N. 31 - Luglio 2010
(LXII)
attilio cuppi
Storia di un marinaio italiano
di Alessandro Farris
Stavolta
la
storia
non
si
basa
su
un'esperienza
in
aviazione
o in
fanteria,
ma
si
va
per
mare.
Quella
massa
che
avvolge
il
pianeta
nel
quale
viviamo
e
attrae
a sé
uomini
di
ogni
genere,
che
in
essa
si
avventurano
per
combattervi
e
magari
morirvi,
ma
anche
per...
amarla.
Nonostante
le
guerre
combattute
per
controllarlo,
il
mare
non
accetta
padroni,
ma
solo
uomini
che
lo
rispettano.
La
storia
di
uno
di
questi
uomini,
un
marinaio,
inizia
il
26
agosto
1920.
Si
chiama
Attilio
Cuppi
e
nasce
in
quel
di
Noceto,
in
provincia
di
Parma.
Il
primo
impatto
con
il
mare
risale
a un
pomeriggio
di
burrasca
di
quando
aveva
6
anni.
Si
trova
a
Livorno
e
prova
un'immediata
attrazione.
Poi,
nel
1934,
si
imbarca
sul
veliero
da
carico
da
300
tonnellate
"Giulio
B".
I
compiti
a
bordo
sono
presto
definiti,
in
quanto
appartenente
ai
più
giovani,
si
farà
le
ossa
in
qualità
di
mozzo.
Quest'apprendistato,severo,
ma
necessario
per
ogni
uomo
di
mare,
dura
4
anni,
quando
decide
di
arruolarsi
in
Marina.
Nella
Regia
Marina
Italiana.
Per
apprendere
al
meglio
i
comportamenti
da
tenere
in
mare
il
nostro
marò
viene
destinato
alla
Mariscuola
Bartolomeo.
Qui
impara
la
convivenza
con
l'equipaggio
e la
professionalità
che
contraddistingue
la
gente
di
mare,
tra
i
quali
non
sono
ammessi
coloro
che
pensano
di
fare
i
furbi.
Nel
1939
si
imbarca
quindi
sulla
Regia
Nave
Torpediniera
Generale
Antonio
Chinotto.
Questa
fu
impostata
nei
cantieri
di
Odero,
Sestri
nel
1919
e
varata
nel
1921.
Nacque
come
cacciatorpediniere.
Le
sue
caratteristiche
prevedono
un
dislocamento
di
832
tonnellate
e
uno
a
pieno
carico
di
890
tonnellate.
Sul
piano
dimensionale
le
sue
misure
portano
una
lunghezza
di
73,2
metri
fuori
tutto,
una
larghezza
di
7,3
metri
ed
un
pescaggio
di 3
metri.
L'equipaggio
a
bordo
è
composto
di
105
uomini
tra
capi,sottocapi
e
comuni.
L'armamento
previsto
è di
3
cannoni
da
102/45
mm,
2
pezzi
da
76/40
mm,
una
postazione
di 4
lanciasiluri
per
ordigni
da
450
mm;
in
seguito,
per
i
compiti
di
scorta
ai
convogli
che
le
toccheranno,
verranno
installate
anche
mitragliere
da
13,2
mm.
In
seguito,
per
motivi
di
anzianità
di
servizio,
la
nave
viene
declassata
a
torpediniera
ed
aumentano
i
compiti
per
la
nave.
Viene
adibita
alla
posa
di
mine.
Il
nostro
marò
conosce
l'ambiente
di
una
nave
da
guerra
ove
domina
rispetto
per
i
superiori
e
familiarità
con
gli
altri
marò.
Presta
servizio
in
plancia
ove
divide
lo
spazio
insieme
a: 2
segnalatori,
2
telegrafisti
di
macchina,
1
radiotelegrafista
di
servizio,
1
ufficiale
di
rotta
infine
il
comandante
ed
il
suo
secondo,oltre
al
ruolo
più
importante
da
svolgere
in
plancia,
ovvero
quello
del
timoniere.
Nel
1939
vengono
svolte
attività
mensili
di
addestramento
in
vista
dell'imminente
conflitto.
Purtroppo
tali
esercitazioni
vengono
inficiate
a
causa
della
penuria
di
nafta,
carenza
che
peserà
su
tutte
le
attività
svolte
dalle
unità
della
Regia
Marina
Italiana
in
tempo
di
guerra.
Nel
1940
l'unità
è di
stanza
a La
Maddalena
in
attesa
di
ordini
operativi.
La
notte
dell'entrata
in
guerra
compie
la
prima
missione
notturna:
la
posa
di
mine
al
porto
di
Ajaccio.
In
seguito
viene
destinata
alla
scorta
di
mercantili
in
viaggio
per
l'Africa
Settentrionale.
Questi
compiti
di
scorta
terminano
tragicamente
il
28
marzo
1941
quando
l'unità
viene
affondata
40
miglia
al
largo
di
Capo
Gallo,
poco
lontano
da
Palermo.
Il
nostro
marò
sopravvive
al
naufragio
e
viene
destinato
a
Patrasso
ove
è di
stanza
nel
locale
Comando
Marina.
La
fede
nella
vittoria,
d'obbligo
in
Italia
durante
il
periodo
fascista,
si
incrina
rapidamente
al
contemplare
la
superiorità
aerea
anglo-americana
ed
al
leggere
le
lettere
che
giungono
da
casa.
Rimane
a
Patrasso
fino
all'annuncio
dell'armistizio,il
giorno
più
famigerato
della
storia
delle
armi
italiane,
l'8
settembre
1943.
Si
rifugia
sui
monti
del
Pelopponeso
insieme
ad
80
suoi
colleghi
marinai.Purtroppo
di
costoro
solo
2
vedranno
la
fine
delle
ostilità.
In
questa
zona
aiuta
le
famiglie
greche
che
hanno
nascosto,
a
rischio
della
propria
vita,i
soldati
italiani
sbandati
dopo
l'armistizio.
Assiste
a
scontri
tra
partigiani
comunisti
greci
e
forze
tedesche
d'occupazione.
Non
riesce
a
patteggiare
per
i
greci
in
quanto
permane
in
lui
lo
spirito
d'onore
instillato
negli
ambienti
della
Marina.
Per
lui
gli
scontri
sono
in
campo
aperto
e
con
le
regole.
Ma
la
guerra
combattuta
tra
partigiani
e
forze
nazifasciste
ha
ben
poco
di
regolare,
anzi
la
repressione
è
compiuta
da
entrambi
e
senza
scrupoli.
Vede
con
i
suoi
occhi
le
conseguenze
dell'agire
partigiano,ovvero
massacri
di
inermi
civili
che
nulla
hanno
a
che
vedere
con
la
guerra.
Molti
anni
dopo
la
fine
della
guerra,grazie
ad
un
terreno
ottenuto
dal
comune
di
Parma
e a
duri
sacrifici
sia
personali
sia
di
altri
componenti,
nasce
l'Associazione
Nazionale
Marinai
d'Italia
di
Parma.
In
questa
sede
sono
presenti
componenti
di
navi
e lo
spirito
di
corpo
che
contraddistingue
la
Marina
Italiana.
Purtroppo
questa
sede
non
esiste
più:
il
suo
posto
è
stato
preso
da
una
sede
della
FederCaccia,
proprio
nel
luogo
dove
per
la
natura
fu
uguale
a
quello
verso
il
prossimo.