N. 43 - Luglio 2011
(LXXIV)
il BATTESIMO DEGLI INFANTI
tra pluralismo sociale e ritualità
di Carlo Siracusa
La
questione
del
pedobattesimo
è
oggetto
di
analisi
anche
in
ambito
sociologico,
nello
studio
dei
fattori
che
determinano
l’attuale
crisi
che
sta
interessando
il
mondo
ecclesiale
e la
Chiesa
in
generale.
In
un
contesto
di
pluralismo
religioso
e
secolarizzazione
–
che
interessa
non
solo
a
livello
nazionale,
ma
abbraccia
la
realtà
globale,
europea,
internazionale
– si
cerca
di
capire
quali
siano
gli
elementi
esogeni
o
endogeni
che
hanno
determinato
il
crollo
di
tutti
gli
indicatori.
L’analisi
statistica
è un
metodo
d’indagine
indispensabile
nello
studio
dei
fenomeni
sociologici,
e
questa
evidenzia
un
calo
sensibile
nelle
celebrazioni
dei
“riti
di
passaggio”.
Il
tasso
delle
prime
comunioni
e
delle
cresime
è in
costante
diminuzione.
Su
mille
cattolici,
nel
1991
ricevevano
la
prima
comunione
il
9,93%,
nel
2006
l’8%.
I
cresimati
del
1991
furono
l’11,07%
su
mille,
nel
2006
solo
l’8%.
Anche
i
matrimoni
rientrano
fra
i
‘sacramenti’
in
crisi:
si è
passati
dall’82,53%
dei
matrimoni
concordatari
celebrati
nel
1991,
al
66,30%
del
2006.
A
questi
dati,
aggiungiamo
quello
che
ci
interessa
in
questo
contesto:
il
calo
significativo
dei
battesimi.
Soltanto
in
Italia,
dal
1991
al
2007
si è
registrato
un
calo
pari
al
18%,
passando
dai
515.240
battesimi
del
1991,
ai
437.544
del
2007
[i
dati
di
cui
sopra,
sono
stati
rilevati
da
indicatori
socio-demografici,
dalla
CEI,
dall’ISTAT
e
dal
CESNUR].
Tra
le
motivazioni
addotte,
vi
sono:
il
calo
delle
natività,
l’aumento
dell’ateismo,
dello
gnosticismo,
la
diffusione
di
altre
religioni,
la
crescita
dell’immigrazione,
l’aumento
dei
matrimoni
misti
con
persone
appartenenti
ad
altri
culti,
l’aumento
delle
convivenze,
delle
nascite
fuori
del
matrimonio,
e il
fenomeno
positivista
di
‘secolarizzazione’,
(una
progressiva
riduzione
del
‘sacro’)
attraverso
la
quale
la
religione
subisce
un
processo
di
trasformazione
che
via-via
porta
alla
perdita
della
forza
e
della
rilevanza
che
questa
ha
nella
società.
Il
mutamento
dei
valori,
insieme
alla
relativizzazione
dei
modelli,
influiscono
sul
sistema
tradizionale,
generando
una
trasformazione
irreversibile,
che
induce
alla
critica,
all’abbandono
e al
graduale
declino
religioso.
In
contrapposizione
alla
secolarizzazione,
tuttavia,
si
assiste
a
un’inversione
di
tendenza
verso
un
bisogno:
il
risveglio
della
dimensione
religiosa,
dimostrato
dal
fiorire
di
nuovi
movimenti.
Qualcosa
è
cambiata!
È
vero
che
la
nostra
società
riflette
ancora
il
carattere
nichilista
della
filosofia
di
Nietzsche,
ma
nella
sua
coscienza,
tende
verso
la
rivincita
di
Dio,
verso
un
ritorno
al
senso
religioso.
Vi è
un’ampia
porzione
della
popolazione
italiana,
difficile
da
determinare
nella
sua
reale
dimensione
quantitativa,
la
quale,
pur
non
appartenendo
a
una
denominazione
religiosa,
sostiene
di
credere.
Qualcuno
si
considera
cristiano
o
cattolico
“non
praticante”,
altri
dicono
di
essere
credenti,
ma
“a
modo
proprio”,
manifestando
un’aspirazione
verso
il
sacro,
pur
non
appartenendo
ad
una
precisa
confessione.
Poi
vi
sono
le
spiritualità
orientali,
che
continuano
a
esercitare
il
loro
fascino,
specialmente
nelle
giovani
generazioni,
attratti
dalla
‘saggezza
antica’,
dalla
sacralizzazione
del
Sé,
e
dai
vari
metodi
di
concentrazione
che
aiutano
a
rifuggire
lo
stress
della
modernità.
Se
la
logica
paradigmatica
individuasse
nella
secolarizzazione
la
causa
della
crisi
dei
battesimi
– e
di
tutte
quelle
altre
forme
di
ritualità
sacramentale
presenti
nel
cattolicesimo
–
vedremmo
anche
le
altre
denominazioni
cristiane
soffrire
per
la
secolarizzazione.
Ma
questo
disorientamento
sta
interessando
principalmente
la
religione
maggioritaria.
Evidentemente,
la
causa
di
tale
“crisi”
è
data
da
altri
fattori.
Forse
i
fedeli
si
sentono
disorientati
per
la
mancanza
di
punti
di
riferimento
precisi,
o
perché
quei
principi
e
quei
valori
che
un
tempo
caratterizzavano
il
profilo
distintivo
della
religione
cattolica,
hanno
lasciato
il
posto
a
una
coscienza
lassista,
generando
confusione,
spesso
a
causa
della
facilità
con
cui
è
permesso
aderire
o
appartenere,
pur
senza
identificarsi,
senza
dover
vivere
totalmente
questa
appartenenza.
Non
sorprende,
dunque,
come
mai,
pur
restando
la
religione
di
maggioranza,
considerato
il
numero
di
appartenenze,
la
frequenza
alle
funzioni
cattoliche
vede
solo
uno
scarso
15%
dei
battezzati.
Anche
se
la
Chiesa
tradizionale
presenta
dati
in
sensibile
calo,
questo
non
è
inversamente
proporzionale
all’aumento
degli
atei
o
degli
agnostici,
perché
nuove
forme
di
sacro
aumentano,
e la
domanda
di
senso
religioso
resta
costante.
Non
è,
infatti,
la
percentuale
di
chi
sostiene
di
credere
in
Dio
ad
esser
diminuita,
piuttosto
molti
sono
spinti
a
ricercare
risposte
al
proprio
bisogno
di
spiritualità,
rivolgendosi
ad
altre
denominazioni,
cambiando
fede,
motivati
da
una
insoddisfazione
verso
l’offerta,
alla
ricerca
di
una
dimensione
tutt’altro
che
progressista
e
secolarizzata,
vista
la
tendenza
a
rivolgersi
ai
movimenti
che
propongono
un
ritorno
ai
valori
tradizionali,
all’integrità,
all’escatologia
e
alle
‘origini’
di
un
cristianesimo
più
puro
e
più
vicino
alla
‘verità’.
È
questo
ciò
che
sembrano
ricercare
coloro
che
lasciano
la
Chiesa,
spesso
non
riconfermando
con
la
comunione
o la
cresima,
quel
rito
battesimale
imposto
in
buona
fede
dai
propri
genitori.
Un
ruolo
importante
in
questa
evoluzione
della
spiritualità,
l’ha
giocato
il
pluralismo
culturale,
etico
e
religioso
presente
nel
nostro
Paese.
L’evangelizzazione
promossa
dalle
religioni
minoritarie,
ad
esempio,
ha
contribuito
a
sollecitare
la
ricerca
del
sacro,
la
conoscenza
del
vero,
svegliando
le
coscienze
e
sviluppando
un
maggiore
interesse
verso
lo
studio
e
l’approfondimento
teologico,
anche
da
parte
di
laici
e
‘non
addetti
ai
lavori’.
Un
tempo
si
imparava
il
catechismo
a
distanza
di
anni
rispetto
alla
celebrazione
del
rito
di
iniziazione,
il
battesimo;
oggi
invece,
si
preferisce
imparare,
… e
poi
celebrare,
alla
maniera
dei
cristiani
del
primo
secolo.
Oggi
giorno,
in
ogni
casa
è
facile
trovare
una
o
più
versioni
della
Bibbia,
e la
semplicità
e la
scorrevolezza
del
linguaggio
delle
moderne
traduzioni,
ha
portato
molti
al
“fai
da
te”,
nella
ricerca
della
conoscenza
del
sacro,
trovando
l’interpretazione
o la
chiave
di
lettura
della
corrente
protestante,
evangelica
o di
altre
denominazioni
cristiane,
più
onesta
e
meno
carica
di
accostamenti
al
paganesimo.
Questo
ha
fatto
sì
che,
gran
parte
dei
simboli
e
delle
forme
religiose
tradizionali,
perdessero
la
loro
forza
di
richiamo,
portando
di
conseguenza
a
una
rivalutazione
del
segno
del
battesimo,
riscoprendolo
secondo
il
suo
significato
biblico,
e
preferendolo
a
quello
tradizionalistico.
Il
battesimo
degli
infanti
ha,
comunque,
un
suo
valore
intrinseco
più
a
livello
sociale
e
civile,
che
religioso.
Basta
notare
l’atteggiamento
di
gran
parte
di
coloro
che,
pur
dichiarandosi
non
credenti,
o
addirittura
“atei”,
battezzano
comunque
i
loro
bambini,
perché
questa
pratica
è
ritenuta
“normale”
e
“necessaria”,
in
quanto
favorisce
l’integrazione
sociale.
In
un
Paese
dove
la
religione
di
maggioranza
è
quella
cattolica,
si
sente
la
necessità
di
continuare
a
battezzare
i
bambini,
non
tanto
per
il
valore
religioso
che
ha
in
sé
il
battesimo,
ma
per
un
fattore
legato
alla
tradizione,
divenuto
ormai
una
consuetudine
iniziatica,
quasi
folcloristica.
A
ragion
di
causa,
Emile
Durkheim
(1858-1917)
definì
la
“religione”:
un
fatto
sociale
nella
sua
origine,
nella
sua
natura
e
nella
sua
finalità.
Qualcuno
può
anche
giustificare
il
pedobattesimo
dicendo
che,
trattandosi
di
un’antica
ritualità,
è
ormai
divenuto
parte
integrante
della
tradizione
cristiana.
Quando
però
consultiamo
le
statistiche
relative
al
numero
dei
cattolici
battezzati,
i
dati
risultano
falsati,
perché
non
si
ha
un
risultato
reale
della
percentuale
degli
italiani
che
sono
cattolici
per
“scelta”
o
“convinzione”,
ma
ciò
che
viene
fuori
è il
numero
di
quanti
sono
entrati
a
far
parte
di
una
società
prevalentemente
cattolica.
Così,
quando
si
dice
che
quella
persona
è un
‘cristiano’
o un
‘cattolico’,
questo
non
potrà
intendersi
come
orientamento
religioso
scelto,
deciso
o
voluto
in
maniera
consapevole
e
matura,
ma
sarà
solo
una
voce
in
più
nel
proprio
stato
anagrafico,
frutto
di
una
coercizione
sociale.
Battezzare
un
bambino
non
consapevole
del
significato
che
avrà
quel
battesimo
quando
sarà
grande,
può
risultare
diseducativo
e
dannoso,
perché
ciò
che
ne
consegue
–
qualora
quel
bambino
divenuto
adulto
decidesse
di
sbattezzarsi
o
ribattezzarsi
secondo
il
rito
di
un’altra
denominazione
–
sarà
più
traumatico
e
doloroso
che
non
essere
mai
stato
battezzato,
perché
quel
gesto
apparirebbe
come
il
rinnegamento
di
una
fede
mai
sposata
o
scelta
volontariamente.
Sarà
come
fare
uno
sgarbo
ai
propri
genitori,
come
rinnegare
la
propria
famiglia,
con
tutte
le
conseguenze
annesse
e
connesse,
anche
a
livello
sociale.
Il
teologo
riformato
Karl
Barth,
(1886-1968)
affrontò
il
tema
del
pedobattesimo
e ne
parlò
come
di
una
sorta
di
“compromesso”
fatto
dalla
Chiesa
con
la
società.
Secondo
Barth,
l’individuo
che
riceve
il
battesimo,
non
può
essere
un
“oggetto
passivo”,
piuttosto
dovrà
essere
un
“libero
partner
di
Gesù
Cristo;
…
che
dichiara
personalmente
la
sua
volontà
e la
sua
disponibilità”.
Questo
presuppone
che
il
battesimo
venga
fatto
quando
la
persona
è
già
sufficientemente
adulta,
in
grado
di
poter
decidere
in
piena
libertà
e
consapevolezza,
senza
che
nessuno
– né
i
propri
genitori,
né
tanto
meno
la
Chiesa
–
compiano
un
gesto
così
prevaricatorio
sul
bambino,
decidendo
per
lui.
Tanto
la
Dichiarazione
dei
diritti
del
fanciullo,
approvata
dall’Assemblea
dell’ONU
nel
1959,
quanto
la
Dichiarazione
dei
diritti
dell’uomo,
del
1948,
prospettano
diritti
e
doveri
che
andrebbero
rispettati,
in
adempimento
della
stessa
Costituzione
Italiana
che
stabilisce,
all’articolo
2,
che:
“La
Repubblica
riconosce
e
garantisce
i
diritti
inviolabili
dell’uomo”.
Le
Dichiarazioni
succitate,
rispettivamente
recitano:
è
diritto
del
fanciullo:
essere
protetto
da
comportamenti
o
influenze
che
possano
indurlo
a
qualsiasi
forma
di
discriminazione
razziale,
religiosa
o di
altro
genere.
Egli
deve
essere
educato
in
uno
spirito
di
comprensione,
di
tolleranza,
di
amicizia
tra
tutti
i
popoli,
di
pace
e
fraternità
universale
e
nella
consapevolezza
che
dovrà
porre
le
proprie
energie
e i
propri
talenti
al
servizio
dei
suoi
simili;
mentre,
rientra
nei
doveri
dei
genitori:
prefiggersi
di
insegnare
il
rispetto
della
dignità
della
persona
umana
e di
rafforzare
l’effettivo
riconoscimento
dei
diritti
e
delle
libertà
fondamentali…
L’adempimento
di
questi
doveri,
che
grava
sugli
adulti,
nei
quali
si
sostanziano
i
diritti
fondamentali,
è
volto
a
consentire
al
minore
di
sviluppare
il
senso
di
responsabilità
morale
e
acquisire
le
competenze
necessarie
per
la
piena
appartenenza
alla
collettività
sociale
e
politica
e,
in
una
più
ampia
prospettiva,
alla
grande
famiglia
umana.
Come
si
evince
da
queste
normative,
che
servono
a
conferire
dignità
a
tutti
gli
esseri
umani,
il
bambino
va
educato,
protetto
e
istruito.
È
dovere
dei
genitori
instillare
nel
bambino
il
senso
di
responsabilità,
aiutandolo
ad
acquisire
le
competenze
per
la
piena
appartenenza,
in
ambito
sociale.
Questo
principio
non
contempla
affatto,
per
quel
che
attiene
la
scelta
della
religione,
che
questa
debba
essere
fatta
dai
genitori
o
dalla
Chiesa,
per
conto
del
bambino.
Il
genitore
deve
limitarsi
a
indirizzare
il
figlio
verso
una
determinata
fede
religiosa,
perché
in
questo
ne
ha
il
pieno
dovere,
e
adempirebbe
al
proprio
ruolo
genitoriale;
ma
tra
indirizzare
e
decidere
o
scegliere
per
lui,
c’è
una
sostanziale
differenza.
La
Chiesa,
dal
canto
suo,
ha
fatto
di
tutto
per
trovare
ogni
giustificazione
teologica
per
mantenere
il
pedobattesimo
tra
i
suoi
‘sacramenti’,
ipostatizzando
la
coscienza
[le
acrobazie
teologiche
per
sostenere
i
dogmi
e
gli
insegnamenti
dottrinali,
hanno
persuaso
e
indotto
taluni
a
"ipostatizzare
la
propria
coscienza",
nel
senso
che
trasformano
un
semplice
concetto,
in
qualcosa
che
ci
si
convince
abbia
una
concretezza
ontologica,
arrivando
al
punto
di
interiorizzarla,
facendola
propria
e
vivendo
quel
concetto
astratto,
come
qualcosa
che
ha
sostanza
ed
essenza]
di
chi
si
dice
cattolico,
anche
solo
per
tradizione
tramandata
da
generazioni,
e
ottenendo
l’adesione
della
coscienza
operante
nell’interiorità
dei
singoli.
Riferimenti
bibliografici:
Questo
articolo
è la
postfazione
del
libro
Il
battesimo
dei
bambini.
Un’ipotesi
sulle
origini
di
Francesco
Arduini,
Aracne,
2010.
K.
Barth,
Il
fondamento
della
vita
cristiana,
Casa
Editrice
Battista,
1976.
J.
Eberhard,
Il
battesimo
nel
pensiero
di
Karl
Barth,
Claudiana,
Torino
1971.
G.
Scarvaglieri,
Sociologia
della
religione,
Editrice
Pontificia
Università
Gregoriana,
2005.