[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 200 / AGOSTO 2024 (CCXXXI)


antica

LA BATTAGLIA DI GAUGAMELA
BREVE CRONACA DELLA STORICA VITTORIA DI ALESSANDRO
di Fortunato Pio Nunnari


331 a.C.: il più grande condottiero che l'umanità avesse mai conosciuto dichiarò guerra al più potente impero della storia. Dopo la disfatta di Isso (333 a.C.), i persiani di Dario III – ultimo imperatore degli Achemenidi a regnare sulla Persia – attesero Alessandro nella piana di Gaugamela, una pianura molto ampia in cui poterono sfruttare la loro superiorità numerica senza essere intrappolati come a Isso due anni prima.

Le fonti antiche sono discordi riguardo al numero esatto dei soldati che entrambi i condottieri schierarono a Gaugamela. Sotto lo stendardo persiano combatterono all'incirca 235.000 uomini, tra cui fanti, cavalieri, elefanti da guerra indiani, mercenari greci, gli immortali (la guardia scelta dell'imperatore) e i carri falcati (carri con lame affilate posizionate sulle ruote, pronte a falciare le gambe dei nemici).

 

Alessandro schierò circa 40.000 fanti e 7.000 cavalieri. L'esercito macedone fu diviso in due schieramenti: quello sinistro guidato da Parmenione e quello destro guidato dal re in persona. All'inizio della battaglia, Alessandro ordinò alla falange di avanzare lasciando le ali poco più indietro rispetto alla falange. Questo avrebbe indotto la cavalleria persiana a caricare contro la falange apparentemente in difesa, ed è proprio qui che il genio militare di Alessandro si manifestò nel suo più grande splendore.

Come da tradizione, tutti i re della Persia durante le battaglie si schieravano sempre al centro dello schieramento, protetti dalle loro guardie del corpo. Dario, vedendo che la falange macedone avanzava sempre di più, decise incautamente di attaccare per primo e mandò alla carica i carri falcati. Non fu la prima volta che Alessandro fronteggiò i carri; il suo esercito aveva sviluppato una particolare tattica per contrastarli: le prime linee si spezzavano all'ultimo istante per far entrare all'interno dello schieramento i carri che, bloccati da ogni parte, venivano facilmente neutralizzati.

 

Mentre la falange macedone fronteggiava a sarisse abbassate i fanti persiani, Dario mandò il grosso della sua cavalleria a fronteggiare la sinistra dello schieramento macedone comandato da Parmenione. Così, nello schieramento persiano si creò un piccolissimo vuoto, una falla così piccola da essere impercettibile, ma non per uno stratega come Alessandro Magno. Le forze persiane si divisero e Dario rimase isolato con la sua guardia del corpo.

Quando Alessandro vide il Gran Re, i suoi occhi si illuminarono di gloria; ordinò alla sua cavalleria personale di smettere di combattere e di seguirlo in una folle carica contro il centro dello schieramento persiano.

 

I cavalieri macedoni si disposero in formazione a diamante, tattica largamente diffusa tra i reparti di cavalleria, alla cui testa si pose lo stesso Alessandro. Con un impeto formidabile, Alessandro e i suoi uomini si riversarono sulla guardia reale come onde anomale sulla sabbia, mandandola in rotta. Dario, vistosi senza scorta e ormai lontano dal resto del suo esercito, fuggì insieme ai pochi rimasti della guardia reale.

 

 

Alessandro partì subito per inseguirlo e decretare una volta per tutte la fine dell'impero persiano. Mentre galoppava all'inseguimento, un messaggero lo raggiunse a cavallo e gli portò la disperata richiesta di aiuto dalla retroguardia sinistra. Parmenione, rimasto a tenere a bada la cavalleria persiana, stava perdendo terreno e non poteva resistere ancora per molto. Alessandro tornò indietro e si lanciò alla carica contro i rimasugli dell'esercito persiano. La Vittoria dispiegò le sue ali.

Dopo la battaglia, i macedoni attaccarono la carovana reale e si appropriarono di un ingente bottino. Le fonti antiche riportarono circa 50.000 caduti tra le file persiane, mentre 1.200 o poco più tra quelle macedoni. Tale scontro decretò di fatto la fine dell'impero persiano. Il Gran Re Dario fu ucciso a tradimento da Besso, satrapo di Battriana, mentre cercava di arruolare un altro esercito da mandare al macello contro Alessandro.

 

Intelligenza, coraggio e ambizione si fusero armoniosamente nella solenne battaglia, creando una delle più affascinanti espressioni di strategia militare della storia umana.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]