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N. 82 - Ottobre 2014 (CXIII)

la battaglia navale di Otranto del 1917
La strategia dI Alfredo Acton

di Vincenzo Grienti

Lo sbarramento del canale d'Otranto fu al centro della più grande battaglia navale avvenuta in Adriatico nella Prima guerra mondiale nella notte tra il 14 e il 15 maggio 1917. 

Il conflitto navale degli Alleati inglesi e italiani contro la Marina austro-ungarica accadde in conseguenza di un tentativo austriaco di forzare il blocco del canale d'Otranto che impediva alla Marina di uscire dall'Adriatico ed accedere al Mediterraneo.

L’obiettivo della flotta degli Imperi Centrali era quello di minacciare le operazioni alleate. Ma quale furono i presupposti dello scontro navale?

Quale fu il casus belli che determinò il concentramento di così tante unità navali nel basso Adriatico? Al riguardo occorre una premessa: il punto più stretto del Canale d’Otranto ha una larghezza di 70 km; il blocco, il così detto “sbarramento”, che era in atto impiegava una flotta di navi da pesca a strascico facenti parte della componente navale militare già dal 1915, prima con una ventina di unità e poi, una volta rivelatisi una componente efficace, con l’acuirsi del conflitto, furono utilizzate come pattugliatori, anche perché avevano avuto già notevole successo in seno alla Royal Navy.

Queste imbarcazioni risultarono molto utili nel rilevamento di sottomarini (che nella Grande Guerra fu la componente navale nuova e sperimentale delle marine militari, NdA) ma anche dei vascelli di superficie. Naturalmente queste piccole e medie imbarcazioni chiamate drifters anche se armate in modo leggero venivano supportate da cacciatorpediniere e idrovolanti.

Gli austro-ungarici organizzarono a più riprese durante gli anni della guerra operazioni notturne per forzare il blocco. Nel 1915 se ne contarono ben cinque mentre nove furono i tentativi effettuati nel 1916 e dieci nel 1917.

L'operazione principale, però, fu condotta nella notte del 14-15 maggio 1917 quando gli incrociatori SMS Novara, SMS Helgoland e SMS Saida supportati dai cacciatorpediniere Csepel, Balaton e da tre sottomarini, al comando dell'ammiraglio Miklós Horthy affondarono tre navi da pesca. Al capitano di uno di questi Joseph Watt fu assegnata la Victoria Cross per aver difeso il suo peschereccio Gowanlea attaccato dal Novara.

Gli incrociatori britannici Dartmouth e Bristol, insieme a cacciatorpediniere italiani e francesi al comando dell’ammiraglio Alfredo Acton salparono da Brindisi per ingaggiare battaglia con gli austriaci, iniziando la battaglia del canale d'Otranto.

L’intera battaglia navale iniziò pressappoco alle dopo le 18.30 del 14 maggio quando i cacciatorpediniere Csepel e Balaton lasciarono Cattaro - teatro di alcune delle più aspre battaglie combattute tra il Montenegro e l'Austria-Ungheria.

Dopo il 1918, assieme all'intero Montenegro, la città venne inglobata nella neonata Jugoslavia; oggi è una città della Repubblica del Montenegro - per raggiungere la zona operazioni, cioè Monte Elias e da qui posizionarsi nella direttrice Sud-Ovest al fine di intercettare convogli nemici.

Alle 3.05 al largo di Saseno gli austriaci avvistarono nave Carroccio, Verità e Bersagliere che erano scortate dal cacciatorpediniere Borea. Il convoglio era partito la mattina del 14 maggio da Gallipoli per dirigersi verso Valona.

A circa 1.000 metri di distanza il Csepel aprì il fuoco sul Borea che fece manovra per poter colpire la nave battente bandiera austriaca con i siluri. Tuttavia il cacciatorpediniere della Regia Marina fu colpito proprio nella condotta del vapore che non gli diede possibilità di manovra.

La nave italiana immobilizzata fu facile preda di altre due colpi di cannone nemici causandone lo sbandamento. Subito dopo fu dato l’abbandono nave per un inizio di affondamento. Il Balaton fece pure la sua parte in questa prima fase di attacco navale, iniziando a puntare e far fuoco verso il Carroccio e Verità che andarono in fiamme in poco tempo. Le unità degli imperi centrali una volta messi a segno i colpi si affrettarono ad uscire dal quadrante d’azione e si diressero verso le coste di Valona.

Alle 4 del mattino, l’ammiraglio Alfredo Acton, informato dell’accaduto, diede l’ordine di approntamento per due squadre di cacciatorpediniere e una squadra di incrociatori puntando la prua su tre diverse rotte.

Così prese il largo nave Bristol e si procedette all’approntamento del Dartmouth, del Marsala, di nave Aquila, Racchia, Insidioso, Indomito, Impavido e Liverpool. C’è da aggiungere che nello specchio di mare che registrò la battaglia di Otranto c’erano pure l’esploratore Mirabello e i cacciatorpediniere Riviere, Bisson e Cimiterre.

L’ammiraglio Acton guidò le operazioni dall’incrociatore inglese Dartmouth, affiancato anche dall’esploratore italiano Quarto lanciandosi all’inseguimento delle navi austriache a circa 40 minuti di distanza dal Bristol. La velocità dell’unità comandata da Acton era di circa 24 nodi.

La prima a lanciarsi verso il Csepel e il Balaton però fu nave Aquila, comandata dal capitano di vascello Lodolo, intorno alle 8 del mattino del 15 maggio. Questa unità scrisse una micro-storia nella storia della battaglia navale di Otranto. Una volta entrata “in contatto” balistico con le due unità austriache la nave italiana fece fuoco e gli austriaci risposero.

Intanto a bordo dell’Aquila il radiotelegrafista informava la Dartmouth dell’ingaggio con le navi nemiche mentre le due unità degli imperi centrali con i motori avanti tutta cercavano riparo lungo le coste sotto il loro controllo per permettere alle batterie costiere austriache di dare il necessario appoggio.

A quel punto nave Aquila forse per un colpo subito oppure per un incendio scoppiato a bordo nei depositi nafta ebbe una battuta d’arresto fermandosi in mare aperto e divenendo facile assalto delle “zanzare” (così venivano chiamate dai marinai veneziani sin dall’inizio della Grande Guerra gli idrovolanti, NdA).

Gli aerei austro-ungarici sganciarono una grande quantità di bombe. Il Balaton e il Csepel però non riuscirono a raggiungere le coste perché furono bloccate dal fuoco della squadriglia guidata dall’ammiraglio Acton.

Alle 9.30 circa del 15 maggio 1917, Acton, posizionatosi in rotta parallela agganciò gli incrociatori nemici ed aprì il fuoco. L’armamento delle sue navi era nettamente superiore. Infatti negli incrociatori inglesi erano installati due  cannoni da 152mm e 10 da 102mm ciascuno.

Una breve parentesi per comprendere le fasi successive dello scontro: sia il Balaton che il Csepel, come detto, erano salpati intorno alle 19.40 del 14 maggio avendo in appoggio gli esploratori Novara, Saida e Helgoland che, come descritto, avevano lasciato Cattaro per andare verso lo sbarramento dei pescherecci (drifter).

Nella notte tra il 14 e il 15 maggio il convoglio si era aperto “a ventaglio” con il Novara che puntava verso Fano, il Saida a Sud dell’Adriatico e l’Helgoland a Sud di Capo Santa Maria di Leuca.

L’equipaggio di nave Aquila si trovava con l’unità ferma in mezzo al mare cercando di riparare i danni e di mettere i feriti in altri locali del battello per evitare loro esalazioni tossiche dell’incendio che si era sprigionato.

Fu a questo punto che il comandante Lodolo scorse tra il fumo dell’incendio e il mare lungo le tre unità austriache dirette a Cattaro. Il Saida, il Novara e l’Hegoland però tirarono dritto sfilando davanti all’Aquila. Così il comandante Lodolo con metà equipaggio impegnato a sedare l’incendio a bordo, diede ordine ai cannonieri di appostarsi ai pezzi e di aprire il fuoco mentre sollecitò i radiotelegrafisti a lanciare messaggi alla squadriglia dell’ammiraglio Acton di ritorno dall’inseguimento del Balaton e del Csepel.

Le prime bordate italiane colpirono il Novara, distruggendo la torretta e mandando in frantumi la sala rotte. L’ammiraglio Horthy dal canto suo fece sprigionare dalle sue navi una fitta cortina fumogena utilizzando la tattica dello zig-zag e mostrando alla vista delle navi nemiche il solo Novara. Questo fu attaccato anche da due idrovolanti italiani, uno dei quali fu abbattuto. Il Dartmouth inquadrò nei suoi mirini nuovamente il Novara che fu colpita in pieno. L’ammiraglio Horthy restò gravemente ferito, il suo secondo ucciso. Il Novara a questo punto rallentò.

Alle 10,35 un colpo da 152mm del Dartmouth esplose nella turbina a poppa del Novara, che si fermò. Il Saida cercò di prenderlo al rimorchio. A questo punto 3 idrovolanti austriaci attaccarono il Dartmouth e costrinsero la formazione ad allentare la presa sulle unità nemiche.

Tutte le azioni degli austro-ungarici furono dirette a prendere il largo verso nord, verso Cattaro. Tuttavia dopo due ore e mezzo di combattimento, a poche miglia dalle basi austriache del Cattaro, dietro il convoglio di Acton si scorse in arrivo la squadriglia italiana composta dall’esploratore Marsala e dai caccia Racchia, Insidioso, Impavido ed Indomito.

Intanto proprio da Cattaro erano usciti il Sankt Georg, il Tatra e il Warasidinier con alcune torpediniere.

Il Sankt Georg era un incrociatore corazzato austriaco che veniva supportato da due caccia, cinque torpedo e in questo caso dalla nave da guerra guardacoste Budapest a sua volta appoggiata da altri due caccia. Il momento diventò critico.

L’ammiraglio Acton decise di lasciare che gli incrociatori nemici si ritirassero e ordinò il rientro. Il quadrante d’azione vide i nemici austro-ungarici avere la superiorità nel confronto. L’orologio segnava le ore 12.05 del 15 maggio 1917 quando la flotta degli Alleati comandata da Acton decise il rientro alla base (F. Favre, La Marina nella Grande Guerra. Le operazioni navali, aeree, subacquee e terrestri in Adriatico, p. 204; Gaspari Editore, Udine 2008).

Ma non finì qui. Infatti il convoglio guidato dal Novara aveva al seguito anche tre sommergibili tra i quali un U89 che danneggiò il Dartmouth sulla sinistra e sotto la plancia. L’attacco del sottomarino avvenne intorno alle 13.30. Un’ora dopo fu dato dal comandante l’ordine di abbandonare la nave che comunque nella notte del 15 maggio fu rimorchiata in porto a Brindisi.

Al termine della battaglia navale di sicuro più importante dell’Adriatico le unità colpite gravemente furono il Borea, l’Aquila, il Dartmouth, il Bristol con un bilancio di 7 morti sull’Aquila, 8 morti e 7 feriti sul Dartmouth, 11 morti e 12 feriti sul Borea mentre gli austriaci contarono 14 morti e 33 feriti sul Novara, 1 morto e 18 feriti sull’Hegoland, 3 feriti sul Saida.

L’impresa dell’ammiraglio Acton resterà negli annali della storia navale, non solo perché in un primo momento suscitò dibattito negli ambienti dell’Alto Comando Italiano. Regia Marina, ma soprattutto perché il suo buon senso e le sue decisioni ad un certo punto dello scontro navale evitarono molte vite umane.

La decisione di Acton di far rientro fu dettata da un fattore non indifferente: l’arrivo della Sankt Georg, una super corazzata da battaglia appoggiata da una squadra navale altrettanto imponente.

Inoltre la posizione: si era giunti troppo vicini alle basi austriache, da dove potevano partire altri idrovolanti in uno specchio di mare dove le probabilità di finire sotto il tiro delle batterie costiere oppure sfiorare qualche mina navale erano alte.

Infine, il fatto che potevano convergere sul quadrante della battaglia navale più di dieci caccia tra italiani e francesi metteva a rischio l’intero naviglio degli Alleati proprio perché in superficie navigavano troppe unità facili prede degli U-Boat austro-ungarici.

Non a caso proprio l’ammiraglio Acton a sue spese aveva avuto “in regalo” durante il rientro un siluro. Al danno pure la beffa. Infatti il caccia francese Boutefeu che cercò di soccorrerlo colò a picco proprio su una mina.

L’ammiraglio Acton dopo questa azione navale fu insignito della Medaglia Interalleata o della Vittoria, proposta da un comitato inglese e proposta agli alleati dopo la fine della guerra. Fu Capo di Stato Maggiore della Marina dal 1919 al 1921 e dal 1925 al 1927. Dal dicembre 1923 al 1° giugno del 1925 fu Comandante in capo dell’Armata Navale.



 

 

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