attualità
IL
FENOMENO
BARBIE
Tra condizionamenti e libertà di sceltA
di Giovanna D'Arbitrio
Il film Barbie, di Greta Gerwig, sta
riscuotendo un successo tale da sollecitare
riflessioni sull’interesse che ancora suscita la
famosa bambola in ragazzine e donne di diverse età,
dai babyboomers alla generazione Z, uno dei
personaggi iconici della cultura pop: la bionda
Barbie, magra, dai grossi seni e i piedi a punta,
circondata da varie versioni di Ken, quasi un altro
accessorio tra i suoi numerosi costosi oggetti.
In effetti il film “Barbie” descrive il fantastico
mondo di Barbieland, una società matriarcale, dove
la Barbie Stereotipo (Margot Robbie) e tutte
le altre Barbie conducono una vita piena di
successi, come medici, avvocati e politici, mentre i
maschi, come Ken (Ryan Gosling), si dedicano
alle attività ricreative. Purtroppo un giorno,
all’improvviso, la mente di Barbie viene assalita da
pensieri di morte, i suoi piedini diventano piatti e
la bambola perfetta viene colpita da varie
imperfezioni. Decide così di rivolgersi alla saggia
Weird Barbie (Kate McKinnon), emarginata
dalla società per i difetti fisici, che le consiglia
di andare nel mondo reale per trovare la soluzione
dei suoi problemi. Barbie accetta il consiglio e
parte, raggiunta a sorpresa da Ken che insieme a lei
affronterà varie sfide e nuove esperienze.
Interessante scoprire attraverso un rapido excursus
l’origine e la storia di Barbie: l’idea venne a
Ruth Handler, moglie di uno dei co-fondatori
dell’azienda di giocattoli Mattel, che
osservava l’insoddisfazione della figlia Barbara nel
giocare con bambolotti e bambole con fattezze
infantili. Trovò poi l’ispirazione durante un
viaggio in Germania, quando vide la Bild Lilli,
una bambola per adulti prodotta da Greiner & Hausser
nel 1955, ispirata al personaggio di una escort
delle vignette sexy sul quotidiano tedesco
Bild: ne portò qualche esemplare
negli USA per farla replicare dalla Mattel che fu
accusata di plagio e poi comprò il brevetto legato a
Bild Lilli con una cospicua somma. Nel 1959 la prima
Barbie era bruna, con coda di cavallo e indossava un
costume intero a righe bianche e nere.
Fin dal primo momento Barbie ha rappresentato un
mondo femminile diverso, il sogno di poter svolgere
qualsiasi professione e in effetti il suo curriculum
va oltre 200 carriere di ogni tipo, anche quelle di
solito riservate ai maschi, permettendo alle bambine
di immaginarsi in qualsiasi ruolo. Nel 1961 è
arrivato il suo fidanzato storico Ken, mai da
lei sposato, poi sono comparse anche la migliore
amica Midge e la sorellina Skipper.
Aumentavano intanto accessori costosissimi, come la
Star-vette, la sua auto rosa, e a partire dagli anni
Settanta riscuote grande successo la Barbie
Malibu, la bambola bionda californiana e il suo
lussuoso stile di vita. Artisti come Andy Warhol
e Peter Max la immortalano nelle loro opere,
nel 1967 arriva la prima bambola ispirata alla
modella Twiggy, mentre dagli anni Ottanta,
Barbie conquista il mondo della moda: disegnano
abiti per lei stilisti come Oscar de la Renta,
Bob Mackie, Karl Lagerfeld, Comme Des Garçons,
Moschino, Balmain. Negli anni successivi
arrivarono vari cambiamenti nel look di Barbie
adeguati ai tempi, con accessori di ogni tipo.
Il progetto Barbie Fashionistas parte nel
2009 e introduce 23 nuovi modelli con 7 tonalità di
carnagione, varie tinte di capelli, acconciature,
colori di occhi differenti, tre nuove silhouette
(alta, formosa e minuta), in modo che ogni bimba
possa scegliere. Vengono introdotte anche varie
disabilità e proposte bambole Barbie con sindrome di
Down, alopecia e così via.
Nel 2019 per il 60° anniversario Mattel lancia anche
il progetto Dream Gap, per superare i
condizionamenti socio-culturali che portano le
bambine a rinunciare a studi scientifici o di altro
genere riservato ai maschi, ed ecco apparire Barbie
che s’ispirano alla pilota Amelia Earhart, la
pittrice Frida Kahlo, l’astronauta
Samantha Cristoforetti, la campionessa Bebe
Vio, la calciatrice Sara Gama e così via.
Senz’altro uno dei giocattoli più venduti a livello
internazionale, Barbie rappresenta aspetti
contrastanti: da una parte ha descritto un mondo
tutto al femminile, tra carriere strepitose in ogni
campo, soldi e lusso, con accessori e sogni hot
pink, dall’altra ha cercato in seguito di dar
rilievo a un mondo più diversificato esteso a
bambine di tutto il mondo.
Nel film colpisce una scena iniziale (ironico
omaggio a 2001 Odissea nello spazio), in cui
le bambine di fine anni Cinquanta distruggono
bambole e bambolotti tradizionali in favore della
Barbie in costume zebrato, una sex symbol, molto
lontana dal ruolo di madre.
Colpiscono inoltre le dichiarazioni della regista:
«Alla base della storia del film c’è la volontà
di trasmettere un messaggio ben preciso: la bambola
viene espulsa da Barbieland perché non è abbastanza
perfetta e, dunque, decide di partire all’avventura
nel mondo reale»- ha affermato Greta.
Dal canto suo Ryan ha
dichiarato: «Sono
rimasto sorpreso di come alcune persone si siano
infervorate sul mio Ken. Come se nella loro vita gli
avessero mai dedicato un pensiero di un secondo
prima di questo film. Nessuno di loro ha mai giocato
con Ken. Nessuno ci gioca nemmeno oggi. È solamente
un accessorio e nemmeno uno di quelli cool».
In verità mentre scrivo questo articolo penso più
che mai che il mondo di Barbie e la sua società,
caratterizzata da matriarcato e successo femminile
in tutti i campi, sia oggi sempre più falso e
irreale e, anche se la regista costringe Barbie a
fare un viaggio nel mondo reale, fa uso di ironia e
alcune battute femministe; per contrasto alla mente
ci giungono le immagini di tante donne uccise ogni
giorno, picchiate, stuprate, le prime a essere
licenziate in tempi di crisi, private della
possibilità di farsi una famiglia e avere dei figli.
Altro che Barbie!
Personalmente, inoltre, sono stata contenta di aver
giocato con le bambole del tempo che fu, di essere
diventata mamma e ora anche nonna, il che non mi ha
impedito di lavorare e realizzarmi pienamente. Le
Barbie le ho comprate anche a mia figlia che ci
giocava quando venivano le amiche, ma poi preferiva
i giochi all’aria aperta. In effetti credo che in
fondo sia importante per una donna avere la
possibilità di scegliere liberamente… e non tutte
purtroppo lo possono fare ancor oggi, perfino nei
paesi cosiddetti “civili”. |