[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 159 / MARZO 2021 (CXC)


contemporanea

SULL’ATEISMO SCIENTIFICO
PENSIERI E PAROLE DI GRANDI SCIENZIATI DEL ‘900 E DI OGGI / PARTE II

di Francesco Cappellani

 

Più articolata è la posizione di Steven Weinberg, Premio Nobel per la fisica nel 1979. Già nel suo celebre libro The First Three Minutes. A Modern View of the Origin of the Universe del 1977, le righe finali chiariscono il suo pensiero.

 

Dice infatti: «Negli esseri umani c’è un’esigenza quasi irresistibile di credere che noi abbiamo un qualche rapporto speciale con l’universo, che la vita umana non sia solo il risultato più o meno curioso di una catena di eventi accidentali /…/ Ancora più difficile è rendersi conto che l’universo attuale si è sviluppato a partire da condizioni indicibilmente estranee /…/ Quanto più l’universo ci appare comprensibile, tanto più ci appare senza scopo. Ma se non c’è conforto nei risultati della nostra ricerca, c’è almeno qualche consolazione nella ricerca stessa».

 

L’ultima frase del libro è quasi Shakespeariana nella sua inquietante desolazione: «Lo sforzo di capire l’universo è tra le pochissime cose che innalzano la vita umana al di sopra del livello di una farsa, conferendole un po’ della dignità di una tragedia».

 

In una conferenza del 1999, Weinberg ha chiarito in maggiore dettaglio le sue opinioni. Alla domanda se l’Universo mostri segni di essere stato progettato da un Dio che abbia anche particolare interesse per la vita umana, risponde che oggi comprendiamo una gran parte di questi “segni” in termini di forze fisiche che agiscono mediante leggi che andiamo scoprendo.

 

Ancora non conosciamo a fondo il libro delle regole fondamentali che governano l’Universo, come poco sappiamo della mente umana. Ma le leggi finali, per come siamo in grado di capire oggi, sono assolutamente impersonali e ammesso di arrivare a conoscerle, spiega Weinberg, resta l’interrogativo del grande fisico Richard Feynman “La teoria secondo cui tutto è organizzato come un palcoscenico per Dio per osservare la lotta dell’uomo per il bene e il male, sembra inadeguata”. In ogni caso, prosegue Weinberg, la fisica sembra poterci dare una spiegazione del mondo più soddisfacente, anche se parziale, di quanto possa fare la religione, e ci permette di eliminare quella superstizione e misticismo che pervadono tuttora il genere umano.

 

Inoltre, dichiara: «non ho bisogno di dibattere qui che il male nel mondo dimostra che l’universo non è progettato, ma soltanto che non ci sono quei segni di benevolenza che potrebbero avere mostrato la mano di un Creatore».

 

Certo non dovremmo giudicare Dio con gli standard umani, ma se non siamo ancora convinti della sua esistenza e cerchiamo atti del suo amore per noi, quali altri standard potremmo usare?

 

E Weinberg conclude dicendo: «Una delle grandi conquiste della scienza è stata, se non quella di rendere impossibile per le persone intelligenti di essere religiose, almeno per permettere loro di non essere religiose».

 

Il caso di Stephen Hawking, il famoso astrofisico britannico mancato nel 2018, è emblematico per il cambiamento di prospettiva passando dal 1988, anno in cui pubblica il suo libro più famoso, A Brief History of Time, dove afferma che se i fisici riuscissero a trovare una teoria in grado di dare una spiegazione completa e coerente di come funziona l’universo in ogni suo aspetto, “vedrebbero la mente di Dio”, alle considerazioni del suo ultimo libro “The Grand Design” del 2010 scritto col fisico Leonard Mlodinow.

 

Qui parla di “creazione spontanea” che “è la ragione per cui esiste qualcosa anziché niente, perché l’universo esiste, perché esistiamo”. Hawking spiega che prima dello sviluppo della scienza, era naturale credere che Dio avesse creato l’Universo, ma oggi la scienza offre una spiegazione più convincente. Con continui progressi ci stiamo avvicinando a una “Teoria del Tutto”, che include la fisica quantistica, la teoria delle stringhe, del multiverso e la cosiddetta M-Theory.

 

Quest’ultima prevede la creazione di un gran numero di universi dal nulla, senza l’intervento di un Essere Supremo soprannaturale, in quanto sorgono in modo naturale, come postulabile da leggi fisiche. La nascita dal nulla sembra un controsenso in quanto nella nostra esperienza umana c’è sempre una relazione di causa-effetto, che però sappiamo non esistere più nel mondo quantistico.

 

Nel 2011 spiega al The Guardian di non credere nel paradiso e a una vita post-mortem, definendo queste aspettative “una fiaba per la gente che ha paura del buio”.

 

Intervistato nel 2014 dal giornale El Mundo, Hawking aggiunge: «Quando la gente mi chiede se un Dio ha creato l’universo, io dico loro che la domanda in sé non ha senso. Il tempo non esisteva prima del Big Bang, per cui non c’era tempo per Dio per fabbricare l’universo. È come chiedere la direzione per raggiungere l’estremità della terra; la terra è una sfera e non ha un margine, quindi cercarla è un esercizio inutile”.

 

Hawking in sostanza spiega il suo ateismo in modo puramente scientifico: dal momento che le leggi della fisica possono arrivare a spiegare la creazione dell’Universo, non è necessario ricorrere a un Dio creatore, Dio è superfluo.

 

In realtà la fisica, grazie a una serie di evidenze sperimentali, arriva oggi a comprendere l’evoluzione dell’Universo non dal tempo zero, su cui nulla sappiamo e le varie elucubrazioni in proposito sono mere ipotesi, ma dopo qualche miliardesimo di secondo dalla sua nascita e non fornisce comunque spiegazioni sulla sua esistenza.

 

D’altra parte le spiegazioni di tipo soprannaturale, cioè la creazione da parte di Dio, non sono supportate da alcuna evidenza, e si basano su testi scritti migliaia di anni fa, spesso criptici e di difficile interpretazione. Forse bisogna ammettere che scienza e religione sono due campi completamente separati e, come diceva il biologo evoluzionista Stephen Jay Gould, “non sovrapponibili”.

 

Ovviamente vi sono anche scienziati, pochi in verità, che credono in Dio come, ad esempio, il matematico dell’Università di Oxford, John C. Lennox, autore del libro “Dio e la Scienza”, dove con profonda intelligenza e cultura affronta il problema di quale visione del mondo, la teista o l’antiteista, si adatti meglio alla scienza, per arrivare a capire se davvero “la Scienza ha seppellito Dio.

 

A suo modo anche Giordano Bruno, che aveva difeso la nuova scienza d’allora, cioè la teoria copernicana, e aveva parlato di molteplicità dei mondi e dell’esistenza di un universo infinito, trasgredendo le Sacre Scritture e per questo arso vivo nel 1600 come eretico secondo il verdetto della Congregazione dei Cardinali Inquisitori, rimaneva però fedele all’idea di un Dio “che è dentro di noi, più dentro di noi di quanto siamo noi a noi stessi” come aveva scritto nella Cena delle ceneri.

 

Come abbiamo visto dalla breve analisi di libri e interviste sull’argomento, vi sono le due posizioni estreme, ateismo e teismo, ma c’è anche una terza via possibile, l’agnosticismo, inteso positivamente come ricerca, che può durare tutta la vita, di una verità affidabile o di una convinzione definitiva.

 

Chi però ha una impostazione mentale di tipo scientifico vorrebbe avere qualche dato se non certo, almeno abbastanza probabile, e non soltanto parole il cui significato di fondo talvolta sfugge, come il termine “fede” che viene spesso invocato come una sorta di passepartout, un dono primario dato all’umanità, che, in concreto, sembra invece da conquistarsi personalmente e con fatica, qualora non venga assimilato acriticamente.

 

Nel dualismo tra ateismo e il Dio delle religioni monoteistiche, un diverso approccio, comunque privo anch’esso di conferme oggettive, si basa sull’ipotesi dell’esistenza di una “intelligenza universale” che pervade l’intero cosmo, assolutamente anaffettiva in quanto presiederebbe soltanto ai meccanismi funzionali estremamente precisi e compiuti del nostro corpo e della nostra mente e di tutto ciò che costituisce l’Universo.

 

Particolarmente gli studi sulla biologia degli ultimi cinquanta anni hanno messo in evidenza l’incredibile complessità di alcune strutture vitali come, ad esempio, il genoma umano, cioè la sequenza dei nucleotidi che ci caratterizzano, codificato nel DNA, composto da circa 3,5 miliardi di lettere la cui disposizione sequenziale costituisce l’informazione genetica che poi, con un processo di trascrizione, è acquisita da un’altra molecola, chiamata RNA, che “traduce” il codice genetico negli aminoacidi che formano le proteine.

 

L’interrogativo fondamentale su cui le varie ricerche e teorie sulla nascita della vita si sono arenate è come si siano potuti originare sia un codice genetico di tale complessità che i meccanismi per la sua traduzione. Bill Gates ha detto che il DNA è un programma informatico enormemente più avanzato di qualsiasi software mai creato dall’uomo a oggi, mentre Gene Myers, che ha lavorato alla mappatura del genoma presso la Celera Genomics, ha scritto: «Ciò che davvero mi stupisce è l’architettura della vita /…/ il sistema è estremamente complesso. È come se fosse stato progettato /…/. Qui c’è un’intelligenza enorme ».

 

Apparirebbe quindi senza senso invocare, pregare, adorare questa intelligenza perché, pur essendo qualcosa di perfetto e presente in ogni cosa (vedi il buddismo), sarebbe priva di coscienza e quindi di sentimenti, e in questi termini da ritenersi priva di affettività, incapace di amare. L’esistenza di fatti incredibili (miracoli, apparizioni, madonne piangenti etc.) non sembra comportare necessariamente l’esistenza del divino, ma piuttosto, quando non sono ciarlatanerie, di qualcosa che ancora non sappiamo spiegare.

 

C’è anche il discorso dell’ipnosi regressiva alle vite precedenti che, se fosse scientificamente provata, porterebbe alla conferma della reincarnazione, presente anche nella teologia cristiana prima del concilio di Costantinopoli oltre che, da millenni, nelle religioni orientali. Ma anche in questo caso non si evidenzia la necessità di un Dio buono e onnisciente, ma semplicemente avverrebbe una trasmigrazione di anime pilotate da quella intelligenza/coscienza universale che potrebbe essere insita in ciascuno di noi.

 

Altre letture strattonano da una parte o dall’altra, ad esempio le riflessioni del filosofo e teologo Hans Jonas che non rinnega Dio ma dimostra che, dopo Auschwitz, il Dio “infinitamente buono” dei Testi Sacri ha rivelato la sua totale impotenza nei confronti del male assegnandone solo all’uomo la terribile responsabilità.

 

Oppure le considerazioni del filosofo Edgar Morin: «Non mi riconosco nella religione della salvezza che è il cristianesimo. Non credo alla salvezza celeste e non credo neppure alla salvezza terrena./…/ Oggi, se coltivo in me il sentimento religioso, lo faccio nel senso che questa parola vuol dire: ”ciò che lega”/…/ Sono per una religione di un terzo tipo che è quella dell’aggregazione: siamo connessi alla vita, che è connessa alla terra, che è connessa al gigantesco cosmo. Siamo infine legati a tutti gli esseri che sono in noi, i progenitori, i genitori. E dobbiamo connetterci agli altri uomini attraverso legami di fraternità. È una religione senza idoli ma con il senso del mistero che comporta al tempo stesso la fede ed il dubbio./…/Siamo legati insieme in un’avventura sconosciuta, incerta e misteriosa».

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

E.J. Larson, L. Witham, Leading scientists still reject God, “Nature” 394, 23 July 1998.

P. Odifreddi, Vita mea sub specie religionis”, “Micromega”, n. 3, 2017.

G. Barone, Senza Dio, né padrone. Intervista a Giulio Giorello, “Mucchio”, n. 678, gennaio 2011.

R. Dawkins, L’illusione di Dio. Le ragioni per non credere, Mondadori, Milano 2007.

S. Weinberg, I primi tre minuti, Mondadori, Milano 1977.

J.C. Lennox, Dio e la Scienza, Gruppo Editoriale Armenia, Milano 2009.

H. Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Una voce ebraica, Il Nuovo Melangolo, Genova 1993.

E. Morin, I miei filosofi, Erikson Editore, Roma 2013.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]