N. 76 - Aprile 2014
(CVII)
Il Pallone d’oro
storia di un trofeo controverso
di Francesco Agostini
Se
dovessimo
chiedere
a
qualsiasi
bambino
che
aspira
a
divenire
un
calciatore
qual
è il
più
ambizioso
premio
che
un
giocatore
può
vincere,
sicuramente
ce
ne
elencherebbe
due:
i
mondiali
e il
pallone
d’oro.
Questi
due
riconoscimenti
rappresentano
il
fine
ultimo
e il
coronamento
di
un’intera
carriera;
è
indubbio
che
chi
arrivi
a
vincerne
almeno
uno,
avrebbe
un
posto
assicurato
nella
storia.
Per
quanto
riguarda
il
primo,
i
mondiali,
tutti
sanno
cosa
sono
e
come
si
vincono;
è un
evento
globale
che
unisce
milioni
di
persone,
incollandole
davanti
alla
televisione
in
attimi
spasmodici.
Ma
per
quanto
riguarda
il
pallone
d’oro?
Chi
conosce
le
sue
origini
e sa
quali
sono
i
criteri
di
giudizio
per
eleggere
il
migliore
giocatore
dell’anno?
Ebbene,
il
Pallone
d’oro
(originariamente
chiamato
Calciatore
europeo
dell’anno)
nacque
nel
1956
grazie
a
un’idea
della
rivista
francese
France
Football.
Ogni
anno,
a
dicembre,
veniva
eletto
da
novantasei
giornalisti
facenti
parte
delle
testate
di
tutto
il
mondo,
il
giocatore
che
più
si
era
distinto
durante
tutto
l’anno
solare.
La
vittoria,
però,
non
era
aperta
a
tutti.
Infatti,
fino
all’edizione
del
1994,
potevano
ambire
al
titolo
solo
giocatori
europei,
come
d’altronde
spiegava
chiaramente
il
titolo
originario
del
trofeo.
Dal
1995
in
poi
questa
regola
fu
modificata,
aprendo
la
strada
a
calciatori
di
ogni
nazionalità
con
la
conseguenza
di
una
lotta
molto
più
ampia
per
la
vittoria.
Fu
proprio
questa
regola
ad
accendere
le
prime
polemiche:
per
colpa
dell’originaria
restrizione,
infatti,
giocatori
del
calibro
di
Diego
Armando
Maradona
o
Pelé
non
vinsero
mai
il
Pallone
d’oro,
pur
meritandolo
ampiamente.
Se,
infatti,
il
premio
spetta
al
giocatore
che
più
si è
distinto
nell’anno
solare,
perché
mai
restringere
il
campo
solamente
all’ambito
europeo?
Le
uniche
“eccezioni”
alla
regola
furono
quelle
di
due
oriundi,
Alfredo
Di
Stéfano
e
Omar
Sìvori.
Il
primo,
naturalizzato
spagnolo,
lo
vinse
due
volte,
nel
1957
e
nel
1959,
mentre
il
secondo,
naturalizzato
italiano,
nel
1961.
Questa
però
non
fu
l’unica
restrizione.
Fino
al
2006,
infatti,
i
giocatori
selezionati
dovevano
rigorosamente
appartenere
all’UEFA
e
quindi
al
solo
calcio
europeo,
escludendo,
di
fatto,
realtà
importanti
come
il
calcio
sudamericano.
Nello
specifico,
paesi
come
Argentina
e
Brasile,
più
volte
campioni
del
mondo.
Dal
2007
quindi,
si
modificò
la
suddetta
regola,
allargando
la
partecipazione
a
tutti
quei
giocatori
appartenenti
alla
FIFA,
dando
una
vetrina
mondiale
alla
competizione.
La
regola
venne
creata
non
senza
una
ragione,
in
quanto
il
calcio
europeo
è da
sempre
il
luogo
dove
si
scontrano
i
più
grandi
club
del
mondo:
era
ovvio
che
i
migliori
giocatori
si
trovassero
quindi
nella
sfera
d’influenza
della
UEFA.
L’aspetto
più
controverso
però
del
Pallone
d’Oro,
che
tuttora
infuoca
accesi
dibattiti
televisivi,
sono
i
criteri
in
base
ai
quali
i
giornalisti
votano
le
loro
rispettive
preferenze.
Dall’articolo
dieci
del
regolamento
si
evincono
alcuni
parametri
per
le
votazioni,
fra
i
quali
il
carisma
e la
personalità
del
giocatore,
la
carriera,
il
talento,
il
fair
play
e
l’insieme
delle
prestazioni
di
se
stesso
e
della
squadra
in
cui
gioca.
Negli
ultimi
anni
si è
dato
molto
peso
alle
vittorie
della
squadra:
difficilmente
un
giocatore
di
un
club
che
abbia
vinto
poco
o
nulla
durante
l’anno
avrebbe
chance
di
classificarsi
primo.
Una
piacevole
eccezione
ci
fu
nel
2003
quando
Pavel
Nedved,
allora
giocatore
della
Juventus,
si
aggiudicò
la
vittoria.
La
squadra
torinese,
quell’anno,
arrivò
in
finale
di
Champions
League
ma
perse
ai
rigori
contro
il
Milan;
come
trofeo
in
bacheca
dunque
poteva
vantare
“solamente”
il
campionato
italiano
che
però
bastò
a
fargli
conseguire
il
Pallone
d’Oro.
Un
altro
aspetto
controverso
è,
da
sempre,
la
sistematica
esclusione
dei
portieri
e
dei
difensori.
Negli
anni,
più
che
il
premio
per
il
miglior
calciatore
dell’anno,
il
pallone
d’Oro
si è
trasformato
nel
premio
per
il
miglior
attaccante
dell’anno.
Solitamente,
infatti,
chi
vince
il
trofeo
è un
attaccante
o un
centrocampista
offensivo,
in
grado
quindi
di
poter
assicurare
al
pubblico
goal
e
spettacolo.
Ma
allora
sorge
spontanea
la
domanda:
per
quale
motivo
difensori
e
portieri,
salvo
rare
eccezioni,
non
vengono
presi
in
considerazione?
La
risposta
è
piuttosto
semplice.
Il
calcio,
più
che
uno
sport,
si è
trasformato
negli
anni
in
un
immenso
show
da
vendere
alle
masse,
e il
pubblico,
nel
suo
insieme,
è
più
propenso
a
pendere
per
un
attaccante
facilmente
visibile
che
a un
difensore
o a
un
portiere
che
svolge
un
compito
altrettanto
importante
ma
meno
appariscente
ed
eclatante.
Anche
qui,
comunque,
le
eccezioni
non
mancano.
Nel
1996
il
difensore
del
Borussia
Dortmund
Matthias
Sammer
si
aggiudicò
il
titolo,
così
come
anche
il
nostro
Fabio
Cannavaro
nel
2006,
dopo
il
trionfo
al
mondiale.
Per
quanto
riguarda
i
portieri,
invece,
l’unico
a
vincere
fu
il
russo
Lev
Jašin,
il
ragno
nero,
nel
1963,
mentre,
sempre
nel
2006,
Gianluigi
Buffon
arrivò
secondo,
proprio
dietro
a
Cannavaro.
Quanto
al
resto,
il
tutto
è
lasciato
alla
pura
discrezionalità
dei
giornalisti,
di
solito
persone
altamente
competenti
nel
settore.
Dal
2010
il
Pallone
d’Oro
si è
fuso
con
il
FIFA
World
Player
of
the
Year,
dando
luogo
al
cosiddetto
Pallone
d’Oro
FIFA.
Vero
mattatore
degli
ultimi
anni
è
stato
l’argentino Lionel
Messi
che
se
ne è
aggiudicati
addirittura
tre
di
fila.
Per
ora
l’Italia
ha
risposto
presente
quattro
volte
in
tutta
la
storia:
oltre
ai
già
citati
Sìvori
e
Cannavaro,
lo
vinsero
anche
Paolo
Rossi
e
Roberto
Baggio,
forse
il
talento
più
cristallino
mai
visto
in
Italia.
Chi
sarà
il
prossimo?