
“gettate
le
monete
d’argento
nel
Tempio..andò
ad
impiccarsi”.
(Mt
27,3-5)
La
prima
attribuzione
del
Vangelo
a
Matteo,
secondo
quanto
racconta
Eusebio
di
Cesarea
nella
sua
opera
Storia
Ecclesiastica
del
IV
secolo,
è
fatta
da
Papia,
Vescovo
di
Ierapolis
(Ierapoli
o
Gerapoli)
in
Anatolia,
nella
sua
opera
Esegesi
delle
parole
del
Signore,
scritta
verso
l’anno
120:
“Matteo
ordinò
in
lingua
ebraica
o
aramaica
i
detti
(di
Gesù)
e
ciascuno
lo
interpretò
come
meglio
potè”.
Sempre
nel
II
secolo,
anche
Ireneo,
Vescovo
di
Lione,
nella
sua
opera
Contro
le
eresie,
scritta
verso
l’anno
180,
attribuisce
il
Vangelo
a
Matteo,
scrivendo:
“Matteo
scrisse
nella
lingua
degli
ebrei
il
primo
vangelo,
al
tempo
in
cui
Pietro
e
Paolo
evangelizzavano
Roma
e vi
fondarono
la
Chiesa”.
(Contro
le
eresie,
3,1,1)
Come
sappiamo,
per
Ireneo,
ci
sono
solo
quattro
Vangeli
“ispirati
da
Dio”,scritti
da
Matteo,
Marco,
Luca
e
Giovanni.
Però,
dal
XVIII
secolo,
vari
esegeti
ritengono
che
l’autore
sia
un
anonimo
cristiano,
vissuto
nella
seconda
metà
del
I
secolo,
proveniente
dall’ambiente
ebraico,
perchè
riferisce
fatti
relativi
alla
società
ebraica
e ci
sono
molte
citazioni
di
profezie
dell’Antico
Testamento,
che
si
realizzano
nella
vita
di
Gesù,
che
è
rappresentato
come
il
Cristo,
o l’Unto
del
Signore,
cioè
come
il
nuovo
Messia
che,
come
Davide,
deve
liberare
Israele
dalla
dominazione
straniera
(romana).
Per
questo
motivo,
il
Vangelo
riporta
all’inizio
la
genealogia
di
Gesù,
partendo
da
Abramo
e
passando
per
Davide,
nato
a
Betlemme,
in
Giudea.
Inoltre,
solo
in
questo
Vangelo
si
usa
l’espressione
Regno
dei
Cieli,
invece
che
Regno
di
Dio,
probabilmente
per
non
contravvenire
alla
Tradizione
rabbinica,
che
proibisce
di
nominare
il
nome
di
Dio.
Per
questi
motivi,
si
ritiene
che
il
Vangelo
era
usato
per
la
conversione
dei
ebrei.
Il
Vangelo
narra,
come
anche
il
Vangelo
secondo
Luca,
il
concepimento
divino
di
Maria
e la
nascita
di
Gesù,
ma
contiene
alcuni
episodi
originali,
che
non
si
trovano
nel
vangelo
lucano,
come
l’arrivo
dei
Magi,
venuti
da
Oriente
per
rendere
omaggio
a
Gesù,
la
fuga
in
Egitto
della
Sacra
Famiglia,
per
sfuggire
alla
persecuzione
del
Re
Erode
il
Grande,
che
ha
ordinato
l’uccisione
di
tutti
i
bambini
fino
a
due
anni
( la
cosiddetta
strage
degli
innocenti).
In
particolare,
nel
Vangelo
secondo
Matteo,
Gesù
nasce
a
Betlemme
in
una
casa,
dove
la
Sacra
Famiglia
riceve
la
visita
dei
Magi
che
lo
adorano
e
gli
portano
in
dono
“oro,
incenso
e
mirra”
(Mt
2,11).
Invece,
nel
Vangelo
secondo
Luca,
Gesù
nasce
a
Betlemme,
dove
i
suoi
genitori
si
sono
recati
per
un
censimento,
in
una
stalla
ed è
deposto
“in
una
mangiatoia”
(Lc
2,7).
È l’
unico
Vangelo
che
menziona
la
Chiesa
(ecclesia),
laddove
Gesù
dice
a
Pietro:
“Tu
sei
Pietro
e su
questa
pietra
edificherò
la
mia
Chiesa”.
( Mt
16,18)
Il
Vangelo
secondo
Marco
è il
secondo
Vangelo
inserito
nel
Canone,
anche
se
la
maggior
parte
degli
esegeti
concordano
nel
ritenere
che
è
stato
il
primo
ad
essere
redatto
intorno
all’anno
65,
probabilmente
a
Roma,
e
poi
è
stato
usato
come
fonte
per
gli
altri
due
Vangeli
Sinottici
(è
la
cosiddetta
priorità
marciana).
È
stato
redatto
in
lingua
greca
da
un
autore
anonimo,
ma
la
Tradizione
cristiana
lo
attribuisce
a
Marco,
noto
anche
come
Giovanni
Marco,
cugino
di
Barnaba,
che
è
stato
discepolo
prima
dell’Apostolo
Paolo
e
poi
di
Pietro
a
Roma,
secondo
quanto
afferma
il
Vescovo
di
Ierapoli
Papia,
all’inizio
del
II
secolo,
citato
da
Eusebio
di
Cesarea
nella
sua
Storia
Ecclesiastica
del
IV
secolo,
rifacendosi
a
Giovanni
il
Presbitero.
Anche
Ireneo,
Vescovo
di
Lione,
attribuisce,
nella
sua
opera
Contro
le
eresie,
il
Vangelo
a
Marco
scrivendo:
“Marco,
discepolo
ed
interprete
di
Pietro,
mise
per
iscritto
quello
che
Pietro
predicava”
(Contro
le
eresie,
3,1,1)
Pertanto,
si
ritiene
che
il
Vangelo
sia
stato
scritto
a
Roma,
probabilmente
poco
prima
o
poco
dopo
la
morte
di
Pietro,
durante
la
persecuzione
dei
Cristiani
da
parte
di
Nerone,
nell’anno
64.
Altri
studiosi,
invece,
ritengono
che
il
Vangelo
sia
stato
composto
dopo
il
70,
dato
che
hanno
visto
nella
devastazione,
citata
nel
Capitolo
13 (
la
cosiddetta
piccola
apocalisse),
la
distruzione
del
Tempio
di
Gerusalemme,
dopo
la
prima
guerra
giudaica
del
66-70.
Altri
studiosi
ancora,
ritengono
che
il
Vangelo
sia
stato
composto
prima
del
Satyricon,
composto
da
Petronio
Arbitro
nel
64-65.
Infatti,
il
Vescovo
Papia,
citato
da
Eusebio
di
Cesarea
nella
sua
Storia
Ecclesiastica,
racconta
che
Pietro
predicò
a
Roma
anche
all’inizio
del
Regno
di
Claudio
(nel
42)
e
che
i
collaboratori
di
Pietro
chiesero
a
Marco
di
mettere
per
iscritto
gli
insegnamenti
di
Pietro.
Alcuni
esegeti
ritengono
che
il
Vangelo
secondo
Marco
è la
traduzione,
fatta
tra
il
50 e
il
60,
di
un
Vangelo
redatto
da
Pietro,
in
ebraico
o
aramaico,
negli
anni
40.
Il
Vangelo
secondo
Marco
è
quello
Canonico
più
breve;
infatti
ha
solo
16
Capitoli.
Inizia
con
il
Prologo
“Inizio
del
vangelo
di
Gesù,
Cristo,
Figlio
di
Dio”
( Mc
1,1).
È
quindi
chiaro
che
si
tratta
di
un
Vangelo.
Non
riporta
alcuna
notizia
sulla
nascita
di
Gesù.
Infatti,
racconta
la
vita
di
Gesù,
dal
momento
del
suo
battesimo
da
parte
di
Giovanni
Battista
(da
cui
inizia
la
sua
predicazione,
prima
in
Galilea
e
poi
in
Giudea
ed a
Gerusalemme),
fino
alla
sua
passione,
morte
e
resurrezione,
narrate
negli
ultimi
due
Capitoli.
La
maggior
parte
dei
fatti
narrati
si
riferiscono
all’ultima
settimana
di
vita
di
Gesù,
a
Gerusalemme.
Poiché
il
messaggio
evangelico
è
incentrato
sulla
passione,
morte
e
resurrezione
di
Gesù,
si
ritiene
che
il
Vangelo
è
stato
scritto
per
i
gentili
(
cioè
i
pagani),
che
dovevano
essere
convertiti
al
Cristianesimo.
Questa
ipotesi
è
avvalorata
dal
fatto
che
l’autore
si
premura
di
spiegare
le
usanze
ebraiche
citate
e di
tradurre
le
parole
in
lingua
aramaica,
come
il
termine
Boanèrghes,
cioè
figli
del
tuono,
riferito
agli
Apostoli
Giacomo
e
Giovanni,
figli
di
Zebedeo
( Mc
3,17),
come
la
parola
Abbà!,
che
significa
Padre!
(Mc
14,36)
e
come
la
parola
Golgota,
che
significa
Luogo
del
cranio
(Mc
15,22).
Inoltre,
il
riferimento
alla
devastazione,
citata
nel
Capitolo
13,
sembra
avvalorare
l’ipotesi
della
redazione
del
Vangelo
a
Roma,
durante
la
persecuzione
dei
cristiani
da
parte
di
Nerone,
nel
64.
Il
Vangelo
presenta
due
temi
importanti:
il
segreto
messianico,
cioè
Gesù
dice
spesso
agli
Apostoli
di
mantenere
il
segreto
riguardo
alla
sua
persona
o
alle
azioni
da
lui
compiute,
e la
difficoltà
dei
discepoli
di
comprendere
gli
insegnamenti
di
Gesù
raccontati
attraverso
le
parabole,
come
nella
parabola
del
seminatore
(Mc
4,13-20),
tanto
che
Egli
ne
spiega
loro
il
significato,
in
segreto.(Mc
4,34)
Il
Vangelo
contiene
alcune
“revisioni”
nel
testo,
operate
nel
corso
degli
anni,
come
quella
del
verso
1,
41,
nel
quale
un
lebbroso
si
avvicina
a
Gesù,
pregandolo
di
guarirlo,
e
Gesù,
nelle
versioni
più
antiche,
si
arrabbia
con
lui,
mentre
nelle
versioni
successive
mostra
compassione
per
il
lebbroso
e lo
guarisce,
toccandolo
con
la
mano.
Un’altra
“revisione”
importante
del
Vangelo
riguarda
i
dodici
versi
finali
(il
cosiddetto
finale
lungo),
nei
quali
si
racconta
l’apparizione
di
Gesù
a
Maria
Maddalena
ed
ai
discepoli
(16,9-20),
che,
secondo
alcuni
studiosi,
sono
stati
aggiunti
successivamente,
forse
nel
II
secolo,
dato
che
non
ci
sono
nei
Codici
più
antichi,
per
cui
il
Vangelo
terminava
con
i
versi
16,1-8,
nei
quali
si
racconta
del
sepolcro
vuoto
e
dell’annuncio
che
Gesù
è
risorto
e
che
attende
i
discepoli
in
Galilea.
Altri
manoscritti
presentano
un
finale
diverso,
detto
finale
corto,
che
però
non
è
stato
recepito
nel
Canone
e
quindi
non
è
presente.
Fino
al V
secolo,
c’erano
4
quattro
diversi
finali.
Dal
Vangelo,
sono
stati
eliminati
anche
dei
versi,
dato
che
non
sono
presenti
nelle
versioni
più
antiche,
come
il
verso
7,16.
Alcuni
studiosi
ritengono
che
l’Evangelista
è il
ragazzo
che
assiste
alla
cattura
di
Gesù
nell’orto
del
Getsemani
“coperto
solo
da
un
lenzuolo”
e
che
riesce
a
fuggire,
“nudo”,
lasciando
cadere
il
lenzuolo,
quando
tentano
di
afferrarlo
(14,52),
dato
che
l’episodio
è
narrato
solo
in
questo
Vangelo.
Il
Vangelo
secondo
Luca
è il
terzo
Vangelo
Canonico.
Il
suo
autore
è
ignoto,
ma
la
Tradizione
cristiana
lo
attribuisce
a
Luca,
un
gentile
(pagano
convertito),
di
professione
medico,
che
è
collaboratore
di
Paolo.
Anche
Ireneo,
Vescovo
di
Lione,
nella
sua
opera
Contro
le
eresie,
attribuisce
il
Vangelo
a
Luca
scrivendo:
“Luca,
il
compagno
( di
viaggi)
di
Paolo,
ha
pubblicato
in
un
libro
il
vangelo
che
il
suo
maestro
predicava”.
(Adversus
haereses,
3,1,1)
Il
Vangelo
è
stato
redatto
quasi
sicuramente
dopo
il
70,
probabilmente
tra
gli
anni
80 e
90,
in
quanto
sembra
descrivere,
nel
Capitolo
21,
la
distruzione
di
Gerusalemme,
da
parte
di
Tito,
come
il
Vangelo
secondo
Marco.
È
quindi
posteriore
agli
altri
due
Sinottici
ed
il
suo
contenuto
sembra
ricavato
dai
due
precedenti
Vangeli,
anche
se
si
discosta,
talvolta,
da
essi.
Ad
esempio,
la
chiamata
dei
primi
Apostoli
avviene
dopo
il
compimento
dei
primi
miracoli
da
parte
di
Gesù,
mentre
nel
Vangelo
secondo
Marco,
Gesù
chiama
gli
Apostoli
prima
di
compiere
i
miracoli.
Secondo
alcuni
esegeti,
si è
diffuso
probabilmente,
nel
II
secolo,
dato
che
non
c’è
una
prova
certa
del
suo
utilizzo
nelle
Comunità
cristiane,
prima
che
ne
parli
Marcione,
nel
144.
Quasi
certamente
il
Vangelo
è
stato
scritto
fuori
dalla
Palestina,
probabilmente
ad
Antiochia
di
Siria,
dopo
la
morte
di
Paolo
nell’anno
67,
perchè
l’autore
conosce
poco
la
situazione
della
Giudea.
Secondo
altri
autori
è
stato
composto
a
Cesarea
Marittima
(Capoluogo
della
Giudea
romana),
mentre
Paolo
era
in
carcere
in
attesa
di
essere
portato
a
Roma
per
il
processo
ed
era
assistito
da
Luca.
È
rivolto
ai
gentili
(pagani)
perché
il
Cristianesimo
non
è
una
setta
ebraica,
ma è
una
Religione
universale.
Pertanto,
le
citazioni
dell’Antico
Testamento
sono
rare.
È
strutturato
in
24
Capitoli.
Inizia
con
un
Prologo
nel
quale
l’autore
spiega
che
ha
scritto
il
Vangelo,
dopo
aver
fatto
“ricerche
accurate”,
per
dare
al
lettore
Teofilo
la
possibilità
di
rendersi
conto
“della
solidità
degli
insegnamenti”
ricevuti.
Scrive
infatti:
“Poiché
molti
hanno
cercato
di
raccontare
con
ordine
gli
avvenimenti..
come
ce
li
hanno
trasmessi
coloro
che
ne
furono
testimoni
oculari…così
anche
io
ho
deciso
di
fare
ricerche
accurate
su
ogni
circostanza…
e di
scriverne
un
resoconto
ordinato
per
te,
illustre
Teofilo,
in
modo
che
tu
possa
renderti
conto
della
solidità
degli
insegnamenti,che
hai
ricevuto”.
(Lc
1,1-4)
Non
si
sa
chi
era
Teofilo,
ma
probabilmente,
in
riferimento
al
nome,
che
in
lingua
greca
significa
“che
ama
Dio”,
è
rivolto
ad
un
“destinatario
ideale”,
che
certamente
è un
cristiano,
dato
che
si
fa
un
chiaro
riferimento
agli
“insegnamenti
ricevuti”.
Il
Vangelo
racconta,
come
quello
secondo
Matteo,
il
concepimento
divino
di
Maria,
annunciato
dall’Arcangelo
Gabriele,
e la
nascita
di
Gesù
a
Betlemme
(dove
Giuseppe
e
Maria
sono
andati,
da
Nazaret,
per
il
censimento,
ordinato
da
Cesare
Augusto).
Gesù
nasce
in
una
stalla,
perché
i
genitori
non
hanno
trovato
alcun
“alloggio”
ed è
“adagiato
in
una
mangiatoia”.
( Lc
2,1-12)
Invece,
nel
Vangelo
secondo
Matteo,
Gesù
nasce
a
Betlemme
in
una
casa,
dove
arrivano
i
Magi,
che
lo
adorano
e
gli
portano
“oro,
incenso
e
mirra”.
(Mt
2,11)
Racconta
anche
episodi
non
citati
nel
Vangelo
secondo
Matteo,
quali
la
circoncisione
di
Gesù
e la
sua
presentazione
al
Tempio.
(Lc
2,21-24)
Racconta
inoltre
l’unico
episodio,
relativo
alla
fanciullezza
di
Gesù,
citato
nei
Vangeli
Canonici
e
cioè
il
colloquio
di
Gesù,
di
appena
12
anni,
con
i
“maestri”
( i
Dottori
della
Legge)
nel
Tempio
di
Gerusalemme,
dove
è
andato
a
passare
la
Pasqua
con
la
Famiglia.
(Lc
2,41-52)
Il
Vangelo
inizia
con
un
ampio
racconto
della
nascita
di
Giovanni
Battista,
che
prende
quasi
tutto
il
primo
Capitolo.
(Lc
1,5-80)
Inoltre,
nei
primi
due
Capitoli
sono
riportati
tre
Cantici,
cioè
tre
Preghiere
in
lode
di
Dio:
quello
di
Maria,
la
madre
di
Gesù,
detto
Magnificat
(Lc
1,46-55);
quello
di
Zaccaria,
il
padre
di
Giovanni
Battista,
detto
Benedictus
(Lc
1,68-79);
quello
di
Simeone,
detto
Nunc
dimittis
(Lc
2,29-32).
Il
Vangelo
contiene
una
versione
della
preghiera
del
Padre
Nostro,
insegnata
da
Gesù
ai
discepoli,
che
è
diversa
da
quella
del
Vangelo
secondo
Matteo.
(Lc
11,
2-5)
Il
Vangelo
racconta
molto
ampiamente,
per
circa
11
Capitoli,
la
predicazione
di
Gesù
in
Giudea
ed a
Gerusalemme
e
negli
ultimi
due
Capitoli
racconta
la
passione,
morte
e
resurrezione
di
Gesù,
in
cui
riferisce
l’episodio
originale
del
buon
ladrone,
che
non
è
narrato
negli
altri
due
Vangeli
Sinottici.
( Lc
23,39-43
)
Alcuni
esegeti
ritengono
che
l’Evangelista
nella
passione,
mette
in
luce
positiva
le
Autorità
romane,
dato
che
la
condanna
a
morte
di
Gesù,
mediante
la
crocefissione,
è
attribuita
agli
ebrei,
che
decidono
di
liberare
Barabba,
mentre
secondo
il
Procuratore
romano
Ponzio
Pilato
Gesù
“non
ha
fatto
nulla
per
cui
meriti
la
morte”
e
cerca
per
tre
volte
di
salvarlo.
( Lc
23,
13-25)
Il
Vangelo
si
distingue
dagli
altri
due
Sinottici
perché
ha
una
attenzione
particolare
per
i
poveri,
gli
oppressi,
i
socialmente
deboli,
di
cui
prende
le
difese
e
che
sono
i
beneficiari
del
Regno
di
Dio.
Al
riguardo,
le
parabole
del
buon
samaritano
(Lc
10,30-37)
e
del
figlio
prodigo
(Lc
15,11-32)
si
trovano
solo
in
questo
Vangelo.
Inoltre,
ha
una
attenzione
particolare
anche
verso
le
donne.
Al
riguardo,
narra
che
alcune
seguivano
quasi
sempre
Gesù
e
gli
Apostoli
nei
loro
spostamenti
e
che
altre
“li
servivano
con
i
loro
beni”,
cioè
li
sostenevano
economicamente.(
Lc
8,2-3)
Luca
è
anche
autore
degli
Atti
degli
Apostoli,
dato
che
nel
Prologo
l’autore
si
rivolge
sempre
a
Teofilo
e fa
riferimento
ad
un
precedente
racconto,
in
cui
dice
di
aver
trattato
“tutto
quello
che
Gesù
fece
e
insegnò
dagli
inizi
fino
al
giorno
in
cui
fu
assunto
in
cielo”.
(Atti,1,
1-2).
Negli
Atti
si
racconta
la
nascita
della
Chiesa,
le
prime
persecuzioni
dei
Cristiani
da
parte
dei
Romani
e la
predicazione
di
Paolo,
rivolta
ai
gentili,
cioè
i
pagani
ed
ai
non
ebrei.
Con
questa
missione
evangelizzatrice
di
Paolo,
il
Cristianesimo
si
afferma
come
Religione
universale.
Gli
Atti
sono
scritti
probabilmente
negli
anni
90,
prima
della
persecuzione
dei
Cristiani
da
parte
dell’Imperatore
romano
Domiziano.
In
base
al
fatto
che
gli
Atti
terminano
con
la
prigionia
di
Paolo
a
Roma
nel
62 e
pertanto
non
sono
citati
episodi
successivi
a
quell’anno,
come
la
morte
di
Paolo
e di
Giacomo
il
Maggiore
e la
persecuzione
di
Nerone
del
64,
alcuni
studiosi
ritengono
che
il
Vangelo
è
stato
redatto
prima
del
70.
Il
Vangelo
secondo
Giovanni,
è il
quarto
Vangelo
Canonico.
Il
testo
in
greco
è
anonimo,
come
i
tre
Vangeli
Sinottici,
ma
la
Tradizione
cristiana
lo
attribuisce
al’Apostolo
Giovanni,
fratello
di
Giacomo
il
Maggiore
e
figlio
di
Zebedeo,
che
è “il
discepolo
che
Gesù
amava”,
in
cui
si
riconosce
l’autore
del
Vangelo,
che
“testimonia
queste
cose
e le
ha
scritte”.
(Gv
21,24)
Anche
Ireneo
di
Lione,
nella
sua
opera
Contro
le
eresie,
scritta
intorno
al
180,
attribuisce
il
Vangelo
a
Giovanni,
scrivendo:
“Poi
Giovanni,
il
discepolo
del
Signore,
quello
che
si
era
addormentato
sul
suo
petto,
pubblicò
anche
lui
un
vangelo
quando
si
trovava
ad
Efeso”.
(Contro
le
eresie,
3,1,1)
Eusebio
di
Cesarea,
scrive
nella
sua
Storia
Ecclesiastica
che
Ireneo
aveva
appreso
la
notizia
dal
suo
Maestro
Policarpo,
Vescovo
di
Smirne
(
martirizzato
a
Roma
nel
155),
che
aveva
conosciuto
l’Apostolo
Giovanni,
di
cui
era
stato
discepolo.
Anche
il
Canone
Muratoriano,
che
risale
al
170
circa,
attribuisce
il
quarto
Vangelo
a
Giovanni.
Alcuni
studiosi,
però,
ritengono
che
il
Vangelo
sia
da
attribuire
ad
una
Scuola
giovannea,
o ad
un
Circolo
giovanneo,
che
aveva
come
Capo
spirituale
l’Apostolo
Giovanni
e
faceva
riferimento
al
suo
insegnamento.
Comunque,
per
la
conoscenza
precisa
dei
luoghi
della
Palestina
e
per
le
precise
argomentazioni
sull’Antico
Testamento,
il
Vangelo
è
sicuramente
opera
di
qualcuno
che
conosceva
bene
la
Giudea
ed
il
giudaismo
del
I
secolo.
In
pratica,l’autore
è un
testimone
oculare
delle
vicende
narrate
e
potrebbe
essere
proprio
l’Apostolo
Giovanni,
figlio
di
Zebedeo,
che,insieme
con
il
fratello
Giacomo
e
con
Pietro,
erano
le
persone
più
vicine
a
Gesù.
Infatti,
Giovanni
è “il
discepolo
che
egli
(Gesù)
amava”
e
che
sta
“presso
la
croce”
al
momento
della
crocifissione,
insieme
con
Maria,
la
madre
di
Gesù,
Maria,
la
madre
di
Cleofa
o
Cleopa,
e
Maria
di
Magdala,
cioè
Maria
Maddalena.
(Gv
19,25-26).
Alcuni
esegeti
dubitano
però
che
un
semplice
pescatore,
quale
era
Giovanni,
potesse
avere
la
cultura
per
scrivere
un’opera
di
alto
contenuto
spirituale
e
teologico.
Altri,
confutano
questa
ipotesi
sostenendo
che
il
padre
Zebedeo
era
un
facoltoso
pescatore,
che
aveva
dei
lavoratori
subordinati
e
probabilmente
era
un
Sacerdote
del
Tempio
di
Gerusalemme
e
quindi
aveva
una
buona
conoscenza
delle
Sacre
Scritture,
che
sicuramente
aveva
trasmesso
ai
due
figli,
Govanni
e
Giacomo.
Eusebio
di
Cesarea
racconta,
nella
sua
Storia
Ecclesiastica,
che
nella
Esegesi
delle
parole
del
Signore,
composta
verso
il
120,
Papia,
Vescovo
di
Ierapoli,
morto
nel
130
circa,
afferma
di
non
aver
conosciuto
gli
Apostoli,
ma
persone
che
erano
state
loro
discepoli,
tra
i
quali
il
Presbitero
Giovanni,
che
probabilmente
faceva
parte
della
Scuola
giovannea
di
Efeso
e
che,
pertanto,
potrebbe
essere
l’autore
del
Vangelo,
dopo
aver
raccolto
le
testimonianza
dell’Apostolo
Giovanni.
Il
Vangelo
è
stato
scritto,
secondo
quasi
tutti
gli
studiosi,
verso
la
fine
del
I
sec.,
negli
anni
90-100,
probabilmente
ad
Efeso
(la
Capitale
della
Provincia
romana
dell’Asia,
che
era
uno
dei
centri
culturali
più
vivaci
dell’Impero
romano),
dove
Giovanni
ha
vissuto
negli
ultimi
decenni
della
sua
vita,
nella
seconda
metà
del
I
secolo,
e
dove
probabilmente
era
attiva
la
Scuola
giovannea,
basata
sui
suoi
insegnamenti.
Alcuni
studiosi
hanno
avanzato
l’ipotesi
di
una
redazione
precedente,
in
lingua
aramaica
(
come
per
il
Vangelo
secondo
Matteo),
pochi
anni
dopo
la
morte
di
Gesù,
che
poi
ha
avuto
varie
integrazioni
e
sistemazioni.
Vari
esegeti
ritengono
che
il
Vangelo
ha
avuto
una
composizione
progressiva,
durata
nel
tempo,
con
l’aggiunta
di
episodi
che
non
sono
presenti
nei
manoscritti
più
antichi,
come
l’episodio
dell’adultera
(Gv
8,
1-11)
ed
il
finale
del
Capitolo
21.
Questa
redazione
protratta
nel
tempo
ha
prodotto
delle
“incongruenze”,
come
quelle
del
verso
3,22
( “Gesù
andò
con
i
suoi
discepoli
nella
regione
della
Giudea
e là
si
tratteneva
con
loro
e
battezzava”)
con
il
verso
4,2
(“..sebbene
non
fosse
Gesù
n
persona
a
battezzare,
ma i
suoi
discepoli”)
e
del
verso
4,44
(“
Gesù…
aveva
dichiarato
che
un
profeta
non
riceve
onore
nella
propria
patria”)
con
il
successivo
verso
4,45
(“
Quando
giunse
in
Galilea,
i
Galilei
lo
accolsero”).
L’incongruenza
più
grande
è
però
quella
del
verso
11,2,
in
cui
racconta
che
“Maria
era
quella
che
cosparse
di
profumo
i
piedi
del
Signore
e
gli
asciugò
i
piedi
con
i
suoi
capelli”,
anticipando
l’azione
che
è
raccontata
nel
Capitolo
seguente,
al
verso
12,3
(“Maria
allora
prese
300
grammi
di
profumo
di
puro
nardo,assai
prezioso,ne
cosparse
i
piedi
di
Gesù,
poi
li
asciugò
con
i
suoi
capelli”).
Nel
Vangelo,inoltre,
sono
presenti
alcune
“ripetizioni”,
come
nel
verso
7,34
(“Dove
sono
io,
voi
non
potete
venire”)
con
il
verso
8,21
( “Dove
vado
io,
voi
non
potete
venire”).
Questo
Vangelo
è
molto
diverso
da
tre
Vangeli
Sinottici,
sia
nella
forma
che
nel
contenuto.
In
particolare,
mentre
nei
Vangeli
Sinottici,
i
fatti
relativi
alla
predicazione,
alla
passione,
alla
morte
ed
alla
resurrezione
di
Gesù
si
svolgono
nell’arco
temporale
di
circa
un
anno,
nel
Vangelo
secondo
Giovanni,
invece,
i
fatti
si
svolgono
in
più
di
due
anni,
dato
che
sono
citate
almeno
tre
Pasque.
Inoltre,
sono
frequenti
gli
spostamenti
di
Gesù
dalla
Galilea
alla
Giudea
e
viceversa.
Il
Vangelo
sembra
una
rielaborazione
letteraria
di
vari
materiali,
tratti
da
diversi
documenti
(fonti),
che
però
non
si
conoscono
con
precisione.
In
particolare,
il
Vangelo
ha
un
contenuto
ed
un
ordine
degli
eventi
proprio
(
dato
che
neppure
il
10%
del
contenuto
è
simile
a
quello
dei
Vangeli
Sinottici)
e
presenta
particolarità
specifiche,
tutte
proprie
ed
esclusive,
a
partire
dall’uso
dei
termini
usati,
con
un
vocabolario
ristretto.
Al
riguardo,
si
usano
frequentemente
dei
termini
che
sono
usati
raramente
nei
Vangeli
Sinottici,
come
amare,
amore,
verità
e
vero.
Probabilmente,
Giovanni
ha
voluto
dare
la
sua
personale
testimonianza
sul
suo
Maestro
Gesù,
di
cui
peraltro
è il
“discepolo
prediletto”,
tracciandone
un
ritratto
soprattutto
spirituale.
Il
Vangelo
ha
21
Capitoli
ed
inizia
con
il
Prologo,
che
contiene
il
cosiddetto
Inno
al
Verbo
o
al
Logos
(che
in
greco
significa
parola,
verbum
in
latino)
in
18
versi.
(Gv
1,1-18)
Il
Prologo
è la
“chiave
di
lettura”
del
Vangelo:
tutto
quello
che
Gesù
dice
e fa
è
Parola
di
Dio.
Gesù
è Il
Logos-
Verbo,
che
“si
fece
carne
e
venne
ad
abitare
in
mezzo
a
noi”.
Pertanto,
Gesù
è il
Verbo
incarnato
ed
il
Figlio
unigenito
di
Dio.
Il
Vangelo
è
strutturato
in
due
parti:
la
prima
si
svolge
attraverso
le
opere
compiute
durante
sei
“feste”:
la
prima
festa
di
Pasqua,
con
le
nozze
di
Cana
ed
con
il
miracolo
della
trasformazione
dell’acqua
vino
(Gv
2,1-11);
un’altra
festa
dei
Giudei,
che
si
svolge
di
sabato
e
durante
la
quale
Gesù
guarisce
un
paralitico
alla
piscina
di
Betzatà,
attirandosi
le
ire
dei
Giudei,
secondo
i
quali,
nel
giorno
di
festa,
non
è
lecito
neppure
compiere
opere
di
bene
(Gv
5,1-17);
la
seconda
Pasqua,
durante
la
quale
ci
sono
i
miracoli
della
moltiplicazione
dei
pani
e
dei
pesci
(Gv
6,1-13)
ed
il
cammino
di
Gesù
sulle
acque
del
Mare
di
Galilea
( il
lago
di
Genezaret)
(Gv
6,16-21).
Ci
sono
anche
il
racconto
eucaristico
( Gv
6,22-58)
ed
il
riferimento
al
futuro
tradimento
di
Giuda
(Gv
6,64);
la
festa
delle
Capanne,
con
il
perdono
della
adultera
( Gv
1,1-11)
e la
guarigione
del
cieco
dalla
nascita
(Gv
1,12);
la
festa
della
Dedicazione
del
Tempio,
con
la
resurrezione
di
Lazzaro
(Gv
11,38-44);
la
terza
Pasqua,
con
l’unzione
di
Gesù,
durante
al
cena
a
Betania
(Gv
12,1-8).
La
seconda
parte
comprende
l’Ultima
Cena,
il
cui
racconto
occupa
ben
cinque
Capitoli,
dal
13°
al
17°
(oltre
un
quarto
dell’intero
Vangelo).
In
questo
racconto,
però,
non
c’è
l’istituzione
dell’Eucarestia,
come
nei
Vangeli
Sinottici,
ma
c’ è
la
lavanda
dei
piedi
degli
Apostoli
(Gv
13,1-12).
Il
racconto
eucaristico
ed
il
tradimento
di
Giuda
sono
narrati
nel
Capitolo
6,
in
un
altro
contesto.
La
seconda
parte
comprende
anche
la
passione,
morte
e
resurrezione
di
Gesù,
narrate
in
tre
Capitoli.
Il
21°
Capitolo,
l’ultimo,
sembra
aggiunto
a
posteriori,
dato
che
il
finale
sembra
essere
alla
fine
del
Capitolo
20
in
cui
è
scritto:
“
Gesù…fece
molti
altri
segni
che
non
sono
stati
scritti
in
questo
libro.
Ma
questi
sono
stati
scritti
perché
crediate
che
Gesù
è il
Cristo,il
Figlio
di
Dio”.
(Gv
20,30-31).
Nell’ultimo
verso
è
enunciato
lo
scopo
del
Vangelo:
far
credere
al
lettore
“che
Gesù
è il
Cristo,
Figlio
di
Dio”.
Il
manoscritto
originale
più
antico
dei
Vangeli
Canonici,
pervenuto
fino
a
noi,
è il
Papiro
52,
trovato
in
Egitto,
che
risale
all’anno
125
circa,
di
appena
9 cm
per
6,
scritto
su
entrambi
i
lati,
come
i
Codici,
che
contiene
5
versi
della
passione
di
Gesù
del
Vangelo
secondo
Giovanni.
L’Apostolo
Giovanni
è
anche
ritenuto
autore
del
Libro
dell’Apocalisse,
che
è
stato
inserito
per
ultimo
nel
Canone
del
Nuovo
Testamento.
Nel
Prologo,
Giovanni
dichiara
di
aver
già
scritto
il
Vangelo,che
è “la
testimonianza
di
Gesù
Cristo,
secondo
quanto
(egli
come
Apostolo)
vide”
(1,
2).
Dichiara
anche
di
aver
scritto
il
Libro
dell’Apocalisse
mentre
si
trovava
“nell’isola
chiamata
Patmos”,
a
motivo
della
sua
fede
cristiana.
(1,
9)
La
formazione
del
“canone”
Come
abbiamo
scritto,
i
quattro
Vangeli
Canonici
sono
stati
scritti
nella
seconda
metà
del
I°
secolo,
quando,
con
l’aumento
delle
Comunità
cristiane,
non
potevano
più
essere
presenti,
nelle
riunioni,
gli
Apostoli,
i
discepoli
ed i
testimoni
oculari,
che
riportavano
il
messaggio
di
salvezza
di
Gesù,
oggetto
delle
sue
predicazioni.
Lo
stesso
problema
si
pose
quando
scomparvero
i
testimoni
diretti
delle
predicazioni
di
Gesù.
Poichè
c’era
il
pericolo
della
falsificazione
o
della
modifica
dei
messaggi
di
Gesù
trasmessi
oralmente,
si
decise
di
mettere
per
iscritto
le
parole
(i
detti-logia)
pronunciate
da
Lui
durante
la
predicazione.
Successivamente,
sono
scritti
i
Vangeli.
Poiché
circolavano,
per
essere
utilizzati
nella
liturgia,
nelle
Comunità
cristiane,
oltre
ai
Vangeli
anche
altri
testi,
come
le
Lettere
di
Paolo
o di
altri
Apostoli,
fu
necessario
procedere
ad
un’azione
di
“verifica”
degli
stessi,
per
accertarne
la
loro
autenticità
e
soprattutto
la
loro
conformità
al
messaggio
di
Gesù.
Così,
lentamente
andò
formandosi
il
Canone
(che
in
lingua
greca
significa
catalogo
o
regola),
cioè
elenco
ufficiale
di
testi
sacri,
riconosciuti
dalla
Chiesa,
che
poi
danno
origine
al
cosiddetto
Nuovo
Testamento,
dal
quale
sono
esclusi
tutti
gli
altri
testi,
ritenuti
falsi
ed
anche
eretici.
I
più
importanti
di
questi
testi
non
canonici
sono
i
Vangeli
Apocrifi.
La
formazione
del
Canone
è
stato
un
processo
durato
un
paio
di
secoli
e
svoltosi
dal
II
al
IV
secolo.
I
criteri
usati
dai
Padri
della
Chiesa
per
inserire
un
testo
nel
Canone
sono
stati:
- la
paternità
apostolica:
i
testi
dovevano
essere
attribuibili
all’insegnamento
(
predicazione)
o
alla
diretta
scrittura
da
parte
degli
Apostoli
o
dei
loro
più
stretti
discepoli
o
collaboratori,
che
erano
“ispirati
da
Dio”;
-
uso
liturgico:
i
testi
dovevano
essere
letti
nei
riti
seguiti
dalle
Comunità;
-
ortodossia:
i
testi
dovevano
rispettare
le
verità
dogmatiche
di
Fede.
Verso
la
metà
del
II
sec.,
Giustino
Martire
considera
Canonici
i
tre
Vangeli
secondo
Marco,
Matteo
e
Luca
( ha
dubbi
su
quello
secondo
Giovanni).
Nello
stesso
periodo,
lo
scrittore
greco
Taziano
cerca
di
risolvere
il
problema
della
“quadruplicità”
dei
Vangeli
e di
trovare
una
“armonia
evangelica”,
facendone
una
versione
unica
nel
suo
Diatessaron
(
che
in
greco
significa
uno
attraverso
quattro),
composto
intorno
al
160.
Anche
il
cosiddetto
Canone
Muratoriano
(cosiddetto
perché
fu
scoperto
nel
1740,
nella
Biblioteca
Ambrosiana
di
Milano,
da
Ludovico
Antonio
Muratori),
composto
probabilmente
a
Roma
verso
il
170,
elenca
una
serie
di
testi,
compresi
i
quattro
Vangeli.
Nel
II
secolo,
Ireneo,Vescovo
di
Lione,
allievo
di
S.
Policarpo,
che
era
stato
discepolo
dell’Apostolo
Giovanni,
è il
primo
che
parla
dei
quattro
Vangeli
secondo
Matteo,Marco,Luca
e
Giovanni,
nella
sua
opera
più
importante
Contro
le
eresie,
scritta
intorno
all’anno
180
contro
coloro
che
deviano
dal
Canone,
in
particolare
gli
gnostici.
Anche
Origene
(185-254)
sostiene
l’inserimento
dei
quattro
Vangeli
nel
Canone
ed
elabora
un
sistema
per
distinguere
gli
scritti
canonici
da
quelli
apocrifi.
Afferma
infatti
che
ci
sono
tre
tipi
di
scritti:
quelli
riconosciuti
da
tutti
e
pertanto
sicuramente
canonici;
quelli
scritti
da
simulatori
e
quindi
sicuramente
falsi;
quelli
la
cui
autenticità
è
dubbia,
ad
es.
la
Seconda
Lettera
di
Pietro
e le
Lettere
cattoliche
di
Erma.
Nel
IV
sec,
però,
questa
tripartizione
di
Origene
è
lentamente
abbandonata:
ci
sono
solo
testi
canonici
e
testi
non
canonici,
che
sono
falsi
ed
anche
eretici.
Nel
III
sec.,
se
l’inserimento
nel
Canone
è
ormai
consolidato
per
i
quattro
Vangeli,
non
altrettanto
accettata
da
tutti
è la
presenza,
tra
i
testi
canonici
di
altri
testi.
Al
riguardo,
i
Padri
della
Chiesa
concordano
nell’inserire
nel
Canone
13
Lettere
di
Paolo,
la
Prima
Lettera
di
Pietro,la
Prima
Lettera
di
Giovanni,
gli
Atti
degli
Apostoli
di
Luca
e l’Apocalisse
di
Giovanni.
La
formazione
del
Canone
ha
una
diversa
evoluzione
in
Oriente
ed
in
Occidente.
Infatti,
alcuni
scritti,
rifiutati
dalla
Chiesa
di
Occidente
(
cioè
la
Chiesa
di
Roma)
hanno
avuto
una
grande
diffusione
nella
Chiesa
d’Oriente,
almeno
fino
al
IV
secolo,
quando
il
Concilio
di
Nicea
del
325
fissò
il
contenuto
del
Canone,
con
l’indicazione
specifica
dei
testi
accolti
in
esso.
La
Chiesa
d’Oriente,
nel
III
sec.
accoglie
nel
Canone
del
Nuovo
Testamento
sicuramente
21
testi
(
con
l’esclusione
dell’Apocalisse
di
Giovanni
e
della
maggior
parte
delle
Lettere
Cattoliche),
ma
secondo
altri
studiosi,
i
testi
sono
26,
cioè
tutti
quelli
attualmente
riconosciuti
come
canonici,
esclusa
l’Apocalisse
di
Giovanni.
Nel
325,
Costantino
convoca
a
Nicea
il
Concilio,
non
solo
per
contrastare
le
idee,
considerate
eretiche
di
Ario,
che
ritiene
che
Gesù
era
subordinato
al
Padre
(Dio),
ma
anche
e
soprattutto
per
dare
unità
all’Impero,
attraverso
un’unica
Religione,
che
è il
Cristianesimo.
Il
Concilio
di
Nicea
stabilì
dopo
vivaci
discussioni
teologiche,
non
solo
la
condanna
dell’arianesimo
(
la
dottrina
propagandata
da
Ario,
che
sosteneva
la
subordinazione
di
Gesù
a
Dio),
ma
anche
i
criteri
per
inserire
i
testi
religiosi
nel
Canone.
Quelli
che
ne
sono
esclusi,
automaticamente
sono
considerati
eretici
e
quindi
devono
essere
distrutti
(come
in
effetti
avvenne
in
molte
Comunità
cristiane).
Gli
autori
dei
testi
non
canonici
sono
considerati
eretici
e
severamente
puniti,
anche
con
la
morte.
Il
Canone
del
Nuovo
Testamento
è
definitivamente
recepito
nei
Sinodi
di
Ippona
del
393
e di
Cartagine
del
397,durante
il
pontificato
di
Papa
Siricio
(384-399).
Nel
367,
Atanasio,
Vescovo
di
Alessandria,
nella
sua
Lettera
pasquale,
accoglie
tutti
i 27
libri
dell’attuale
Canone.
L’accoglimento
delle
7
Lettere
Cattoliche
avviene,
progressivamente
in
tutte
le
Chiese
d’Oriente
tra
il V
ed
il
VI
secolo.
mentre
l’Apocalisse
di
Giovanni
continua
ad
essere
ritenuta
“non
canonica”
fino
al
IX
secolo.
Nella
Chiesa
d’Occidente,
il
processo
di
formazione
del
Canone
è
più
rapido.
Secondo
S.
Gerolamo
e S.
Agostino,
già
nel
V
secolo,
sono
considerati
canonici
tutti
i 27
testi
attuali.
Ci
sono
però
dei
dubbi
sulla
paternità
di
alcuni
testi,
come
la
Lettera
agli
Ebrei,
che
per
molto
tempo
non
è
considerata
opera
di
S.
Paolo.
La
centralizzazione
della
Chiesa
cristiana
Accanto
al
processo
di
formazione
del
Canone,
ci
fu
un
lento
processo
di
“centralizzazione”
della
struttura
della
Chiesa
Cristiana,
sulla
base
delle
teorie
di
Ireneo
e di
altri
Padri
della
Chiesa.
Infatti,
Ireneo,
sottolinea
l’importanza,
oltre
che
dell’ortodossia
dei
testi
usati
nella
liturgia,anche
della
“centralizzazione”
della
Chiesa
Cristiana,
basandosi
sul
semplice
concetto
che,
essendoci
un
solo
Dio,
ci
deve
essere
anche
una
sola
Chiesa,
depositaria
di
una
sola
verità.
Già
nel
Cristianesimo
delle
origini,
nel
I
secolo,
nasce
la
polemica,
ben
nota
agli
esegeti
ed
agli
storici
del
Cristianesimo,
tra
la
Chiesa
di
Roma,
rappresentata
da
S.
Paolo
e la
Chiesa
di
Gerusalemme,
rappresentata
prima
da
Pietro
e
poi
da
Giacomo,
ritenuto
fratello
di
Gesù,
che
è
ucciso
nel
44.
Infatti,
Paolo
vuole
superare
il
Giudaismo
e la
Legge
mosaica,
con
le
sue
prescrizioni
(come
quella
della
circoncisione
rituale),
per
rivolgere
la
sua
predicazione
ai
pagani
(i
gentili).
Invece,
Pietro
e
Giacomo
sono
molto
attaccati
alla
Legge
mosaica,
in
quanto
la
loro
predicazione
si
rivolge
essenzialmente
agli
ebrei,
per
convertirli
al
Cristianesimo.
Il
primo
passo
è,
nel
II
secolo,
l’affidamento
delle
varie
Comunità
cristiane
alla
guida
ed
alla
direzione
di
un
solo
Vescovo
e
non
più
di
un
gruppo
di
fedeli,
i
Vescovi
presbiteri,
scelti
in
genere
soprattutto
in
base
alle
loro
“doti
religiose”
ed
alle
loro
qualità
morali,piuttosto
che
alle
loro
capacità
organizzative.
Lentamente,
si
afferma
la
superiorità
del
Vescovo
di
Roma
sugli
altri
Vescovi.
Papa
Stefano
I
(254-257)
è il
primo
a
rivendicare
il
suo
“primato”,rifacendosi
alla
successione
diretta
dall’Apostolo
Pietro,che
era
stato
il
primo
Vescovo
di
Roma,
in
base
al
passo
del
Vangelo
secondo
Matteo
in
cui
Gesù
dice
a
Pietro:”
Tu
sei
Pietro
e su
questa
pietra
io
costruirò
la
mia
Chiesa”
(Mt
16,18).
Nella
seconda
metà
del
II
secolo
iniziano
le
“grandi
persecuzioni”
contro
i
Cristiani,
non
solo
quelli
residenti
a
Roma
ed
in
Italia.
Infatti,nel
258,
l’Imperatore
Valeriano
ordina
di
eliminare
tutti
i
Vescovi,
sacerdoti
e
diaconi
cristiani.
La
situazione
dei
Cristiani
cambia
profondamente
con
l’Editto
di
Milano,emanato
nel
313
da
Costantino,con
il
quale
il
Cristianesimo
diventa
“culto
ammesso”
e
quindi
i
fedeli
possono
liberamente
praticare
la
loro
fede.
Il
Papa
Damaso
I
(366-384)
dichiara
di
essere
l’erede
dell’Autorità
degli
Apostoli,in
quanto,
come
Vescovo
di
Roma,
è
l’unico
e
diretto
successore
dall’Apostolo
Pietro.
Quindi
Roma
è la
Sede
Apostolica,
dato
che
la
Chiesa
di
Roma
è
l’unica
che
può
rivendicare
la
successione
diretta
dagli
Apostoli.
Il
Papa
Innocenzo
IV
(402-417)
rivendica
per
Roma,
in
quanto
Sede
Apostolica,
l’autorità
su
tutte
le
Chiese
e
quindi
su
tutta
la
Cristianità.
Il
Papa
Leone
I
Magno
(440-461)
afferma
che
il
Papa,
come
Vescovo
di
Roma,
succeduto
a
Pietro,
è il
“primate
di
tutti
i
Vescovi
nella
Chiesa”
ed
agisce
come
incarnazione
mistica
di
Pietro.
Il
Papa
Gelasio
I
(492-496)
elabora
la
teoria
dei
due
poteri:
quello
spirituale,
riservato
al
Pontefice,
e
quello
temporale,
prerogativa
dell’Imperatore.
Però,
l’autorità
spirituale
del
Papa
è
superiore
a
quella
dell’Imperatore
perchè
“garantisce
la
salvezza”.
Inoltre,
il
Papa
si
fa
riconoscere
Vicario
di
Cristo
dal
Sinodo
tenutosi
a
Roma
il
13
maggio
495.
Infine,
con
il
Papa
Gregorio
I
Magno
(590-604),
la
Chiesa
si
appropria
dei
luoghi
di
culto
e
delle
festività
pagane
ed
in
parte
anche
dei
rituali
pagani.
Infatti,
nel
601,
scrive
ad
un
Abate
che
deve
recarsi
in
Britannia,
di
conservare
i
templi
pagani,
dopo
averli
purificati
e
consacrati
al
culto
del
“vero
Dio”.
In
particolare,
la
Chiesa
si
appropria
della
festività
pagana
della
nascita
di
Mitra,
il
25
dicembre,
che
diventa
il
giorno
della
nascita
di
Gesù
e
quindi
la
festività
più
importante
del
Cristianesimo.
La
redazione
dei
Vangeli
apocrifi
I
Vangeli
Apocrifi,
cioè
segreti
(
dato
che
il
termine
apocrifo
in
lingua
greca
significa
segreto
o
nascosto),
secondo
la
Chiesa,
sono
quei
testi,
scritti
nei
primi
secoli
del
Cristianesimo,
che
raccontano
le
storie
della
vita
di
Gesù,
di
sua
madre
Maria
e di
suo
Padre
Giuseppe,
che
non
sono
raccontate
o
sono
raccontate
in
modo
diverso
nei
quattro
Vangeli
Canonici
secondo
Matteo,
Marco,
Luca
e
Giovanni,
che
sono
i
soli
riconosciuti
dalla
Chiesa
come
testimonianza
del
messaggio
salvifico
di
Gesù,
tanto
da
essere
considerati
“ispirati
da
Dio”.
Pertanto,
i
Vangeli
Apocrifi
sono
stati
rifiutati
dalla
Chiesa,
che
non
li
ha
inseriti
nel
Canone,
perché
li
ha
considerati
“non
attendibili”,
benché
alcuni
avevano
il
nome
di
un
Apostolo
o di
un
discepolo
di
Gesù,
e
quindi
li
ha
considerati
falsi
ed
anche
eretici,
perché
contrari
all’Ortodossia
cristiana
e
pertanto
non
potevano
essere
letti
nelle
Comunità
Cristiane.
Ciononostante,
questi
Vangeli
hanno
continuato
per
un
certo
tempo
ad
essere
utilizzati
da
Comunità
cristiane
e da
Gruppi
religiosi
ed
alcuni
hanno
esercitato
una
grande
influenza
sulla
religiosità
popolare
e
nella
iconografia
sacra
cristiana.
I
motivi
che
hanno
portato
alla
scrittura
di
questi
Vangeli
Apocrifi
sono
stati,
secondo
gli
studiosi,
essenzialmente
due.
Il
primo
motivo
è
stato
il
desiderio
di
“integrare”
i
testi
canonici,
aggiungendo
notizie
“originali”,
relative
alla
vita
di
Gesù,
soprattutto
alla
sua
infanzia
e
fanciullezza,
alla
vita
di
sua
madre
Maria
e di
suo
padre
Giuseppe,
che
non
sono
raccontate
nei
Vangeli
Canonici,
di
cui
pertanto
gli
Apocrifi
possono
essere
un
“completamento”,
anche
se
non
sono
riconosciuti
dalla
Chiesa.
Al
riguardo,
ricordiamo
alcune
storie
raccontate
nei
Vangeli
Apocrifi,
e
non
riportate
nei
Vangeli
Canonici,
come
la
nascita
di
Gesù
a
Betlemme
in
una
grotta,
nella
quale
era
riscaldato
dall’alito
di
un
bue
e di
un
asino,
o
come
i
nomi
dei
tre
Magi
e
quelli
dei
genitori
di
Maria,
la
madre
di
Gesù,
cioè
Anna
e
Gioacchino,
o
come
il
racconto
della
“pia
donna”
Veronica
( il
cui
nome
latino
ha
una
notevole
assonanza
con
le
parole
vera
icon,
che
significano
vera
icona,
o
immagine
di
Gesù),
che
asciugò,
con
un
“sudario”,
la
fronte
di
Gesù
mentre
saliva
al
Calvario,
che
sono
entrate
profondamente
nell’immaginario
collettivo
e
sono
anche
raffigurate
in
tanti
celebri
dipinti,
come
l’Annunciazione
di
Leonardo
da
Vinci,
al
Museo
degli
Uffizi,a
Firenze
e La
presentazione
al
Tempio
di
Tiziano,
alla
Galleria
dell’Accademia,
a
Venezia.
L’altro
motivo,
che
ha
portato
alla
scrittura
dei
Vangeli
Apocrifi,
è il
fatto
che
sono
stati
scritti
per
l’istruzione
dei
membri
di
Comunità
cristiane
o di
Gruppi
religiosi,
minoritari
nell’ambito
del
Cristianesimo,
che
professavano
una
dottrina
particolare,
che
in
qualche
caso
aveva
anche
un
carattere
esoterico
o di
segretezza
(come
dice
appunto
il
loro
nome
in
greco),
e
che,
pertanto,
doveva
rimanere
celata,
nascosta,
agli
“esterni”
alla
Comunità
o al
Gruppo,
i
cosiddetti
profani.
Quindi,
questi
testi
erano
riservati
agli
adepti,
che
peraltro
riuscivano
a
comprenderli
solo
dopo
un
adeguato
“percorso
iniziatico”
ed
anche
una
specifica
“iniziazione”.
Pertanto,
questi
testi
dovevano
rimanere
“segreti”
per
chi
non
faceva
parte
della
Comunità
o
del
Gruppo
che
li
adottava.
Sicuramente,
gli
Gnostici
(
aderenti
allo
gnosticismo
molto
diffuso
dal
II
al
IV
secolo),
avevano
libri
segreti
(
biblioi
apokryphoi),
riservati
agli
aderenti
al
Movimento,
di
cui
i
profani
non
potevano
prendere
visione.
Probabilmente,
alcuni
di
questi
Vangeli
sono
stati
utilizzati
anche
per
fare
proselitismo,
cioè
per
raccogliere
nuove
adesioni
alla
Comunità
o al
Gruppo.
A
questo
scopo,
i
Vangeli
portavano
il
nome
di
un
Apostolo
o di
un
discepolo
di
Gesù,
per
acquisire
maggiore
“autorevolezza”
e
per
avere
più
“credibilità”
e
quindi
ottenere
un
più
facile
consenso
popolare.
Dato
che
la
dottrina
religiosa
professata
da
queste
Comunità
o
Gruppi
era
considerata
“non
ortodossa”,
è
stata
“combattuta”
dai
Padri
della
Chiesa
dei
primi
secoli,
che
però
hanno
citato
vari
passi
dei
Vangeli
Apocrifi
nelle
loro
opere,
scritte
appunto
per
confutarli.
Al
riguardo,
c’è
il
dubbio
che
i
passi
riportati
dai
Padri
della
Chiesa
non
fossero
sempre
“conformi”
al
testo
originale,
dato
che
erano
citati
appunto
con
lo
scopo
di
contestarne
il
contenuto
(la
cosiddetta
manomissione
patristica).
Comunque,
con
la
formazione
del
Canone,
il
termine
apocrifo
ha
assunto
una
“connotazione
negativa”
all’interno
della
Chiesa,
con
il
significato
non
solo
di
“non
canonico”,
ma
anche
di
“eretico”,
contenente
cioè
teorie
e
dottrine
considerate
eretiche
dai
Concili,
perché
in
contrasto
con
l’Ortodossia
cristiana.
Vari
studiosi
hanno
cercato,
soprattutto
negli
ultimi
secoli,
di
capire
come
sono
nate
le
eresie.
In
passato,
infatti,
si
riteneva
che
l’Ortodossia
Cristiana,
con
i
suoi
dogmi,
avesse
avuto
una
“origine
naturale”,
cioè
che
era
nata
spontaneamente
e
contemporaneamente
al
consolidarsi
della
struttura
del
Cristianesimo.
Pertanto,
si
supponeva
che
i
Padri
della
Chiesa,
a
partire
dal
II
secolo,
hanno
considerato
“non
ortodosse”
e
quindi
“eretiche”,
le
posizioni
dottrinali
in
contrasto
con
l’Ortodossia.
Però,
nel
1934,
lo
studioso
Bauer
formulò
una
ipotesi
“rivoluzionaria”,
affermando
che
all’inizio
del
Cristianesimo
non
c’era
una
“Ortodossia
comune”,
cioè
seguita
da
tutti
i
fedeli,
ma
molte
Comunità,
per
lo
meno
le
più
importanti,
presenti
oltre
che
a
Gerusalemme,
anche
nelle
grandi
città
dell’Impero
romano
(Alessandria
d’Egitto,
Antiochia
in
Siria,
Efeso
in
Turchia,
Lione
in
Gallia,
Roma)
avevano
la
propria
posizione
dottrinale
e
seguivano
una
propria
liturgia.
Ben
presto
però,
si
arrivò
ad
uno
scontro
dottrinale
e
teologico
molto
aspro,
riportato
anche
nei
Sinodi
e
nei
Concili,
convocati
per
cercare
di
dirimere
quelle
questioni
dottrinali.
Alla
fine,
prevalse
una
posizione
dottrinale
e le
altre,
quelle
“perdenti”,
furono
considerate
“non
ortodosse”
e
quindi
“eretiche”.
Questa
tesi
ha
avuto
un
ampio
consenso
ed è
oggi
ampiamente
accettata.
Al
riguardo,
si
può
ricordare
la
disputa,
nei
primi
anni
del
Cristianesimo,
tra
Pietro,
leader
dei
giudeo-cristiani
(cioè
degli
ebrei
convertiti
al
Cristianesimo),
che
voleva
conservare
la
Legge
mosaica
per
tutti
i
Cristiani,
e
Paolo,
che
invece
rivolgeva
la
sua
missione
evangelizzatrice
verso
i
gentili
(cioè
i
pagani
e i
non
ebrei)
e
voleva
superare
il
Giudaismo
perché
pensava
al
Cristianesimo
come
ad
una
Religione
nuova
ed
universale,
cioè
rivolta
a
tutti
gli
uomini
e
non
solo
agli
ebrei.
Uno
degli
argomenti
di
maggior
contrasto,
sul
quale
sorse
un’aspra
polemica,
era
quello
della
circoncisione
rituale,
imposta
a
tutti
i
cristiani,
anche
ai
gentili
(pagani)
che
si
convertivano.
Il
problema
fu
risolto
dal
Primo
Concilio
di
Gerusalemme,
svoltosi
intorno
al
50 e
presieduto
da
Giacomo,
primo
Vescovo
della
Comunità
cristiana
di
Gerusalemme,
che
stabilì
le
norme
per
i
pagani
(gentili)
convertiti
al
Cristianesimo,
che
dovevano
“astenersi
dalle
carni
offerte
agli
idoli,dal
sangue,
dagli
animali
soffocati
e
dalle
unioni
illegittime”.
(
Atti
degli
Apostoli,
15,
29)
Bisogna,
comunque,
precisare:
-
che
alcuni
Vangeli
Apocrifi
hanno
avuto
una
diffusione
limitata,
a
una determinata
area
geografica
o
addirittura
solo
all’interno
della Comunità
o
del
Gruppo
che
li
aveva
prodotti
e
che
li
utilizzava
nella
liturgia;
-
Che
non
tutti
i
Vangeli
Apocrifi
sono
stati
considerati
eretici
e
quindi
condannati
alla
distruzione.
Infatti,
alcuni
erano
di
fatto
accettati,almeno
nei
primi
tempi
(
come
i
Vangeli
Giudeo-cristiani
ed
il
Protovangelo
di
Giacomo),
nonostante
riportassero
notizie
differenti
dai
Vangeli
Canonici,
e
quindi
erano
ampiamente
diffusi,
tanto
che
hanno
avuto
un
ruolo
importante
nella
religiosità
popolare
e
nella
iconografia
sacra;
-
Che
non
tutti
i
Vangeli
Apocrifi,
conosciuti
in
genere
attraverso
le
opere
dei
Padri
della
Chiesa
che
li
confutavano,
sono
arrivati
fino
a
noi.
Infatti
molti
sono
stati
distrutti
o
sono
andati
perduti.
Inoltre,
quelli
che
sono
stati
trovati,
soprattutto
grazie
alle
scoperte
archeologiche
degli
ultimi
secoli,
in
particolare
nel
Novecento,
constano
di
pochi
frammenti,
che
spesso
sono
anche
in
uno
stato
pessimo
di
conservazione,
per
cui
è
molto
difficile
la
datazione
e
l’interpretazione
del
contenuto.
Peraltro,
il
ritrovamento
di
testi
originali,
integri,
cioè
che
non
hanno
avuto
la
cosiddetta
manomissione
patristica,
ne
ha
consentito
un
esame
ed
un
giudizio
più
sereno
da
parte
degli
esegeti;
-
Che
alcuni
Vangeli
apocrifi
risalgono
al
medioevo,
come
la
Dichiarazione
di
Giuseppe
di
Arimatea
(
del
XII
secolo,
che
parla
dei
due
ladroni
crocifissi
con
Lui,
che
si
chiamano
Dema
e
Gesta),
l’Interrogatio
Johannis
(
del
XII
secolo,
in
lingua
latina,
che
descrive
la
rivelazione
segreta
fatta
da
Gesù
a
Giovanni
durante
l’Ultima
Cena)
ed
il
Vangelo
di
Barnaba
(del
XIV
secolo,
in
lingua
spagnola,
che
descrive
Gesù
come
un
precursore
di
Maometto).
I
Vangeli
Apocrifi
però
non
sono
gli
unici
documenti
che
non
sono
recepiti
nel
Canone
dalla
Chiesa.
Ci
sono
infatti
molti
altri
testi
apocrifi,
che
costituiscono
una
ricca
e
variegata
letteratura
apocrifa,
come
le
Lettere
pseudo
epigrafiche
(
cosiddette
perchè
riportano
il
nome
di
un
Apostolo
o di
un
altro
discepolo
di
Gesù,
probabilmente,
per
renderle
più
autorevoli
e
credibili,
per
farle
“accettare”),
gli
Atti
apocrifi
degli
Apostoli,
che
trattano
della
loro
vita,
e le
Apocalissi.
Alcuni
Vangeli
apocrifi
I
Vangeli
Apocrifi
presentano
delle
differenze
o
peculiarità,
per
cui
si
possono
classificare
in
varie
tipologie.
Ad
esempio,
in
base
al
loro
contenuto
possiamo
classificarli
in:
- I
Vangeli
giudeo
cristiani,
prodotti
probabilmente
verso
la
metà
del
II
secolo
nelle
prime
Comunità
cristiane,
soprattutto
in
quella
di
Gerusalemme,
i
cui
fedeli,
essendo
ebrei
convertiti,
desideravano
continuare
a
seguire
la
Legge
mosaica
e le
Sacre
Scritture,
come
l’Antico
Testamento.
Sono
il
Vangelo
degli
Ebrei,
il
Vangelo
dei
Nazirei
ed
il
Vangelo
degli
Ebioniti,
nessuno
dei
quali
però
ci
è
pervenuto.
Li
conosciamo,
pertanto,
solo
attraverso
le
citazioni
fatte
dai
Padri
della
Chiesa.
In
particolare,
Il
Vangelo
degli
Ebrei,
è
considerato
da
alcuni
studiosi
la
versione
originaria,
in
aramaico,
del
Vangelo
secondo
Matteo.
-
Vangeli
Apocrifi
gnostici,
cioè
scritti
per
diffondere
le
teorie
gnostiche,
nel
II e
nel
III
secolo.
Nel
1945,
a
Nag
Hammadi,
una
località
a
circa
450
Km
da
Il
Cairo,
alcuni
contadini
rinvennero
nel
terreno
una
giara
di
terra
cotta
sigillata.
Dopo
averla
aperta,
vi
trovarono
13
Codici
che
contenevano
oltre
cinquanta
testi
di
derivazione
gnostica,
tutti
scritti
in
lingua
copta.
Riportano
il
ministero
di
Gesù,
con
i
suoi
insegnamenti,
e
sono
in
genere
attribuiti
ad
un
Apostolo
per
avere
maggiore
autorevolezza
e
quindi
una
più
ampia
diffusione;
Riportano
anche
i
colloqui
di
Gesù
con
i
suoi
discepoli,
che
gli
pongono
delle
domande,
alle
quali
Gesù
risponde
illustrando
i
suoi
racconti
con
le
parabole.
Ricordiamo
tra
i
Vangeli
Apocrifi
trovati
a
Nag
Hammadi:
-
il
Vangelo
di
Tommaso,
detto
anche
Quinto
Vangelo,
attribuito
all’Apostolo
Tommaso
e
scritto
nel
II
secolo,
che
è
una
raccolta
di
detti
di
Gesù;
-
il
Vangelo
di
Filippo,
attribuito
all’Apostolo
Filippo
e
scritto
nel
II
secolo,
che
riporta
vari
detti
di
Gesù
e
presenta
Cristo
e
Maria
Maddalena
come
“consorti”
in
senso
spirituale;
- l’Apocrifo
di
Giovanni,
o
Libro
di
Giovanni,
attribuito
all’Apostolo
ed
Evangelista
Giovanni,
scritto
nel
II
secolo,
che
contiene
una
rivelazione
segreta
di
Gesù
risorto
a
Giovanni.
A
Nag
Hammadi
ne
sono
state
trovate
tre
versioni;
- il
Libro
segreto
di
Giacomo,
o
Apocrifo
di
Giacomo,
attribuito
all’Apostolo
Giacomo,
scritto
nel
II
secolo,
che
contiene
una
rivelazione
segreta
di
Gesù
risorto
a
Giacomo;
-
la
Pistis
Sophia,
o
Libro
del
Salvatore,
scritto
nel
II o
III
secolo,
che
contiene
una
rivelazione
segreta
di
Gesù
agli
Apostoli
ed
esalta
il
ruolo
di
Maria
Maddalena,
come
incarnazione
della
Sophia
(Conoscenza);
- il
Dialogo
del
Redentore,
o
Dialogo
del
Salvatore,
scritto
nel
II
secolo,
che
contiene
il
dialogo
di
Gesù
con
alcuni
discepoli,
nel
quale
si
illustra
la
cosmologia
gnostica;
-
il
Vangelo
copto
degli
Egiziani,
detto
anche
Santo
Libro
del
Grande
Spirito
Invisibile,
scritto
nel
III
o IV
secolo,
in
cui
Gesù
è
rappresentato
come
incarnazione
di
Set.
Tra
gli
altri
Vangeli
Gnostici,
non
trovati
a
Nag
Hammadi,
ricordiamo:
-
il
Vangelo
di
Giuda,
attribuito
all’Apostolo
Giuda
Iscariota
e
scritto
nel
II
secolo
in
copto,
forse
da
una
precedente
testo
in
greco,
in
cui
si
racconta
che
Gesù
chiede
a
Giuda
di
tradirlo.
È
stato
ritrovato
a
Minya
(egitto)
nel
1978;
-
il
Vangelo
di
Maria
Maddalena,
scritto
verso
la
metà
del
II
secolo
in
copto,
forse
da
una
precedente
testo
in
greco,
in
cui
si
esalta
il
ruolo
di
Maria
Maddalena.
Si
sono
trovati
solo
alcuni
frammenti;
- il
Vangelo
greco
degli
Egiziani,
scritto
in
Egitto,
all’inizio
del
II
secolo,
in
greco,
che
riporta
il
dialogo
di
Gesù
con
Salomè.
È
andato
perduto.
Ci
sono
solo
alcune
citazioni
da
parte
dei
Padri
della
Chiesa.
- Il
Vangelo
di
Bardesane,
attribuito
a
Bardesane,
uno
gnostico
siriaco
del
II-III
secolo,
che
alcuni
studiosi
ritengono
che
sia
il
Diatesseron
di
Taziano.
- I
Vangeli
Apocrifi
dell’infanzia,
che
riportano
episodi
della
vita
di
Gesù,
soprattutto
dell’infanzia
e
della
fanciullezza,
di
cui
non
parlano
i
Vangeli
Canonici.
Sono
stati
scritti
appunto
per
“integrarli”,
riportando
alcune
notizie
originali,
anche
se
in
parte
considerate
leggendarie”,
che
hanno
avuto
un’ampia
diffusione
nella
religiosità
popolare
ed
hanno
avuto
un
importante
influsso
nella
iconografia
sacra.
A
questa
tipologia
appartengono:
- Il
Protovangelo
di
Giacomo,
o
Vangelo
dell’Infanzia
di
Giacomo,
attribuito
all’Apostolo
Giacomo,
primo
Vescovo
di
Gerusalemme,
scritto
in
greco
verso
la
metà
del
II
secolo,
che
racconta
la
nascita
miracolosa
di
Maria,
da
Anna
e
Gioacchino,
e la
sua
infanzia
nel
Tempio
di
Gerusalemme,
il
suo
matrimonio
con
Giuseppe
e la
nascita
di
Gesù
in
una
grotta.
Esalta
la
verginità
di
Maria.
- il
Vangelo
dello
Pseudo
Tommaso,
o
Vangelo
dell’Infanzia
di
Tommaso,
attribuito
all’Apostolo
Tommaso,
scritto
in
greco
verso
la
metà
del
II
secolo,
che
racconta
vari
miracoli
compiuti
da
Gesù,
tra
i 5
ed i
12
anni;
- il
Vangelo
dello
Pseudo
Matteo,
o
Vangelo
dell’Infanzia
di
Matteo,
attribuito
all’Apostolo
Matteo,
scritto
verso
l’VIII
o IX
secolo
in
latino,
che
riprende
il
contenuto
dei
due
precedenti
Vangeli,
aggiungendo
l’episodio
della
fuga
in
Egitto
della
Sacra
Famiglia;
- il
Vangelo
arabo
dell’Infanzia,
scritto
verso
l’VIII
o IX
secolo
in
arabo
siriaco,
che
riprende
il
contenuto
dei
precedenti
tre
Vangeli;
- Il
Vangelo
armeno
dell’Infanzia,
scritto
in
lingua
armena,
con
una
redazione
risalente
al
XIX
secolo
su
documenti
molto
precedenti,
che
riprende
il
contenuto
dei
precedenti
quattro
Vangeli;
- Il
Libro
sulla
Natività
di
Maria,
scritto
verso
l’VIII
o IX
secolo
in
latino,
che
è un
riassunto
dei
primi
11
Capitoli
del
Vangelo
dello
pseudo
Matteo.
-
I
Vangeli
della
passione,
che
descrivono
la
cattura
di
Gesù,
il
suo
processo
davanti
alle
Autorità
religiose
ebraiche
ad
al
Procuratore
romano
Ponzio
Pilato,
la
sua
morte
e la
sua
resurrezione.
Appartengono
a
questa
tipologia:
- il
Vangelo
di
Gamaliele,
del
IV
secolo,
in
lingua
copta,
che
mette
in
luce
positiva
Ponzio
Pilato
e la
moglie
Procula,
che
cercano
di
salvare
Gesù.
Per
questo
motivo,
sono
stati
dichiarati
Santi
dalle
Chiese
Greco-ortodossa
e
Copta;
- il
Vangelo
di
Nicodemo
o
Atti
di
Pilato,
del
II
secolo,
in
lingua
greca,
che
descrive
la
passione
di
Gesù
discolpando
Pilato
della
morte
di
Gesù;
- il
Vangelo
di
Pietro,
del
II
secolo,
in
lingua
greca,
che
discolpa
Pilato;
-
La
Dichiarazione
di
Giuseppe
di
Arimatea,
del
XII
secolo,
in
lingua
greca,
che
descrive
la
passione
di
Gesù
e
parla
dei
due
ladroni
crocifissi
con
Lui,
che
si
chiamano
Dema
e
Gesta.
Ci
sono,
inoltre,
alcuni
frammenti
di
papiro
o di
pergamena
che
contengono
dei
passi,
che
per
la
loro
brevità,
non
sono
riconducibili
ad
alcun
Vangelo
Canonico
o
Apocrifo.
Anche
la
loro
datazione
è
molto
difficile
e
varia
a
seconda
degli
studiosi.
Appartengono
a
questa
tipologia:
- il
Papiro
di
Ossirinco
840,
del
IV
secolo,
in
lingua
greca,
su
pergamena,
ritrovato
ad
Ossirinco
(Egitto)
nel
1905,
che
riporta
una
discussione
tra
Gesù
ed
un
Capo
dei
Sacerdoti,
di
nome
Levi;
- il
Vangelo
della
Moglie
di
Gesù,
su
papiro,
in
lingua
copta,
dell’
VIII
secolo
(ma
probabilmente
copia
di
un
documento
del
II
secolo),
che
riporta
solo
8
righe,
scritte
su
entrambi
i
lati
del
papiro
(davanti
e
dietro),
in
cui
compare
la
frase
“
Gesù
ha
detto
loro:”
mia
moglie…”,
da
cui
è
derivato
il
nome
del
frammento.
È
stato
presentato
al
Congresso
Internazionale
di
Studi
Copti
a
Roma,il
18
settembre
1912.
Alcuni
studiosi
sostengono
che
è
autentico,
ma
nessun
autore
finora
ha
ritenuto
che
sia
la
prova
del
matrimonio
di
Gesù.
Ci
sono
infine
alcuni
Vangeli
Apocrifi,
di
cui
è
documentata
l’esistenza,
in
quanto
sono
citati
in
alcune
opere
dei
Padri
della
Chiesa,
ma
che
non
ci
sono
pervenuti
e
quindi
si
presume
che
siano
andati
perduti.
Al
riguardo,
ricordiamo:
- il
Vangelo
segreto
di
Marco.
Nel
1958,
è
stata
scoperta
nel
Monastero
di
Mar
Saba,
vicino
a
Gerusalemme,
una
lettera,
denominata
appunto
Lettera
di
Mar
Saba,
attribuita
a
Clemente
di
Alessandria
(155-215),
nella
quale
ci
sono
due
versi
che
narrano
la
resurrezione
di
un
ragazzo
ed
un
altro
verso
in
cui
si
parla
di
Salomè.
Si
tratta
di
due
episodi
che
non
sono
narrati
nel
Vangelo
secondo
Marco,
per
cui
si è
pensato
che
siano
versi
di
un
Vangelo
segreto
di
Marco,
riservato
probabilmente
a
persone
“elette”
o
“iniziate”.
La
Lettera
però
è
considerata
un
falso.
- il
Vangelo
di
Marcione,
attribuito
a
Marcione,
fondatore
nel
II
secolo
di
una
Comunità
cristiana
a
Roma,
che
fu
considerato
eretico
in
quanto
riteneva
che
il
Cristianesimo
doveva
superare
completamente
il
Giudaismo.
Pertanto,
considera
attendibili
solo
le
opere
scritte
da
Paolo,
come
le
sue
Lettere,
o da
lui
ispirate,
come
il
Vangelo
secondo
Luca,
di
cui
probabilmente
il
suo
Vangelo
era
una
rielaborazione.