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N. 70 - Ottobre 2013 (CI)

La Battaglia di Iwo Jima
Le dinamiche militari e geopolitiche dello scontro

di Stefano Contini

 

L'isola di Iwo Jima, lunga soltanto 6.5 chilometri e scarsamente abitata – la popolazione civile venne evacuata prima dell'inizio delle operazioni – ospitava una guarnigione giapponese di circa 25.000 uomini.

 

I comandanti militari statunitensi che avevano guidato la conquista dei luoghi strategici situati nelle Filippine, si stavano preparando ad attaccare direttamente il Giappone, non dovendo così conquistare Formosa o alcune aree costiere cinesi per costruirvi delle basi aeree di sostegno per l'offensiva contro i nipponici.

 

La scelta americana ricadde sull'isola di Iwo Jima (tra Saipan e Tokyo) e sulle isole Okinawa (non distanti da Formosa), destinate a diventare basi insulari strategiche per il futuro bombardamento del Giappone.

 

L'isola di Iwo Jima avrebbe avuto sia la funzione di punto di atterraggio in caso di emergenza per i Boeing B-29 Superfortress, utilizzati per bombardare Tokyo (spesso in missioni notturne a bassa quota) partendo dalle isole Marianne, sia quella di essere una base per i caccia che scortavano i Boeing, dal momento che ancora non esistevano dei caccia in grado di coprire in volo una simile distanza.

 

Il generale giapponese Tadamichi Kuribayashi aveva ordinato di scavare, nelle pendici del monte Suribachi, una complessa rete di grotte e di gallerie della lunghezza di oltre 20 chilometri, all'interno delle quali i soldati imperiali si sarebbero rifugiati per poter resistere il più a lungo possibile, disponendo di viveri per 75 giorni.

 

Il generale era ben consapevole del fatto che l'operazione americana avrebbe presto sancito una netta superiorità aerea e navale statunitense, tale da impedire l'arrivo di rinforzi giapponesi.

 

Nimitz affidò all'ammiraglio Raymond Spruance (il quale aveva da poco sostituito l'ammiraglio William Halsey come comandante della terza flotta) la gestione delle operazioni. Tre divisioni dei marines (3ª, 4ª e 5ª), agli ordini del generale Harry Smith, furono rese disponibili per la parte terrestre dell'offensiva.

 

Il bombardamento preparatorio, sia aereo sia navale, fu il più duraturo tra quelli effettuati nel corso della guerra del Pacifico: incursioni aeree quotidiane iniziate l'8 dicembre 1944, bombardamenti diurni e notturni dal 3 gennaio e tre giorni di cannoneggiamento navale fino alla vigilia dello sbarco.

 

Gli effetti dei bombardamenti furono, tuttavia, trascurabili: le posizioni difensive dei giapponesi, rifugiatisi nelle gallerie scavate all'interno del monte Suribachi, avevano resistito.

 

I marines, sbarcati il 19 febbraio, furono immediatamente attaccati con mortai e artiglieria, senza riuscire ad avanzare oltre le spiagge. Dei 30.000 uomini sbarcati quel giorno, 2.500 furono feriti o uccisi. Invece degli abituali e prevedibili attacchi banzai dei giapponesi, gli americani dovettero fronteggiare una difesa astuta e dotata di casematte e bunker lungo le pendici del monte.

 

Grazie all'aiuto dei kamikaze, la portaerei USS Saratoga fu ripetutamente danneggiata ed altre quattro navi furono attaccate (una delle quali, la USS Bismarck Sea, esplose).

 

Solo nei giorni successivi allo sbarco i marines riuscirono lentamente a guadagnare metri, supportati da un ininterrotto e consistente fuoco aereo e navale, rafforzato poi dall'arrivo da Tokyo delle portaerei dell'ammiraglio Marc Mitscher. Il crollo di parte delle gallerie interne al Suribachi permise l'avanzata americana.

 

Oltre un mese dopo lo sbarco, in seguito a sanguinosi combattimenti, gli americani conquistarono l'isola di Iwo Jima: i marines persero circa 26.000 uomini; per quanto riguarda, invece, i giapponesi, circa 21.000 persero la vita dopo aver combattuto con grande tenacia e solamente 200 caddero prigionieri nelle mani degli americani. Per più di due mesi, inoltre, gli statunitensi combatterono per eliminare le residue sacche di resistenza (oltre 4.000 uomini), mentre i prigionieri aumentarono fino al migliaio.

 

È molto celebre la foto che ritrae diversi marines mentre piantano la bandiera americana sulla cima del monte Suribachi. Il corpo del generale Kuribayashi, il quale aveva ordinato ai suoi di “difendere ogni angolo dell'isola sino alla morte”, non fu mai ritrovato.

 

Prima della fine di marzo, la conquista dell'isola di Iwo Jima consentì all'aeronautica americana l'utilizzo di tre campi d'aviazione, impiegati per 2.400 atterraggi dei bombardieri B-29 fino alla fine della guerra.



 

 

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