N. 5 - Maggio 2008
(XXXVI)
L’avventura coloniale curlandese
Come un piccolo stato possa avere
velleità colonialistiche
di Ferdinando Angeletti
Introduzione
È
patrimonio comune a tutti i soggetti di media istruzione
la diffusione, tra il XV ed il XIX secolo di vasti
imperi coloniali, ad opera dei maggiori paesi europei,
Inghilterra e Spagna su tutti.
Meno
note sono però le avventure coloniali di paesi di minor
spessore, quali la Svezia, la Danimarca o il Ducato di
Curlandia.
Proprio
di quest’ultimo stato si vuole descrivere l’avventura
coloniale, vissuta in pieno XVII secolo terminata poi a
causa dello strapotere delle altre potenze coloniali
(Olanda e Inghilterra) nonché delle difficoltà interne
allo stesso Ducato (guerre del Nord).
Breve storia del Ducato di Curlandia
La
nascita di un Ducato di Curlandia indipendente ed
autonomo risale al 1562 quando, con il trattato di Wilno
si obbligò l’ultimo Gran Maestro dell’Ordine Livoniano
(o dei Portaspada, già facente parte dell’Ordine
Teutonico), Gottardo Kettler, a sciogliere l’ordine
ottenendo in cambio l’elezione a Duca di Curlandia e
Semigallia, Ducato che avrebbe ricompreso i territori
dell’attuale Lettonia compresi tra la sponda occidentale
del fiume Daugawa (Dvina) ed il Mar Baltico, con
capitale Mitau (Jelgava).
Il
paese, sotto la dinastia dei Kettler, conobbe un
rapidissimo sviluppo economico, dovuto alla posizione
strategica del paese, che ne faceva il naturale punto di
sbocco verso Occidente ed il Nord Europa di tutti i
prodotti provenienti dall’Est (dalla Russia) ed al tempo
stesso il punto di partenza di tutti i prodotti che,
dalla zona del Baltico, penetravano in Russia e nell’Est
Europa.
Inoltre, fattore non secondario, la zona del Ducato di
Curlandia, si trovava all’interno della zona di
produzione dell’ambra, sempre ricercatissima come
decorazione preziosa.
Questo
fantastico sviluppo economico fu incentivato e
potenziato dall’autorità ducale la quale si era molto
adoperata, sotto il Duca Jacob Kettler (1610 – 1682),
conscia di questo potenziale sviluppo.
A tal
fine il Duca, fervido ammiratore delle teorie
mercantiliste, aveva avviato il varo di una flotta
mercantile di ampio respiro, supportata da due porti
principali, Windau e Libau, oggi rispettivamente
Ventspils e Liepaja.
Da
questi due porti la flotta curlandese salpava per
commercializzare i propri prodotti; il Duca, infatti,
fece aprire rotte commerciali verso Francia, Inghilterra
ed Olanda.
Tuttavia la situazione geografica della Curlandia,
economicamente così favorevole, non era eccezionale. Le
conformazioni geografiche del Nord Europa, del Mar
Baltico e del Mar del Nord, infatti, facevano sì che
alcuni paesi (Inghilterra, Danimarca, Svezia, Olanda)
potessero bloccare, senza alcuno sforzo, il commercio
curlandese, o comunque rallentarlo ed appesantirlo con
balzelli e pedaggi. Oltre a questo la Curlandia era
quasi obbligata ad acquistare i prodotti direttamente da
questi paesi, con un aumento dei costi piuttosto
consistente.
Il
governo curlandese, con in testa il Duca Jacob, decise
(anche seguendo in maniera pedissequa le teorie
mercantiliste) di bypassare l’intervento dei mediatori
inglesi, olandesi o danesi, permettendo ai propri
mercanti di ottenere le materie prime ed i prodotti
direttamente alle fonti di produzione: servivano
ovverosia delle colonie. Da quel momento ebbe inizio
l’avventura coloniale curlandese.
La
Curlandia in Africa: l’isola di S. Andrea
Una
delle due direzioni verso cui si diresse il colonialismo
curlandese fu l’Africa. A quell’epoca il continente nero
non era ancora la principale “fonte” di territori
colonizzabili; lo sarebbe divenuto qualche secolo dopo –
il XIX per la precisione – con la corsa alla
colonizzazione.
Nel
XVII secolo, eccetto pochi e sparuti territori (perlopiù
stazioni commerciali o approdi), la maggior parte del
territorio era ancora occupata da regni e tribù locali;
questo non significa che non vi fossero rapporti tra
queste tribù ed i mercanti europei, ma solo che, a
differenza dell’America, non sembrava
favorevole/conveniente conquistare stabilmente territori
da colonizzare.
Da
questo punto di vista, anche l’avventura curlandese non
si differenziò. Essa infatti non puntò alla conquista di
un vasto territorio, quanto più alla creazione di un
punto d’approdo (con annessa stazione commerciale) atto
ad impiantare un commercio stabile – semistabile con le
tribù dell’interno.
A tal
fine i luoghi prescelti dovevano avere alcune peculiari
caratteristiche:
1.
Essere sul mare, con annessa possibilità di costruzione
di un porto (la cui utilità è superfluo indicare).
2.
Essere in una posizione tale da avere facili contatti
con l’interno del paese, per permettere ai mercanti di
andare a recuperare le materie prime ovvero agli
indigeni di portare le proprie “mercanzie” al luogo di
scambio.
3.
Essere in una posizione facilmente difendibile, per
impedire ad eventuali indigeni ostili, ovvero ad altre
potenze europee di conquistare facilmente il territorio
e spazzare quindi via la colonia (la quale difficilmente
potrebbe ricevere rinforzi in tempi brevi).
Quando,
nel 1651, coloni curlandesi si trovarono alla ricerca di
un luogo con queste caratteristiche si imbatterono in un
territorio che sembrava perfetto.
Si
trattava di un’isola, facilmente difendibile e con
possibilità di approdo di navi. L’elemento più
interessante era la posizione di quest’isola, visto che
era posta non sul mare, ma a 30 Km di distanza dalla
foce del fiume Gambia. Un’isola nel fiume, quindi,
perfetta per effettuare scambi commerciali con l’interno
del paese.
I
coloni sbarcarono e diedero a quell’isola il nome di
Isola di S. Andrea.
Come
avvenne per ogni possedimento coloniale di medio – lungo
periodo, la prima operazione compiuta fu la costruzione
di un forte, che permetteva la difesa della zona e che
diveniva inoltre centro propulsivo dell’attività
commerciale del possedimento.
Il
forte, completato nello stesso anno, fu intitolato Jacob
Fort, in onore del proprio Duca Jacob Kettler,
finanziatore ed ideatore della spedizione.
L’attività commerciale si diresse principalmente verso
le materie prime che la zona offriva: avorio, oro, pelli
e spezie, tutti prodotti facilmente smerciabili in
Europa e nell’Est in particolare.
La
colonia dell’isola di S. Andrea, tuttavia, ebbe una
durata effimera. Già nel 1659 gli Inglesi, accortisi
della posizione strategica di prim’ordine, conquistarono
l’isola e scacciarono i coloni lì presenti.
Ribattezzarono l’isola ed il forte con il nome del Duca
di York, James, nome con il quale sono entrambe oggi
conosciute (l’isola è oggi patrimonio dell’umanità
secondo l’UNESCO)
La
Curlandia nelle Indie Occidentali: l’isola di Tobago
Si è
volontariamente iniziata la trattazione dell’avventura
coloniale curlandese parlando della colonia di S.
Andrea, nonostante non sia la prima cronologicamente,
per permettere una più coerente trattazione della
principale avventura coloniale del Ducato di Curlandia:
l’isola di Tobago.
Una
prima spedizione curlandese diretta sull’isola giunse
già nel 1637, quando già spedizioni simili di Spagna ed
Olanda erano fallite. Così, a
metà del 1637, 212 coloni curlandesi sbarcarono
sull’isola ma vennero respinti dagli indigeni.
Un
secondo tentativo fu compiuto nel 1642 quando due navi,
con 300 coloni guidati dal Capitano Caroon cercarono di
stabilirsi sull’isola ma un attacco dei Caribi (la
popolazione locale) provocò la morte di molti coloni e
la fuga dei restanti nella Guyana.
Intanto
simili spedizioni inglesi, nel 1639 e nel 1642 fallirono
ugualmente.
Finalmente nel 1654, il Duca inviò una nuova spedizione,
a bordo della nave da battaglia Das Wappen der Herzogin
von Kurland (nave armata con 45 cannoni), formata da 25
ufficiali, 129 soldati ed 80 famiglie di coloni.
Sotto
il comando del capitano Willem Mollens, ribattezzarono
l’isola Neu Kurland (Nuova Curlandia) e la baia dove
erano sbarcati Baia di Curlandia, iniziarono la
costruzione di un forte (Forte Jacob) attorno al quale
sorse l’abitato di Jekaba pilseta tra le cui costruzioni
si ricorda una chiesa protestante.
Pochi
mesi dopo, tuttavia, coloni olandesi sbarcarono
sull’isola, dando vita ad un proprio possedimento. Si
era quindi nella paradossale situazione di due colonie
poste su un’isola piccola, certamente troppo piccola per
entrambi i possedimenti.
Intanto
erano state avviate fiorenti attività commerciali che
comprendevano lo smercio di zucchero, tabacco, spezie e
caffè, tutti prodotti introvabili altrimenti in Europa e
dei quali gli Europei iniziavano a non poter più fare a
meno.
La
presenza di due nazioni rivali sulla stessa isola
peggiorò con lo sbarco, nel 1658, di 500 coloni
francesi. Dal punto di vista strettamente demografico,
la presenza curlandese era la minore, nonostante, l’anno
precedente, altri 120 coloni si fossero uniti ai primi
pionieri.
Tuttavia la parabola discendente del possedimento era
già iniziata. Nel 1655, infatti, la Svezia aveva invaso
il Ducato e nel 1658 lo stesso Duca Jacob Kettler fu
preso prigioniero.
Gli
Olandesi approfittarono della situazione, che impediva
al Ducato di inviare rinforzi, e nel 1659 attaccarono il
possedimento curlandese. L’11 dicembre 1659 il
governatore della Nuova Curlandia, Hubert de Beveren, si
arrese alle truppe olandesi che assediavano il forte
Jacob.
Qualche
speranza per il ritorno della colonia in mani baltiche
si riebbe nel 1660, quando con il Trattato di Oliva (che
concludeva la Seconda guerra del Nord), fu stabilito che
l’isola dovesse tornare in mani curlandesi. Ma anche
questa dominazione ebbe vita breve. Nel 1666, infatti, i
coloni si arresero a pirati inglesi che presero possesso
dell’isola.
Il
destino dell’isola non sembrava trovare pace: nel giro
di due anni cambiò altre due volte padrone: i Francesi
scacciarono gli Inglesi nello stesso 1666, poi furono
scacciati a loro volta dagli Olandesi che, nel 1667,
presero possesso nell’isola.
Le
velleità di conquista del Ducato di Curlandia non erano
finite, visto che una nave curlandese cercò di sbarcare
truppe e coloni nel 1668. Gli Olandesi, però, riuscirono
a respingere l’invasione.
Fonti
testimoniano come negli anni 1675 – 1683, coloni
curlandesi fossero riusciti a riformare un agglomerato
ed un possedimento, ma probabilmente si trattò di coloni
curlandesi sottoposti al governo olandese – francese
(l’isola continuò a cambiare padrone più e più volte).
Nel
1689 gli ultimi coloni curlandesi lasciarono
definitivamente l’isola di Tobago: era la fine dei
possedimenti coloniali del Ducato di Curlandia.
Nonostante la fine del dominio su territori d’oltremare,
il Ducato di Curlandia, fino alla sua dissoluzione nel
1795, continuò a nominare un Governatore della Nuova
Curlandia, in un quanto mai utopico desiderio di rivalsa
e riconquista.
Governatori della Nuova Curlandia
1642 – 1689
Governatore |
Periodo di governatorato |
Edward
Marshall |
1642–1643 |
Cornelius Caroon |
1643–1650 |
Adrien
Lampsius |
1654 |
Willem
Mollens |
1654–1655 |
Hubert
de Beveren |
1655–1658 |
Christopher von Kayserling |
1658–1659 |
Conquista olandese |
1659–1660 |
Christopher von Kayserling |
1660–1677 |
??? |
1677–1680 |
??? |
1680–1689 |
Conclusione
L’avventura coloniale del Ducato di Curlandia fu, in
definitiva, fallimentare, ma altro risultato non avrebbe
potuto avere, vista la poca disponibilità umana e di
materiali. La volontà di creare possedimenti coloniali
c’era, soprattutto per opera del Duca Jacob che,
addirittura si dice avesse chiesto (ed ottenuto) al Papa
Innocenzo X la benedizione per la colonizzazione
dell’Australia, poi non concretizzatesi per motivi
politici interni (le guerre con i paesi vicini), nonché
la morte dello stesso Pontefice, unico sostenitore della
spedizione, ma la mancanza di risorse limitò fortemente
qualsiasi operazione.
Ultima
annotazione riguarda l’attaccamento con cui i Lettoni
(discendenti dei Curlandesi) ricordano la loro passata
avventura coloniale. Ogni anno, infatti, numerosi
lettoni si recano sull’isola di Tobago di fronte al
monumento costruito a ricordo della sfortunata e breve
avventura coloniale. |