N. 1 - Gennaio 2008
(XXXII)
Benazir Bhutto
Una morte cruenta
di Giovanna Canzano
“La morte cruenta di Benazir Bhutto è uno degli
episodi che costellano una ben precisa strategia:
quella della destabilizzazione del Vicino e Medio
Oriente, in coerenza con la recente riformulazione
del progetto statunitense del Grande Medio Oriente
degli esordi della amministrazione Bush”. (Tiberio
Graziani)
CANZANO: Benazir Bhutto, una morte annunciata?
GRAZIANI: Certamente sì. C’era da
aspettarselo. Ricordiamo che l’arrivo della Bhutto in
Pakistan, il 18 ottobre scorso, dopo alcuni anni di
volontario e dorato esilio tra Londra e Dubai, venne
salutato con un attentato che causò la morte di circa
130 persone…
CANZANO: L’omicidio nasce da un progetto di
destabilizzazione?
GRAZIANI: La morte cruenta d i Benazir Bhutto è uno
degli episodi che costellano una ben precisa strategia:
quella della destabilizzazione del Vicino e Medio
Oriente, in coerenza con la recente riformulazione del
progetto statunitense del Grande Medio Oriente degli
esordi della amministrazione Bush. Il progetto del
Greater Middle East o anche Broader Middle East (Medio
Oriente allargato) è stato introdotto, quale proposta
per dare una svolta radicale alla politica occidentale
verso il Vicino e Medio Oriente, durante il vertice del
G8 del 2004. L’idea, tuttavia, risale agli accordi di
Helsinki del 1975.
Vale
la pena ripercorrere la genesi di questa nuova
riformulazione, che si traduce, in termini
semplificati, nella creazione di un nuovo arco di
instabilità in ossequio ai dettami di Zbigniew
Brzezinski, il teorizzatore della trappola afgana contro
l’Unione Sovietica e dell’utilizzo dei talebani in
funzione antisovietica. Molti degli attuali quadri
dell’organizzazione di Osama Bin Laden sono stati
addestrati e reclutati da Washington ai tempi della
guerra sovie to-afgana.
Dunque, un mese prima dell’aggressiva ritorsione
israeliana contro il Libano del luglio 2006, Condoleeza
Rice ha riformulato il vecchio progetto del Grande Medio
Oriente denominandolo “Nuovo Medio Oriente”. Lo stesso
segretario di Stato, nei giorni della guerra israeliana
contro il Libano, congiuntamente con il primo ministro
israeliano Olmert informò i media che in Libano era
stato avviato un progetto per un “nuovo” Medio Oriente.
Attualmente, dopo la penetrazione armata in Afghanistan
e in Iraq, gli interessi geostrategici degli
anglo-americani e dei loro alleati occidentali si
concentrano, a nord, verso l’area centroasiatica, per
contenere e pungolare gli interessi geopolitici della
Russia e per testare il dispositivo eurasiatico di
sicurezza messo in atto dall’Organizzazione di Shangai (SCO),
e a sudest per limita re alcune prese di posizioni
dell’alleato di sem pre, il generale Musharaff. Bisogna
ricordare che, proprio nel giugno del 2006, il Pakistan
e l’Iran sono stati invitati come osservatori della
SCO. Precedentemente, a febbraio, il Pakistan aveva
avanzato la propria candidatura a membro effettivo
L’adesione del Pakistan è sostenuta ovviamente dalla
Russia a patto che anche l’India, attualmente
osservatore, diventi membro effettivo
dell’Organizzazione di Shangai. Se ciò si realizzasse,
lo storico asse Washington – Islamabad sarebbe spezzato.
Da qui l’iniziativa del “Nuovo Grande Medio Oriente”.
Gli
USA vogliono un Pakistan destabilizzato, da mettere, nel
migliore dei casi, sotto tutela ONU, o da occupare,
come nei casi dell’Afghanistan e dell’Iraq.
L’attentato alla Bhutto ha destato molta preoccupazione
a Mosca.
Infatti, secondo quanto riportato da alcune agenzie, la
Russia ha condannato “con forza" l'attentato di oggi (27
dicembre). In particol are, Mi khail Kaminin, portavoce
del ministero degli esteri, augurando che "i dirigenti
del [Pakistan] riescano a prendere le misure necessarie
a garantire la stabilità nel paese", ha ricordato che
Mosca "aveva più volte ammonito a prestare attenzione al
fatto che le autorità pachistane avrebbero dovuto
adoperarsi al massimo per garantire la stabilità nel
paese in questo periodo cruciale". Secondo il
viceministro degli esteri, Aleksandr Lossiukov, "un
simile attentato può diventare un ennesimo fattore di
instabilità in un paese già fragile alla vigilia di
importanti elezioni".
CANZANO: Il ritorno di Benazir Bhutto era visto come uno
sbocco alternativo alla democrazia?
GRAZIANI: Sì, il ritorno della Bhutto è stato “lanciato”
mediaticamente come una opportunità democratica per il
Pakistan. Ad arte è stato fatto passare il messaggio che
grazie alla Bhutto si apris se per il Pakistan una nuova
era, che fosse cioè possibile realizzabile
l’irrealizzabile, vale a dire un Pakistan laico e
democratico. Quando invece questo aborto geopolitico che
è il Pakistan è stato creato dalle potenze occidentali
proprio su base confessionale.
CANZANO: Pervez Musharraf con l’arrivo della Bhutto
doveva accettare di essere un leader dimezzato?
GRAZIANI: Musharraf ha il piede in due staffe. Ha
acconsentito a togliersi la divisa e a stabilire la data
delle elezioni presidenziali, come gli ha consigliato
Negroponte, l’emissario di Bush e Condoleeza Rice e già
uomo forte di Reagan nel Sudamerica. Il generale
pachistano è tuttavia un uomo di potere che mai
accetterebbe un ruolo di secondo piano. Anche per tale
motivo è, in questo momento, poco affidabile per
Washington.
CANZANO: Il Pakistan nel 1947 diventa indipendente
dall’I ndia britannica e poi?
GRAZIANI: Il Pakistan, più che diventare indipendente,
viene creato ex-novo come nazione musulmana dalle
potenze occidentali che non riuscivano a contenere le
tendenze secessioniste nel Raj britannico, capeggiate
dai nazionalisti musulmani. Il suo stesso nome è un
acronimo che, inventato, negli anni trenta, da un
giovane nazionalista musulmano, Choudary Ramat Ali,
venne assunto dal nuovo organismo nel 1947, quando si
distaccò dall’India. A quell’epoca il Pakistan era
formato da due entità geografiche, il Pakistan
occidentale e quello orientale, l’attuale Blangadesh,
separate per alcune migliaia di chilometri dal
territorio indiano.
Il
Pakistan ha conosciuto, nel corso della sua breve storia
di appena sessant’anni, almeno tre cicli geopolitici. Un
primo ciclo va dal 1947 al 1971, quando il Blangadesh
conquistò l’indipendenza. In questi anni il Pakistan
svolge un ruolo importante nell’ambito della dottrina
Truman di contenimento dell’URSS: è membro infatti dei
due distinti sistemi di alleanze: CENTO (Patto di
Baghdad) e OTASE (Patto di Manila).
Dopo
l’indipendenza del Blangadesh, il Pakistan, dal punto di
vista geopolitico, si riorienta verso il Vicino Oriente
e il mondo islamico del Golfo. Sul finire degli anni 70,
con la rivoluzione iraniana e l’invasione sovietica
dell’Afghanistan, Islamabad si riconferma come un
alleato privilegiato per gli USA. Un terzo ciclo si è
aperto con il crollo dell’Unione sovietica. Il
Pakistan, in questi ultimi anni, sembra interessato a
rafforzare i rapporti con le repubbliche centroasiatiche,
di cui diverrebbe la via privilegiata verso l’Oceano
indiano: una via che essendo funzionale agli interessi
eurasiatici della SCO, viene osteggiata da Londra e
Washington. Ciò che accade oggi in Pakistan è speculare
alle tensioni in corso nel Myanmar.
CANZANO: I confini con l’Afghanistan sono a rischio?
GRAZIANI: In una prospettiva di occupazione del Pakistan
da parte delle forze occidentali, certamente sì.
CANZANO: Le elezioni dell’8 gennaio sono a rischio?
GRAZIANI: E’ difficile fare previsioni.
Tiberio Graziani
è direttore di Eurasia. Rivista di studi geopolitici
(www.eurasia-rivista.org). Ha curato i libri intervista:
Serbia, trincea d’Europa – intervista a Dragos Kalajic e
Iraq, trincea d’Eurasia – intervista a Padre Jean-Marie
Benjamin (Edizioni all’insegna del Veltro). Dirige
inoltre, per le edizioni all’insegna del Veltro, la
collana “Quaderni di geopolitica”. |