.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


.

ANTICA


N. 98 - Febbraio 2016 (CXXIX)

BELLUM CATILINAE

RITRATTO DI CATILINA - PARTE I

di Paola Scollo

 

Lucio Sergio Catilina è uno dei protagonisti della convulsa scena politica di Roma all’epoca delle sanguinose guerre civili della tarda repubblica. Dopo aver militato nell’esercito di Silla, nel 68 a.C. è nominato pretore, mentre nel 67 è governatore della provincia d’Africa. Nel 66 viene accusato di repetundae, ossia di appropriazione indebita di denaro nell’esercizio delle pubbliche funzioni. Il processo si svolge l’anno seguente e Catilina è assolto.

 

L’aspirazione al consolato pone Catilina come competitor, avversario politico di Cicerone. Dopo la duplice sconfitta alle elezioni e la definitiva rottura con il senato, nel 63 Catilina passa all’azione. Convocata d’urgenza una riunione, manifesta l’intenzione di porsi a capo degli eserciti di Caio Manlio in Etruria, quindi progetta un piano finalizzato alla conquista del potere e all’uccisione del console in carica, Cicerone. Ma la congiura (coniuratio) viene scoperta e denunciata in senato.

 

A metà novembre Catilina è proclamato nemico dello stato (hostis): non è più civis romano. Cicerone pronuncia violenti attacchi sia in senato sia di fronte al popolo. Nelle quattro orazioni in Catilinam il capo dei congiurati viene ritratto come un mostro (monstrum ac prodigium): è l’hostis del popolo romano, l’improbus contro cui i boni devono lottare. Di conseguenza, il compito del console consiste nel sanare la patria affetta dal gravissimo morbo (pestilentia) dei congiurati. In generale, nell’immagine degli interpreti antichi Catilina è descritto come un individuo ambiguo, spregevole e depravato, un personaggio malvagio e spregiudicato disposto a commettere, per ambizione, stupri, rapine, omicidi. E il severo giudizio di Cicerone ha giocato un ruolo vitale in questo processo di demonizzazione. Anche il ritratto di Catilina tratteggiato da Sallustio nel Bellum Catilinae concorda in molti punti con l’immagine di Cicerone.

 

La descrizione di Catilina apre la cosiddetta narratio, che fa seguito ai quattro capitoli proemiali del Bellum Catilinae. Ecco come viene presentato il capo dei congiurati (V 1): «Lucio Catilina, nato da nobile stirpe (nobili genere natus), fu uomo di grande vigore intellettuale e fisico (fuit magna vi et animi et corporis), ma di indole malvagia e corrotta (sed ingenio malo pravoque)». Sallustio tace il nomen gentilizio di Catilina, Sergius, dalla gens Sergia, che Virgilio nell’Eneide (V 121) riconduce a Sergeste, compagno di Enea. L’allusione alle origini patrizie va inserita entro la più ampia cornice della polemica sallustiana nei confronti della nobilitas, incarnazione dei vitia. Sin da queste prime battute emergono i tratti distintivi dell’ethos e del modus operandi di Catilina. Ma traspare anche un fitto intreccio di caratteristiche positive e negative. Il ritratto è percorso da una profonda tensione drammatica dal sapore euripideo, che lascia presagire l’epilogo della vicenda. Catilina viene presentato come un eroe tragico: è tormentato da un insanabile conflitto interiore, che condiziona i suoi comportamenti.

 

L’irrequietezza d’animo si lega a una naturale predisposizione verso il male (V 2): «Sin dall’adolescenza (ab adulescentia) amò le guerre intestine, le stragi, le rapine, la discordia civile e in queste occupazioni esercitò (exercuit) tutto il vigore della giovane età (iuventus)». Catilina spende la giovinezza in conflitti armati e lotte politiche contro nemici interni (inimici), traendo piacere e soddisfazione. La libido di Catilina si lega a quella di Silla: sono due eroi tragici del male. Peraltro, Sallustio individua nella dittatura (dominatio) di Silla il culmine della degenerazione di Roma, il punto di non ritorno del progressivo incedere verso i vitia. Il ritratto prosegue con il riferimento a due aspetti antitetici della personalità di Catilina (V 3 - 4): «un corpo resistente (patiens) alla fame (inediae), al freddo (algoris), alle veglie (vigiliae) oltre ogni immaginazione. Animo temerario, subdolo, mutevole, capace di simulare e dissimulare, avido dell’altrui, prodigo del suo, ardente nelle passioni, abbastanza eloquente, poco saggio». La contrapposizione tra animus e corpus affonda le proprie radici nel pensiero di Platone. Un primo esempio giunge dal Fedone (80 a 1 - 2), laddove Socrate, rivolgendosi a Cebete, afferma: «quando sono insieme anima e corpo, all’uno la natura ordina di servire e di obbedire, all’altra di comandare e dominare».

 

Illuminante è poi il passo Fedro (246 b 6 - d 2) in cui l’anima, pur possedendo un elemento mortale, è immaginata come un essere alato che si libra verso le mete più alte, al di sopra del mondo sensibile delle apparenze. Ci troviamo di fronte a un topos destinato ad assumere un ruolo di centralità anche nella letteratura filosofica romana. L’animus di Catilina è definito audax, subdolus, varius. La forza semantica di questo trikolon asindetico viene ulteriormente suggellata dall’uso di vastus. Come è stato ampiamente dimostrato, l’aggettivo ricorre solo qui in riferimento a un concetto astratto, animus. Infatti, vastus viene per lo più utilizzato come sinonimo di vasto, sterile, desolato per designare luoghi desertici e inospitali. La ricercata iunctura sallustiana potrebbe indicare un animo smisurato, insaziabile, sempre teso verso imprese incredibili. Il successivo nimis alta (cose sempre troppo alte) sarebbe una prova efficace. Ma vastus potrebbe poi alludere all’animus simulator e dissimulator di Catilina, esperto nell’arte dell’inganno e della simulazione.

 

Anche Cicerone nella Pro Caelio (13) descrive Catilina come capace di «adattare e controllare la propria natura secondo le circostanze, volgendola e piegandola in ogni direzione». La descrizione sallustiana prosegue con un ulteriore riferimento all’animus (V 7 - 8): «Di giorno in giorno quell’animo fiero (ferox) era sempre più tormentato (agitabatur) dalla ristrettezza del patrimonio familiare (inopia rei familiari) e dal rimorso dei delitti (coscientia scelerum). Lo incitavano inoltre i costumi corrotti della città, vessati da due mali rovinosi e opposti tra di loro, la brama di lusso (luxuria) e la brama di ricchezza (avaritia)». La scelta del frequentativo agitare è significativa: indica il tumulto interiore proprio dell’agire dei personaggi tragici. Il modus operandi di Catilina è guidato da luxuria, ambitio, avaritia e, in particolare, dalla cupido, che è desiderio di ciò che si pone oltre misura (modus). Giorno dopo giorno, l’humus dell’ingenium posto al servizio del male trae vigore dalla catena di violenze, stragi, rapine che richiamano altre violenze, stragi, rapine. Ma è a un tempo indiscutibile il ruolo giocato dai costumi corrotti della città.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.