N. 71 - Novembre 2013
(CII)
La battaglia di New Orleans
L’ascesa di Andrew Jackson
di Giovanni De Notaris
Nel
1810
le
mai
sopite
asperità
tra
Stati
Uniti
e
Inghilterra
tornarono
a
farsi
sentire.
Al
fine
di
tutelare
il
commercio
americano
nel
nord
Atlantico
difatti,
il
presidente
James
Madison
aveva
varato
il
Non-Intercourse
Act,
con
cui
vietava
l’approdo
alle
merci
britanniche
nei
porti
statunitensi.
L’atto
provocò
però
seri
danni
all’economia
inglese,
che
viveva
un
periodo
di
affanno,
spingendo
così
il
governo
britannico
a
dichiarare
di
dover
tutelare,
a
sua
volta,
i
propri
diritti
marittimi.
In
realtà
dietro
questa
azione
di
Madison
vi
era
anche
la
volontà
di
allontanare
definitivamente
gli
inglesi
dal
territorio
americano,
impedendogli,
soprattutto,
di
sostenere
alcune
tribù
indiane
contro
l’espansione
dei
cittadini
americani
nel
territorio
della
Louisiana,
acquistato
da
Thomas
Jefferson
anni
addietro,
nel
1803.
Il
duro
faccia
a
faccia
sfociò
così
in
una
seconda
guerra
contro
l’ex
madrepatria,
nel
giugno
del
1812.
Nel
contesto
di
questo
conflitto
una
parte
importante
ebbe
la
figura
del
generale
Andrew
Jackson
e
della
sua
strenua
difesa
della
città
di
New
Orleans.
Ma
procediamo
con
ordine.
In
autunno
si
riaprì
la
disputa
sui
territori
della
Florida
dell’ovest,
che
in
seguito
all’acquisto
della
Louisiana
dovevano
appartenere
del
tutto
agli
Stati
Uniti.
La
Spagna
infatti
si
rifiutava
di
abbandonarli,
mantenendo
inoltre
il
controllo
sullo
scalo
portuale
di
Mobile,
in
Alabama.
L’Inghilterra,
intanto,
vedeva
di
buon
occhio,
e a
suo
vantaggio,
questa
resistenza
spagnola
alle
pressioni
statunitensi,
oltre
al
fatto
che
gli
spagnoli
sostenevano
le
tribù
indiane
della
zona
contro
gli
americani.
Nell’aprile
del
1813
le
truppe
americane
riuscirono
finalmente
a
cacciare
gli
spagnoli
da
Mobile.
Jackson
ebbe
invece
il
compito
di
gestire
la
questione
indiana.
In
realtà
buona
parte
di
queste
tribù
viveva
in
pace
con
gli
Stati
Uniti,
come
i
Creek,
stanziati
nel
sud
dell’Alabama
e in
Georgia,
all’epoca
parte
del
territorio
del
Mississippi
in
possesso
della
Spagna.
Nel
nord
dell’Alabama
vi
era
invece
una
fazione
di
Creek,
circa
4.000
uomini,
detti
Red
Sticks,
sotto
il
comando
di
Aquila
Rossa,
che,
sostenuti
dagli
spagnoli,
volevano
cacciare
gli
americani
dalle
loro
terre.
Cosicché,
nell’agosto
del
1813,
i
Red
Sticks
attaccarono
fort
Mims,
a
nord
di
Mobile,
massacrandone
crudelmente
i
coltivatori
che
vi
si
erano
rifugiati.
Aquila
Rossa
uccise
più
di
500
tra
bianchi
e
indiani
nemici,
mentre
gli
schiavi
neri
furono
risparmiati
per
essere
nuovamente
riutilizzati
come
schiavi.
Il
governatore
del
Tennessee
inviò
allora
sul
luogo
Jackson
con
le
sue
truppe.
Un
primo
cruento
scontro
avvenne
nel
villaggio
di
Tallushatchee
in
Alabama,
dove
le
truppe
di
Jackson
massacrarono
200
Red
Sticks.
Seguì
poi
un’altra
vittoria
nel
villaggio
di
Talladega,
sempre
in
Alabama.
Ma
fu
soltanto
nella
battaglia
di
Horseshoe
Bend,
nei
pressi
del
fiume
Tallapoosa
-che
attraversa
la
Georgia
e l’Alabama-
che
il
generale
ottenne
un
significativo
successo,
sterminando
circa
1.000
Red
Sticks
e
costringendo
Aquila
Rossa
alla
resa.
Cosicché,
nel
marzo
del
1814,
Jackson
con
l’autorizzazione
del
presidente
Madison,
impose
agli
indiani
un
trattato
che
li
privò
di
più
della
metà
dei
loro
territori:
praticamente
i
3/5
dell’attuale
Alabama
e
1/5
della
Georgia.
Gli
ultimi
strascichi
di
questa
guerra
si
protrassero
fino
all’agosto
del
1814,
mentre
Jackson
per
questa
campagna
veniva
nominato
maggior-generale.
Ma a
questo
punto
il
generale
colse
anche
l’occasione
per
sfruttare
la
debolezza
spagnola
nell’essere
incapace
di
tenere
i
territori
delle
Floride.
Sempre
in
agosto,
intanto,
le
truppe
inglesi
erano
entrate
a
Washington,
dando
fuoco
alla
giovane
capitale,
mentre
Madison
e il
suo
gabinetto
fuggivano
in
Virginia.
Nello
stesso
tempo,
al
di
là
dell’Atlantico,
nella
città
fiamminga
di
Gand,
si
tentava
un
accordo
tra
la
delegazione
americana
e
quella
inglese.
Per
quanto
il
presidente
Madison
volesse
tentare
una
via
diplomatica,
il
suo
segretario
di
Stato,
John
Quincy
Adams,
era
di
parere
contrario,
e
simile
a
quello
di
Jackson,
che
decise
così
di
sostenere
nella
sua
decisione
di
muovere
contro
la
Spagna
che,
con
l’appoggio
dell’Inghilterra,
come
detto,
continuava
a
supportare
le
rivolte
indiane
nella
zona.
Jackson
dunque,
approntò
dapprima
la
difesa
di
Mobile
dall’attacco
delle
truppe
inglesi,
poi
occupò
e
quindi
smilitarizzò
Pensacola,
capitale
della
Florida
occidentale,
lasciandola
però
agli
spagnoli,
mentre
gli
inglesi
lanciavano
un
attacco
navale
dalla
Giamaica
contro
la
città
di
New
Orleans,
dove
Jackson
giunse
nel
novembre
del
1814.
New
Orleans
era
un
porto
strategico
per
gli
Stati
Uniti,
se
gli
inglesi
l’avessero
conquistata
avrebbero
controllato
tutta
la
valle
del
Mississippi.
E
difatti
già
nel
gennaio
del
1813
Jackson
era
stato
inviato
con
2.000
volontari
del
Tennessee
a
New
Orleans
per
difendere
la
valle
del
basso
Mississippi,
ma
dopo
pochi
giorni
però
l’ordine
fu
revocato
dal
segretario
alla
Guerra
John
Anderson. La
città
rappresentava
invero
un’anomalia
nella
storia
americana.
Mentre
difatti
la
Louisiana
era
entrata
ufficialmente
nell’Unione
nel
1812,
New
Orleans
ne
fu
lasciata
fuori
per
le
difficoltà
nel
contrattare
con
la
subdola
popolazione
del
luogo:
una
mal
amalgamata
mistura
di
spagnoli,
creoli
francesi
e i
pirati
di
Jean
Lafitte.
Gli
inglesi,
come
gli
spagnoli
d’altra
parte,
avevano
però
da
sempre
sostenuto
che
l’acquisto
della
Louisiana
era
illegittimo,
e
questo
alimentava
la
determinazione
nel
riprendersi
quei
luoghi.
Come
si
diceva
dunque,
le
truppe
inglesi
procedevano
dal
golfo
del
Messico
verso
la
città.
Jackson
si
trovò
quindi
innanzitutto
costretto
a
dichiarare
la
legge
marziale.
Organizzò
poi
due
battaglioni
di
soldati
neri,
e un
contingente
di
indiani
Creek
alleati,
per
supportare
le
truppe
americane.
Nel
mese
di
dicembre
la
battaglia
entrò
nel
vivo
con
gli
inglesi
che
bombardarono
dal
mare
le
truppe
americane.
Nel
mese
di
gennaio
poi
altre
truppe
dal
Kentucky
andarono
a
rinfoltire
quelle
di
Jackson,
raggiungendo
quota
5.000
uomini.
Gli
inglesi
però
attaccavano
ora
dalle
due
rive
del
Mississippi;
New
Orleans
sembrava
oramai
perduta.
Ogni
resistenza
appariva
inutile.
La
situazione
era
praticamente
in
una
fase
di
stallo.
Ma
nel
febbraio
del
1815
giunse
notizia
della
firma
di
un
trattato
a
Gand,
stipulato
nel
dicembre
dell’anno
precedente,
che
poneva
fine
alle
ostilità
tra
le
due
potenze
avversarie,
lasciando
la
situazione
geopolitica
della
zona
sostanzialmente
invariata.
Ma
allora
le
truppe
americane
avevano
vinto
o
perso?
Si
può
dire
che
avevano
opposto
una
valida
resistenza
agli
attacchi
inglesi.E
i
numeri
parlano
da
soli:
da
parte
inglese
vi
furono
circa
300
morti,
oltre
a
centinaia
tra
feriti
e
prigionieri;
da
parte
americana
si
contavano
solo
13
morti
e 39
feriti.
Questa
battaglia
però
venne
vista
dagli
americani
come
il
simbolo
della
resistenza
contro
lo
straniero
e
quindi
una
vittoria
a
stelle
e
strisce,
segnando
inoltre
l’inarrestabile
ascesa
politica
di
Jackson,
che
fu
insignito
della
medaglia
d’oro
dal
Congresso.
Nel
1817
sottrasse
poi
definitivamente
Pensacola
agli
spagnoli,
ponendo
quindi
fine
alla
loro
dominazione
su
quei
territori.
Ma
solamente
nel
1819
gli
Stati
Uniti
e la
Spagna
avrebbero
firmato
un
accordo
per
la
completa
cessione
delle
due
Floride
agli
Stati
Uniti,
e
solo
dopo
ulteriori
dolorose
battaglie
contro
gli
indiani.
Jackson
sarebbe
stato
celebrato
come
eroe
nazionale,
oltre
a
diventare
poi,
nel
1829,
presidente
degli
Stati
Uniti.
Riferimenti
bibliografici:
Sean
Wilentz,
Andrew
Jackson,
Times
Books,
New
York
2005
Jon
Meacham,
American
Lion,
Random
House,
New
York
2008