N. 95 - Novembre 2015
(CXXVI)
STORIA DEGLI AUSTRALIAN OPEN
PARTE III - Una grande varietà di vincitori
di Francesco Agostini
Con il cambio di superficie le cose in Australia mutano e anche radicalmente. I grandi nomi iniziano ad arrivare e lo Slam si arricchisce di un montepremi ben più sostanzioso. Parallelamente al montepremi, anche il prestigio e la fama del trofeo australiano salgono in maniera a dir poco vertiginosa.
È
proprio
in
questa
fase
dell'Australian
Open
che
l'albo
d'oro
diventa
assai
variegato,
come
mai
era
successo
in
precedenza.
Questa
sua
imprevedibilità
è
data
da
diversi
fattori
e
non
è
affatto
casuale.
L'aspetto
fondamentale
da
considerare
è il
periodo
in
cui
l'Australian
Open
viene
disputato
e
cioè
a
gennaio.
Tutto
ciò
è
assolutamente
normale
dato
il
rovesciamento
di
clima
dell'emisfero
australe
rispetto
a
quello
boreale,
ma
esso
cade
in
un
periodo
molto
particolare
della
intensa
stagione
tennistica.
Ancora
una
volta
il
grande
Rino
Tommasi
è
riuscito
a
descrivere
al
meglio
la
situazione.
“Tra
le
prove
dello
Slam
l'Australian
Open
è la
più
difficile
da
prevedere.
La
sosta
agonistica
tra
ottobre
e
gennaio
(finale
di
Davis
e i
due
Masters
riguardano
pochi
tennisti)
può
determinare
variazioni
di
forma
che
non
tutti
sanno
assorbire
nello
stesso
modo.
In
Australia
c'è
un
atmosfera
di
ambizioni
e
propositi
che
può
provocare
conseguenze
tecniche
e
psicologiche”.
Tra
gli
anni
ottanta
e i
novanta
assistiamo
così
a
una
serie
di
nomi
di
grande
rilievo,
molto
variegati
fra
di
loro.
Uno
di
questi,
ad
esempio,
è il
ceco
Ivan
Lendl
che
basava
il
suo
gioco
sulla
potenza
da
fondocampo
e
sulla
sua
mentalità
vincente.
Ma
se
l'Australian
Open
avesse
continuato
a
disputarsi
sull'erba
e
non
sul
cemento,
Lendl
ce
l'avrebbe
fatta
a
vincerlo
nel
1989
e
nel
1990?
La
risposta
è un
probabile
no,
visti
i
suoi
tentativi
( a
volte
anche
estremi,
quando
rinunciò
a
giocare
il
Roland
Garros)
falliti
di
vincere
Wimbledon.
Tutt'altro
discorso
invece
per
il
campione
svedese
Stefan
Edberg,
capace
di
sciorinare
un
gioco
tutto
servizio
e
volée
vecchia
scuola.
Su
una
superficie
veloce
come
il
cemento
(denominato
la
Rebound
Ace
in
Australia)
il
gioco
rapido
e
cinico
dello
svedese
risultava
essere
spesso
vincente.
Anche
lui,
proprio
come
Ivan
Lendl,
è
stato
capace
di
imporsi
in
questo
slam
per
ben
due
volte,
nel
1985
e
nel
1987.
In
campo
femminile,
le
regine
assolute
furono
senza
ombra
di
dubbio
la
tedesca
Steffi
Graf
e la
statunitense
Monica
Seles,
estremamente
diverse
ma,
quanto
ad
agonismo
e a
cinismo,
uguali.
La
tedesca
si è
aggiudicata
l'Australian
Open
per
ben
quattro
volte:
nel
1988,
1989,
1990
e
1994.
La
tedesca
riusciva
ad
alternare
dritti
potenti
e
penetranti
a
dei
rovesci
giocati
solo
ed
esclusivamente
in
slice,
cioè
tagliati.
Alternando
questi
due
colpi
così
diversi
tra
di
loro
riusciva
a
destabilizzare
e a
non
dare
alcun
punto
di
riferimento
all'avversaria
di
turno.
La
statunitense
Monica
Seles,
invece,
aveva
un
gioco
sicuramente
più
potente
della
Graf
ma
meno
vario
e
imprevedibile.
La
Seles
fondava
tutto
il
suo
tennis
sulla
grande
potenza
e
sulla
capacità
di
sbagliare
meno
rispetto
a
tutte
le
sue
avversarie:
inutile
dire
quanto
tutto
ciò
fosse
risultato
vincente
agli
Australian
Open.
Furono
sue
le
edizioni
del
1991,
1992,
1993
e
del
1996.
Due
grandi
campionesse,
amate
all'inverosimile
dal
pubblico.
Negli
anni
2000
però,
sarebbero
arrivati
due
atleti
capaci
di
monopolizzare
letteralmente
questo
slam.
I
loro
nomi?
Novak
Djokovic
e
Serena
Williams.