N. 95 - Novembre 2015
(CXXVI)
Bellum manet, pugna cessat
CHI
HA
QUALCOSA
DA
DIRE
SI
FACCIA
AVANTI
E
TACCIA
di
Chiara
Tangredi
L’età dell’imperialismo (1870-1914) è davvero conclusa? La prospettiva imperialista ha, forse, trovato nuovi pretesti, nuove forme di sussistenza compatibili con il nostro modo di vivere?
Le
guerre
sono
terminate
con
la
fine
della
guerra
fredda
(1945-1990).
Gli
organismi
sovranazionali
(ONU,
NATO,
UE),
il
nuovo
diritto
internazionale
hanno
assicurato
una
pacifica
stabilità
geopolitica.
Sicuri?
Eravamo
già
in
guerra.
La
guerra
che
comincia
oggi
non
scoppia
oggi.
Si
combatteva
già.
Guerre
civili,
attacchi
terroristici,
guerra
al
terrorismo,
insurrezioni,
interventi
internazionali
all’interno
di
conflitti
locali,
guerra
finanziaria,
aggressioni
economiche.
Eravamo
già
presenti
alla
guerra.
Si è
trattata
di
una
larvata
belligeranza,
già
in
corso
d’opera,
da
anni.
Basta
scorrere
gli
eventi
della
storia
recente,
a
partire
dal
1990,
per
rendersene
conto.
La
pace
che
pensavamo
di
vivere
era
un’implicita
guerra
provocata
dall’instaurarsi
delle
attuali
relazioni
internazionali.
“Lo
sapevano
tutti,”
-
per
usar
le
parole
di
Elido
Fazi
-
“meno
il
popolo
naturalmente,
cioè
il
99,9%
dei
cittadini”.
La
prima
guerra
del
Golfo
(1990-1991).
Il
tentativo
del
rais
iracheno,
Saddam
Hussein,
di
commerciare
il
petrolio
usando
euro
anziché
dollari
(2000).
La
distruzione
dei
Buddha
di
Bamiyan
a
opera
dei
talebani
(2001).
Gli
attentati
terroristici
dell’11
settembre
(2001).
La
guerra
al
terrorismo
degli
Stati
Uniti
d’America
(dal
2001).
La
guerra
in
Afghanistan
(2001-in
corso),
nell’ambito
della
guerra
al
terrorismo.
La
seconda
guerra
del
Golfo
(2001-2003),
sempre
nell’ambito
della
guerra
al
terrorismo.
Gli
attentati
di
Nāsiriya(2003-2006).
La
cattura
(2003)
e
l’esecuzione
(2006)
di
Saddam
Hussein.
Gli
attentati
di
Madrid
(2004).
Gli
attentati
terroristici
a
Londra
(2005).
La
crisi
economica
mondiale
(dal
2007).
L’impresa
della
borsa
petrolifera
iraniana
di
commerciare
i
prodotti
petroliferi
in
valute
diverse
dal
dollaro
(2007).
La
crisi
greca
(dal
2009).
La
primavera
araba
(2011-in
corso).
La
guerra
civile
siriana
(2011-in
corso).
La
cattura
e la
morte
di
Osama
Bin
Laden,
leader
di
Al-Qaeda
(2011).
Gli
attentati
in
Norvegia
(2011).
L’embargo
commerciale
imposto
dagli
Stati
Uniti
contro
l’Iran
(2011).
Le
sanzioni
europee
contro
l’Iran
(2012).
L’intensificarsi
dell’emergenza
immigrazione
in
Europa
(2013).
L’attacco
terroristico
al
museo
ebraico
di
Bruxelles
(2014).
L’istituzione,
da
parte
dell’isis,
di
un
califfato,
nei
territori
sotto
il
proprio
controllo
in
Siria
e
Iraq
(2014).
L’attentato
terroristico
al
giornale
satirico
Charlie
Hebdo
(2015)
rivendicato
da
Al-Quaeda.
Gli
attentati
terroristici
di
Copenaghen
(2015).
L’assalto
dell’isis
al
museo
archeologico
iracheno
di
Mossul
(2015).
La
distruzione
delle
antiche
città
assire
di
Ninive,
Nimrud,
Hatra
operata
dall’isis.
L’attacco
terroristico
al
museo
tunisino
del
Bardo
(2015).
L’occupazione
dell’area
archeologica
di
Palmira
in
Siria
da
parte
dell’isis
(2015).
L’assassinio
dell’archeologo
siriano
Khaled
al-Asaad
(2015)
per
mano
dell’isis.
L’attacco
terroristico
all’airbus
A-321
diretto
a
San
Pietroburgo
rivendicato
dall’isis
(2015).
La
decisione,
presa
dalla
scuola
elementare
Matteotti
di
Firenze,
di
annullare
la
visita
alla
mostra
“Bellezza
Divina”
in
corso
a
Palazzo
Strozzi
“per
venire
incontro
alla
sensibilità
delle
famiglie
non
cattoliche
visto
il
tema
religioso
della
mostra”.
Gli
attentati
di
Parigi
(2015).
La
dichiarazione
di
guerra
francese
al
terrorismo
(2015).
Queste
sono
solo
alcune
delle
battaglie
della
guerra
che
si
sta
svolgendo.
Martedì
15
marzo
2011
esplode
la
guerra
civile
siriana,
nell’ambito
del
fenomeno
più
ampio
della
primavera
araba.
Si
tratta
di
un’insurrezione
condotta
contro
il
governo
del
presidente
Bashar
al-Assad.
Le
prime
dimostrazioni
pubbliche
si
trasformano
in
rivolte
su
scala
nazionale,
per
poi
evolvere
in
guerra
civile.
In
ambito
ONU
si
precisa
uno
scisma.
Stati
Uniti,
Francia
e
Regno
Unito
esprimono
il
loro
sostegno
ai
ribelli.
Cina
e
Russia,
di
contro,
appoggiano
il
governo
siriano.
Pure
il
gruppo
terrorista
dell’isis
(stato
islamico
dell’Iraq
e
del
Levante),
composto
da
islamici
sunniti
estremisti,
prende
parte
alla
guerra
civile
siriana.
Si
schiera
contro
le
forze
governative
e
contro
i
ribelli
più
moderati.
Tra
il
2014
e il
2015
l’operato
dell’isis
si
fa
persistente:
delitti,
attentati
terroristici,
esecuzioni
di
civiltà,
istituzione
di
un
califfato
(29
giugno
2014).
L’organizzazione
terroristica
acquista
risonanza
mediatica.
Sabato
31
ottobre
2015
in
Egitto
precipita
l’airbus
A-321,
un
aereo
civile
russo,
diretto
a
San
Pietroburgo:
224
morti.
L’isis
rivendica
l’atto
terroristico
con
un
comunicato
e un
video.
L’aereo
sarebbe
stato
abbattuto
“in
risposta
alle
incursioni
dei
jet
russi
che
hanno
ucciso
centinaia
di
musulmani
in
terra
siriana”.
Venerdì
13
novembre
2015
si
consumano
gli
attentati
di
Parigi.
Attentati
multipli:
la
strage
al
teatro
Bataclan,
l’esplosione
allo
stadio
(Stade
de
France),
gli
attentati
ai
ristoranti
parigini.
Le
stime
ufficiali:
130
morti
(di
nazionalità
diverse),
250
feriti.
E’
trascorso
meno
di
un
anno
dall’attentato
al
giornale
satirico
Charlie
Hebdo
(07
gennaio
2015).
Il
presidente
francese
Francois
Hollande
dichiara
lo
stato
di
emergenza,
chiude
le
frontiere,
proclama
tre
giorni
di
lutto
nazionale.
Il
governo
decreta
il
piano
Alpha
Rouge
(Alfa
Rosso),
un
livello
di
allerta
che
corrisponde
al
livello
attentati
multipli.
Sabato
14
novembre
2015
il
gruppo
terrorista
dell’isis
rivendica
ufficialmente
gli
attentati
di
Parigi
con
un
comunicato.
La
Francia
è
stata
aggredita
perché
conduce
le
incursioni
aeree
contro
le
forze
del
califfato
in
Siria
e
Iraq.
Promettono
di
attaccare
ancora.
Dopo
Parigi
toccherà
a
Roma,
Londra
e
Washington.
Domenica
15
novembre
2015
gli
attentati
di
Parigi
sono
all’ordine
del
giorno.
Le
notizie
che
vengono
della
Francia
hanno
la
priorità
su
tutto,
creano
quasi
un
“mediapolio”
(un
monopolio
dei
media).
è
tutto
un
sporco
affaccendarsi
di
opinionisti.
Partono
le
campagne
di
sensibilizzazione,
lo
slancio
di
solidarietà.
Karl
Kraus
(1874-1936),
ormai,
è
morto.
Nessuno,
al
suo
posto,
sembra
raccomandare:
“Signori,
chi
ha
qualcosa
da
dire
si
faccia
avanti,
e
taccia”.
Intanto
l’aviazione
francese
bombarda
Raqqa,
la
capitale
dell’isis
in
Siria.
Il
clima
di
terrore
favorisce
l’adozione
di
misure
straordinarie,
incrementa
i
poteri
di
polizia,
distrae
l’opinione
pubblica.
Di
fronte
alla
tragedia
tutto
passa
in
secondo
piano.
Lunedì
16
novembre
2015
davanti
al
Parlamento
riunito
in
seduta
Comune
a
Versailles,
il
presidente
francese
Francois
Hollande
dichiara
“La
Francia
è in
guerra”.
Segue
la
chiamata
alle
armi.
Invita
Obama,
Putin,
i
Paesi
dell’UE
ad
allearsi
con
lui
in
una
coalizione
anti-isis.
“Quando
Parigi
ha
il
raffreddore
tutta
l’Europa
starnutisce”.
Sembra
ancora
attuale
l’adagio
dei
moti
del
1848
- la
primavera
dei
popoli
-
scoppiati
in
Europa.
Giunge
la
triste
consapevolezza
che
c’era
bisogno
del
raffreddore
parigino
per
starnutire.
L’isis
opera
e
prospera
ormai
da
tempo.
Ebbene
era
necessario
che
ai
tanti
morti
si
aggiungessero
quegli
ulteriori
130
della
capitale
francese
per
rendersi
conto
della
minaccia
e
mobilitarsi?
Quanti
altri
morti,
magari
in
Siria,
saranno
ancora
necessari
per
debellarla?
Alla
fine,
dunque,
l’isis
sarà
sconfitta
e
dimenticata.
Proprio
come
Al-Qaeda.
Bellum
manet,
pugna
cessat.
Ma a
quale
costo?
Questa
è
l’ennesima
guerra
politica
della
storia
dell’umanità.
Non
è la
lotta
tra
Oriente
e
Occidente,
tra
culture.
Ciò
che
si
rischia
adesso
è di
far
diventare
tutto
l’Oriente
l’avversario
dell’Occidente.
Proprio
come
l’isis
sta
cercando
di
fare
dell’Occidente
il
nemico
assoluto
e
totale,
l’incarnazione
del
male
per
l’Oriente.
Le
culture
vengono
sfruttate
a
mo’
di
scusa.
Questa
non
è
una
guerra
di
religione.
Le
guerre
di
religione
non
sono
mai
guerre
di
religione,
ma
guerre
politiche.
Non
è
una
guerra
al
terrorismo.
Se
lo
fosse,
dopo
quindici
anni
di
guerra,
si
dovrebbe
ammettere
che
la
guerra
al
terrorismo
è
stata
il
Vietnam
dell’Occidente,
e
cioè
di
aver
fallito.
Questa
non
è
una
guerra
condotta
in
nome
dell’umanità.
“L’umanità
in
quanto
tale”
-
per
citare
Carl
Schmitt
-
“non
può
condurre
nessuna
guerra,
poiché
essa
non
ha
nemici,
quanto
meno
non
su
questo
pianeta.
Il
concetto
di
umanità
esclude
quello
di
nemico,
poiché
anche
il
nemico
non
cessa
di
essere
uomo
e in
ciò
non
vi è
nessuna
differenza
specifica”.
Il
terrorismo
è
una
situazione
di
comodo.
La
politica
ha
scelto
il
terrorismo
come
strumento
per
raggiungere
i
propri
fini.
Il
resto,
che
si
trovi
a
Oriente
o a
Occidente,
sono
i
morti
collaterali,
i
sacrifici
umani
della
civiltà
contemporanea
nel
rito
della
politica.
In
una
guerra
politica
a
perdere
è
sempre
la
gente
comune,
i
cittadini,
il
popolo,
le
masse
della
storia.
Nella
storia
dell’umanità
la
guerra
è
decisa
dai
potenti,
i
politici
ne
aprono
le
ostilità,
i
militari
la
combattono,
e le
masse
la
subiscono.
Con
la
certezza
che
a
soffrire
sarà
il
siriano
medio,
come
anche
l’europeo
medio.
Accade
come
nella
poesia
“La
guerra
che
verrà”
di
Bertolt
Brecht:
“la
guerra
che
verrà
non
è la
prima.
Prima
ci
sono
state
altre
guerre.
Alla
fine
dell’ultima
c’erano
vincitori
e
vinti.
Fra
i
vinti
la
povera
gente
faceva
la
fame.
Fra
i
vincitori
faceva
la
fame
la
povera
gente
egualmente”.
No
less,
no
more.
Rabbia.
Per
la
gente
morta
a
causa
del
terrorismo
e
per
quella
morta
a
ragione
di
sconfiggere
il
terrorismo.
Per
la
gente
morta
in
qualsiasi
posto
del
mondo
per
lo
stupido
gioco
politico
delle
alleanze.
Non
si
gioca
a
battaglia
navale.
Nel
mondo
reale,
quando
la
nave
affonda,
va a
picco
per
davvero
con
tutto
il
suo
carico
umano.
Ad
ogni
modo
il
latte
-
forse
dovrei
dire
il
sangue!
- è
stato
versato.
A
questo
punto
anziché
trovare
i
colpevoli
del
conflitto,
piuttosto
cercare
di
risolverlo.
Cosa
si
deve
pretendere?
Pretendere
dai
propri
governi
la
sicurezza.
Il
compito
di
uno
Stato
consiste
nell’assicurare
all’interno
del
suo
territorio
tranquillità,
sicurezza
e
ordine.
Pretendere
dai
propri
governi
la
fine
della
guerra,
la
cessazione
delle
attività
a
danno
delle
popolazioni
civili
che
si
trovano
a
Oriente
o a
Occidente
del
mondo.
Pretendere
dai
propri
governi
impegno
nel
debellare
il
terrorismo
attraverso
l’intelligence,
le
forze
armate,
la
tecnologia
disponibile.
Colpirne
i
luoghi
di
reclutamento,
quelli
di
addestramento
dislocati
in
Occidente
e in
Oriente.
Siamo
giunti
sulla
Luna,
finanche
a
pianificare
la
colonizzazione
di
Marte.
Ci
sono
i
modi
per
smantellare
l’isis
in
pochi
giorni.
Senza
ulteriori
stragi
di
civili.
Senza
mandare
bombe
a
caso.
I
governi
non
sono
impotenti.
Pretendere
dai
propri
governanti
una
regolamentazione
dell’immigrazione.
Non
basta
chiudere
le
frontiere,
asserragliarci
nelle
nostre
case
e
aspettare
l’assedio
finale.
La
libera
circolazione
va
regolarizzata.
Un
giorno
l’umanità
dovrà
chiedere
scusa
all’umanità,
perché
si è
resa
umanamente
complice
di
iniquità
in
nome
di
dio
solo
sa
che
stupidità.
A
noi
non
resta
che
pregare.
Quale
Dio
non
importa.
Perché,
in
definitiva,
si
finisce
per
morire
nel
nome
di
Dio
invano.