[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 207 / MARZO 2025 (CCXXXVIII)


ambiente

Sui benefici (globali) del non mangiar carne
E SE DIVENTASSIMO TUTTI VEGAN?

di Simone Valtieri


“Spero che tutti assieme riusciremo a unirci davvero per portare dei cambiamenti. È bello votare, ma a volte dobbiamo prenderci le nostre responsabilità e fare dei sacrifici nelle nostre stesse vite”. A pronunciare tali parole è stato il pluripremiato attore Joaquin Phoenix in occasione degli ultimi Golden Globe, manifestazione che si svolge durante una sfarzosa cena di gala accompagnata quest’anno da un menù rigorosamente vegano. Ma serve davvero eliminare la carne dalla nostra alimentazione per risolvere i problemi ambientali che affliggono l’epoca in cui viviamo, come suggerito da molti scienziati e dalla giovane paladina ambientalista Greta Thunberg? E cosa accadrebbe se tutti gli abitanti del pianeta intraprendessero una dieta vegetariana?

 

Limiti naturali

 

In primo luogo è bene precisare che non tutti potrebbero seguire un’alimentazione “verde”, sia per motivi di salute – poiché impossibilitati ad assimilare fibre vegetali – sia per questioni di habitat e sussistenza. Alcuni popoli (un centinaio di milioni di individui tra cui eschimesi, beduini, berberi e mongoli, per citare i più noti) non hanno infatti accesso a risorse “vegetali”, vivendo in aree prevalentemente aride o ghiacciate. In passato si è anche provato a riconvertire all’agricoltura alcune zone estremamente inospitali, come la vastissima striscia del Sahel (3.000.000 di km quadrati tra l’equatore e il deserto del Sahara), ma senza successo e con pesanti conseguenze per le economie locali, basate sulla pastorizia. Al netto di tali eccezioni, gli altri 7,4 miliardi di terrestri potrebbero facilmente intraprendere la scelta vegetariana, ma non in modo uniforme. Se nel mondo occidentale non ci sarebbero grosse controindicazioni, in quanto l’impianto economico assorbirebbe la rivoluzione verde entro il 2050 (stando a uno studio dell’Università di Oxford), i problemi arriverebbero per chi abita nel resto del pianeta, soprattutto in aree sovraffollate e non in grado di sostenere con i soli vegetali il fabbisogno della popolazione. Il nodo sta nel rimpiazzare un prodotto come la carne (fonte di proteine facilmente reperibile e meno subordinata ai cambiamenti climatici) con legumi, cereali e verdure, circostanza che comporterebbe peraltro un aumento dei terreni coltivati. Dei 5 miliardi di ettari potenzialmente coltivabili sulla Terra, infatti, circa 3,4 miliardi (il 68%) è oggi utilizzato per l’allevamento, e di questi solo 4/5 sarebbero convertibili a terreno agricolo per sfamare persone e animali. A conti fatti, si potrebbero dedicare alla coltivazione 4,3 miliardi di ettari. Ma sarebbero sufficienti a produrre la quantità di proteine proveniente oggi dagli allevamenti?

 

Dalla bistecca ai burger di soia

 

Se ipotizziamo di coltivare ogni terreno con la soia la risposta è sì, e ne basterebbero anche meno. Quanto ai costi, il mantenimento di una mucca oscilla tra i 500 e i 900 euro annui (un esemplare da latte beve 200 litri d’acqua al giorno, ossia all’incirca 73.000 litri l’anno), considerando tra l’altro che solo il 42% del corpo del bovino è commestibile, per una media di 50 kg di proteine e 25 kg di grassi. In termini di kcal proteiche, una mucca ne fornisce circa 200.000, e visto che la normativa europea prevede si possano allevare due esemplari per ogni ettaro, il risultato è di 400.000 kcal per ettaro. Per quanto riguarda la soia, invece, laddove è possibile coltivarla, un ettaro richiede una spesa che si aggira sui 1.400 euro l’anno con una resa di circa 3.600 kg di prodotto finale. Considerando che in un kg di soia ci sono 130 grammi di proteine, pari a 520 kcal proteiche complessive, alla fine dell’anno ne risulteranno 1,87 milioni: circa il 468% in più rispetto alla carne, a fronte di una spesa maggiorata solo del 65%. Peraltro, oggi nel mondo si produce carne in quantità nettamente superiore poiché gli standard etici non sono presenti ovunque o non vengono rispettati, con conseguente ricorso a un numero ingente di allevamenti intensivi, responsabili secondo Greenpeace di circa il 15% delle emissioni globali di PM (particolato). L’unica vulnerabilità in tale meccanismo è che le monocolture, a lungo andare, depauperano il terreno diminuendone la biodiversità, ed è necessario ruotare le coltivazioni per mantenerlo fertile. Per cui, dopo alcuni raccolti, occorrerebbe variare la nostra fonte di proteine seminando piante diverse.

 

Mutamenti economici

 

Se invece decidessimo di mantenere gli allevamenti e convertirli al consumo dei derivati, i problemi riguarderebbero la quantità di latte prodotto, inferiore a quello attuale dacché buona parte sarebbe destinata alla nutrizione dei vitelli non più macellati. Di contro, ci sarebbe sicuramente un incremento del prezzo di latticini e formaggi, che diventerebbero quasi un bene di lusso, nonché la difficoltà nel “ricollocare” 3,5 miliardi di ruminanti (tale è la popolazione globale) in natura, dove molti esemplari non sopravvivrebbero per l’incapacità di procurarsi cibo, soprattutto nelle stagioni più fredde, o perché predati da altri animali (e un discorso analogo andrebbe fatto per i 10 miliardi di “polli” al fine di mantenere la produzione delle uova). Un altro problema, nel caso di una repentina svolta vegetariana, sarebbe di natura economica. Se tutti diventassimo vegetariani, nel mondo occorrerebbe infatti ricollocare circa 38 milioni di pescatori e 570 milioni di allevatori nell’agricoltura o in altri settori. Ma – dal punto di vista della salute – ci guadagneremo tutti, visto che andremmo incontro a una concreta riduzione delle morti per cancro e per malattie cardiovascolari, dovute a un eccessivo consumo di carne rossa, globalmente quantificabile tra il 6% e il 10% (5-8 milioni di vite salvate ogni anno). E questo con un risparmio di circa il 2-3% del prodotto interno lordo globale in termini di minori spese sanitarie.

 

Dieta salutare

 

Un passo decisivo, nell’analisi di una rivoluzione vegetariana o addirittura vegana, è comprendere se sia adatta a tutti dal punto di vista biologico, e la buona notizia è che, almeno nel primo caso, non esistono difficoltà insormontabili, mentre nel secondo serve qualche accorgimento. Per il resto le problematiche sarebbero risolvibili: «L’aumento di fibra alimentare che una dieta vegetariana porta con sé ha un impatto rilevante in primis sulla flora intestinale, ma anche sulla sensazione di fame e sazietà, e contrariamente a quanto si possa pensare, se l’alimentazione vegetariana continuasse ad apportare tutti i nutrienti necessari all’organismo, i cambiamenti a livello fisiologico sarebbero minimi», spiega Francesca Scazzina, Professoressa di Fisiologia all’Università di Parma. Nel dettaglio, considerando che la quantità adeguata di proteine è di 0,9 grammi per Kg di peso corporeo, un uomo di 80 kg necessita di circa 72 grammi di proteine al giorno, più un 10% dovuto alla minore digeribilità delle proteine vegetali, per un totale di circa 79 grammi, che si possono facilmente assumere anche mangiando pasta, legumi, latte, uova e yogurt. «Molte proteine vegetali possono integrarsi perfettamente tra loro garantendo un adeguato apporto di tutti gli amminoacidi, e nel contesto di una dieta vegetariana equilibrata non si riscontrano carenze rilevanti di nutrienti», prosegue l’esperta. «Al limite, può essere utile integrare gli acidi grassi omega-3 con l’introduzione delle alghe nell’alimentazione». Diverso sarebbe il discorso per quanto riguarda una dieta vegana, cioè priva di prodotti come latte, formaggi e uova. “In tal caso sarebbero necessari diversi accorgimenti», aggiunge la Professoressa. «Servono infatti Omega 3, ma anche fonti affidabili di vitamina B12, calcio, ferro e zinco, reperibili in verdure con un basso contenuto di ossalati e fitati, bevande vegetali fortificate, frutta oleosa, semi e acque minerali ricche di calcio. L’assenza di tali elementi potrebbe comportare carenze nutrizionali soprattutto in bambini, anziani, e nelle donne in gravidanza e allattamento».

 

Un ambiente migliore

 

Non si hanno infine dubbi circa i benefici che un mondo totalmente vegetariano porterebbe all’ambiente visto che le emissioni di gas serra si ridurrebbero di un terzo. Attualmente – secondo i dati dell’ONU – il 14% dell’anidride carbonica prodotta sul pianeta deriva dalla filiera delle carni e il 10% dall’agricoltura. Marco Springmann, ricercatore dell’Università di Oxford, ha calcolato che se tutti smettessimo di mangiare “ciccia”, entro il 2050 le emissioni dovute alla produzione di cibo crollerebbero del 60%, arrivando addirittura al 70% se la nostra dieta fosse totalmente vegana. Rispetto ai gas serra globalmente prodotti sarebbe ancora poca cosa, visto che resterebbe un 76% complessivo generato dalla produzione di energia (35%), dall’Industria (21%), dai trasporti (14%) e dalle costruzioni (6%), ma in un mondo sensibilizzato al problema, la svolta vegetariana sarebbe probabilmente accompagnata da altre scelte coerenti in ognuno di questi settori. Certo, qualcosa perderemmo con una decisione tanto radicale e rivoluzionaria: il cibo di origine animale è legato all’identità culturale di molti popoli tramite innumerevoli tradizioni e piatti tipici, nonché festività religiose o addirittura ai riti di passaggio, soprattutto nelle popolazioni indigene di Sud America, Africa, Asia e Oceania. I ristoranti sarebbero infine costretti a reinventarsi, da chi fa hamburger a chi serve sushi. A ogni modo, un mondo come quello immaginato da Greta e Joaquin, ma anche da Paul McCartney e Lewis Hamilton, solo per citare altre celebrità attive per la causa, è molto più facile da raggiungere di quanto si pensi. Sul lato alimentare, per esempio, basterebbe un consumo più etico della carne (una o due volte a settimana al massimo) per abbattere il numero di allevamenti e colture intensive, e ridurre notevolmente le emissioni globali (nel solo Regno Unito, secondo un recente studio, crollerebbero del 17%). In sostanza, se da domani tutti mangiassimo un po’ meno carne, il mondo di dopodomani ne trarrebbe sicuramente beneficio.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]