N. 95 - Novembre 2015
(CXXVI)
La moda antica della barba
quel che accade oggi accadeva già DUEMILA ANNI fa
di Chiara Tangredi
Intorno al 120 d.C. l’imperatore romano Adriano lancia la moda della barba. Una tendenza che oggi torna a spopolare. È un trend in piena ascesa: il ritorno della barba. Bella barba non fa saggezza, certo, ma fa moda.
I
più
conservatori
li
rimproverano:
Ehi
tu,
con
quella
lunga
barba,
non
sarai
mica
uno
dell’ISIS,
eh?
E
quelli
rispondono:
Mi
fai
un
baffo,
glabro!
Tanto
lo
so
che,
negli
anni
’70,
ce
l’avevi
anche
tu!
Un
po’
di
barba
lunga
non
ci
rende
né
buoni
né
cattivi,
né
più
o
meno
sani.
La
barba
è un
fatto
culturale,
una
tendenza.
Da
far
crescere
(indice
di
dignità
virile)
o da
tagliare
(indice
di
invecchiamento)
in
base
alla
cultura
di
appartenenza,
alla
moda
del
momento,
ai
bisogni
individuali.
Non
date
la
colpa
all’ISIS
o a
Conchita
Wurst.
Spiacente
confermarlo
ma
la
barba
la
indossavano
ben
prima
di
Maometto,
Allah
e il
Ramadan.
Si
sa
come
vanno
certe
cose.
La
moda
è un
uccello
migratore:
viene,
va e
poi
ritorna.
Come
i
pantaloni
a
zampa
d’elefante,
i
capelloni,
le
scarpe
con
le
punte,
le
gonne
a
pantalone,
i
jeans
a
sigaretta,
gli
occhiali
alla
John
Lennon...
Ebbene
quel
che
accade
oggi
(XXI
sec.)
accadeva
già
diciannove
secoli
fa
(II
sec.):
nell’era
della
Silicon
Valley,
come
ai
tempi
dei
romani,
lasciare
crescere
le
barbe
torna
a
diventare
cool.
Bisogna
dire
che
in
origine
l’uomo
romano
era
intonso.
Con
la
barba
di
media
lunghezza,
alla
maniera
etrusca.
Non
a
caso
Varrone
e
Aulo
Gellio
osservano
come
lunghe
barbe
e
lunghe
capigliature
nelle
statue
sono
indizio
sicuro
di
antichità.
Nel
299
a.C.
Publio
Ticino
Menea
(o
Menas)
introduce,
per
primo,
i
barbitonsori
a
Roma,
conducendo
dalla
Sicilia
una
truppa
di
barbieri
[Varrone,
De
re
rustica,
II,
11,
10].
Sul
finire
del
III
sec.
a.C.,
a
partire
dalla
seconda
guerra
punica
[218-202
a.C.],
sbarbarsi
diventa
una
componente
usuale
della
toilette
maschile
dei
romani.
Pare
sia
stato
Publio
Cornelio
Scipione
l’Africano
[235-183
a.C.]
il
primo
romano
a
farsi
radere
tutti
i
giorni
[Plinio
il
Vecchio,
Naturalis
Historia,
VII,
211].
Quest’uso
generalizzato
va
avanti
di
generazione
in
generazione
per
secoli.
La
depositio
barbae
(deposizione
della
barba)
ovvero
il
taglio
della
prima
barba
è un
vero
e
proprio
rito
di
iniziazione:
per
un
romano
segna
il
passaggio
dall’adolescenza
alla
giovinezza.
Il
rituale
assume
forme
diverse
a
seconda
dei
singoli
casi.
Di
regola,
il
giovane
lascia
crescere
la
prima
peluria
fino
a
che
non
assuma
l’aspetto
di
vera
barba.
Arriva,
allora,
il
momento
di
tagliarla.
Di
solito
la
depositio
ha
luogo
intorno
al
ventunesimo
anno
d’età.
La
vel
lanugo
(prima
barba)
viene
deposta
in
una
pisside
fatta
di
oro
per
i
più
ricchi
o di
materiali
meno
pregiati
per
i
meno
abbienti.
Le
primizie
della
barba
vengono
offerte
a un
dio
o a
un
antenato.
In
genere
sino
ai
quarant’anni
si
continua
a
portare
una
barbetta
(barbula).
Per
questo
i
romani
associano
alla
barba
l’idea
di
giovinezza.
L’epitaffio
di
Laetilio
Gallo,
figlio
di
un
decurione,
morto
a
vent’anni,
sette
mesi
e
sette
giorni,
recita:
Portavo
una
barba
non
fatta
quando
andai
incontro
alla
morte.
Chiaramente
la
mancata
celebrazione
della
depositio
barbae
non
fa
che
accrescere
lo
sgomento
per
quella
morte
prematura.
A
Roma
nessuno
si
rade
da
solo.
Non
ci
sono
i
moderni
barber
shop.
Ma
il
lavoro
di
barba
non
manca.
Il
tonsor
svolge
le
funzioni
sia
di
barbiere
che
di
parrucchiere.
Di
tonsores
a
Roma
vi
sono
due
tipi:
quello
pubblico
e
quello
privato.
Il
tonsor
domestico
(privato)
è
qualcosa
che
solo
i
ricchi
possono
permettersi.
In
genere
è
uno
schiavo
addetto
a
tale
ufficio.
Il
tonsor
pubblico
svolge
il
mestiere
in
una
botteguccia
(tonstrina).
A
parte
pochi
fortunati,
tutti
gli
altri
devono
andare
alle
tonstrinae.
Tant’è
che
questi
posti
diventano
luoghi
d’incontro,
piccoli
salotti
per
oziosi.
Il
tempo
della
barba
corre
tra
barzellette,
notizie,
e
pettegolezzi.
Il
binomio
chiacchiere
e
barbiere
è
già
proverbiale.
Da
cui
il
detto
oraziano
“lippis
et
tonsoribus”
ovvero
“lippis
(notum)
et
tonsoribus”
per
dire
di
una
cosa
conosciuta
dai
miopi
e
dai
barbieri
[Orazio,
Satire,
1, 7].
Si
capiscono,
così,
pure
certe
barzellette
d’epoca
romana.
Un
barbiere
al
cliente:
Come
li
taglio
i
capelli?
Il
cliente:
In
silenzio
[Philogelos].
All’epoca
radersi
è
una
sofferenza.
Ancora
non
esistono
la
schiuma
da
barba,
i
rasoi
trilame,
i
regolatori,
i
saponi,
oli
e
spray
igienizzanti.
I
rasoi
sono
di
bronzo
o
ferro
temprato.
Hanno
forma
di
mezzaluna.
Vengono
affilati
su
pietre
da
mola
inumidita
con
la
saliva.
Poi
usati
direttamente
sulla
pelle
nuda
del
cliente.
Tutt’al
più,
sul
viso
da
radere,
si
spruzza
dell’acqua.
Mettere
la
propria
gola
nelle
mani
di
un
estraneo
è un
atto
di
fiducia.
Tagli
e
sfregi
da
rasatura
sono
tanto
comuni.
Rari
sono,
invece,
i
barbieri
che
non
sfregiano
i
clienti.
Il
mento
glabro
resiste
alla
fine
della
repubblica
e
all’instaurazione
augustea
del
principato.
Tutti
gli
imperatori
romani
prima
di
Adriano
sono
senza
peli
sulla
faccia.
Di
Augusto
si
sa
che
non
si è
fatto
radere
la
barba
prima
dei
venticinque
anni.
La
depositio
barbae
pare
si
sia
svolta
nel
39
a.C.
[Cassio
Dione].
Il
rituale
era
stato
posticipato
a
causa
delle
priorità
di
Stato
che
lo
avevano
impegnato.
La
posticipazione
aveva
permesso
a
quella
barbetta
giallognola
e
rada
di
crescere
ancora.
Augusto
trasforma
un
rito
di
passaggio
convenzionale
in
uno
spettacolo
che
coinvolge
l’intera
città
di
Roma.
Con
grande
esibizione
di
potere.
Il
suo
obiettivo
sembra
sia
fare
colpo
su
Livia,
la
sua
non
ancora
seconda
moglie.
L’imperatore
Nerone
[54-68]
lo
si
trova
raffigurato
sia
sbarbato,
sia
con
le
basette
e la
barba.
Anche
lui,
come
Adriano,
grande
estimatore
della
cultura
greca.
La
depositio
barbae
di
Nerone
avviene
all’età
di
ventuno
anni.
La
primizia
viene
riposta
dentro
una
pisside
d’oro
circondata
da
perle.
Poi
offerta
a
Giove
Capitolino
[Svetonio,
Nerone,
12].
Ancora
ai
tempi
di
Traiano
[98-117]
la
rasatura
è
quasi
un
obbligo
sociale.
L’imperatore
rappresenta
un
modello
molto
imitato.
Ha
il
viso
liscio,
i
capelli
pettinati
in
avanti,
tagliati
corti
sulla
fronte.
Persino
gli
schiavi
sono
costretti
dal
loro
padrone
a
farsi
radere
da
un
tonsor
pubblico
o da
un
servo
della
casa.
Chi
si
fa
crescere
la
barba
è in
lutto.
Se
non
è in
lutto,
è
sotto processo
(e
vuol
far
pietà
ai
giudici).
Se
non
è
sotto
processo,
allora
è un
barbaro.
Se
non
è un
barbaro,
potrebbe
essere
un
filosofo.
Se
non
è
neanche
un
filosofo,
allora
è un
militare.
I
legionari,
infatti,
così
come
le
truppe
ausiliarie,
sono
dispensati
dalla
sbarbatura.
Diventa
difficile
radersi
tutti
i
giorni
quando
si è
in
marcia
o in
guerra.
Le
cose
cambiano
intorno
al
120
d.C.
quando
l’imperatore
romano
Adriano
[117-138],
in
controtendenza,
si
fa
crescere
la
barba.
È il
primo
Augusto
a
farsi
ritrarre
con
questo
look.
Lui,
amante
convinto
di
tutte
le
cose
della
Grecia:
l’arte,
l’architettura,
il
giovane
Antinoo,
e
ovviamente
la
barba.
Le
fonti
raccontano
che
lo
fece
per
nascondere
i
difetti
del
volto,
per
coprire
una
cicatrice
sul
mento.
Pare,
tuttavia,
che
fu
più
l’amore
per
la
Grecia,
che
non
l’odio
per
gli
inestetismi
estetici,
a
dar
ragione
del
viso
villoso
dell’imperatore.
Fatto
sta
che
Adriano
lancia
una
moda
che
durerà
a
lungo
nelle
generazioni
a
venire.
Una
moda
diffusa,
è
bene
dirlo,
senza
i
social
network,
il
cinema,
la
televisione,
la
radio,
i
giornali.
Probabilmente
i
romani
sono
ben
felici
di
emularlo.
Sarà
stato
un
sollievo
poter
evitare
le
tormentate
rasature
quotidiane.
Un
po’
male,
invece,
per
il
tonsor.
Il
quale
vedrà
crollare
i
suoi
guadagni.
Immaginate
per
un
attimo
un
barbuto
e
uno
sbarbato
ai
tempi
di
Adriano.
Il
barbuto:
Perché
hai
quella
cosa
sulla
faccia?
Somigli
a
Nerone.
Dai,
ti
pago
il
tonsor.
Lo
sbarbato:
Eh
no,
glabro!
È il
caso
che
smetta
tu
di
raderti!
Le
hai
viste
le
monete
di
Adriano?!
L’imperatore
s’è
fatto
crescere
la
barba!
Lo
sbarbato:
E
la
sua
signora,
Vibia
Sabina,
come
l’ha
presa?
Il
barbuto:
La
sua
signora
non
lo
so
come
l’ha
presa.
Ma
ad
Antinoo
piace
molto.
La
maggior
parte
degli
imperatori
successivi
ad
Adriano
sono
raffigurati
con
la
barba.
Così
Antonino
Pio
[138-161],
Marco
Aurelio
[161-180],
Commodo
[180-192],
Pertinace
[193],
Didio
Giuliano
[193],
Settimio
Severo
[193-211],
Caracalla
[198-209]
… A
quanto
pare
la
barba
è
diventata
ormai
una
moda.
Con
l’imperatore
Costantino
[306-337]
si
torna
al
rasoio.
Degli
imperatori
a
lui
posteriori
solo
Flavio
Claudio
Giuliano
detto
l’Apostata
[360-363]
ha
la
barba.
Di
lui
è
nota
la
sua
Misopogon
(dal
gr.
Il
nemico
della
barba),
un’operetta
satirico-polemica
composta
dall’imperatore
(tra
il
361-362
d.C.)
durante
la
permanenza
ad
Antiochia
di
Siria
in
risposta
agli
abitanti
di
Antiochia
che
lo
canzonavano,
colpendo
particolarmente
il
suo
uso
di
andare
barbato.
Questo
andazzo
(barba
sì,
barba
no)
sembra
essersi
ripetuto
nei
secoli
dei
secoli.
Insomma,
se è
dai
tempi
di
Gesù
che
non
si
vede
più
una
moltiplicazione
dei
pani
e
dei
pesci,
la
moltiplicazione
delle
barbe
è un
leitmotiv
storico
che
non
ha
bisogno
di
miracoli.
Alcuni
ricercatori
australiani
dell’University
of
South
Wales
hanno
realizzato
uno
studio
(pubblicato
sul
Royal
Society
Journal
Biology
Letters)
destinato
a
spiegare
cosa
guidi
i
mutamenti
periodici
che
colpiscono
la
barba.
Ebbene,
pare
si
tratti
di
fenomeni
evolutivi.
Le
preferenze
in
fatto
di
barbe
seguono
una
dinamica
definita
negative
frequency-dependent
sexual
selection
(selezione
negativa
dipendente
dalla
frequenza),
un
meccanismo
evolutivo
per
cui
un
tratto
fenotipico
raro
all’interno
di
una
popolazione
determina
un
vantaggio
per
i
portatori.
In
modo
analogo,
quando
le
persone
iniziano
a
seguire
una
moda,
questa
comincia
a
perdere
in
termini
di
popolarità.
Risultato:
sia
le
facce
irsute
che
quelle
levigate
diventano
più
attraenti
tanto
quanto
sono
più
rare.
Lo
stesso
meccanismo
porta
i
popoli
mediterranei
ad
apprezzare
chiome
e
capelli
chiari.
La
larga
diffusione
delle
barbe
dovrebbe,
dunque,
giovare
ai
“poveri
di
barba”.
Ben
presto,
quindi,
il
trend
potrebbe
invertirsi.
Con
largo
spazio
alla
riconversione
industriale:
schiuma
da
barba,
rasoi
e
dopobarba
al
posto
di
balsami,
creme,
saponi
e
beard
oil.
Ebbene,
il
proverbio
“donna
baffuta
sempre
piaciuta”
non
è
che
valga
sempre.
Si
può
star
certi,
però,
che
uomo
barbuto
prima
o
poi
torna
di
moda.