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N. 83 - Novembre 2014 (CXIV)

"MA VOI, CHI DITE CHE IO SIA?"
Breve biografia di Gesù di Nazaret - PARTE II

di Giorgio Giannini

 

La redazione dei Vangeli canonici

 

Il termine vangelo ( o evangelo) deriva dal latino evangelium, che a sua volta deriva dal greco eu anghèlion, che significa lieto annuncio o buona notizia.

 

Con l’Apostolo Paolo, il termine assume il significato di annuncio della parola di Gesù, da parte degli Apostoli. Si riferisce quindi al “contenuto” dello scritto e non al testo scritto in sé. Al riguardo, il Vangelo secondo Marco, che è il primo dei Vangeli Canonici, scritto intorno al 65, inizia con queste parole: “ Inizio del vangelo di Gesù Cristo, il Figlio di Dio”. (Mc 1,1)

 

Il termine Vangeli, al plurale, invece, è usato per la prima volta da Giustino Martire, nel II secolo, che nella sua Apologia, parla di “memorie degli Apostoli, dette vangeli”, che si leggevano in Chiesa “a sostegno della fede, ma non erano Sacre Scritture”, come quelle dell’Antico Testamento, che erano “ispirate da Dio” e che erano utilizzate nella liturgia.

 

La redazione dei Vangeli, non solo dei quattro Canonici che noi conosciamo, è stato un processo lungo, durato alcuni decenni e conclusosi alla fine del I secolo o nel II secolo. Infatti, all’inizio, nelle prime Comunità cristiane, poco numerose, le parole del Signore, predicate da Gesù durante il suo ministero, sono riportate oralmente, dagli Apostoli o dai loro discepoli oppure dai testimoni che avevano assistito alla sua predicazione ed avevano visto le sue opere.

 

Successivamente, con il diffondersi delle Comunità cristiane, che non solo aumentano di numero, ma si costituiscono anche il luoghi distanti tra di loro, e con la conseguente impossibilità per i testimoni oculari di riportare personalmente quanto da loro sentito e visto, ed anche, con il passare del tempo, con il venir meno dei testimoni, fu necessario ricorrere a testi scritti, in sostituzione dei racconti orali. All’inizio si trattò di semplici raccolte di detti del Signore (logia), pronunciati da Gesù durante la sua predicazione (ministero), che erano state raccolti da chi li aveva ascoltati, anche se è difficile risalire alle vere parole pronunciate da Gesù.

 

In seguito, i Vangeli furono progressivamente ampliati con notizie relative alla passione, morte e resurrezione di Gesù. Solo successivamente, alcuni Vangeli (come quelli secondo Matteo e Luca), sono stati arricchiti con notizie relative alla vita di Gesù. Al riguardo, gli esegeti ritengono che i primi testi scritti dei Vangeli riguardavano la passione di Gesù, con la sua morte e la sua resurrezione, in quanto questi fatti impressionavano profondamente i fedeli e coloro che si dovevano convertire al Cristianesimo. Successivamente, alcuni Vangeli aggiunsero episodi della vita di Gesù, soprattutto sulla sua nascita. In sintesi, quindi, i Vangeli documentano la vita di Gesù, la sua predicazione (ministero), con i miracoli compiuti, la sua passione, morte e resurrezione.

 

Questi testi, però, dovevano essere “attendibili”, cioè dovevano garantire di riportare fedelmente gli insegnamenti formulati da Gesù durante la sua predicazione e quindi si ritenne opportuno attribuirne la redazione agli Apostoli o a loro discepoli.

 

Pertanto, a partire dalla seconda metà del I secolo, sono stati scritti numerosi Vangeli, spesso molto diversi nel contenuto, composti essenzialmente ad uso interno delle Comunità Cristiane, che li utilizzavano nella liturgia.

 

Alcuni di questi Vangeli sono andati perduti e solo in parte sono stati riscoperti negli ultimi secoli, soprattutto nel Novecento, anche grazie a scoperte archeologiche, come a Nag Hammadi (Egitto) nel 1945 o a Qumran, vicino al Mar Morto (Palestina), nel 1947. Però, solo quattro di questi Vangeli sono stati “riconosciuti” dalla Chiesa Cristiana che li ha inseriti in un “elenco ufficiale” di testi, detto canone (che in lingua greca significa catalogo o regola), per cui sono chiamati Vangeli Canonici, attribuiti, secondo la tradizione, agli Evangelisti Marco, Matteo, Luca e Giovanni.

 

In verità, i Vangeli Canonici sono “anonimi”, cioè non riportano il nome degli autori e non hanno un titolo. Però, nel II secolo, dato che nelle Comunità cristiane erano utilizzati nella liturgia Vangeli differenti, si rese necessaria una “titolazione” specifica, per ciascuno di essi, per distinguerli. Pertanto, è stato dato ad ognuno un titolo specifico, denominandolo “Vangelo secondo”, e non “Vangelo di”, aggiungendovi il nome dell’Evangelista, in quanto gli Evangelisti, più che autori dei Vangeli sono considerati “redattori di documenti e di testi preesistenti”.Quindi, i Vangeli secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni, sono il risultato del loro lavoro di redazione, sulla base delle diverse fonti a cui ciascuno Evangelista ha attinto.

 

Gli Evangelisti sono stati individuati negli Apostoli Matteo e Giovanni ( che proprio in quanto Apostoli sono stati testimoni diretti di quanto hanno riferito nei loro Vangeli), e nei discepoli o collaboratori di altri Apostoli, nella specie, Marco (collaboratore prima di Paolo e poi di Pietro a Roma) e Luca (compagno di viaggio di Paolo, nelle sue missioni di evangelizzazione, e suo collaboratore), per affermare l’origine apostolica dei Vangeli e quindi garantire l’attendibilità del loro contenuto, in quanto “conforme” all’insegnamento di Gesù manifestato durante la sua predicazione. In questo modo, si distinguevano questi Vangeli da quelli cosiddetti Apocrifi, considerati “falsi” ed anche eretici, per il loro contenuto.

 

Il processo di composizione dei quattro Vangeli Canonici è bene spiegato nella Dichiarazione Sancta Mater Ecclesia, emanata il 21 aprile1964 dalla Pontifica Commissione Biblica per affermare la verità storica dei Vangeli, in base al quale le notizie sulla vita di Gesù ed il suo insegnamento sono giunti a noi attraverso tre fasi.

La prima fase è quella «della vita stessa di Gesù, svoltasi sotto gli occhi dei suoi discepoli, i quali furono gli ascoltatori attenti delle sue parole ed i testimoni diretti delle sue opere». Infatti, il Signore, nell’esporre a voce il suo insegnamento, seguiva le forme di pensiero e di espressione allora in uso, adattandosi per tale modo alla mentalità degli uditori e facendo sì che quanto egli insegnava si imprimesse fermamente nella loro mente e potesse essere ritenuto con facilità dai discepoli”.

Nella seconda fase, gli Apostoli cominciarono « a dare testimonianza di Gesù annunciando e riferendo con fedeltà episodi biografici e detti di Lui, ma tenendo presenti,nella predicazione, le esigenze dei vari uditori». Inoltre non è da negarsi che gli Apostoli abbiano presentato ai loro uditori quanto Gesù aveva realmente detto ed operato con quella più piena intelligenza da essi goduta in seguito agli eventi gloriosi del Cristo ed all’illuminazione dello Spirito di Verità”. In seguito, “Esigenze catechetiche ed opportunità di vario genere portarono ben preso alla concentrazione dei detti e fatti di Gesù in alcune raccolte”.

 

Nella terza fase della redazione dei Vangeli «gli autori sacri (gli Evangelisti) consegnarono l’istruzione fatta prima oralmente e poi messa per iscritto…nei quattro Vangeli per il bene della Chiesa, con un metodo corrispondente al fine che ognuno si proponeva. Fra le molte cose tramandate, ne scelsero alcune, talvolta compirono una sintesi…talaltra….svilupparono certi elementi… Perciò l’esegeta ricerchi quale fosse l’intenzione dell’Evangelista nell’esporre un detto o un fatto in un dato modo o in un dato contesto. Invero, non va contro la verità del racconto, il fatto che gli Evangelisti riferiscano i detti ed i fatti del Signore in modo diverso e ne esprimano le parole non alla lettera, ma con qualche diversità e conservando il loro senso».

In conclusione, nella redazione dei Vangeli, che riportano le parole ed i fatti della vita di Gesù, ci sono state tre fasi: la prima è la vita storica di Gesù, “che vide l’origine stessa dei fatti e delle parole alla presenza degli Apostoli”. La seconda fase è quella in cui “i discepoli raccolsero, fissarono e trasmisero gli insegnamenti e le opere del Maestro” (Gesù). La terza fase è quella “ degli Evangelisti che redassero per iscritto la tradizione apostolica con un metodo personale, corrispondente allo specifico fine che ciascuno di essi si prefiggeva” (Vangelo ed Atti degli Apostoli, Edizioni San Paolo, 2010, pag. 9-11).

 

Il processo di composizione dei Vangeli è ben spiegato anche nella Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione Dei Verbum (Parola di Dio), promulgata il 18 novembre 1965 dal Concilio Vaticano II in cui si legge: «…i Vangeli costituiscono la principale testimonianza relativa alla vita ed alla dottrina del Verbo incarnato, nostro Salvatore. La Chiesa ha sempre ed in ogni luogo ritenuto e ritiene che i 4 Vangeli sono di origine apostolica. Infatti, ciò che gli Apostoli, per mandato di Cristo, predicarono, dopo, per ispirazione dello Spirito Santo, fu dagli stessi, e da uomini della loro cerchia, tramandato in scritti, come fondamento della fede, cioè l’Evangelo quadriforme, secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni». (Dei Verbum,18)

 

Il Capitolo seguente afferma: “ La santa madre Chiesa ha ritenuto e ritiene con fermezza e costanza massima, che i quattro suindicati Vangeli, di cui si afferma senza alcuna esitanza la storicità, trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durate la sua vita tra gli uomini, effettivamente operò e insegnò per la loro eterna salvezza, fino al giorno in cui fu assunto in cielo. Gli Apostoli poi, dopo l’ascensione del Signore, trasmisero ai loro ascoltatori ciò che Egli aveva detto e fatto,con quella più completa intelligenza di cui essi,…illuminati dallo Spirito di verità, godevano.E gli autori sacri scrissero i quattro Vangeli, scegliendo alcune cose tra molte che erano tramandate a voce o anche in iscritto, alcune altre sintetizzando, altre spiegando…sempre però in modo tale da riferire su Gesù con sincerità e verità. Essi,infatti,attingendo sia ai propri ricordi sia alla testimonianza di coloro, i quali “fin dal principio furono testimoni oculari e ministri della parola”, scrissero con l’intenzione di farci conoscere la verità...” (Dei Verbum,19).

 

Pertanto, i Vangeli contengono sia quello che Gesù ha detto e fatto, sia quello che gli Apostoli hanno trasmesso, sia, infine, quello che hanno scritto i vari Evangelisti, scegliendo, nel loro lavoro di redazione, gli argomenti che ritenevano più utili alla diffusione della Fede, senza però alterare il messaggio di Gesù. Pertanto, i Vangeli, secondo la Chiesa, non sono una ricostruzione storica di Gesù, cioè non sono documenti storici, anche se riportano notizie considerate storicamente attendibili, ma scritti a carattere letterario e narrativo. Infatti, pur basati su fatti che la Tradizione cristiana considera realmente accaduti, gli Evangelisti non intendevano scrivere una “biografia di Gesù”.

 

I quattro Vangeli Canonici sono testi “ispirati da Dio, in quanto, secondo la Tradizione cristiana, «lo Spirito divino illuminò le menti degli Evangelisti affinchè scrivessero soltanto quello che voleva Dio». (Vangelo e gli Atti degli Apostoli, Edizioni Messaggero di S. Antonio, Padova 1989)

 

In pratica, gli Evangelisti hanno inventato gli eventi storici, ma li hanno interpretati grazie allo Spirito Santo ed alla loro Fede. I loro racconti sono fondati sulle loro testimonianze personali, come nel Vangelo secondo Giovanni, in cui è scritto che “Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera” ( Gv 19,35) ed anche che “quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul petto.. è il discepolo che testimonia queste cose e le ha sentite” ( Gv 21,20 e 21,24), oppure fanno riferimento ad altre testimonianze, come nel Vangelo secondo Luca, nel cui Prologo è scritto: “Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti….come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin dal principio…così anche io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza …e di scriverne un resoconto ordinato..”. (Lc 1-1-4)

 

Nel II secolo, S. Ireneo, Vescovo di Lione (Capoluogo della Gallia romana), uno dei Padri della Chiesa, nella sua opera Contro le eresie ( Adversus haereses), scritta verso l’anno 180, per spiegare perchè la Chiesa ha riconosciuto solo quattro Vangeli fra i tanti che erano usati nelle Comunità cristiane, sostiene che, come ci sono i quattro angoli della terra ed i quattro venti, così non ci possono essere più di quattro o meno di quattro Vangeli.

 

Nella stessa opera, inoltre, attribuisce la paternità ai quattro Vangeli Canonici, scrivendo: “ Matteo scrisse nella lingua degli ebrei il primo vangelo, al tempo in cui Pietro e Paolo evangelizzavano Roma e vi fondarono la Chiesa. Dopo...Marco, discepolo ed interprete di Pietro, mise per iscritto quello che Pietro predicava… Luca, il compagno ( di viaggi) di Paolo, ha pubblicato in un libro il vangelo che il suo maestro predicava. Poi Giovanni, il discepolo del Signore, quello che si era addormentato sul suo petto, pubblicò anche lui un vangelo quando si trovava ad Efeso”. (Contro le eresie, 3,1,1)

 

Secondo alcuni esegeti, il fatto che la paternità dei Vangeli Canonici è attribuita a due Apostoli (Matteo e Giovanni) e a due collaboratori di Apostoli ( Marco e Luca), citati in nell’opera di Ireneo contro gli eretici, serviva a sostenere l’autenticità dei testi, derivanti dall’autorità di alcuni Apostoli. Inoltre, questi Vangeli si distinguevano da quelli considerati eretici per il loro contenuto.

 

Ireneo parla quindi di “Vangelo quadriforme” ed Eusebio di Cesarea di “sacra quadriga dei quattro Vangeli”.

 

I quattro Vangeli rappresentano però un unicum. Al riguardo Origene ritiene che “quanto è stato scritto da quattro è un unico Vangelo” e S. Agostino parla di “quattro libri di un unico Vangelo”.

 

Per giustificare il fatto che la Chiesa ha riconosciuto solo i quattro Vangeli Canonici, gli esegeti cattolici affermano che “i quattro Vangeli ci aiutano a cogliere fino in fondo la ricchezza del disegno di Dio” (La Bibbia, Ediz. San Paolo, 2010, pag. 23).

 

Si ritiene che i Vangeli Canonici siano stati composti nella seconda metà del I secolo, ma la loro datazione varia anche di molto, secondo i singoli esegeti.

 

Inoltre, ci sono pervenuti scritti in lingua greca, che era la lingua diffusasi in Oriente con le conquiste di Alessandro Magno (nel IV secolo a. C.) e che era la lingua utilizzata, per comunicare, dalle persone che vivevano in luoghi diversi. Pertanto, per la sua ampia diffusione nel Mediterraneo, fu usata anche per la evangelizzazione.

 

Alcuni esegeti però, ritengono che alcuni Vangeli Canonici hanno avuto una prima redazione in lingua aramaica, che era quella comunemente parlata in Palestina al tempo di Gesù, nel I secolo, ma non ci sono pervenuti documenti scritti in questa lingua.

 

Infine, i testi dei quattro Vangeli Canonici, che ci sono pervenuti, non sono quelli scritti dagli Evangelisti, ma copie fatte in periodi successivi, dette Codici, che sono circa 4.270 per tutta la Bibbia, comprendendo sia l’Antico Testamento che il Nuovo Testamento.

 

Nel III secolo, ad ogni Evangelista è stato attribuito un “simbolo” alato, specifico, anche per distinguerli facilmente, riprendendo le sembianze dell’essere tetramorfo, citato dal profeta Ezechiele all’inizio del suo Libro e nell’Apocalisse.

 

Così: l’Evangelista Matteo è raffigurato come un uomo, o un angelo, perché il suo Vangelo mette in risalto l’umanità di Gesù, che infatti è chiamato spesso Figlio dell’Uomo; l’Evangelista Marco è raffigurato come un leone, dato che il suo Vangelo mette in risalto la regalità di Gesù; l’Evangelista Luca è raffigurato come un bue o un vitello, che è simbolo di mansuetudine, dato che la semplicità della narrazione degli eventi è un carattere distintivo del suo Vangelo; l’Evangelista Giovanni è raffigurato come un’aquila perché il suo Vangelo ha un contenuto più spirituale e teologico e quindi l’Evangelista ha una visione più acuta, come appunto l’aquila, che inoltre vola anche più in alto e quindi può vedere verso Dio. Non a caso, il suo Vangelo inizia con il Prologo In principio era il Verbo,il Verbo era presso Dio ed il verbo era Dio”.

( Gv 1,1)

 

Il contenuto dei quattro Vangeli canonici

 

I Vangeli Canonici sono stati redatti in periodi diversi, ma la datazione è controversa, anche se la maggior parte degli studiosi ritiene che il primo Vangelo che è stato scritto sia quello secondo Marco, probabilmente verso l’anno 65 (cosiddetta priorità marciana), che si è basato su “fonti” che non si conoscono con precisione.

 

Al Vangelo secondo Marco hanno attinto i Vangeli secondo Matteo e secondo Luca, scritti nel periodo 70-90.

 

Gli Evangelisti Matteo e Luca hanno però utilizzato anche un’altra fonte (cosiddetta teoria delle due fonti): la fonte dei detti di Gesù, detta fonte Q (dal tedesco Quelle=fonte), che purtroppo non ci è pervenuta.

 

Probabilmente, ciascuno dei tre Evangelisti ha utilizzato anche altre fonti, che non si conoscono con precisione.

 

Questi tre Vangeli concordano ampiamente nel loro contenuto, per cui sono stati chiamati Sinottici dallo studioso tedesco J. J. Griesbach, che li mise a confronto nel 1776. Infatti, poiché sono tre racconti paralleli della vita di Gesù, si possono facilmente confrontare in un “colpo d’occhio”, con uno “sguardo d’insieme” (sinossi, dal greco syn=insieme e òpsis=sguardo).

 

Per risolvere la cosiddetta questione sinottica, cioè l’ordine cronologico di composizione dei tre Vangeli, si ritiene comunemente che i Vangeli secondo Matteo, secondo Marco e secondo Luca, data la somiglianza di molti versi, hanno attinto alle medesime fonti e forse si sono anche ispirati, parzialmente, l’uno con l’altro.

 

Infatti, sono “concordanti” e seguono in genere lo stesso ordine degli eventi e contengono storie della vita e del ministero di Gesù “comuni”, cioè che hanno lo stesso “contenuto”, anche se spesso sono raccontate in modo diverso. Ad esempio, la nascita di Gesù è raccontata, anche se diversamente, solo nei Vangeli secondo Matteo e secondo Luca. Inoltre, anche la genealogia di Gesù è diversa nel Vangeli secondo Matteo e secondo Luca.

 

Talvolta, il racconto evangelico è “originale”, cioè è presente solo in un Vangelo. Ad esempio, l’infanzia di Gesù è raccontata, peraltro superficialmente, solo nel Vangelo secondo Luca, che racconta il colloquio religioso di Gesù con i Dottori della Legge, nel Tempio di Gerusalemme, quando ha appena 12 anni.

 

Inoltre, solo il Vangelo secondo Matteo racconta la visita dei Magi a Gesù bambino, la fuga in Egitto della Sacra Famiglia perché Erode vuole sopprimere Gesù, in quanto teme che gli possa sottrarre il Regno di Giudea, dato che i Magi gli hanno detto che sono venuti ad onorare il Re dei Giudei. In effetti, Erode fa uccidere i bambini fino a due anni (la cosiddetta strage degli innocenti).

 

Il Vangelo secondo Giovanni è stato invece composto verso la fine del I secolo ed è molto diverso nel contenuto dai tre Sinottici.

 

Il Vangelo secondo Matteo è considerato il Primo Vangelo Canonico perché era quello più diffuso nelle Comunità Cristiane, quando i Vangeli circolavano separatamente.

Gli esegeti ritengono, abbastanza unanimemente, in base alla cosiddetta “teoria delle due fonti”, che l’autore ha utilizzato, come fonti, sia il Vangelo secondo Marco, per la vita e la passione di Gesù ( è la cosiddetta priorità marciana), sia la fonte Q, per i suoi “detti” o insegnamenti.

 

In particolare, il Vangelo, su un totale di 1.071 versi, riporta 387 versi del Vangelo secondo Marco e secondo Luca. Altri 130 versi sono ripresi dal Vangelo secondo Marco e 184 versi dal Vangelo secondo Luca. Quindi, solo 370 versi sono specifici del Vangelo secondo Matteo.

 

È strutturato, in 28 Capitoli, divisi, secondo la maggior parte degli studiosi, in sette parti. All’inizio c’è la nascita e l’infanzia di Gesù. Seguono cinque parti, centrate su altrettanti “discorsi” ( discorso della montagna; discorso sulla missione degli Apostoli; discorso delle parabole; discorso ecclesiastico, sulla vita delle Comunità dei discepoli; discorso escatologico detto anche degli ultimi tempi). Nei ultimi due Capitoli, si narra la passione, morte e resurrezione di Gesù.

 

La datazione per la composizione del Vangelo non è nota con precisione, ma la maggioranza degli esegeti ritengono che sia stato composto dopo il 70, perché sembra che si sia un riferimento alla distruzione del Tempio di Gerusalemme, avvenuta nel 70 ad opera di Tito, il figlio dell’Imperatore Vespasiano. Altri studiosi però ritengono che sia stato composto nel decennio 60- 70.

 

Il Vangelo è stato redatto in lingua greca, intorno agli anni 60-70, probabilmente ad Antiochia di Siria, la Provincia romana di cui faceva parte la Palestina.

 

Alcuni esegeti della Scuola di Madrid, però, ritengono, come la Pontificia Commissione Biblica nel 1911, che il Vangelo sia stato scritto in lingua aramaica negli anni 40-50 e poi è stato tradotto in greco. Però, non si conosce alcun documento relativo alla versione in lingua aramaica. Al riguardo, già Erasmo da Rotterdam, nel XVI secolo, aveva contestato l’esistenza di una versione originaria in ebraico o in aramaico, tradotta poi in greco, basandosi proprio sull’assenza di documenti al riguardo.

 

Non si conosce l’autore del Vangelo, dato che tutti i Vangeli Canonici sono anonimi. Secondo la Tradizione cristiana è attribuito all’Apostolo Matteo, detto anche Levi, che era un esattore delle imposte (un publicano). Al riguardo, vari esegeti concordano nell’attribuire questa professione all’autore del Vangelo, perchè fa spesso riferimento, in modo preciso, al denaro, come nel caso del tradimento di Gesù, da parte di Giuda, per “trenta monete di argento” (Mt 26,15). Successivamente, dopo la condanna a morte di Gesù pronunciata dal Sinedrio, Giuda, “preso dal rimorso, riportò le trenta monete d’argento ai Capi dei Sacerdoti ed agli Anziani” e poi “gettate le monete d’argento nel Tempio..andò ad impiccarsi”. (Mt 27,3-5)

 

La prima attribuzione del Vangelo a Matteo, secondo quanto racconta Eusebio di Cesarea nella sua opera Storia Ecclesiastica del IV secolo, è fatta da Papia, Vescovo di Ierapolis (Ierapoli o Gerapoli) in Anatolia, nella sua opera Esegesi delle parole del Signore, scritta verso l’anno 120: “Matteo ordinò in lingua ebraica o aramaica i detti (di Gesù) e ciascuno lo interpretò come meglio potè”.

 

Sempre nel II secolo, anche Ireneo, Vescovo di Lione, nella sua opera Contro le eresie, scritta verso l’anno 180, attribuisce il Vangelo a Matteo, scrivendo: “Matteo scrisse nella lingua degli ebrei il primo vangelo, al tempo in cui Pietro e Paolo evangelizzavano Roma e vi fondarono la Chiesa”. (Contro le eresie, 3,1,1)

 

Come sappiamo, per Ireneo, ci sono solo quattro Vangeli “ispirati da Dio”,scritti da Matteo, Marco, Luca e Giovanni.

 

Però, dal XVIII secolo, vari esegeti ritengono che l’autore sia un anonimo cristiano, vissuto nella seconda metà del I secolo, proveniente dall’ambiente ebraico, perchè riferisce fatti relativi alla società ebraica e ci sono molte citazioni di profezie dell’Antico Testamento, che si realizzano nella vita di Gesù, che è rappresentato come il Cristo, o l’Unto del Signore, cioè come il nuovo Messia che, come Davide, deve liberare Israele dalla dominazione straniera (romana). Per questo motivo, il Vangelo riporta all’inizio la genealogia di Gesù, partendo da Abramo e passando per Davide, nato a Betlemme, in Giudea.

 

Inoltre, solo in questo Vangelo si usa l’espressione Regno dei Cieli, invece che Regno di Dio, probabilmente per non contravvenire alla Tradizione rabbinica, che proibisce di nominare il nome di Dio. Per questi motivi, si ritiene che il Vangelo era usato per la conversione dei ebrei.

 

Il Vangelo narra, come anche il Vangelo secondo Luca, il concepimento divino di Maria e la nascita di Gesù, ma contiene alcuni episodi originali, che non si trovano nel vangelo lucano, come l’arrivo dei Magi, venuti da Oriente per rendere omaggio a Gesù, la fuga in Egitto della Sacra Famiglia, per sfuggire alla persecuzione del Re Erode il Grande, che ha ordinato l’uccisione di tutti i bambini fino a due anni ( la cosiddetta strage degli innocenti).

 

In particolare, nel Vangelo secondo Matteo, Gesù nasce a Betlemme in una casa, dove la Sacra Famiglia riceve la visita dei Magi che lo adorano e gli portano in dono “oro, incenso e mirra” (Mt 2,11). Invece, nel Vangelo secondo Luca, Gesù nasce a Betlemme, dove i suoi genitori si sono recati per un censimento, in una stalla ed è deposto “in una mangiatoia” (Lc 2,7). È l’ unico Vangelo che menziona la Chiesa (ecclesia), laddove Gesù dice a Pietro: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. ( Mt 16,18)

 

Il Vangelo secondo Marco è il secondo Vangelo inserito nel Canone, anche se la maggior parte degli esegeti concordano nel ritenere che è stato il primo ad essere redatto intorno all’anno 65, probabilmente a Roma, e poi è stato usato come fonte per gli altri due Vangeli Sinottici (è la cosiddetta priorità marciana).

 

È stato redatto in lingua greca da un autore anonimo, ma la Tradizione cristiana lo attribuisce a Marco, noto anche come Giovanni Marco, cugino di Barnaba, che è stato discepolo prima dell’Apostolo Paolo e poi di Pietro a Roma, secondo quanto afferma il Vescovo di Ierapoli Papia, all’inizio del II secolo, citato da Eusebio di Cesarea nella sua Storia Ecclesiastica del IV secolo, rifacendosi a Giovanni il Presbitero.

 

Anche Ireneo, Vescovo di Lione, attribuisce, nella sua opera Contro le eresie, il Vangelo a Marco scrivendo: “Marco, discepolo ed interprete di Pietro, mise per iscritto quello che Pietro predicava” (Contro le eresie, 3,1,1)

 

Pertanto, si ritiene che il Vangelo sia stato scritto a Roma, probabilmente poco prima o poco dopo la morte di Pietro, durante la persecuzione dei Cristiani da parte di Nerone, nell’anno 64.

 

Altri studiosi, invece, ritengono che il Vangelo sia stato composto dopo il 70, dato che hanno visto nella devastazione, citata nel Capitolo 13 ( la cosiddetta piccola apocalisse), la distruzione del Tempio di Gerusalemme, dopo la prima guerra giudaica del 66-70.

 

Altri studiosi ancora, ritengono che il Vangelo sia stato composto prima del Satyricon, composto da Petronio Arbitro nel 64-65. Infatti, il Vescovo Papia, citato da Eusebio di Cesarea nella sua Storia Ecclesiastica, racconta che Pietro predicò a Roma anche all’inizio del Regno di Claudio (nel 42) e che i collaboratori di Pietro chiesero a Marco di mettere per iscritto gli insegnamenti di Pietro. Alcuni esegeti ritengono che il Vangelo secondo Marco è la traduzione, fatta tra il 50 e il 60, di un Vangelo redatto da Pietro, in ebraico o aramaico, negli anni 40.

 

Il Vangelo secondo Marco è quello Canonico più breve; infatti ha solo 16 Capitoli. Inizia con il PrologoInizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio” ( Mc 1,1). È quindi chiaro che si tratta di un Vangelo.

 

Non riporta alcuna notizia sulla nascita di Gesù. Infatti, racconta la vita di Gesù, dal momento del suo battesimo da parte di Giovanni Battista (da cui inizia la sua predicazione, prima in Galilea e poi in Giudea ed a Gerusalemme), fino alla sua passione, morte e resurrezione, narrate negli ultimi due Capitoli.

 

La maggior parte dei fatti narrati si riferiscono all’ultima settimana di vita di Gesù, a Gerusalemme. Poiché il messaggio evangelico è incentrato sulla passione, morte e resurrezione di Gesù, si ritiene che il Vangelo è stato scritto per i gentili ( cioè i pagani), che dovevano essere convertiti al Cristianesimo.

 

Questa ipotesi è avvalorata dal fatto che l’autore si premura di spiegare le usanze ebraiche citate e di tradurre le parole in lingua aramaica, come il termine Boanèrghes, cioè figli del tuono, riferito agli Apostoli Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo ( Mc 3,17), come la parola Abbà!, che significa Padre! (Mc 14,36) e come la parola Golgota, che significa Luogo del cranio (Mc 15,22).

 

Inoltre, il riferimento alla devastazione, citata nel Capitolo 13, sembra avvalorare l’ipotesi della redazione del Vangelo a Roma, durante la persecuzione dei cristiani da parte di Nerone, nel 64.

 

Il Vangelo presenta due temi importanti: il segreto messianico, cioè Gesù dice spesso agli Apostoli di mantenere il segreto riguardo alla sua persona o alle azioni da lui compiute, e la difficoltà dei discepoli di comprendere gli insegnamenti di Gesù raccontati attraverso le parabole, come nella parabola del seminatore (Mc 4,13-20), tanto che Egli ne spiega loro il significato, in segreto.(Mc 4,34)

 

Il Vangelo contiene alcune “revisioni” nel testo, operate nel corso degli anni, come quella del verso 1, 41, nel quale un lebbroso si avvicina a Gesù, pregandolo di guarirlo, e Gesù, nelle versioni più antiche, si arrabbia con lui, mentre nelle versioni successive mostra compassione per il lebbroso e lo guarisce, toccandolo con la mano.

 

Un’altra “revisione” importante del Vangelo riguarda i dodici versi finali (il cosiddetto finale lungo), nei quali si racconta l’apparizione di Gesù a Maria Maddalena ed ai discepoli (16,9-20), che, secondo alcuni studiosi, sono stati aggiunti successivamente, forse nel II secolo, dato che non ci sono nei Codici più antichi, per cui il Vangelo terminava con i versi 16,1-8, nei quali si racconta del sepolcro vuoto e dell’annuncio che Gesù è risorto e che attende i discepoli in Galilea.

 

Altri manoscritti presentano un finale diverso, detto finale corto, che però non è stato recepito nel Canone e quindi non è presente. Fino al V secolo, c’erano 4 quattro diversi finali.

 

Dal Vangelo, sono stati eliminati anche dei versi, dato che non sono presenti nelle versioni più antiche, come il verso 7,16.

 

Alcuni studiosi ritengono che l’Evangelista è il ragazzo che assiste alla cattura di Gesù nell’orto del Getsemani “coperto solo da un lenzuolo” e che riesce a fuggire, “nudo”, lasciando cadere il lenzuolo, quando tentano di afferrarlo (14,52), dato che l’episodio è narrato solo in questo Vangelo.

 

Il Vangelo secondo Luca è il terzo Vangelo Canonico. Il suo autore è ignoto, ma la Tradizione cristiana lo attribuisce a Luca, un gentile (pagano convertito), di professione medico, che è collaboratore di Paolo.

 

Anche Ireneo, Vescovo di Lione, nella sua opera Contro le eresie, attribuisce il Vangelo a Luca scrivendo: “Luca, il compagno ( di viaggi) di Paolo, ha pubblicato in un libro il vangelo che il suo maestro predicava”. (Adversus haereses, 3,1,1)

 

Il Vangelo è stato redatto quasi sicuramente dopo il 70, probabilmente tra gli anni 80 e 90, in quanto sembra descrivere, nel Capitolo 21, la distruzione di Gerusalemme, da parte di Tito, come il Vangelo secondo Marco. È quindi posteriore agli altri due Sinottici ed il suo contenuto sembra ricavato dai due precedenti Vangeli, anche se si discosta, talvolta, da essi. Ad esempio, la chiamata dei primi Apostoli avviene dopo il compimento dei primi miracoli da parte di Gesù, mentre nel Vangelo secondo Marco, Gesù chiama gli Apostoli prima di compiere i miracoli.

 

Secondo alcuni esegeti, si è diffuso probabilmente, nel II secolo, dato che non c’è una prova certa del suo utilizzo nelle Comunità cristiane, prima che ne parli Marcione, nel 144.

 

Quasi certamente il Vangelo è stato scritto fuori dalla Palestina, probabilmente ad Antiochia di Siria, dopo la morte di Paolo nell’anno 67, perchè l’autore conosce poco la situazione della Giudea. Secondo altri autori è stato composto a Cesarea Marittima (Capoluogo della Giudea romana), mentre Paolo era in carcere in attesa di essere portato a Roma per il processo ed era assistito da Luca.

 

È rivolto ai gentili (pagani) perché il Cristianesimo non è una setta ebraica, ma è una Religione universale. Pertanto, le citazioni dell’Antico Testamento sono rare.

 

È strutturato in 24 Capitoli. Inizia con un Prologo nel quale l’autore spiega che ha scritto il Vangelo, dopo aver fatto “ricerche accurate”, per dare al lettore Teofilo la possibilità di rendersi conto “della solidità degli insegnamenti” ricevuti. Scrive infatti: “Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti.. come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari…così anche io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza… e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teofilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti,che hai ricevuto”. (Lc 1,1-4)

 

Non si sa chi era Teofilo, ma probabilmente, in riferimento al nome, che in lingua greca significa “che ama Dio”, è rivolto ad un “destinatario ideale”, che certamente è un cristiano, dato che si fa un chiaro riferimento agli “insegnamenti ricevuti”.

 

Il Vangelo racconta, come quello secondo Matteo, il concepimento divino di Maria, annunciato dall’Arcangelo Gabriele, e la nascita di Gesù a Betlemme (dove Giuseppe e Maria sono andati, da Nazaret, per il censimento, ordinato da Cesare Augusto). Gesù nasce in una stalla, perché i genitori non hanno trovato alcun “alloggio” ed è “adagiato in una mangiatoia”. ( Lc 2,1-12)

 

Invece, nel Vangelo secondo Matteo, Gesù nasce a Betlemme in una casa, dove arrivano i Magi, che lo adorano e gli portano “oro, incenso e mirra”. (Mt 2,11)

 

Racconta anche episodi non citati nel Vangelo secondo Matteo, quali la circoncisione di Gesù e la sua presentazione al Tempio. (Lc 2,21-24)

 

Racconta inoltre l’unico episodio, relativo alla fanciullezza di Gesù, citato nei Vangeli Canonici e cioè il colloquio di Gesù, di appena 12 anni, con i “maestri” ( i Dottori della Legge) nel Tempio di Gerusalemme, dove è andato a passare la Pasqua con la Famiglia. (Lc 2,41-52)

 

Il Vangelo inizia con un ampio racconto della nascita di Giovanni Battista, che prende quasi tutto il primo Capitolo. (Lc 1,5-80)

 

Inoltre, nei primi due Capitoli sono riportati tre Cantici, cioè tre Preghiere in lode di Dio: quello di Maria, la madre di Gesù, detto Magnificat (Lc 1,46-55); quello di Zaccaria, il padre di Giovanni Battista, detto Benedictus (Lc 1,68-79); quello di Simeone, detto Nunc dimittis (Lc 2,29-32).

 

Il Vangelo contiene una versione della preghiera del Padre Nostro, insegnata da Gesù ai discepoli, che è diversa da quella del Vangelo secondo Matteo. (Lc 11, 2-5)

 

Il Vangelo racconta molto ampiamente, per circa 11 Capitoli, la predicazione di Gesù in Giudea ed a Gerusalemme e negli ultimi due Capitoli racconta la passione, morte e resurrezione di Gesù, in cui riferisce l’episodio originale del buon ladrone, che non è narrato negli altri due Vangeli Sinottici. ( Lc 23,39-43 )

 

Alcuni esegeti ritengono che l’Evangelista nella passione, mette in luce positiva le Autorità romane, dato che la condanna a morte di Gesù, mediante la crocefissione, è attribuita agli ebrei, che decidono di liberare Barabba, mentre secondo il Procuratore romano Ponzio Pilato Gesù “non ha fatto nulla per cui meriti la morte” e cerca per tre volte di salvarlo. ( Lc 23, 13-25)

 

Il Vangelo si distingue dagli altri due Sinottici perché ha una attenzione particolare per i poveri, gli oppressi, i socialmente deboli, di cui prende le difese e che sono i beneficiari del Regno di Dio. Al riguardo, le parabole del buon samaritano (Lc 10,30-37) e del figlio prodigo (Lc 15,11-32) si trovano solo in questo Vangelo.

 

Inoltre, ha una attenzione particolare anche verso le donne. Al riguardo, narra che alcune seguivano quasi sempre Gesù e gli Apostoli nei loro spostamenti e che altre “li servivano con i loro beni”, cioè li sostenevano economicamente.( Lc 8,2-3)

 

Luca è anche autore degli Atti degli Apostoli, dato che nel Prologo l’autore si rivolge sempre a Teofilo e fa riferimento ad un precedente racconto, in cui dice di aver trattato “tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo”. (Atti,1, 1-2).

 

Negli Atti si racconta la nascita della Chiesa, le prime persecuzioni dei Cristiani da parte dei Romani e la predicazione di Paolo, rivolta ai gentili, cioè i pagani ed ai non ebrei. Con questa missione evangelizzatrice di Paolo, il Cristianesimo si afferma come Religione universale.

 

Gli Atti sono scritti probabilmente negli anni 90, prima della persecuzione dei Cristiani da parte dell’Imperatore romano Domiziano.

 

In base al fatto che gli Atti terminano con la prigionia di Paolo a Roma nel 62 e pertanto non sono citati episodi successivi a quell’anno, come la morte di Paolo e di Giacomo il Maggiore e la persecuzione di Nerone del 64, alcuni studiosi ritengono che il Vangelo è stato redatto prima del 70.

 

Il Vangelo secondo Giovanni, è il quarto Vangelo Canonico. Il testo in greco è anonimo, come i tre Vangeli Sinottici, ma la Tradizione cristiana lo attribuisce al’Apostolo Giovanni, fratello di Giacomo il Maggiore e figlio di Zebedeo, che è “il discepolo che Gesù amava”, in cui si riconosce l’autore del Vangelo, che “testimonia queste cose e le ha scritte”. (Gv 21,24)

 

Anche Ireneo di Lione, nella sua opera Contro le eresie, scritta intorno al 180, attribuisce il Vangelo a Giovanni, scrivendo: “Poi Giovanni, il discepolo del Signore, quello che si era addormentato sul suo petto, pubblicò anche lui un vangelo quando si trovava ad Efeso”. (Contro le eresie, 3,1,1)

 

Eusebio di Cesarea, scrive nella sua Storia Ecclesiastica che Ireneo aveva appreso la notizia dal suo Maestro Policarpo, Vescovo di Smirne ( martirizzato a Roma nel 155), che aveva conosciuto l’Apostolo Giovanni, di cui era stato discepolo.

 

Anche il Canone Muratoriano, che risale al 170 circa, attribuisce il quarto Vangelo a Giovanni. Alcuni studiosi, però, ritengono che il Vangelo sia da attribuire ad una Scuola giovannea, o ad un Circolo giovanneo, che aveva come Capo spirituale l’Apostolo Giovanni e faceva riferimento al suo insegnamento. Comunque, per la conoscenza precisa dei luoghi della Palestina e per le precise argomentazioni sull’Antico Testamento, il Vangelo è sicuramente opera di qualcuno che conosceva bene la Giudea ed il giudaismo del I secolo. In pratica,l’autore è un testimone oculare delle vicende narrate e potrebbe essere proprio l’Apostolo Giovanni, figlio di Zebedeo, che,insieme con il fratello Giacomo e con Pietro, erano le persone più vicine a Gesù. Infatti, Giovanni è “il discepolo che egli (Gesù) amava” e che sta “presso la croce” al momento della crocifissione, insieme con Maria, la madre di Gesù, Maria, la madre di Cleofa o Cleopa, e Maria di Magdala, cioè Maria Maddalena. (Gv 19,25-26).

 

Alcuni esegeti dubitano però che un semplice pescatore, quale era Giovanni, potesse avere la cultura per scrivere un’opera di alto contenuto spirituale e teologico. Altri, confutano questa ipotesi sostenendo che il padre Zebedeo era un facoltoso pescatore, che aveva dei lavoratori subordinati e probabilmente era un Sacerdote del Tempio di Gerusalemme e quindi aveva una buona conoscenza delle Sacre Scritture, che sicuramente aveva trasmesso ai due figli, Govanni e Giacomo.

 

Eusebio di Cesarea racconta, nella sua Storia Ecclesiastica, che nella Esegesi delle parole del Signore, composta verso il 120, Papia, Vescovo di Ierapoli, morto nel 130 circa, afferma di non aver conosciuto gli Apostoli, ma persone che erano state loro discepoli, tra i quali il Presbitero Giovanni, che probabilmente faceva parte della Scuola giovannea di Efeso e che, pertanto, potrebbe essere l’autore del Vangelo, dopo aver raccolto le testimonianza dell’Apostolo Giovanni.

 

Il Vangelo è stato scritto, secondo quasi tutti gli studiosi, verso la fine del I sec., negli anni 90-100, probabilmente ad Efeso (la Capitale della Provincia romana dell’Asia, che era uno dei centri culturali più vivaci dell’Impero romano), dove Giovanni ha vissuto negli ultimi decenni della sua vita, nella seconda metà del I secolo, e dove probabilmente era attiva la Scuola giovannea, basata sui suoi insegnamenti.

 

Alcuni studiosi hanno avanzato l’ipotesi di una redazione precedente, in lingua aramaica ( come per il Vangelo secondo Matteo), pochi anni dopo la morte di Gesù, che poi ha avuto varie integrazioni e sistemazioni.

 

Vari esegeti ritengono che il Vangelo ha avuto una composizione progressiva, durata nel tempo, con l’aggiunta di episodi che non sono presenti nei manoscritti più antichi, come l’episodio dell’adultera (Gv 8, 1-11) ed il finale del Capitolo 21.

 

Questa redazione protratta nel tempo ha prodotto delle “incongruenze”, come quelle del verso 3,22 ( “Gesù andò con i suoi discepoli nella regione della Giudea e là si tratteneva con loro e battezzava”) con il verso 4,2 (“..sebbene non fosse Gesù n persona a battezzare, ma i suoi discepoli”) e del verso 4,44 (“ Gesù… aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria”) con il successivo verso 4,45 (“ Quando giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero”). L’incongruenza più grande è però quella del verso 11,2, in cui racconta che “Maria era quella che cosparse di profumo i piedi del Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli”, anticipando l’azione che è raccontata nel Capitolo seguente, al verso 12,3 (“Maria allora prese 300 grammi di profumo di puro nardo,assai prezioso,ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli”).

 

Nel Vangelo,inoltre, sono presenti alcune “ripetizioni”, come nel verso 7,34 (“Dove sono io, voi non potete venire”) con il verso 8,21 ( “Dove vado io, voi non potete venire”).

 

Questo Vangelo è molto diverso da tre Vangeli Sinottici, sia nella forma che nel contenuto. In particolare, mentre nei Vangeli Sinottici, i fatti relativi alla predicazione, alla passione, alla morte ed alla resurrezione di Gesù si svolgono nell’arco temporale di circa un anno, nel Vangelo secondo Giovanni, invece, i fatti si svolgono in più di due anni, dato che sono citate almeno tre Pasque. Inoltre, sono frequenti gli spostamenti di Gesù dalla Galilea alla Giudea e viceversa.

 

Il Vangelo sembra una rielaborazione letteraria di vari materiali, tratti da diversi documenti (fonti), che però non si conoscono con precisione.

 

In particolare, il Vangelo ha un contenuto ed un ordine degli eventi proprio ( dato che neppure il 10% del contenuto è simile a quello dei Vangeli Sinottici) e presenta particolarità specifiche, tutte proprie ed esclusive, a partire dall’uso dei termini usati, con un vocabolario ristretto. Al riguardo, si usano frequentemente dei termini che sono usati raramente nei Vangeli Sinottici, come amare, amore, verità e vero. Probabilmente, Giovanni ha voluto dare la sua personale testimonianza sul suo Maestro Gesù, di cui peraltro è il “discepolo prediletto”, tracciandone un ritratto soprattutto spirituale.

 

Il Vangelo ha 21 Capitoli ed inizia con il Prologo, che contiene il cosiddetto Inno al Verbo o al Logos (che in greco significa parola, verbum in latino) in 18 versi. (Gv 1,1-18)

 

Il Prologo è la “chiave di lettura” del Vangelo: tutto quello che Gesù dice e fa è Parola di Dio. Gesù è Il Logos- Verbo, che “si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Pertanto, Gesù è il Verbo incarnato ed il Figlio unigenito di Dio.

 

Il Vangelo è strutturato in due parti: la prima si svolge attraverso le opere compiute durante sei “feste”: la prima festa di Pasqua, con le nozze di Cana ed con il miracolo della trasformazione dell’acqua vino (Gv 2,1-11); un’altra festa dei Giudei, che si svolge di sabato e durante la quale Gesù guarisce un paralitico alla piscina di Betzatà, attirandosi le ire dei Giudei, secondo i quali, nel giorno di festa, non è lecito neppure compiere opere di bene (Gv 5,1-17); la seconda Pasqua, durante la quale ci sono i miracoli della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Gv 6,1-13) ed il cammino di Gesù sulle acque del Mare di Galilea ( il lago di Genezaret) (Gv 6,16-21). Ci sono anche il racconto eucaristico ( Gv 6,22-58) ed il riferimento al futuro tradimento di Giuda (Gv 6,64); la festa delle Capanne, con il perdono della adultera ( Gv 1,1-11) e la guarigione del cieco dalla nascita (Gv 1,12); la festa della Dedicazione del Tempio, con la resurrezione di Lazzaro (Gv 11,38-44); la terza Pasqua, con l’unzione di Gesù, durante al cena a Betania (Gv 12,1-8).

 

La seconda parte comprende l’Ultima Cena, il cui racconto occupa ben cinque Capitoli, dal 13° al 17° (oltre un quarto dell’intero Vangelo). In questo racconto, però, non c’è l’istituzione dell’Eucarestia, come nei Vangeli Sinottici, ma c’ è la lavanda dei piedi degli Apostoli (Gv 13,1-12). Il racconto eucaristico ed il tradimento di Giuda sono narrati nel Capitolo 6, in un altro contesto. La seconda parte comprende anche la passione, morte e resurrezione di Gesù, narrate in tre Capitoli.

 

Il 21° Capitolo, l’ultimo, sembra aggiunto a posteriori, dato che il finale sembra essere alla fine del Capitolo 20 in cui è scritto: “ Gesù…fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo,il Figlio di Dio”. (Gv 20,30-31). Nell’ultimo verso è enunciato lo scopo del Vangelo: far credere al lettore “che Gesù è il Cristo, Figlio di Dio”.

 

Il manoscritto originale più antico dei Vangeli Canonici, pervenuto fino a noi, è il Papiro 52, trovato in Egitto, che risale all’anno 125 circa, di appena 9 cm per 6, scritto su entrambi i lati, come i Codici, che contiene 5 versi della passione di Gesù del Vangelo secondo Giovanni.

 

L’Apostolo Giovanni è anche ritenuto autore del Libro dell’Apocalisse, che è stato inserito per ultimo nel Canone del Nuovo Testamento.

 

Nel Prologo, Giovanni dichiara di aver già scritto il Vangelo,che è “la testimonianza di Gesù Cristo, secondo quanto (egli come Apostolo) vide” (1, 2). Dichiara anche di aver scritto il Libro dell’Apocalisse mentre si trovava “nell’isola chiamata Patmos”, a motivo della sua fede cristiana. (1, 9)

 

 

La formazione del “canone

 

Come abbiamo scritto, i quattro Vangeli Canonici sono stati scritti nella seconda metà del I° secolo, quando, con l’aumento delle Comunità cristiane, non potevano più essere presenti, nelle riunioni, gli Apostoli, i discepoli ed i testimoni oculari, che riportavano il messaggio di salvezza di Gesù, oggetto delle sue predicazioni.

 

Lo stesso problema si pose quando scomparvero i testimoni diretti delle predicazioni di Gesù. Poichè c’era il pericolo della falsificazione o della modifica dei messaggi di Gesù trasmessi oralmente, si decise di mettere per iscritto le parole (i detti-logia) pronunciate da Lui durante la predicazione. Successivamente, sono scritti i Vangeli.

 

Poiché circolavano, per essere utilizzati nella liturgia, nelle Comunità cristiane, oltre ai Vangeli anche altri testi, come le Lettere di Paolo o di altri Apostoli, fu necessario procedere ad un’azione di “verifica” degli stessi, per accertarne la loro autenticità e soprattutto la loro conformità al messaggio di Gesù.

 

Così, lentamente andò formandosi il Canone (che in lingua greca significa catalogo o regola), cioè elenco ufficiale di testi sacri, riconosciuti dalla Chiesa, che poi danno origine al cosiddetto Nuovo Testamento, dal quale sono esclusi tutti gli altri testi, ritenuti falsi ed anche eretici.

 

I più importanti di questi testi non canonici sono i Vangeli Apocrifi. La formazione del Canone è stato un processo durato un paio di secoli e svoltosi dal II al IV secolo.

 

I criteri usati dai Padri della Chiesa per inserire un testo nel Canone sono stati:

- la paternità apostolica: i testi dovevano essere attribuibili all’insegnamento

( predicazione) o alla diretta scrittura da parte degli Apostoli o dei loro più stretti discepoli o collaboratori, che erano “ispirati da Dio”;

- uso liturgico: i testi dovevano essere letti nei riti seguiti dalle Comunità;

- ortodossia: i testi dovevano rispettare le verità dogmatiche di Fede.

 

Il primo tentativo di redigere un “elenco” di testi sacri è di Marcione, nel 140, che considera attendibili solo il Vangelo secondo Luca, che riporta gli insegnamenti di Paolo, ed alcune Lettere di Paolo, dato che Paolo era l’unico che diceva la “verità”, in quanto gli altri Evangelisti erano troppo “influenzati” dall’Ebraismo, che invece, secondo lui, si doveva invece superare. Per queste sue teorie Marcione viene scomunicato nel 144.

 

Verso la metà del II sec., Giustino Martire considera Canonici i tre Vangeli secondo Marco, Matteo e Luca ( ha dubbi su quello secondo Giovanni).

 

Nello stesso periodo, lo scrittore greco Taziano cerca di risolvere il problema della “quadruplicità” dei Vangeli e di trovare una “armonia evangelica”, facendone una versione unica nel suo Diatessaron ( che in greco significa uno attraverso quattro), composto intorno al 160.

 

Anche il cosiddetto Canone Muratoriano (cosiddetto perché fu scoperto nel 1740, nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, da Ludovico Antonio Muratori), composto probabilmente a Roma verso il 170, elenca una serie di testi, compresi i quattro Vangeli.

 

Nel II secolo, Ireneo,Vescovo di Lione, allievo di S. Policarpo, che era stato discepolo dell’Apostolo Giovanni, è il primo che parla dei quattro Vangeli secondo Matteo,Marco,Luca e Giovanni, nella sua opera più importante Contro le eresie, scritta intorno all’anno 180 contro coloro che deviano dal Canone, in particolare gli gnostici.

 

Anche Origene (185-254) sostiene l’inserimento dei quattro Vangeli nel Canone ed elabora un sistema per distinguere gli scritti canonici da quelli apocrifi. Afferma infatti che ci sono tre tipi di scritti: quelli riconosciuti da tutti e pertanto sicuramente canonici; quelli scritti da simulatori e quindi sicuramente falsi; quelli la cui autenticità è dubbia, ad es. la Seconda Lettera di Pietro e le Lettere cattoliche di Erma. Nel IV sec, però, questa tripartizione di Origene è lentamente abbandonata: ci sono solo testi canonici e testi non canonici, che sono falsi ed anche eretici.

 

Nel III sec., se l’inserimento nel Canone è ormai consolidato per i quattro Vangeli, non altrettanto accettata da tutti è la presenza, tra i testi canonici di altri testi. Al riguardo, i Padri della Chiesa concordano nell’inserire nel Canone 13 Lettere di Paolo, la Prima Lettera di Pietro,la Prima Lettera di Giovanni, gli Atti degli Apostoli di Luca e l’Apocalisse di Giovanni.

 

La formazione del Canone ha una diversa evoluzione in Oriente ed in Occidente. Infatti, alcuni scritti, rifiutati dalla Chiesa di Occidente ( cioè la Chiesa di Roma) hanno avuto una grande diffusione nella Chiesa d’Oriente, almeno fino al IV secolo, quando il Concilio di Nicea del 325 fissò il contenuto del Canone, con l’indicazione specifica dei testi accolti in esso.

 

La Chiesa d’Oriente, nel III sec. accoglie nel Canone del Nuovo Testamento sicuramente 21 testi ( con l’esclusione dell’Apocalisse di Giovanni e della maggior parte delle Lettere Cattoliche), ma secondo altri studiosi, i testi sono 26, cioè tutti quelli attualmente riconosciuti come canonici, esclusa l’Apocalisse di Giovanni.

 

Nel 325, Costantino convoca a Nicea il Concilio, non solo per contrastare le idee, considerate eretiche di Ario, che ritiene che Gesù era subordinato al Padre (Dio), ma anche e soprattutto per dare unità all’Impero, attraverso un’unica Religione, che è il Cristianesimo.

 

Il Concilio di Nicea stabilì dopo vivaci discussioni teologiche, non solo la condanna dell’arianesimo ( la dottrina propagandata da Ario, che sosteneva la subordinazione di Gesù a Dio), ma anche i criteri per inserire i testi religiosi nel Canone. Quelli che ne sono esclusi, automaticamente sono considerati eretici e quindi devono essere distrutti (come in effetti avvenne in molte Comunità cristiane). Gli autori dei testi non canonici sono considerati eretici e severamente puniti, anche con la morte.

 

Il Canone del Nuovo Testamento è definitivamente recepito nei Sinodi di Ippona del 393 e di Cartagine del 397,durante il pontificato di Papa Siricio (384-399).

 

Nel 367, Atanasio, Vescovo di Alessandria, nella sua Lettera pasquale, accoglie tutti i 27 libri dell’attuale Canone. L’accoglimento delle 7 Lettere Cattoliche avviene, progressivamente in tutte le Chiese d’Oriente tra il V ed il VI secolo. mentre l’Apocalisse di Giovanni continua ad essere ritenuta “non canonica” fino al IX secolo.

 

Nella Chiesa d’Occidente, il processo di formazione del Canone è più rapido. Secondo S. Gerolamo e S. Agostino, già nel V secolo, sono considerati canonici tutti i 27 testi attuali. Ci sono però dei dubbi sulla paternità di alcuni testi, come la Lettera agli Ebrei, che per molto tempo non è considerata opera di S. Paolo.

 

La centralizzazione della Chiesa cristiana

 

Accanto al processo di formazione del Canone, ci fu un lento processo di “centralizzazione” della struttura della Chiesa Cristiana, sulla base delle teorie di Ireneo e di altri Padri della Chiesa. Infatti, Ireneo, sottolinea l’importanza, oltre che dell’ortodossia dei testi usati nella liturgia,anche della “centralizzazione” della Chiesa Cristiana, basandosi sul semplice concetto che, essendoci un solo Dio, ci deve essere anche una sola Chiesa, depositaria di una sola verità.

 

Già nel Cristianesimo delle origini, nel I secolo, nasce la polemica, ben nota agli esegeti ed agli storici del Cristianesimo, tra la Chiesa di Roma, rappresentata da S. Paolo e la Chiesa di Gerusalemme, rappresentata prima da Pietro e poi da Giacomo, ritenuto fratello di Gesù, che è ucciso nel 44. Infatti, Paolo vuole superare il Giudaismo e la Legge mosaica, con le sue prescrizioni (come quella della circoncisione rituale), per rivolgere la sua predicazione ai pagani (i gentili).

 

 Invece, Pietro e Giacomo sono molto attaccati alla Legge mosaica, in quanto la loro predicazione si rivolge essenzialmente agli ebrei, per convertirli al Cristianesimo.

 

Il primo passo è, nel II secolo, l’affidamento delle varie Comunità cristiane alla guida ed alla direzione di un solo Vescovo e non più di un gruppo di fedeli, i Vescovi presbiteri, scelti in genere soprattutto in base alle loro “doti religiose” ed alle loro qualità morali,piuttosto che alle loro capacità organizzative.

 

Lentamente, si afferma la superiorità del Vescovo di Roma sugli altri Vescovi. Papa Stefano I (254-257) è il primo a rivendicare il suo “primato”,rifacendosi alla successione diretta dall’Apostolo Pietro,che era stato il primo Vescovo di Roma, in base al passo del Vangelo secondo Matteo in cui Gesù dice a Pietro:” Tu sei Pietro e su questa pietra io costruirò la mia Chiesa” (Mt 16,18).

 

Nella seconda metà del II secolo iniziano le “grandi persecuzioni” contro i Cristiani, non solo quelli residenti a Roma ed in Italia. Infatti,nel 258, l’Imperatore Valeriano ordina di eliminare tutti i Vescovi, sacerdoti e diaconi cristiani.

 

La situazione dei Cristiani cambia profondamente con l’Editto di Milano,emanato nel 313 da Costantino,con il quale il Cristianesimo diventa “culto ammesso” e quindi i fedeli possono liberamente praticare la loro fede.

 

Il Papa Damaso I (366-384) dichiara di essere l’erede dell’Autorità degli Apostoli,in quanto, come Vescovo di Roma, è l’unico e diretto successore dall’Apostolo Pietro. Quindi Roma è la Sede Apostolica, dato che la Chiesa di Roma è l’unica che può rivendicare la successione diretta dagli Apostoli.

 

Il Papa Innocenzo IV (402-417) rivendica per Roma, in quanto Sede Apostolica, l’autorità su tutte le Chiese e quindi su tutta la Cristianità. Il Papa Leone I Magno (440-461) afferma che il Papa, come Vescovo di Roma, succeduto a Pietro, è il “primate di tutti i Vescovi nella Chiesa” ed agisce come incarnazione mistica di Pietro.

 

Il Papa Gelasio I (492-496) elabora la teoria dei due poteri: quello spirituale, riservato al Pontefice, e quello temporale, prerogativa dell’Imperatore. Però, l’autorità spirituale del Papa è superiore a quella dell’Imperatore perchè “garantisce la salvezza”. Inoltre, il Papa si fa riconoscere Vicario di Cristo dal Sinodo tenutosi a Roma il 13 maggio 495.

 

Infine, con il Papa Gregorio I Magno (590-604), la Chiesa si appropria dei luoghi di culto e delle festività pagane ed in parte anche dei rituali pagani. Infatti, nel 601, scrive ad un Abate che deve recarsi in Britannia, di conservare i templi pagani, dopo averli purificati e consacrati al culto del “vero Dio”.

 

 In particolare, la Chiesa si appropria della festività pagana della nascita di Mitra, il 25 dicembre, che diventa il giorno della nascita di Gesù e quindi la festività più importante del Cristianesimo.

 

La redazione dei Vangeli apocrifi

 

I Vangeli Apocrifi, cioè segreti ( dato che il termine apocrifo in lingua greca significa segreto o nascosto), secondo la Chiesa, sono quei testi, scritti nei primi secoli del Cristianesimo, che raccontano le storie della vita di Gesù, di sua madre Maria e di suo Padre Giuseppe, che non sono raccontate o sono raccontate in modo diverso nei quattro Vangeli Canonici secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni, che sono i soli riconosciuti dalla Chiesa come testimonianza del messaggio salvifico di Gesù, tanto da essere considerati “ispirati da Dio”.

 

I Vangeli Apocrifi, invece, “non sono ispirati da Dio”. Anzi, la Chiesa ritiene che «talvolta sono frutto di mistificazioni ereticali o di pura fantasia. Possono contenere qualche dato prezioso, soprattutto per la storia del Cristianesimo, ma non hanno nessun valore normativo per il credente». (Vangelo e gli Atti degli Apostoli, Edizioni Messaggero di S. Antonio, Padova 1989).

 

Pertanto, i Vangeli Apocrifi sono stati rifiutati dalla Chiesa, che non li ha inseriti nel Canone, perché li ha considerati “non attendibili”, benché alcuni avevano il nome di un Apostolo o di un discepolo di Gesù, e quindi li ha considerati falsi ed anche eretici, perché contrari all’Ortodossia cristiana e pertanto non potevano essere letti nelle Comunità Cristiane. Ciononostante, questi Vangeli hanno continuato per un certo tempo ad essere utilizzati da Comunità cristiane e da Gruppi religiosi ed alcuni hanno esercitato una grande influenza sulla religiosità popolare e nella iconografia sacra cristiana.

 

I motivi che hanno portato alla scrittura di questi Vangeli Apocrifi sono stati, secondo gli studiosi, essenzialmente due. Il primo motivo è stato il desiderio di “integrare” i testi canonici, aggiungendo notizie “originali”, relative alla vita di Gesù, soprattutto alla sua infanzia e fanciullezza, alla vita di sua madre Maria e di suo padre Giuseppe, che non sono raccontate nei Vangeli Canonici, di cui pertanto gli Apocrifi possono essere un “completamento”, anche se non sono riconosciuti dalla Chiesa.

 

Al riguardo, ricordiamo alcune storie raccontate nei Vangeli Apocrifi, e non riportate nei Vangeli Canonici, come la nascita di Gesù a Betlemme in una grotta, nella quale era riscaldato dall’alito di un bue e di un asino, o come i nomi dei tre Magi e quelli dei genitori di Maria, la madre di Gesù, cioè Anna e Gioacchino, o come il racconto della “pia donna” Veronica ( il cui nome latino ha una notevole assonanza con le parole vera icon, che significano vera icona, o immagine di Gesù), che asciugò, con un “sudario”, la fronte di Gesù mentre saliva al Calvario, che sono entrate profondamente nell’immaginario collettivo e sono anche raffigurate in tanti celebri dipinti, come l’Annunciazione di Leonardo da Vinci, al Museo degli Uffizi,a Firenze e La presentazione al Tempio di Tiziano, alla Galleria dell’Accademia, a Venezia.

 

L’altro motivo, che ha portato alla scrittura dei Vangeli Apocrifi, è il fatto che sono stati scritti per l’istruzione dei membri di Comunità cristiane o di Gruppi religiosi, minoritari nell’ambito del Cristianesimo, che professavano una dottrina particolare, che in qualche caso aveva anche un carattere esoterico o di segretezza (come dice appunto il loro nome in greco), e che, pertanto, doveva rimanere celata, nascosta, agli “esterni” alla Comunità o al Gruppo, i cosiddetti profani. Quindi, questi testi erano riservati agli adepti, che peraltro riuscivano a comprenderli solo dopo un adeguato “percorso iniziatico” ed anche una specifica “iniziazione”. Pertanto, questi testi dovevano rimanere “segreti” per chi non faceva parte della Comunità o del Gruppo che li adottava.

 

Sicuramente, gli Gnostici ( aderenti allo gnosticismo molto diffuso dal II al IV secolo), avevano libri segreti ( biblioi apokryphoi), riservati agli aderenti al Movimento, di cui i profani non potevano prendere visione.

 

Probabilmente, alcuni di questi Vangeli sono stati utilizzati anche per fare proselitismo, cioè per raccogliere nuove adesioni alla Comunità o al Gruppo. A questo scopo, i Vangeli portavano il nome di un Apostolo o di un discepolo di Gesù, per acquisire maggiore “autorevolezza” e per avere più “credibilità” e quindi ottenere un più facile consenso popolare.

 

Dato che la dottrina religiosa professata da queste Comunità o Gruppi era considerata “non ortodossa”, è stata “combattuta” dai Padri della Chiesa dei primi secoli, che però hanno citato vari passi dei Vangeli Apocrifi nelle loro opere, scritte appunto per confutarli. Al riguardo, c’è il dubbio che i passi riportati dai Padri della Chiesa non fossero sempre “conformi” al testo originale, dato che erano citati appunto con lo scopo di contestarne il contenuto (la cosiddetta manomissione patristica).

 

Comunque, con la formazione del Canone, il termine apocrifo ha assunto una “connotazione negativa” all’interno della Chiesa, con il significato non solo di “non canonico”, ma anche di “eretico”, contenente cioè teorie e dottrine considerate eretiche dai Concili, perché in contrasto con l’Ortodossia cristiana.

 

Vari studiosi hanno cercato, soprattutto negli ultimi secoli, di capire come sono nate le eresie. In passato, infatti, si riteneva che l’Ortodossia Cristiana, con i suoi dogmi, avesse avuto una “origine naturale”, cioè che era nata spontaneamente e contemporaneamente al consolidarsi della struttura del Cristianesimo. Pertanto, si supponeva che i Padri della Chiesa, a partire dal II secolo, hanno considerato “non ortodosse” e quindi “eretiche”, le posizioni dottrinali in contrasto con l’Ortodossia.

 

Però, nel 1934, lo studioso Bauer formulò una ipotesi “rivoluzionaria”, affermando che all’inizio del Cristianesimo non c’era una “Ortodossia comune”, cioè seguita da tutti i fedeli, ma molte Comunità, per lo meno le più importanti, presenti oltre che a Gerusalemme, anche nelle grandi città dell’Impero romano (Alessandria d’Egitto, Antiochia in Siria, Efeso in Turchia, Lione in Gallia, Roma) avevano la propria posizione dottrinale e seguivano una propria liturgia. Ben presto però, si arrivò ad uno scontro dottrinale e teologico molto aspro, riportato anche nei Sinodi e nei Concili, convocati per cercare di dirimere quelle questioni dottrinali. Alla fine, prevalse una posizione dottrinale e le altre, quelle “perdenti”, furono considerate “non ortodosse” e quindi “eretiche”. Questa tesi ha avuto un ampio consenso ed è oggi ampiamente accettata.

 

Al riguardo, si può ricordare la disputa, nei primi anni del Cristianesimo, tra Pietro, leader dei giudeo-cristiani (cioè degli ebrei convertiti al Cristianesimo), che voleva conservare la Legge mosaica per tutti i Cristiani, e Paolo, che invece rivolgeva la sua missione evangelizzatrice verso i gentili (cioè i pagani e i non ebrei) e voleva superare il Giudaismo perché pensava al Cristianesimo come ad una Religione nuova ed universale, cioè rivolta a tutti gli uomini e non solo agli ebrei.

 

Uno degli argomenti di maggior contrasto, sul quale sorse un’aspra polemica, era quello della circoncisione rituale, imposta a tutti i cristiani, anche ai gentili (pagani) che si convertivano. Il problema fu risolto dal Primo Concilio di Gerusalemme, svoltosi intorno al 50 e presieduto da Giacomo, primo Vescovo della Comunità cristiana di Gerusalemme, che stabilì le norme per i pagani (gentili) convertiti al Cristianesimo, che dovevano “astenersi dalle carni offerte agli idoli,dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime”. ( Atti degli Apostoli, 15, 29)

 

Bisogna, comunque, precisare:

- che alcuni Vangeli Apocrifi hanno avuto una diffusione limitata, a una determinata area geografica o addirittura solo all’interno della Comunità o del Gruppo che li aveva prodotti e che li utilizzava nella liturgia;

- Che non tutti i Vangeli Apocrifi sono stati considerati eretici e quindi condannati alla distruzione. Infatti, alcuni erano di fatto accettati,almeno nei primi tempi ( come i Vangeli Giudeo-cristiani ed il Protovangelo di Giacomo), nonostante riportassero notizie differenti dai Vangeli Canonici, e quindi erano ampiamente diffusi, tanto che hanno avuto un ruolo importante nella religiosità popolare e nella iconografia sacra;

- Che non tutti i Vangeli Apocrifi, conosciuti in genere attraverso le opere dei Padri della Chiesa che li confutavano, sono arrivati fino a noi. Infatti molti sono stati distrutti o sono andati perduti. Inoltre, quelli che sono stati trovati, soprattutto grazie alle scoperte archeologiche degli ultimi secoli, in particolare nel Novecento, constano di pochi frammenti, che spesso sono anche in uno stato pessimo di conservazione, per cui è molto difficile la datazione e l’interpretazione del contenuto. Peraltro, il ritrovamento di testi originali, integri, cioè che non hanno avuto la cosiddetta manomissione patristica, ne ha consentito un esame ed un giudizio più sereno da parte degli esegeti;

- Che alcuni Vangeli apocrifi risalgono al medioevo, come la Dichiarazione di Giuseppe di Arimatea ( del XII secolo, che parla dei due ladroni crocifissi con Lui, che si chiamano Dema e Gesta), l’Interrogatio Johannis ( del XII secolo, in lingua latina, che descrive la rivelazione segreta fatta da Gesù a Giovanni durante l’Ultima Cena) ed il Vangelo di Barnaba (del XIV secolo, in lingua spagnola, che descrive Gesù come un precursore di Maometto).

 

I Vangeli Apocrifi però non sono gli unici documenti che non sono recepiti nel Canone dalla Chiesa. Ci sono infatti molti altri testi apocrifi, che costituiscono una ricca e variegata letteratura apocrifa, come le Lettere pseudo epigrafiche ( cosiddette perchè riportano il nome di un Apostolo o di un altro discepolo di Gesù, probabilmente, per renderle più autorevoli e credibili, per farle “accettare”), gli Atti apocrifi degli Apostoli, che trattano della loro vita, e le Apocalissi.

 

Alcuni Vangeli apocrifi

 

I Vangeli Apocrifi presentano delle differenze o peculiarità, per cui si possono classificare in varie tipologie. Ad esempio, in base al loro contenuto possiamo classificarli in:

- I Vangeli giudeo cristiani, prodotti probabilmente verso la metà del II secolo nelle prime Comunità cristiane, soprattutto in quella di Gerusalemme, i cui fedeli, essendo ebrei convertiti, desideravano continuare a seguire la Legge mosaica e le Sacre Scritture, come l’Antico Testamento. Sono il Vangelo degli Ebrei, il Vangelo dei Nazirei ed il Vangelo degli Ebioniti, nessuno dei quali però ci è pervenuto. Li conosciamo, pertanto, solo attraverso le citazioni fatte dai Padri della Chiesa.

In particolare, Il Vangelo degli Ebrei, è considerato da alcuni studiosi la versione originaria, in aramaico, del Vangelo secondo Matteo.

- Vangeli Apocrifi gnostici, cioè scritti per diffondere le teorie gnostiche, nel II e nel III secolo. Nel 1945, a Nag Hammadi, una località a circa 450 Km da Il Cairo, alcuni contadini rinvennero nel terreno una giara di terra cotta sigillata. Dopo averla aperta, vi trovarono 13 Codici che contenevano oltre cinquanta testi di derivazione gnostica, tutti scritti in lingua copta.

 

Riportano il ministero di Gesù, con i suoi insegnamenti, e sono in genere attribuiti ad un Apostolo per avere maggiore autorevolezza e quindi una più ampia diffusione;

Riportano anche i colloqui di Gesù con i suoi discepoli, che gli pongono delle domande, alle quali Gesù risponde illustrando i suoi racconti con le parabole.

 

Ricordiamo tra i Vangeli Apocrifi trovati a Nag Hammadi:

- il Vangelo di Tommaso, detto anche Quinto Vangelo, attribuito all’Apostolo Tommaso e scritto nel II secolo, che è una raccolta di detti di Gesù;

- il Vangelo di Filippo, attribuito all’Apostolo Filippo e scritto nel II secolo, che riporta vari detti di Gesù e presenta Cristo e Maria Maddalena come “consorti” in senso spirituale;

- l’Apocrifo di Giovanni, o Libro di Giovanni, attribuito all’Apostolo ed Evangelista Giovanni, scritto nel II secolo, che contiene una rivelazione segreta di Gesù risorto a Giovanni. A Nag Hammadi ne sono state trovate tre versioni;

- il Libro segreto di Giacomo, o Apocrifo di Giacomo, attribuito all’Apostolo Giacomo, scritto nel II secolo, che contiene una rivelazione segreta di Gesù risorto a Giacomo;

- la Pistis Sophia, o Libro del Salvatore, scritto nel II o III secolo, che contiene una rivelazione segreta di Gesù agli Apostoli ed esalta il ruolo di Maria Maddalena, come incarnazione della Sophia (Conoscenza);

- il Dialogo del Redentore, o Dialogo del Salvatore, scritto nel II secolo, che contiene il dialogo di Gesù con alcuni discepoli, nel quale si illustra la cosmologia gnostica;

- il Vangelo copto degli Egiziani, detto anche Santo Libro del Grande Spirito Invisibile, scritto nel III o IV secolo, in cui Gesù è rappresentato come incarnazione di Set.

Tra gli altri Vangeli Gnostici, non trovati a Nag Hammadi, ricordiamo:

- il Vangelo di Giuda, attribuito all’Apostolo Giuda Iscariota e scritto nel II secolo in copto, forse da una precedente testo in greco, in cui si racconta che Gesù chiede a Giuda di tradirlo. È stato ritrovato a Minya (egitto) nel 1978;

- il Vangelo di Maria Maddalena, scritto verso la metà del II secolo in copto, forse da una precedente testo in greco, in cui si esalta il ruolo di Maria Maddalena. Si sono trovati solo alcuni frammenti;

- il Vangelo greco degli Egiziani, scritto in Egitto, all’inizio del II secolo, in greco, che riporta il dialogo di Gesù con Salomè. È andato perduto. Ci sono solo alcune citazioni da parte dei Padri della Chiesa.

- Il Vangelo di Bardesane, attribuito a Bardesane, uno gnostico siriaco del II-III secolo, che alcuni studiosi ritengono che sia il Diatesseron di Taziano.

 

- I Vangeli Apocrifi dell’infanzia, che riportano episodi della vita di Gesù, soprattutto dell’infanzia e della fanciullezza, di cui non parlano i Vangeli Canonici. Sono stati scritti appunto per “integrarli”, riportando alcune notizie originali, anche se in parte considerate leggendarie”, che hanno avuto un’ampia diffusione nella religiosità popolare ed hanno avuto un importante influsso nella iconografia sacra.

 

A questa tipologia appartengono:

- Il Protovangelo di Giacomo, o Vangelo dell’Infanzia di Giacomo, attribuito all’Apostolo Giacomo, primo Vescovo di Gerusalemme, scritto in greco verso la metà del II secolo, che racconta la nascita miracolosa di Maria, da Anna e Gioacchino, e la sua infanzia nel Tempio di Gerusalemme, il suo matrimonio con Giuseppe e la nascita di Gesù in una grotta. Esalta la verginità di Maria.

- il Vangelo dello Pseudo Tommaso, o Vangelo dell’Infanzia di Tommaso, attribuito all’Apostolo Tommaso, scritto in greco verso la metà del II secolo, che racconta vari miracoli compiuti da Gesù, tra i 5 ed i 12 anni;

- il Vangelo dello Pseudo Matteo, o Vangelo dell’Infanzia di Matteo, attribuito all’Apostolo Matteo, scritto verso l’VIII o IX secolo in latino, che riprende il contenuto dei due precedenti Vangeli, aggiungendo l’episodio della fuga in Egitto della Sacra Famiglia;

- il Vangelo arabo dell’Infanzia, scritto verso l’VIII o IX secolo in arabo siriaco, che riprende il contenuto dei precedenti tre Vangeli;

- Il Vangelo armeno dell’Infanzia, scritto in lingua armena, con una redazione risalente al XIX secolo su documenti molto precedenti, che riprende il contenuto dei precedenti quattro Vangeli;

- Il Libro sulla Natività di Maria, scritto verso l’VIII o IX secolo in latino, che è un riassunto dei primi 11 Capitoli del Vangelo dello pseudo Matteo.

- I Vangeli della passione, che descrivono la cattura di Gesù, il suo processo davanti alle Autorità religiose ebraiche ad al Procuratore romano Ponzio Pilato, la sua morte e la sua resurrezione.

 

Appartengono a questa tipologia:

- il Vangelo di Gamaliele, del IV secolo, in lingua copta, che mette in luce positiva Ponzio Pilato e la moglie Procula, che cercano di salvare Gesù. Per questo motivo, sono stati dichiarati Santi dalle Chiese Greco-ortodossa e Copta;

- il Vangelo di Nicodemo o Atti di Pilato, del II secolo, in lingua greca, che descrive la passione di Gesù discolpando Pilato della morte di Gesù;

- il Vangelo di Pietro, del II secolo, in lingua greca, che discolpa Pilato;

- La Dichiarazione di Giuseppe di Arimatea, del XII secolo, in lingua greca, che descrive la passione di Gesù e parla dei due ladroni crocifissi con Lui, che si chiamano Dema e Gesta.

 

Ci sono, inoltre, alcuni frammenti di papiro o di pergamena che contengono dei passi, che per la loro brevità, non sono riconducibili ad alcun Vangelo Canonico o Apocrifo. Anche la loro datazione è molto difficile e varia a seconda degli studiosi.

 

Appartengono a questa tipologia:

- il Papiro di Ossirinco 840, del IV secolo, in lingua greca, su pergamena, ritrovato ad Ossirinco (Egitto) nel 1905, che riporta una discussione tra Gesù ed un Capo dei Sacerdoti, di nome Levi;

- il Vangelo della Moglie di Gesù, su papiro, in lingua copta, dell’ VIII secolo (ma probabilmente copia di un documento del II secolo), che riporta solo 8 righe, scritte su entrambi i lati del papiro (davanti e dietro), in cui compare la frase “ Gesù ha detto loro:” mia moglie…”, da cui è derivato il nome del frammento.

 

È stato presentato al Congresso Internazionale di Studi Copti a Roma,il 18 settembre 1912. Alcuni studiosi sostengono che è autentico, ma nessun autore finora ha ritenuto che sia la prova del matrimonio di Gesù.

 

Ci sono infine alcuni Vangeli Apocrifi, di cui è documentata l’esistenza, in quanto sono citati in alcune opere dei Padri della Chiesa, ma che non ci sono pervenuti e quindi si presume che siano andati perduti.

 

Al riguardo, ricordiamo:

- il Vangelo segreto di Marco. Nel 1958, è stata scoperta nel Monastero di Mar Saba, vicino a Gerusalemme, una lettera, denominata appunto Lettera di Mar Saba, attribuita a Clemente di Alessandria (155-215), nella quale ci sono due versi che narrano la resurrezione di un ragazzo ed un altro verso in cui si parla di Salomè. Si tratta di due episodi che non sono narrati nel Vangelo secondo Marco, per cui si è pensato che siano versi di un Vangelo segreto di Marco, riservato probabilmente a persone “elette” o “iniziate”. La Lettera però è considerata un falso.

 

- il Vangelo di Marcione, attribuito a Marcione, fondatore nel II secolo di una Comunità cristiana a Roma, che fu considerato eretico in quanto riteneva che il Cristianesimo doveva superare completamente il Giudaismo. Pertanto, considera attendibili solo le opere scritte da Paolo, come le sue Lettere, o da lui ispirate, come il Vangelo secondo Luca, di cui probabilmente il suo Vangelo era una rielaborazione.



 

 

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