N. 12 - Dicembre 2008
(XLIII)
la
battaglia di abukir
scontro
per il
mediterraneo
di Gabriele
Rovigatti
La battaglia navale della
baia di Abukir (propriamente Abū Qīr), meglio
conosciuta come battaglia del Nilo, ebbe luogo il 1
Agosto 1798 e vide contrapporsi la flotta britannica
comandata dal contrammiraglio Horatio Nelson e quella
francese, ai comandi del viceammiraglio Brueys D’Aigalliers.
Il contesto generale in
cui iscrivere la battaglia è quello della guerra tra la
Francia rivoluzionaria e la Gran Bretagna, e il momento
storico è ovviamente il periodo della “campagna
d’Egitto” di Napoleone Bonaparte. Egli era stato inviato
in quanto miglior generale francese (il Direttorio era
rimasto molto impressionato dai successi ottenuti nella
campagna d’Italia) a prendere possesso dell’Egitto,
paese tramite il quale la Francia avrebbe controllato
tutto il Mediterraneo orientale e una buona fetta dei
commerci europei, oltre a ottenere una formidabile testa
di ponte per una eventuale campagna in India.
L’occupazione avrebbe
rappresentato (ed effettivamente così fu vista dagli
inglesi) una provocazione nonché un danno economico e
strategico rilevante. Già nel 1796 la potenza britannica
era riuscita nell’intento di avere l’egemonia nel
subcontinente indiano, cacciando i francesi dal loro
avamposto commerciale di Pondicherry: la possibilità per
il nemico di avere basi nel Mar Rosso da cui far partire
le navi ostili dirette in India o contro imbarcazioni
mercantili e militari inglesi era un’eventualità che Sua
Maestà non avrebbe potuto tollerare in nessun caso.
Per questo, appena ebbero
sentore che si stava preparando un attacco da parte
francese, gli Inglesi ordinarono alla loro flotta al
largo di Cadice di controllare da vicino la flotta
francese e, se in movimento e con intenti aggressivi, di
seguirla e distruggerla.
Il conte St. Vincent,
comandante della squadra di Cadice, incaricò un giovane
contrammiraglio, Lord Horatio Nelson, che era
considerato da tutti gli alti ammiragli un natural
born predator (un predatore nato), di non perdere di
vista la flotta francese, darle la caccia e di cercare
di fermare una eventuale avanzata francese, o quantomeno
di provare a rallentarla.
La potenza francese di terra era forse inarrivabile per
quei tempi (considerando il genio militare di
Napoleone), ma per quanto riguardava la marina in
Europa, e nel mondo, nessuno poteva sperare di competere
con gli inglesi, sia per numero di mezzi che per
preparazione tecnica, pratica e strategica.
Nell’avvicinarsi a Tolone, Nelson incappò in una
tempesta, e perse alcuni giorni per le riparazioni e per
attendere i rinforzi provenienti dall’Atlantico.
Quando arrivò in
prossimità della costa la flotta nemica era già salpata:
ma per dove? Considerato che la squadra di supporto,
proveniente da sud-ovest, non l’aveva incrociata, era
plausibile pensare che il nemico si fosse diretto ad
est. Il problema di fondo però rimaneva: l’obiettivo era
la Sicilia? Malta? la Turchia? Oppure proprio l’Egitto,
che era strategicamente così importante per Francia e
Gran Bretagna?
Nelson decise di andare
per tentativi: fece vela verso Napoli, il porto più
attivo d’Italia, fermando nel frattempo tutte le
imbarcazioni che incrociava e chiedendo informazioni. Da
Napoli si diresse a Malta, dove trovò prove tangibili
del passaggio di Napoleone: il generale francese era
infatti sbarcato sull’isola, conquistandola e mettendo
fine al secolare dominio dell’ Ordine militare dei
Cavalieri dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme
(meglio conosciuti col nome di Cavalieri di Malta). Dopo
aver razziato i tesori dell’ordine, Napoleone lasciò una
guarnigione a presidio dell’isola e salpò di nuovo alla
volta di Alessandria d’Egitto. Nelson iniziò
l’inseguimento, che però fu addirittura troppo
efficiente: il 28 Giugno raggiunsero il porto
d’Alessandria, vuoto, poiché tre notti prima col buio
avevano superato la flotta francese senza rendersene
conto.
I francesi erano infatti
rallentati dalle centinaia di navi da trasporto che
stavano scortando verso l’Egitto, cariche di soldati
che, oltre al paese africano, nei piani di Napoleone e
del Direttorio, avrebbero dovuto raggiungere l’India
attraverso il Mar Rosso. Nelson, pensando di avere
sbagliato le sue previsioni, e che dunque i francesi non
si stessero affatto dirigendo in Egitto bensì in
Turchia, si diresse immediatamente a Nord: appena
Alessandria fu scomparsa all’orizzonte, e senza dunque
che gli inglesi potessero rendersene conto, la flotta
francese sbarcò nel porto egiziano e scaricò i suoi
30.000 uomini per iniziare l’invasione di terra.
Nelson aveva visto giusto,
ma non riuscì ad incontrare la flotta nemica per poche
ore di scarto. Parte dei francesi restanti si diresse,
su ordine di Napoleone, verso l’isola di Corfù, già
precedentemente controllata dalla repubblica.
è
interessante sottolineare come, oltre alle truppe, i
francesi avessero portato in terra egiziana una
commissione per studiare la fattibilità di un canale che
mettesse in comunicazione il Mar Rosso con il
Mediterraneo. L’ammiraglio Brueys decise di ancorarsi
nella vicina baia di Abukir (24 chilometri da
Alessandria): dispose le navi nelle basse acque della
baia, in linea, dalla più piccola alla più grande,
com’era d’uso, di modo che chiunque avesse intenzione di
attaccare dal mare si sarebbe trovato di fronte una
linea ininterrotta di bocche da fuoco, anche se ridotta
della metà (le fiancate verso terra erano ovviamente
inservibili). Per di più le fregate erano state ancorate
tra le navi e la riva, e dunque rese inservibili in caso
di attacco. Ma l’ammiraglio era certo della stabilità
assoluta della sua linea di difesa (formata dalle 14
navi di linea, che contavano da 74 a 120 cannoni l’una),
tanto da sentirsi assolutamente tranquillo nel mandare
parte degli uomini dell’equipaggio a scavare pozzi sulla
terraferma per riempire le scorte di acqua dolce sulle
navi. Nel frattempo Nelson, saputo dell’invasione di
Alessandria, fece immediatamente dietrofront: dalle
coste della Turchia, a largo delle quali fu informato
dell’invasione avvenuta il 29 Giugno da un mercantile,
salpò immediatamente. L’ordine era di attaccare nel
momento esatto in cui la flotta francese fosse stata in
vista, senza indugio e senza soste prima della
battaglia. Il 1 agosto Nelson,con la sua flotta,
raggiunse il porto di Alessandria e ravvisò la presenza
della flotta francese ancorata nella baia. La flotta
inglese, come detto, contava 14 vascelli di linea, dei
quali 13 da 74 cannoni, e 1 da 50; la flotta ai comandi
dell'ammiraglio Breuys era invece formata da 13
vascelli, dei quali uno (l'ammiraglia Orient) armata con
120 cannoni, 3 imbarcazioni con 80 cannoni e le restanti
9 da 74 pezzi; sono da aggiungere le 4 fregate francesi,
che però, come accennato, non ebbero parte alcune nella
battaglia.
Al tramonto dello stesso giorno le due formazioni
entrarono in contatto: Nelson aveva individuato la linea
francese aveva immediatamente deciso di sfruttarne la
staticità. Essendo disposte in linea e ancorate nella
rada, le navi francesi avevano scarsissima possibilità
di manovra, e il contrammiraglio decise di attaccare la
flotta a gruppi: divise la sua formazione di fila in due
parti, delle quali una avrebbe attaccato direttamente la
parte frontale dello schieramento francese da ovest,
mentre l’altra, con una manovra molto rischiosa, si
sarebbe infilata tra le imbarcazioni francesi e la
secca, per poi colpire sulla fiancata non impegnata già
dal primo gruppo.
L’attacco ebbe luogo alle
18.28, con una sola mezz’ora di luce disponibile. Le
prime navi inglesi ad aggirare le secche, la Goliath e
lo Zealosus, fecero immediatamente capire a Breuys di
aver sbagliato completamente i calcoli: la Guerrier, la
prima nave della fila, non era ancorata abbastanza
vicino alle secche da impedire il passaggio dei vascelli
inglesi, inoltre la fretta con cui si era provveduto al
reclutamento degli uomini era stata tale da far si che
molto navi avessero un equipaggio ben al di sotto di
quello necessario, senza contare la gran quantità di
uomini mandati a scavare pozzi, che non erano riusciti a
reimbarcare prima dell’inizio della battaglia, e che
erano rimasti a terra. Gli inglesi, molto più abili e
numerosi in quanto ad equipaggio, ebbero un vantaggio
notevole: come previsto dall’ammiraglio Nelson le navi
inglesi, ancorate abbastanza vicino alle fiancate delle
imbarcazioni nemiche per ingaggiarle efficacemente,
ricaricavano e sparavano ad una velocità doppia rispetto
a quelle francesi.
è
interessante notare come il personale a bordo dei primi
due vascelli della fila francese, il Guerrier e il
Conquerant, fosse talmente esiguo da permettere di
rispondere al fuoco sul solo lato-mare: la Goliath e lo
Zealosus riuscirono a danneggiarle gravemente entrambe
senza ricevere neanche un colpo in risposta. Il forte
vento proveniente da Nord impedì alle navi francesi in
fondo alla linea di aiutare quelle sotto attacco,
favorendo l'aggiramento previsto da Lord Nelson e
agevolando la disfatta totale. L'Orient, nave ammiraglia
armata pesantemente, era posta al centro dello
schieramento francese, poiché ovviamente era
l'imbarcazione più importante e perchè conteneva buona
parte dei tesori razziati a Malta.
La prima nave inglese ad
attaccarla direttamente fu la Bellerophon, che tuttavia
fu disalberata da una bordata avversaria e dovette
disancorare e andare alla deriva. Nel frattempo a
babordo e tribordo dell'ammiraglia si erano posizionate
la Swiftsure e l'Alexander, inizando un fuoco incrociato
che si sarebbe dimostrato fatale: alle 20.55 l'Orient
prese fuoco, illuminando la notte. Alle 22 il fuoco
raggiunse il deposito delle polveri: la deflagrazione fu
spaventosa, tanto da essere avvistata da una torre ad
una trentina di chilometri da Abukir.
Centinaia di persone, tra
cui il morente ammiraglio Breyus, gli alberi, le vele e
l'inestimabile tesoro di Malta furono scagliati a decine
e decine di metri di distanza, mentre le altre navi
francesi mollavano gli ormeggi per non essere incendiate
dai resti infuocati dell'Ammiraglia. Un troncone
dell'albero maestro finì direttamente sul ponte della
Swiftsure, il cui capitano, con non poco senso macabro,
ne fece dono all'ammiraglio Nelson dopo averlo
fatto modellare a guisa di bara. Il singolare dono
rimarrà sempre nella cabina dell'ammiraglio, che vi sarà
deposto dopo essere stato ferito a morte durante la
battaglia di Trafalgar.
In realtà anche ad Abukir
Nelson confermò di non avere fortuna durante le
battaglie navali: come a Bastia, dove perse un occhio
durante l'azione, fu ferito da un colpo di mitraglia
sulla fronte, proprio sopra l'occhio superstite, e
dovette essere portato immediatamente sotto coperta per
le cure del caso. Le navi francesi rimaste, nel
frattempo, dal fondo della fila iniziarono le manovre
per disancorare e scappare, per evitare di essere
aggirate ed annientate, ora che erano anche in forte
svantaggio numerico.
Alla fine delle ostilità,
il giorno seguente (2 agosto) le perdite francesi
ammontavano a 12 vascelli (3 dei quali esplosi in
battaglia, 3 bruciati dagli inglesi dopo la cattura e i
6 rimanenti arresisi), una fregata e un brigantino. Ai
1700 morti (la maggior parte dei quali esplosi con l'Orient)
vanno aggiunti i 3000 prigionieri e i 600 feriti che
rimasero sul campo di battaglia: la battaglia del Nilo
rappresentò per la marina francese un disastro senza
precedenti. Dall'altra parte della barricata, al
contrario, gli animi erano euforici, poichè la vittoria
era stata rapida e totale, e soprattutto era stata
ottenuta contro un nemico con una potenza di fuoco
nettamente prevalente (i vascelli francesi erano più
pesanti di quelli inglesi).
Fu probabilmente in questa
battaglia che Nelson dimostrò per la prima volta il suo
incomparabile genio militare, frutto di determinazione
ed estremo coraggio: assumendosi il rischio di
incagliare le proprie navi, aveva sorpreso l'avversario
con una mossa a prima vista avventata, ma che si era
dimostrata poi determinante nell'accerchiamento del
nemico. Come farà poi a Trafalgar, teatro della sua
ultima e più grande impresa (che possiamo definire
postuma, poiché sarà mortalmente ferito durante le prima
schermaglie e non vedrà mai l'esito della battaglia),
con una mossa assolutamente innovativa rispetto ai
precedenti schemi strategici, e fidando completamente
nell'abilità dei propri marinai a confronto con
l'inadeguatezza di quegli avversari, capovolgerà le
sorti dello scontro a proprio favore.
L'eco della battaglia tardò però ad arrivare alle
orecchie europee: la Lander, nave scelta per portare le
notizie in patria, fu catturata in viaggio dalla
Genereux, una delle imbarcazioni francesi superstiti.
Ciononostante all'arrivo
delle notizie riguardanti la vittoria, e soprattutto la
reale entità della sconfitta francese, le reazioni non
si fecero attendere: a Napoli si creò quasi
immediatamente una coalizione anti-napoleonica, e
dappertutto nei nuovi "acquisti" francesi ci furono
sommosse.
Napoleone, che stava
comunque procedendo con la conquista terrestre del
territorio egiziano, dovette tornare velocemente in
patria a bordo di una piccola imbarcazione e con il
rischio di essere catturato dalle navi inglesi, ormai
padrone del mediterraneo, abbandonando i suoi uomini
decimati dalle malattie e dalle incursioni degli
indigeni. |