A PROPOSITO DI AUTONOMIA
DIFFERENZIATA
NOI CREDEVAMO...
di Giovanna D’Arbitrio
Il disegno di legge sull’Autonomia
differenziata, approvato al Senato
il 23 gennaio 2024 e in via
definitiva alla Camera il 19 giugno
2024, è stato illustrato in vari Tg
da politici conservatori e
progressisti, storici ed opinionisti
che da mesi discutono su vantaggi o
svantaggi che potrebbero in qualche
modo interessare il Sud. E forse a
tanti spettatori son venute in mente
le ben note parole di D’Azeglio “Fatta
l’Italia, ora dobbiamo fare gli
italiani!”
Come cinefila, ho pensato al film di
Mario Martone Noi
Credevamo del 2010, ispirato al
romanzo storico omonimo di Anna
Banti che narra le esperienze
risorgimentali del nonno paterno
Domenico Lopresti. Il film invece
narra le vicende di tre ragazzi del
sud che scelgono di reagire alla
dura repressione borbonica dei moti
del 1828, affiliandosi alla Giovane
Italia e giurando fedeltà agli
ideali repubblicani e democratici di
Mazzini. Il film ci offre
un’interessante rilettura del
Risorgimento: il sogno dell’Italia
repubblicana, libera e democratica
purtroppo s’infranse contro la
realtà di una Italia ben diversa che
sostituì il dominio borbonico con
quello sabaudo, generando una prima
frattura tra Nord e Sud. Anche i
versi della “Spigolatrice di
Sapri” di Luigi Mercantini,
scritti nel 1858 sono una
testimonianza della spedizione
includente 300 giovani guidata da
Carlo Pisacane (1857),
patriota di idee socialiste che
credeva nell’ Unità d’Italia, come
tanti meridionali che morirono per
tale ideale. Purtroppo, il “divide
et impera, trionfa ancor
oggi, come evidenzia Pino
Aprile nei suoi libri
Terroni, Il Sud Puzza, Carnefici,
in cui evidenzia l’irrisolta
Questione Meridionale.
E i miei ricordi scolastici mi
riconducono alla mia passione per la
storia, in particolare all’epoca
romantica e risorgimentale quando i
popoli europei insorsero per
ottenere il cosiddetto “Statuto”,
ovvero una costituzione che
limitasse il potere dei sovrani
nelle monarchie assolute. In Italia
a tali richieste si unirono lotte e
sanguinose guerre per conquistare
indipendenza e libertà contro le
dominazioni straniere. Quanti poeti
dell’Ottocento, musicisti, artisti,
condivisero e supportarono tali
ideali! All’università approfondii
in particolare i problemi della
cosiddetta Questione Meridionale,
con vari testi universitari e
ricerche di archivio che mi
svelarono purtroppo i lati negativi
della conquista del Sud da parte dei
Savoia. Noi studenti apprendemmo
così che dai censimenti disposti dai
Savoia (1861-1871) e dai dati delle
anagrafi borboniche emergevano
stragi di migliaia di meridionali,
saccheggi, torture, fucilazioni.
Ci sembra giusto citare il libro di
A. Gramsci “La
Questione Meridionale” che così
viene riassunto: “L’Unità
d’Italia non è avvenuta su basi di
uguaglianza, ma come egemonia del
Nord sul Mezzogiorno. Cioè, il Nord
concretamente era una piovra che si
è arricchita a spese del Sud e il
suo incremento economico-industriale
è stato in rapporto diretto con
l’impoverimento dell’economia e
dell’agricoltura meridionale.
L’Italia Settentrionale ha
soggiogato l’Italia meridionale e le
isole, riducendole a colonie di
sfruttamento”. Purtroppo, lo
stesso Gramsci tralascia che accanto
all’agricoltura si stavano
sviluppando anche al Sud crescenti
iniziative industriali. L’immagine
di un Sud arretrato e povero ci
appare ora del tutto falsata ad uso
e consumo dei vincitori. Lungi da
noi l’idea di esaltare i Borboni,
sovrani assoluti che oppressero il
popolo, ma in fondo, a ben vedere,
fecero meno male al Sud dei Savoia.
A quanto pare, il Regno delle due
Sicilie possedeva la seconda flotta
di Europa. Le navi degli armatori De
Pace navi collegavano l’Europa con
il Nuovo Mondo e quelle dei Florio
avevano intrapreso positive
iniziative industriali. Il 3 ottobre
1831 fu inaugurata la prima ferrovia
in Italia, la Napoli-Portici, mentre
nella colonia di San Leucio,
(Caserta), gli operai, con pari
diritti e doveri, autogestivano il
proprio lavoro, producendo splendide
sete con tecniche avanzate. Anche a
Palermo e Catania l’industria della
s esportata i suoi prodotti nei
mercati europei e mediterranei.
Fiorenti le attività cantieristiche,
navali, metalmeccaniche, chimiche,
di estrazione e lavorazione dello
zolfo, le aziende del cotone e del
lino, l’industria conserviera, la
produzione dei vini. Ed ecco alcuni
primati di Napoli e Campania tratti
da “Le industrie del Regno di
Napoli”, di Gennaro De
Crescenzo: 1737- S. Carlo di
Napoli, il più antico teatro d’Opera
al mondo ancora operante;1807- Primo
Orto Botanico in Italia a
Napoli;1812- Prima Scuola di Ballo
in Italia, gestita dal San
Carlo;1813- Primo Ospedale
Psichiatrico in Italia (Real
Morotrofio di Aversa);1819- Primo
Osservatorio Astronomico in Italia a
Capodimonte;1832- Primo Ponte
sospeso, in ferro, in Europa sul
fiume Garigliano;1839- Prima
Ferrovia Italiana, tratto
Napoli-Portici;1840- Prima fabbrica
metalmeccanica d’ Italia per numero
di operai (Pietrarsa);1841- Primo
Centro Sismologico in Italia, sul
Vesuvio;1856. Primo Premio
Internazionale per la produzione di
Pasta;1856- Primo Premio
Internazionale per la lavorazione di
coralli;1856- Primo sismografo
elettrico al mondo, costruito da
Luigi Palmieri;1860- La più grande
industria navale d’Italia per numero
di operai (Castellammare di Stabia);1860-
Primo tra gli stati italiani per
numero di orfanotrofi, ospizi,
collegi; Prima città d’Italia per
numero di Teatri (Napoli);1860 Prima
città d’Italia per Pubblicazioni di
Giornali e Riviste
(Napoli);1860-Prima città d’Italia
per numero di Conservatori Musicali
(Napoli). Potrei continuare citando
i nomi di illustri letterati,
storici, filosofi, artisti,
scienziati che il Sud ha regalato
non solo all’Italia ma al mondo
intero.
Dopo l’Unità d’Italia, mentre le
risorse del Sud venivano nel tempo
smantellate e trasferite al Nord e
le banche depredate, pesanti tasse
completavano l’opera distruttiva. E
intanto cominciava a crescere un
altro preoccupante fenomeno: la
sfiducia nello Stato favorì infatti
il diffondersi del brigantaggio,
poiché i più pover videro i briganti
come protettori contro i soprusi. E
fu appunto allora che con l’Unità
d’Italia sorse “La Questione
Meridionale”. Ricordiamo quindi il
libro di Edmondo
Capocelatro e Antonio
Carlo, “La questione meridionale
– Studio sulle origini dello
sviluppo capitalistico in Italia”
edizioni la Nuova Sinistra del 1972,
libro nel quale si legge quanto
segue: “Le cause del
sottosviluppo del Sud e della
Sicilia che, al momento dell’Unità,
non era inferiore al Nord sono da
individuare nell’azione dello Stato
unitario dominato dalla borghesia
settentrionale, attraverso il
soffocamento della nascente
industria meridionale, la legge sul
corso forzoso e il protezionismo che
si concluse con la definitiva
subordinazione e la integrazione
dell’economia meridionale nello
sviluppo capitalistico del triangolo
industriale del nuovo stato unitario”.
Ho letto in seguito alcuni libri di
Pino Aprile che gridano “basta!”
alle sopraffazioni! Insomma, dopo
secoli di soprusi tra baronaggio,
latifondisti e numerose dominazioni
straniere che forse, malgrado i
danni apportati agli umili, almeno
lasciarono un imponente patrimonio
artistico-culturale, le devastanti
strategie politiche dei Savoia verso
il Sud dopo l’Unità d’Italia,
invece, diedero origine alla
“Questione meridionale” ancora
irrisolta. Ancor oggi continuano le
migrazioni verso l’estero che
coinvolgono perfino i cosiddetti
laureati con la valigia. Da anni ci
battiamo per potenziare istruzione,
formazione e lavoro che potrebbero
sottrarre manovalanza alla
criminalità organizzata, ma i
caotici istituti comprensivi stanno
solo incrementando la dispersione
scolastica! Da anni lottiamo per una
sanità migliore, ma chi si vuole
curare poi deve andare al Nord,
poiché al Sud mancano medici e
perfino infermieri. Da anni vengono
sversati in Campania rifiuti tossici
provenienti dal Nord con il supporto
della criminalità organizzata. E in
certi territori ci sono tanti
bambini che muoiono di cancro!
Potrei continuare per ore, ma mi
fermo qui.
Si, bisogna reagire, ma in che
modo?! Certamente non con le
autonomie differenziate che ancor
più metteranno a rischio un’Unità di
Italia conquistata con lacrime
sangue e già da tempo compromessa.
Noi meridionali non vogliamo certo
il male del Nord: personalmente pur
essendo napoletana, ho amici e
parenti al centro e al settentrione.
Credo che tutta l’Italia in qualche
modo sia imparentata dopo secoli di
migrazioni interna. Quindi finiamola
con egoismo, razzismo e ingiustizie.
La realtà è che il mondo oggi è più
che mai spaccato a metà, e noi
facciamo parte di un Sud del mondo
che si espande sempre di più. Se non
ci sarà una svolta costruttiva non
solo a livello nazionale ma anche
internazionale, purtroppo finirà
male per tutti. E ricordiamoci
sempre che “l’Unione fa la forza!”.