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N. 76 - Aprile 2014 (CVII)

LA BASILICA DI MASSENZIO
fascinazione antica

di Massimo Manzo

 

Ancora oggi chiunque visiti la zona archeologica a ridosso dei Fori imperiali non può non rimanere stupito dalle imponenti rovine della Basilica di Massenzio, anche detta Basilica Nova o Basilica Constantini. Quest’ultima rimane uno dei monumenti più significativi della tarda antichità romana.

 

La sua costruzione, voluta da Massenzio nel IV d.C., fu iniziata in un frangente molto complicato della storia romana. I nomi con i quali è passata alla Storia, d’altronde, svelano la paternità contesa di questa grande basilica.

 

Per comprendere a pieno il senso del bellissimo edificio, è necessario accennare al periodo in cui fu pensato e progettato. Così, nascosto tra le maestose rovine, affiora il fascino di un pezzo importante di storia.

 

Nei primi anni del 300 d.C., Roma era nel bel mezzo delle travagliate vicende che seguirono alla fine del regime tetrarchico, inaugurato nel 284 d.C. dall’imperatore Diocleziano. Al fine di reggere alla pressante minaccia dei barbari che premevano ai confini, quest’ultimo aveva deciso di dividere il comando supremo in quattro.

 

Per un ventennio, sembrò dunque essere tramontato il tempo in cui una sola persona, da Roma, esercitava il dominio assoluto. A reggere i destini del mondo sono ora due Augusti e due loro “vice”, che assumono il titolo di Cesari. I quattro lo governano da lontano, sulla base di un accordo comune.

 

Nicomedia in oriente, Mediolanum (l’attuale Milano) in Italia, Augusta Treverorum (nei pressi del Reno) e Sirmium (in Pannonia, l’odierna Ungheria), divengono i nuovi punti nevralgici dell’impero, sostituendo la vecchia capitale, almeno dal punto di vista amministrativo.

 

La preferenza data a questi luoghi, prima quasi sconosciuti, è fin troppo ovvia. Essi si trovano tutti a poca distanza dal limes, in territori strategicamente importantissimi per la sopravvivenza dell’impero, oggetto di costanti e pericolose incursioni barbare. Da lì, la situazione può essere controllata più facilmente e in questo modo si riesce a mantenere l’unità formale dell’impero pur frazionandone di fatto l’amministrazione.

 

La tetrarchia ha regole chiare: al momento concordato, gli Augusti abdicheranno, lasciando che i vice ne prendano il posto. A loro volta, saranno nominati in sostituzione di questi ultimi due nuovi Cesari.

 

Fino a quando Diocleziano rimane al potere, il sistema da lui creato regge, ma dopo la sua abdicazione collassa quasi subito. Non tutti hanno infatti il suo senso dello Stato. Si scatena così una lunga e difficile guerra che si trascina per anni, fino a quando Costantino non emerge quale capo assoluto, riportando la pace e ponendo definitivamente fine alla tetrarchia.

 

La battaglia che segna la sua definitiva affermazione in occidente si combatte a Ponte Milvio, poco fuori le porte di Roma, nel 312 d.C. In quell’occasione Costantino si scontra con Massenzio, riuscendo a sconfiggere le forze dell’avversario, che da più di cinque anni detiene il dominio dell’Urbe e dell’Italia.

 

Appena sei anni prima dell’epilogo di Ponte Milvio, Massenzio si era proclamato signore di Roma, inaugurando una serie di opere pubbliche pensate per ingraziarsi i favori del popolo e dell’elité senatoria, i quali da tempo si sentivano ingiustamente trascurati dai signori della guerra che si succedevano al potere.

 

Tra queste, una grande basilica nel cuore della città, sul colle della Velia, a due passi dal Foro e dal Colosseo, in cui dovrà essere amministrata la giustizia. La zona in cui fu posta era situata tra due colli: l’Esquilino e il Palatino, a fianco di edifici simbolo della tradizione romana, che Massenzio ordinò di restaurare, come l'antico tempio di Venere.

Da ciò che risulta dalle testimonianze archeologiche, quello stesso spazio era prima occupato dai cosiddetti Horrea Piperitaria, cioè magazzini in cui venivano ammassate e lavorate le spezie.

 

Le dimensioni della nuova opera voluta da Massenzio erano colossali: era infatti lunga 100 metri e larga 65. La sua pianta inaugura una divisione degli spazi che diverrà tipica delle basiliche cristiane per oltre un millennio.

 

È infatti divisa in tre navate, di cui quella centrale, più larga delle altre, è coperta da tre grandi volte e dotata di un’abside nella quale è posizionata una gigantesca statua di Massenzio, fatta di bronzo e marmo.

 

Di quel colosso, riscoperto alla fine del ‘400, oggi rimangono solo il piede e la testa marmorei, conservati nel cortile dei musei capitolini, a Roma.

 

Il volto che possiamo ammirare attualmente non è però quello di Massenzio, ma del suo acerrimo nemico Costantino. Dopo Ponte Milvio, infatti, il primo imperatore cristiano ordinò di cancellare qualsiasi traccia che nell'Urbe ricordasse lo sfortunato avversario.

Gli edifici da quest'ultimo innalzati, tra cui la basilica, vennero rinominati, e gli scalpellini lavorarono febbrilmente per sfigurare il suo volto in tutte le statue della città, trasformandolo come per magia in quello di Costantino.

 

Questo rituale era diffuso tra i romani, i quali lo denominavano damnatio memoriae, letteralmente dannazione della memoria. La sua applicazione era considerata normale all'epoca.

 

La struttura dell'edificio era in muratura rivestita di marmo bianco. All'interno invece doveva essere ricco di marmi policromi, che risaltavano soprattutto nei colonnati, nelle statue e nella pavimentazione a motivi geometrici.

 

Appena terminata, nel 312 d.C., la basilica era stupefacente per la sua imponenza. Lo splendore del marmo, risaltato dal sole, dovette lasciare di stucco anche i romani più distratti che transitavano da quelle parti.

 

Essendo la sede del Praefectus urbi, cioè del magistrato incaricato di amministrare la giustizia a Roma, se vi fossimo capitati all’interno avremmo trovato senza dubbio trovato una gran confusione, come oggi nei grandi tribunali italiani.

 

Dopo aver subito alcune modifiche strutturali nel IV secolo d.C. l’edificio rimase in piedi per secoli prima di crollare per un devastante terremoto intorno alla metà dell’800 d.C.

Già nei decenni seguenti alla caduta dell’impero d’occidente, però, era stato spogliato dei suoi marmi, usati per la costruzione di alcune importanti chiese, tra cui la prima basilica di San Pietro.

 

Ciò che ammiriamo oggi sono i resti della monumentale abside posto nella navata nord, con le sue eleganti arcate, che hanno resistito alle temperie della natura e degli uomini, a dimostrazione di come l’ architettura antica riesca a produrre delle splendide e affascinanti rovine.



 

 

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