N. 59 - Novembre 2012
(XC)
La battaglia di Las Navas
Spagnoli VS musulmani
di Tommaso Cherubini
Quest'anno
ricorrono
gli
ottocento
anni
dalla
battaglia
di
Navas
di
Tolosa,
località
della
Sierra
Morena
spagnola
situata
nella
provincia
di
Jaen.
Nel
periodo
storico
segnato
dal
graduale
recupero
degli
antichi
territori
cristiani
a
danno
della
secolare
occupazione
islamica,
la
battaglia
di
Navas
di
Tolosa,
avvenuta
il
16
luglio
del
1212,
è
considerata
dagli
storici
la
più
importante
della
Reconquista
spagnola,
forse
perché
ritenuta
il
più
grande
scontro
militare,
fino
ad
allora
combattuto,
tra
i
guerrieri
della
Croce
cristiana
e
quelli
della
Mezza
Luna
musulmana.
Questo
significativo
scontro
bellico
aprì
un
lento
ma
inesorabile
declino
politico
e
militare
della
potenza
musulmana
nell'
Al-Andalus,
la
Spagna
islamica.
In
questa
battaglia
si
affrontarono
da
una
parte
i re
spagnoli
di
Castiglia,
Aragona
e
Navarra
e
dall'altra
il
potente
esercito
musulmano
uscito
quasi
vent'anni
prima
vittorioso
da
uno
scontro
contro
le
truppe
del
Re
di
Castiglia
Alfonso
VIII.
È
necessario
dare
delle
coordinate
storiche
e
politiche
per
inquadrare
l'evento
bellico
di
cui
stiamo
scrivendo.
La
situazione
della
penisola
iberica
nel
XIII
secolo
era
la
seguente:
il
Nord
fino
alla
linea
del
Tago
era
diviso
tra
i
quattro
regni
cristiani
di
Leon,
Castiglia,
Navarra,
Aragona;
il
Sud
e il
Levante
facevano
parte
dell'esteso
impero
almohade
che
non
solo
comprendeva
Al
Andalus,
la
Spagna
musulmana,
ma
anche
Marocco,
Mauritania,Tunisi
e
Algeri,
mentre
l'attuale
Castilla
- La
Mancha
era
una
estesa
frontiera
senza
popolazione
disseminata
di
castelli
difensivi
sotto
il
controllo
musulmano.
Quasi
vent’anni
prima
di
Navas
di
Tolosa,
nel
1195
il
re
di
Castiglia
Alfonso
VIII
aveva
subito
una
grave
sconfitta
presso
Alarcos,
un’enclave
strategica
che
dava
accesso
alla
valle
del
Tago.
Questo
disastro
bellico
indebolì
per
gli
anni
successivi
le
mire
espansionistiche
dello
stesso
monarca
a
favore
dei
confinanti
regni
di
Navarra
e di
Leon.
Il
regno
castigliano
fu
ancor
più
fiaccato
nel
1211
dalla
perdita,
subita
ad
opera
dei
musulmani,
della
fortezza
di
Salvatierra,
che
rappresentava
la
posizione
più
avanzata
del
regno
di
Castiglia.
L'eroica
resistenza
dei
cavalieri
dell'ordine
militare
di
Calatrava,
fino
ad
allora
custodi
del
castello,
non
riuscì
ad
impedire
la
vittoria
del
califfo
almohade
Al
Nasir.
La
perdita
di
questo
baluardo
strategico
provocò
profonda
commozione
e
preoccupazione
tra
i re
cristiani
di
tutta
Europa
giacchè
permetteva
agli
almohadi
di
minacciare
da
una
posizione
più
avanzata
i
territori
cristiani
del
Nord
della
Spagna.
Dalla
prospettiva
cristiana,
che
era
quella
di
combattere
una
crociata
contro
i
mori,
questa
perdita
significava
che
tutto
l'Occidente
poteva
cadere
sotto
la
minaccia
musulmana.
L'impatto
della
caduta
di
Salvatierra
fu
talmente
grande
che
spinse
Alfonso
VIII
a
chiedere
a
Papa
Innocenzo
III
di
indire
ufficialmente
una
crociata
in
Spagna.
Il
fatto
che
il
Papa
accettò
di
proclamare
la
Guerra
Santa
in
Spagna
è da
addurre
a
diversi
fattori:
tra
questi
la
debolezza
politica
e
militare
europea
in
Oriente.
Tra
il
1202
e il
1204
Innocenzo
III
aveva
indetto
la
quarta
Crociata
con
l'obiettivo
di
riconquistare
Gerusalemme,
ma
le
aspettative
di
questa
nuova
missione
furono
presto
disattese:
nel
più
completo
caos
organizzativo
e
politico
la
quarta
Crociata
si
convertì
in
una
serie
di
campagne
di
saccheggio
delle
terre
croate
ein
una
spedizione
di
massa
contro
Costantinopoli.
Nel
1205
la
quarta
Crociata
si
chiuse
senza
aver
conseguito
nessuno
degli
obiettivi
prefissati
in
origine
e
soprattutto
senza
scalfire
la
potenza
musulmana
in
Oriente.
Con
tale
situazione
in
Oriente
Innocenzo
III
dichiarò
la
Guerra
Santa
e
promise
l'indulgenza
plenaria
a
coloro
che
avrebbero
partecipato
alla
guerra
di
Spagna,
accogliendo
l’idea
di
una
guerra
in
Occidente
proposta
da
Alfonso
VIII,
che
con
questa
mossa
politica
e
militare
voleva
conseguire
due
fini:
il
primo
era
quello
di
ingrossare
le
fila
del
proprio
esercito
con
i
combattenti
crociati
che
sarebbero
accorsi
al
richiamo
del
Papa,
il
secondo,
nel
quadro
di
una
serie
di
dispute
territoriali
pendenti
tra
i
vari
regni
cristiani
di
Spagna,
era
garantirsi
una
tregua
tra
i re
cattolici
soprattutto
con
quello
di
Leon,
in
quanto
chiunque
avesse
attaccato
il
regno
di
Castiglia
durante
la
Crociata
sarebbe
stato
oggetto
di
scomunica.
Innocenzo
III
inoltre
con
la
quarta
Crociata
aveva
intenzione
di
recuperare
quell'unità
tra
i re
cattolici
minacciata
dagli
interessi
militari
politici
ed
economici
di
ciascuno
e
rafforzare
l'influenza
politica
del
Papato
tra
gli
stessi
re.
Il
richiamo
alla
Guerra
Santa
ebbe
un
rapido
effetto,
contando
sull'appoggio
di
influenti
prelati
come
l'arcivescovo
di
Narbona,
uno
dei
comandanti
crociati,
e
l'arcivescovo
di
Toledo
Rodrigo
Jimenez
de
Rada,
che
lasciò
testimonianza
scritta
degli
avvenimenti
di
quegli
anni.
Ai
prelati,
ai
cavalieri
degli
ordini
religiosi
spagnoli
di
Calatrava,
Santiago,
Alcántara,
si
aggiunsero
migliaia
di
francesi,
italiani,
bretoni,
tedeschi
che
accorsero
numerosi
in
Spagna
al
richiamo
della
Crociata.
Tra
i re
spagnoli,
oltre
chiaramente
ad
Alfonso
VIII
ei
suoi
uomini,
Pietro
II
d'Aragona
avrebbe
partecipato
personalmente
alla
Crociata
mentre
il
re
di
Leon
Alfonso
IX
si
negò
a
partecipare
a
causa
delle
contese
territoriali
con
Castiglia;
finalmente
si
decise
ad
inviare
un
contingente
per
fugare
i
sospetti
di
collaborazionismo
con
gli
almohadi.
Il
re
di
Navarra
Sancho
VII
il
Forte
decise
solo
più
tardi
di
unirsi
al
contingente
cristiano
perché
sollecitato
dal
Papa,
che
lo
minacciò
di
scomunica
qualora
non
avesse
partecipato.
Nell’altro
fronte
anche
il
califfo
Al
Nasir
aveva
chiamato
alla
Yihad,
la
guerra
santa,
al
fine
di
allentare
le
tensioni
politiche
interne
al
proprio
impero
e
concentrare
le
forze
musulmane
verso
il
nemico
comune
cristiano.
Il
21
giugno
del
1212
l'esercito
cristiano
guidato
da
Alfonso
VIII
partì
da
Toledo
diretto
al
Sud
verso
le
grandi
pianure
della
Mancia.
Rispetto
al
contingente
europeo
che
confluì
nella
penisola
iberica
bisogna
ricordare
che
non
assicurò
quel
supporto
militare
sperato,
anzi
creò
non
pochi
problemi
al
re
di
Castiglia.
L’usanza
di
saccheggiare
i
territori
che
venivano
conquistati,
tipica
dei
cavalieri
crociati,
non
fu
tollerata
da
Alfonso
VIII
e
dalle
sue
truppe
spagnole
abituate
normalmente
a
rispettare
la
vita
dei
vinti.
A
questo
si
aggiunga
che
le
privazioni
che
dovettero
subire
i
crociati
europei
dovute
alla
scarsità
di
rifornimenti
vari,
alla
quale
gli
spagnoli
erano
abituati,
oltre
ad
un
malessere
euna
stanchezza
generalizzata,
spinsero
i
crociati
europei
a
ritirarsi
dalla
contesa
militare.
Le
truppe
di
Alfonso
VIII
si
ridussero
a
due
terzi
del
contingente
iniziale.
Nonostante
questo
ridimensionamento
e
nonostante
la
superiorità
numerica
degli
almohadi
Alfonso
VIII
continuò
nella
campagna
militare
conseguendo
diversi
successi
come
la
riconquista
della
famigerata
Alarcos,
di
Caracuel,
di
Benavente
e
Piedrabuena.
Le
truppe
musulmane,
al
contrario
di
quanto
accaduto
nella
battaglia
di
Alarcos
del
1195
optarono
per
una
strategia
attendista
con
il
fine
di
ammassare
un
contingente
numeroso,
lasciando
nel
frattempo
che
il
calore
della
stagione
estiva
mancega
indebolisse
la
tempra
cristiana
e
limitandosi
ad
occupare
i
passi
di
montagna
con
l’obiettivo
di
ostacolare
il
più
possibile
l’avanzata
dei
crociati.
Il
califfo
Al
Nasir
giunse
prima
delle
truppe
cristiane
nei
passi
della
Sierra
e
avrebbe
potuto
dar
battaglia
nelle
pianure
manceghe,
ma
il
ricordo
di
eserciti
musulmani
sfiancati
dalla
mancanza
di
approvigionamento
lo
spinsero
a
continuare
nella
strategia
d’attesa
attestandosi
sul
passo
della
Losa.
Quando
i
cristiani
giunsero
nei
pressi
del
passo,
di
cui
ancora
oggi
non
è
certa
l’ubicazione,
si
resero
conto
che
i
mori
già
controllavano
il
passo
e
l’unico
modo
per
combattere
era
quello
di
attraversare
la
gola
del
passo
della
Losa,
pieno
di
nemici.
Secondo
le
cronache
del
tempo
il
provvidenziale
arrivo
presso
l’accampamento
cristiano
di
un
pastore
locale
che
indicò
l’unico
passo
non
difeso
dai
mori,
permise
alle
truppe
cristiane
di
aggirare
il
passo
della
Losa
earrivare
all’altopiano
di
Las
Navas.
I
cristiani
avrebbero
potuto
attaccare
subito
cogliendo
di
sorpresa
le
truppe
almohadi,
ma
Alfonso
VIII
considerate
le
energie
spese
dai
suoi
durante
l’estenuante
marcia
di
avvicinamento,
decise
per
la
prudenza
e
non
attaccò,
limitandosi
a
quantificare
le
forze
del
nemico.
Finalmente,
dopo
due
giorni
di
attesa
il
16
luglio
del
1212
cominciò
la
battaglia.
Gli
eserciti
di
entrambi
i
fronti
si
schierarono
in
assetto
di
guerra:
da
una
parte
Al
Nasir
con
un
contingente
di
uomini
privo
di
cavalleria
pesante,
ma
con
una
formazione
d’attacco
molto
agile
che
includeva
un
corposo
nucleo
dei
pericolosi
e
famigerati
arcieri
che
avevano
l’obiettivo
di
disorganizzare
l’avanguardia
nemica,
dall’altra
Alfonso
VIII
che,
nonostante
l’inferiorità
numerica,
studiò
un
piano
di
battaglia
che
risultò
vincente.
Decise
che
le
truppe
appiedate
meno
professionali
avrebbero
combattutto
mischiate
ai
cavalieri
e
nobili
degli
ordini
religiosi
militari,
più
avvezzi
alle
tattiche
di
guerra
e
spinti
da
uno
spirito
combattivo
maggiore,
in
modo
da
omogeneizzare
l’intero
apparato
militare,
che
sarebbe
stato
protetto
ai
fianchi
dalla
cavalleria.
Per
la
storia
militare
la
battaglia
di
Las
Navas
di
Tolosa
è un
esempio
da
manuale
di
tattica
militare,
che
semplicemente
possiamo
sintetizzare
nel
seguente
modo:
gli
spagnoli
dovevano
raggiungere
come
massa
d’urto
di
cavalleria
le
linee
centrali
nemiche
per
schiacciarne
la
resistenza,
i
mori
invece
tentavano
in
tutti
i
modi
di
rompere
la
compattezza
dell’esercito
cristiano,
dividendo
la
sua
forza
e
cercando
di
mettere
scompiglio
tra
le
file
nemiche.
L’esercito
cristiano
si
decise
a
passare
all’azione,
disposto
su
tre
ali:
alla
sinistra
Pietro
II
d’Aragona
con
le
sue
truppe
ealcune
milizie
castigliane,
al
centro
l’avanguardia
di
Diego
Lopez
de
Haro
signore
di
Vizcaya,
e la
riserva
dove
stava
lo
stesso
Alfonso
VIII;
a
destra
i
duecento
cavalieri
navarri
agli
ordini
del
proprio
re
Sancho
VII
il
Forte,
con
un
ampio
rinforzo
di
truppe
volontarie
non
professioniste.
Nonostante
l’inferiorità
numerica
l’esercito
cristiano
si
lanciò
alla
carica
con
la
cavalleria
pesante
ottenendo
un
effetto
dirompente
sull’esercito
nemico,
che
dopo
l’iniziale
sbandamento
dovuto
allo
sfondamento
delle
prime
linee
riuscì
a
riorganizzarsi
per
un
contrattacco.
L’esito
della
battaglia
rimase
incerto
fino
a
che
Alfonso
VIII
insieme
a
Pietro
II e
Sancho
il
Forte
decise
di
lanciare
una
carica
con
i
migliori
elementi
della
cavalleria
spagnola
nel
fronte
centrale
musulmano
dove
si
era
creato
un
vuoto.
La
forza
di
questa
carica,
rimasta
alla
storia
come
la
carica
dei
Tre
Re
sorprese
i
musulmani
e
spinse
i
cristiani
fino
alla
tenda
del
califfo
che
fu
costretto
a
fuggire
a
dorso
di
mulo,
come
ci
racconta
un
testimone
d’eccezione
della
battaglia
quale
era
l’arcivescovo
di
Toledo
Jimenez
de
Rada.
Con
il
califfo
in
ritirata
la
resistenza
almohade
sbandò
cominciando
una
disordinata
e
precipitosa
ritirata.
La
battaglia
terminò
con
un
risultato
netto
a
favore
dei
crociati
cristiani
che
continuarono
nel
resto
della
giornata
l’avanzata
verso
le
successive
postazioni
musulmane:
Vilches,
Ferral,
Tolosa,
Baeza,
Ubeda.
Nelle
fortezze
occupate
Alfonso
VIII
lasciò
guarnigioni
permanenti
per
mantenere
stabile
la
nuova
frontiera,
che
dopo
la
battaglia
di
Navas
era
arrivata
fino
alla
Sierra
Morena.
Il
bottino
fu
abbondante
e di
valore:
oro,
argento,
denaro,
vestiti
di
seta
e
molti
altri
ornamenti
eoggetti
preziosi.
I
principali
attori
della
battaglia
non
rimasero
ancora
a
lungo
protagonisti
della
vita
politica
dell’epoca.
Il
primo
a
cadere
fu
lo
sconfitto,
l’imperatore
almohade
Muhammad
al
Nasir,
che
riuscì
a
rientrare
in
Marocco;
appena
giunto
a
Rabat
preparò
la
propria
abdicazione
a
favore
del
figlio
sedicenne
Abu
Yakub
II
al
Mustansir,
e
poco
dopo
morì,
le
cronache
insinuano
per
avvelenamento.
Pietro
II
d’Aragona
morì
in
combattimento
l’anno
seguente
nel
1213
durante
l’assedio
della
città
di
Muret
nel
pieno
della
lotta
contro
i
Catari.
Gli
successe
Jaime
I
che
salì
al
trono
con
solo
cinque
anni,
cresciuto
ed
educato
dai
cavalieri
templari.
Alfonso
VIII
di
Castiglia
morì
nel
1214
colpito
da
un’infermità
che
si
aggravò
durante
un
viaggio
verso
Plasencia
nei
territori
di
confine
del
regno
verso
il
Portogallo.
Sancho
VII
il
Forte
morì
nel
1234
dopo
una
lunga
malattia,
un’ulcera
varicosa
alla
gamba,
che
lo
obbligò
a
vivere
come
un
recluso
nel
castello
di
Tudela
negli
ultimi
anni
della
sua
vita.
Ultimo
della
dinastia
Jimena,
morì
senza
eredi:
la
corona
di
Navarra
andò
a
Teobaldo
di
Champagne.
Il
mito
di
Las
Navas
di
Tolosa
nacque
il
giorno
seguente
alla
battaglia,
non
solo
per
la
proporzione
del
conflitto
che
fu
di
una
grandezza
inusuale
per
l’epoca
medievale,
ma
anche
per
il
fatto
che
vi
parteciparono
tre
re,
un
evento
veramente
eccezionale.
Le
cronache
medievali
esagerarono
nel
conto
degli
effettivi
di
entrambi
gli
eserciti
eancora
oggi
le
cifre
sono
discordanti:
un
recente
studio
del
professor
Carlos
Vara
dell’Università
di
Malaga,
studioso
della
battaglia
di
Las
Navas,
ha
calcolato,
considerando
il
campo
di
battaglia
e le
posizioni
dei
combattenti,
che
l’esercito
cristiano
era
composto
da
4000
cavalieri
e
8000
fanti,
mentre
gli
almohadi
erano
tra
i
22000
e
30000,
tenuto
conto
che
gli
storici
concordano
nell’affermare
che
l’esercito
musulmano
era
il
doppio
di
quello
cristiano.
Siamo
comunque
di
fronte
alla
battaglia
più
grande
della
Reconquista
spagnola
e
tra
le
più
importanti
dell’Europa
medievale
dove
le
contese
si
risolvevano
attraverso
brevi
incursioni
o
lunghi
assedi
e
dove
era
difficile
formare
un
esercito
di
migliaia
di
uomini
eassistere
ad
uno
scontro
diretto
multitudinario.
Da
un
punto
di
vista
tattico
Alfonso
VIII
a
Las
Navas
fece
fruttare
l’esperienza
della
sconfitta
subita
nel
1195
ad
Alarcos:
agevolato
dall’orografia
del
terreno
particolarmente
stretto
eangusto
costrinse
gli
almohadi
a
combattere
in
uno
scontro
diretto
che
non
permise
all’esercito
musulmano
di
utilizzare
la
consueta
tattica
fatta
di
accerchiamenti
e di
imboscate,
pianificando
una
formazione
della
cavalleria
a
file
che
permise
ai
cristiani
di
lanciare
più
cariche
omogenee.
Le
conseguenze
di
questa
battaglia
tradizionalmente
sono
considerate
decisive
per
l’evoluzione
degli
eventi
nella
Reconquista
spagnola:
la
vittoria
cristiana
fu
un
vero
sollievo
per
tutto
l’Occidente
e
soprattutto
per
i
regni
cattolici
di
Spagna
che
videro
svanire
qualsiasi
tentativo
successivo
dei
musulmani
di
recuperare
il
terreno
perso.
Iniziò
così
un
lento
ma
inesorabile
declino
dell’Al
Andalus,
la
Spagna
musulmana,
anche
se
bisogna
attendere
quasi
trecento
anni
per
assistere
alla
completa
riconquista
cristiana
dei
territori
spagnoli.
Il
colpo
per
gli
almohadi
fu
duro
soprattutto
per
ragioni
di
politica
interna:
il
declino
almohade
non
può
essere
attribuito
ad
una
battaglia
seppur
cruciale,
ma è
pur
vero
che
le
tensioni
interne
tra
le
varie
etnie
e
tribù
dell’impero
eil
malessere
dei
capi
locali
nell’
Al
Andalus
contro
la
prepotenza
dei
governi
berberi
degli
almohadi,
accelerarono
la
crisi
politica
dell’impero.
Sull’altro
fronte
i
tre
re
cristiani
con
l’euforia
del
trionfo
avevano
accantonato
per
il
momento
le
proprie
divergenze,
dato
anche
l’auge
politico
militare
ed
economico
che
stavano
vivendo
i
rispettivi
regni.
Il
repentino
ritiro
dalla
battaglia
dei
crociati
cristiani
europei
evidenzia
ulteriormente
la
potenza
raggiunta
dai
re
spagnoli
che
condussero
una
crociata
esclusivamente
con
le
proprie
forze
militari
castigliane,
aragonesi
e
navarre.
Nonostante
l’epicità
della
vicenda
risulta
piuttosto
impreciso
affermare
che
la
battaglia
di
Las
Navas
di
Tolosa
fu
il
trionfo
decisivo
per
la
definitiva
affermazione
del
potere
cristiano
sul
musulmano.
Certamente
la
vittoria
cristiana
chiuse
definitivamente
i
confini
della
Castiglia
– La
Mancha
alle
minacce
musulmane
e
favorì
l’inizio
delle
campagne
condotte
dal
re
di
Castiglia
Fernando
III
e
dal
re
d’Aragona
Jaime
I
contro
i
musulmani
in
quello
che
rimaneva
dell’Al
Andalus.
Rimane
il
fatto
che
la
battaglia
di
Las
Navas
di
Tolosa
fu
un
fatto
eccezionale
per
l’epoca
e
senza
alcun
dubbio
la
battaglia
campale
più
importante
della
Riconquista
spagnola,
che
lentamente,
ma
inesorabilmente
si
faceva
strada
in
direzione
di
un
nuovo
orizzonte:
l’unità
dei
regni
spagnoli
in
un
unica
Spagna.
Riferimenti
bibliografici:
ESPARZA
JOSÈ
JAVIER,
Moros
y
cristianos,
la
gran
aventura
de
la
España
medieval-
Esfera
de
los
libros
–
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-2011
GARCIA
FITZ,
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Las
Navas
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Ariel
–
2012
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Las
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–
Edhasa
-2012