[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

188 / AGOSTO 2023 (CCXIX)


attualità

IL FENOMENO BARBIE

Tra condizionamenti e libertà di sceltA

di Giovanna D'Arbitrio

 

Il film Barbie, di Greta Gerwig, sta riscuotendo un successo tale da sollecitare riflessioni sull’interesse che ancora suscita la famosa bambola in ragazzine e donne di diverse età, dai babyboomers alla generazione Z, uno dei personaggi iconici della cultura pop: la bionda Barbie, magra, dai grossi seni e i piedi a punta, circondata da varie versioni di Ken, quasi un altro accessorio tra i suoi numerosi costosi oggetti.

 

In effetti il film “Barbie” descrive il fantastico mondo di Barbieland, una società matriarcale, dove la Barbie Stereotipo (Margot Robbie) e tutte le altre Barbie conducono una vita piena di successi, come medici, avvocati e politici, mentre i maschi, come Ken (Ryan Gosling), si dedicano alle attività ricreative. Purtroppo un giorno, all’improvviso, la mente di Barbie viene assalita da pensieri di morte, i suoi piedini diventano piatti e la bambola perfetta viene colpita da varie imperfezioni. Decide così di rivolgersi alla saggia Weird Barbie (Kate McKinnon), emarginata dalla società per i difetti fisici, che le consiglia di andare nel mondo reale per trovare la soluzione dei suoi problemi. Barbie accetta il consiglio e parte, raggiunta a sorpresa da Ken che insieme a lei affronterà varie sfide e nuove esperienze.

 

Interessante scoprire attraverso un rapido excursus l’origine e la storia di Barbie: l’idea venne a Ruth Handler, moglie di uno dei co-fondatori dell’azienda di giocattoli Mattel, che osservava l’insoddisfazione della figlia Barbara nel giocare con bambolotti e bambole con fattezze infantili. Trovò poi l’ispirazione durante un viaggio in Germania, quando vide la Bild Lilli, una bambola per adulti prodotta da Greiner & Hausser nel 1955, ispirata al personaggio di una escort delle vignette sexy sul quotidiano tedesco Bild: ne portò qualche esemplare negli USA per farla replicare dalla Mattel che fu accusata di plagio e poi comprò il brevetto legato a Bild Lilli con una cospicua somma. Nel 1959 la prima Barbie era bruna, con coda di cavallo e indossava un costume intero a righe bianche e nere.

 

Fin dal primo momento Barbie ha rappresentato un mondo femminile diverso, il sogno di poter svolgere qualsiasi professione e in effetti il suo curriculum va oltre 200 carriere di ogni tipo, anche quelle di solito riservate ai maschi, permettendo alle bambine di immaginarsi in qualsiasi ruolo. Nel 1961 è arrivato il suo fidanzato storico Ken, mai da lei sposato, poi sono comparse anche la migliore amica Midge e la sorellina Skipper.

 

Aumentavano intanto accessori costosissimi, come la Star-vette, la sua auto rosa, e a partire dagli anni Settanta riscuote grande successo la Barbie Malibu, la bambola bionda californiana e il suo lussuoso stile di vita. Artisti come Andy Warhol e Peter Max la immortalano nelle loro opere, nel 1967 arriva la prima bambola ispirata alla modella Twiggy, mentre dagli anni Ottanta, Barbie conquista il mondo della moda: disegnano abiti per lei stilisti come Oscar de la Renta, Bob Mackie, Karl Lagerfeld, Comme Des Garçons, Moschino, Balmain. Negli anni successivi arrivarono vari cambiamenti nel look di Barbie adeguati ai tempi, con accessori di ogni tipo.

 

Il progetto Barbie Fashionistas parte nel 2009 e introduce 23 nuovi modelli con 7 tonalità di carnagione, varie tinte di capelli, acconciature, colori di occhi differenti, tre nuove silhouette (alta, formosa e minuta), in modo che ogni bimba possa scegliere. Vengono introdotte anche varie disabilità e proposte bambole Barbie con sindrome di Down, alopecia e così via.

 

Nel 2019 per il 60° anniversario Mattel lancia anche il progetto Dream Gap, per superare i condizionamenti socio-culturali che portano le bambine a rinunciare a studi scientifici o di altro genere riservato ai maschi, ed ecco apparire Barbie che s’ispirano alla pilota Amelia Earhart, la pittrice Frida Kahlo, l’astronauta Samantha Cristoforetti, la campionessa Bebe Vio, la calciatrice Sara Gama e così via.

 

Senz’altro uno dei giocattoli più venduti a livello internazionale, Barbie rappresenta aspetti contrastanti: da una parte ha descritto un mondo tutto al femminile, tra carriere strepitose in ogni campo, soldi e lusso, con accessori e sogni hot pink, dall’altra ha cercato in seguito di dar rilievo a un mondo più diversificato esteso a bambine di tutto il mondo.

 

Nel film colpisce una scena iniziale (ironico omaggio a 2001 Odissea nello spazio), in cui le bambine di fine anni Cinquanta distruggono bambole e bambolotti tradizionali in favore della Barbie in costume zebrato, una sex symbol, molto lontana dal ruolo di madre.

 

Colpiscono inoltre le dichiarazioni della regista: «Alla base della storia del film c’è la volontà di trasmettere un messaggio ben preciso: la bambola viene espulsa da Barbieland perché non è abbastanza perfetta e, dunque, decide di partire all’avventura nel mondo reale»- ha affermato Greta.

 

Dal canto suo Ryan ha dichiarato: «Sono rimasto sorpreso di come alcune persone si siano infervorate sul mio Ken. Come se nella loro vita gli avessero mai dedicato un pensiero di un secondo prima di questo film. Nessuno di loro ha mai giocato con Ken. Nessuno ci gioca nemmeno oggi. È solamente un accessorio e nemmeno uno di quelli cool».

 

In verità mentre scrivo questo articolo penso più che mai che il mondo di Barbie e la sua società, caratterizzata da matriarcato e successo femminile in tutti i campi, sia oggi sempre più falso e irreale e, anche se la regista costringe Barbie a fare un viaggio nel mondo reale, fa uso di ironia e alcune battute femministe; per contrasto alla mente ci giungono le immagini di tante donne uccise ogni giorno, picchiate, stuprate, le prime a essere licenziate in tempi di crisi, private della possibilità di farsi una famiglia e avere dei figli. Altro che Barbie!

 

Personalmente, inoltre, sono stata contenta di aver giocato con le bambole del tempo che fu, di essere diventata mamma e ora anche nonna, il che non mi ha impedito di lavorare e realizzarmi pienamente. Le Barbie le ho comprate anche a mia figlia che ci giocava quando venivano le amiche, ma poi preferiva i giochi all’aria aperta. In effetti credo che in fondo sia importante per una donna avere la possibilità di scegliere liberamente… e non tutte purtroppo lo possono fare ancor oggi, perfino nei paesi cosiddetti “civili”.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]