N. 76 - Aprile 2014
(CVII)
bICENTENARIO DI NAPOLEONE ALL'ISOLA D'ELBA
UN ESILIO DORATO?
di Sabatino Furnari
Estirpiamo
immediatamente
dal
vasto
campo
della
storia
almeno
un
luogo
comune,
tra
i
tanti
che
allignano
nei
libri,
nei
siti
e
nelle
tradizioni
orali,
Napoleone
non
fu
esiliato
all’isola
d’Elba;
scelse
liberamente
di
trascorrere
quello
che
gli
rimaneva
da
vivere
dopo
il
disastro
di
Lipsia
nella
maggiore
delle
isole
dell’arcipelago
Toscano.
L’ormai
ex
Empereur
avrebbe
potuto
decidere
di
andarsene,
con
il
suo
ricco
seguito
e la
sua
sontuosa
pensione
che
comunque
non
gli
fu
mai
corrisposta,
alle
isole
greche
o
magari
a
Cuba
dove,
pur
non
avendovi
egli
mai
posato
l’imperial
piede,
c’è
un
museo
napoleonico,
invece
scelse
l’Elba.
Probabilmente
la
decisione
fu
influenzata
dalla
relativa
vicinanza
con
la
Francia.
Bonaparte
infatti
pianificò
il
suo
ritorno
in
Patria
con
ampio
anticipo,
è
facile
pensare
che
anelava
a
riprendersi
il
potere
dal
giorno
stesso
in
cui
fu
spedito
sull’isola.
L’Empereur
giunse
nella
rada
di
Portoferraio
il 4
maggio
del
1814
e,
per
i
primi
giorni
venne
ospitato
nel
palazzo
mediceo
della
Biscottiera;
così
chiamato
perché
costruito
da
Cosimo
I De
Medici
per
fare
da
panificio
all’Elba
tutta.
Cortile
del
palazzo
della
Biscotteria,
oggi
sede
del
comune
di
Portoferraio
e
luogo
in
cui
Napoleone
alloggiò
nei
suoi
primi
giorni
elbani
Il
nove
dello
stesso
mese
Bonaparte
prese
possesso
della
villa
dei
Mulini
nel
cuore
del
borgo
mediceo,
così
chiamata
per
la
preesistenza
in
loco
di
quattro
mulini
abbattuti
dall’autorità
francese
qualche
anno
prima
dell’arrivo
di
Bonaparte
il
quale
fece
immediatamente
modificare
la
villa
ordinando
la
costruzione
di
un
salone
delle
feste
e la
predisposizione
al
piano
rialzato
degli
appartamenti
riservati
alla
consorte
Maria
Luisa
che
però
non
lo
raggiunse
mai
nell’esilio
elbano
e le
stanze
a
lei
destinate
furono
occupate
solamente
dalla
madre
del
Grande
Corso
e
dalla
di
lui
sorella
Paolina.
Sempre
al
piano
superiore
venne
allestita
una
sorta
di
sala
del
trono
che
Napoleone
utilizzava
nelle
occasioni
ufficiali.
Il
piano
terra
era
allestito
in
maniera
un
po’
diversa
da
come
appare
oggi
agli
occhi
del
visitatore,
esso
si
conformava
all’uso
napoleonico
che
prevedeva
la
camera
da
letto
con
la
suite
ad
uso
dell’Imperatore,
sempre
seguendo
gli
standard
napoleonici
in
materia
di
allestimento
di
interni,
vi
erano
poi
la
Sala
da
Bagno
o
Piccola
camera
da
letto
dell'Imperatore
e
due
cabinets,
di
cui
il
primo
dotato
di
una
ricca
biblioteca
in
parte
ancora
conservata
in
loco
e in
parte
finita
in
quel
di
Sant’Elena.
Completavano
il
piano
le
due
camere
di
servizio
destinate
ai
garzoni
del
guardaroba
e ai
valletti.
I
collaboratori
e la
servitù
erano
alloggiati
in
un’apposita
ala
della
villa
ove
i
segretari
Deschamps
e
Ratherie
e il
sommelier
Lejeune,
alloggiavano
al
pari
del
giardiniere
Hollard,
dello
stalliere
Chauvin
e
del
mammelucco
Alì.
È
facile
immaginare
il
disappunto
dei
primi
tre
costretti
a
dividere
i
loro
alloggi
con
personale
di
“basso
rango”,
ma
Napoleone
non
faceva
di
queste
distinzioni
e
considerava
lo
stalliere
al
pari
del
Primo
Ministro,
anche
perché
doveva
prendersi
cura
dei
suoi
amati
cousins
gli
otto
destrieri
che
lo
aveva
accompagnato
nelle
battaglie
più
importanti
della
sua
carriera
e
per
i
quali
era
stato
previsto
uno
spazio
adeguato
anche
a
Villa
dei
Mulini.
All’Elba
Napoleone
disponeva
anche
di
una
seconda
residenza:
Villa
San
Martino
a
torto
considerata
una
sorta
di
dependance
della
Villa
dei
Mulini,
essa
infatti
venne
destinata
dall’illustre
ospite
alla
vita
privata,
quello
che
oggi
chiameremmo
relax,
e
benché
più
piccola
della
residenza
dei
Mulini
venne
dotata
di
ogni
comfort
Napoleone
si
era
invaghito
della
piccola
residenza
di
campagna
durante
una
passeggiata
a
cavallo
e
aveva
voluto
acquistarla
per
passarci
le
ore
dedicate
al
riposo,
ma a
dispetto
delle
bucoliche
intenzioni
l’ex
Imperatore
dei
francesi
riuscì
a
passare
a
Villa
San
Martino
pochissimo
tempo.
Del
resto
un
carattere
vulcanico
come
il
suo
mal
si
adattava
al
dolce
far
niente
e
mentre
rimuginava
propositi
di
vendetta
contro
i
sempre
odiati
inglesi
si
dedicò
all’ammodernamento
dell’Elba
che
in
dieci
mesi
trasformo
sotto
il
profilo
amministrativo
e
non
solo,
ancora
oggi
il
modus
cogitandi
elbano
è
permeato
da
quello
spirito
di
iniziativa
che
Bonaparte
seppe
inocularvi
in
pochissimi
mesi.
Il
molo
presso
cui
approdò
Napoleone,
con
agli
ormeggi
il
brigantino
La
Grace,
molto
simile
all'imbarcazione
Inconstant
con
cui
Napoleone
lasciò
l’Elba
Da
parte
sua
l’esule
sosteneva
di
avere
scelto
l’Elba
per
la
dolcezza
dei
costumi
dei
suoi
abitanti
e
comunque,
ad
onore
di
una
prudenza
forse
eccessiva,
prima
di
sbarcare
attese
un
giorno
sulla
fregata
Undaunted,
per
poi
toccare
il
suolo
elbano
in
forma
privata
in
località
Magazzini,
solo
dopo
qualche
ora
avvenne
lo
sbarco
ufficiale
al
molo
di
Portoferraio
dove
Napoleone
venne
accolto
con
la
pompa
consentita
dalle
condizioni
economiche
degli
elbani,
pare
che
le
chiavi
della
città
che
gli
vennero
offerte
fossero
in
realtà
quelle
della
cantina
del
Borgomastro
frettolosamente
indorate
con
della
porporina.
Lasciando
da
parte
i
pur
gustosi
aneddoti
legati
all’arrivo
di
Napoleone,
e
tornando
alle
innovazioni
che
egli
apportò
all’Elba
c’è
da
sottolineare
come
in
pochissimo
tempo
riuscì
a
dare
al
territorio
quell’impronta
di
efficienza
che
ancora
oggi
fa
sentir
ei
suoi
benefici,
istituì
un
unico
comune
e si
dedicò
alla
costruzione
di
strade
migliorando
sensibilmente
le
condizioni
di
vita
degli
elbani
attraverso
la
riunificazione
dei
poli
ospedalieri
civile
e
militare
e
dettando
precise
norme
di
pulizia
e
igiene
per
la
popolazione.
Le
novità
napoleoniche
furono
accolte
con
favore
da
quasi
tutta
la
popolazione
a
parte
gli
abitanti
di
Capoliveri
che,
tenendo
fede
al
toponimo
(Capoliveri
muove
da
Caput
Liberi)
mal
digerirono
l’ingerenza
Bonapartiana
nei
loro
affari,
anche
perché
il
neo
principe
dell’isola
oltre
a
fare
delle
buone
cose
qualche
tassa
la
mise
e in
particolare
tartassò
i
capoliveresi
ai
quali
impose
la
dogana.
E a
nulla
valse
la
concessione
delle
tre
api
d’oro
che
campeggiano
sulla
bandiera
dell’isola
e
che
stanno
a
sottolineare
l’operosità
degli
elbani,
i
capoliveresi
rimasero
fermi
sulle
loro
posizioni
anche
se...
Don
Bartolini
e la
Vantina
Anche
se
qui
storia
e
leggenda
si
confondono:
la
storia
è
quella
del
sacerdote
capoliverese
Don
Assunto
Bartolini,
la
leggenda
invece
riguarda
la
Vantina,
ma
andiamo
per
ordine.
L’Elba
era
sottoposta
alla
giurisdizione
francese,
anzi
era
annessa
alla
Francia,
dal
12
gennaio
del
1803
e
tale
provvedimento
comportò
importanti
cambiamenti
anche
sotto
il
profilo
dell’amministrazione
ecclesiastica,
l’isola
venne
infatti
smembrata
dalla
diocesi
di
Populonia
per
essere
aggregata
a
quella
di
Ajaccio
e
don
Bartolini
venne
nominato
vicario
del
vescovo
per
l’isola:
in
pratica
un
vice
vescovo
a
tutti
gli
effetti.
Don
Assunto
seppe
navigare
benissimo
tra
i
malumori
isolani
in
generali,
e
capoliveresi
in
particolari
nei
riguardi
del
governo
francese
e di
Napoleone.
Per
anni
il
sacerdote
fu
impegnato
in
un
sottile
braccio
di
ferro
con
i
commissari
napoleonici
prima
e
con
l’ex
Imperatore
in
persona
durante
il
soggiorno
di
questi
sull’isola,
spesso
l’astuto
prelato
deve
seguire
strade
contorte
per
perseguire
il
fine
della
salvaguardia
degli
interessi
degli
elbani
e
più
di
una
volta
dimostra
di
essere
un
politico
lucido
e
accorto
mettendo
spesso
in
pratica
la
teoria
della
Golpe
et
del
Lione,
di
machiavelliana
memoria.
Uno
dei
problemi
più
sentiti
dagli
elbani,
ai
quali
Don
Bartolini
tentò
di
porre
rimedio,
era
quello
della
leva
obbligatoria
istituita
da
Napoleone
non
solo
in
Francia
ma
anche
nei
territori
occupati
per
alimentare
la
Grande
Armata.
Onde
evitare
ad
un
giovane
isolano
tale
pesante
fardello
Don
Bartolini
scrive
al
commissario
napoleonico
che,
il
giovane
in
questione,
colto
da
improvvisa
grazia,
anela
a
vestire
la
divisa
delle
Armate
del
Redentore
e
non
quella
di
Napoleone.
Il
sacerdote
si
adopera
in
mille
modi
anche
per
alleggerire
la
pressione
fiscale
della
chiesa
sugli
elbani
ma
opera
sempre
in
maniera
accorta,
non
trascurando
nelle
varie
suppliche
rivolte
a
questo
o a
quello
di
sottolineare
eventuali
colpe
degli
isolani
sempre
per
non
indispettire
eccessivamente
l’autorità
costituita
alla
quale,
se
qualcosa
si
vuole
ottenere,
non
si
possono
addossare
tutte
le
colpe.
E in
questo
campo
Don
Bartolini
è
maestro
mettendosi
una
volta
sulla
scia
della
Chiesa
e
un’altra
su
quella
dell’Impero
a
seconda
dei
risultati
che
vuole
ottenere.
Anche
con
Napoleone
il
sacerdote
dimostra
un’accorta
fermezza
che
Bonaparte
saprà
apprezzare
in
luogo
delle
servili
smancerie
di
altri
sacerdoti
di
rango
ai
quali
non
rivolgerà
mai
attenzioni.
Quando
però
Napoleone
tassa
i
pochi
elbani
abbienti
a
Capoliveri
è
rivolta
e
Don
Bartolini
non
ci
pensa
due
volte
a
incitare
il
popolo
alla
disobbedienza
fiscale,
a
quel
punto
230
soldati
francesi
entrano
in
paese
nel
tentativo
di
sedare
gli
animi
e
con
l’ordine
di
arrestare
don
Assunto
il
quale
capì
che
oltre
non
si
poteva
andare
e
ridusse
il
popolo
a
più
miti
consigli
evitando
così
una
carneficina
e
l’arresto.
Risultato:
quando
alcuni
giorni
dopo
Napoleone
sfilò
per
le
vie
di
Capoliveri
chi
c’era
con
lui
sotto
il
baldacchino
dorato?
Don
Bartolini
naturalmente!
Sull’affascinate
storia
del
prelato
elbano
si
innesta
la
leggenda
della
Vantina
una
giovinetta
capoliverese
che
pare
fosse
riuscita
a
convincere
l’irritato
sovrano
a
non
cannoneggiare
la
recalcitrante
Capoliveri.
La
leggenda
vuole
che
la
ragazza
riuscisse
in
qualche
modo
a
farsi
ricevere
dal
Bonaparte
convincendolo,
non
sappiamo
con
quali
argomenti,
a
deporre
i
cannoni
salvando
così
Capoliveri
da
distruzione
certa.
L’Eredità
Altro
gustoso
aneddoto,
anche
questo
di
marca
capoliverese,
riguarda
la
pretesa
partecipazione
all’asse
ereditario
di
Napoleone
di
tale
Apollonia
Scolastica
Gelsi
la
quale
a
più
riprese
supplica
Napoleone
III
di
volerla
ammettere
a
beneficiare
delle
elargizioni
che
l’Empereur
aveva
inserito
nel
suo
testamento
in
favore
di
ufficiali
e
soldati
della
Grande
Armata.
La
Gelsi
accampa
tali
pretese
in
qualità
di
vedova
di
un
sottufficiale
napoleonico.
La
donna
aveva
già
ottenuto
dal
governo
francese
una
sorta
di
reversibilità
di
150
Franchi
annui
e
probabilmente
sperava
di
ottenere
altre
elargizioni
che
comunque
non
le
furono
concesse
proprio
perché
già
titolare
di
un
trattamento
pensionistico.
Il
Bicentenario
Queste
e
altre
storie
legate
ai
dieci
mesi
che
Napoleone
trascorse
all’Elba
saranno
celebrate
e
raccontate
nel
corso
delle
celebrazioni
che
onoreranno
il
duecentesimo
anniversario
dell’imperial
passaggio
su
una
delle
isole
più
belle
del
Mediterraneo.
La
kermesse
napoleonica
si
aprirà
naturalmente
il
quattro
maggio
con
la
rievocazione
dello
sbarco,
ma
già
sono
in
corso
gustosi
aperitivi
sotto
forma
di
mostre
e
convegni.
Tra
le
iniziative
in
programma
spicca
l’iniziativa
di
Instagram,
il
noto
social
ha
infatti
creato
l’evento
#napoleone200
che
costituirà
una
importante
tappa
dell’Intatour.
L’evento
si
terrà
dal
15
al
18
quando
festose
nuvole
di
instagramers
invaderanno
l’Elba
per
celebrare
Napoleone
attraverso
le
loro
immagini,
chi
vorrà
potrà
partecipare
ad
un
concorso
fotografico
dedicato
all’Imperatore
dell’Elba.
Tra
i
pezzi
unici
che
faranno
mostra
di
se a
Portoferraio
sarà
esposta
l’appena
restaurata
tenda
da
campo
che
Bonaparte
usava
in
battaglia,
in
pratica
la
sua
casa
se
si
considera
al
tempo
passato
da
Napoleone
a
ingaggiar
battaglie
in
giro
per
l’Europa.
Non
si
tratta
di
una
tenda
qualunque
ma
di
una
piccola
reggia
da
campo
all’interno
della
quale
si
potevano
svolgere
le
normali
attività
quotidiane,
era
equipaggiata
di
ogni
comfort
compreso
il
vino
prediletto
da
Napoleone,
quello
Chambertin
che
costituiva
l’unica
concessione
dell’imperatore
al
peccato
di
gola
essendo
per
il
resto
egli
di
gusti
molto
semplici
e la
sua
leggendaria
ulcera
pare
fosse
dovuta
alla
pessima
abitudine
di
mangiare
di
fretta
essendo,
dal
suo
punto
di
vista,
il
tempo
speso
a
tavola
tempo
sprecato.
Non
sarà
invece
sprecato
il
tempo
che
il
programma
del
Bicentenario
dedicherà
alle
usanze
culinarie
dell’epoca
imperiale,
in
molti
ristoranti
elbani
sarà
infatti
possibile
degustare
i
piatti
di
inizio
Ottocento
e
sono
in
programma
iniziative
specifiche
sulla
cucina
dell’epoca.
Il
2014
è
l’anno
giusto
per
programmare
un
soggiorno
all’Elba
approfittando
dell’occasione
unica
che
si
presenta
di
coniugare
le
vacanze
con
l’immersione
in
un
clima
storico
irripetibile,
o
meglio,
ripetibile
ma
solo
fra
cento
anni.