contemporanea
SULL’ATEISMO SCIENTIFICO
PENSIERI
E PAROLE DI GRANDI SCIENZIATI DEL ‘900 E
DI OGGI / PARTE II
di Francesco Cappellani
Più articolata è la posizione di
Steven Weinberg, Premio Nobel per la
fisica nel 1979. Già nel suo celebre
libro The First Three Minutes. A
Modern View of the Origin of the
Universe del 1977, le righe finali
chiariscono il suo pensiero.
Dice infatti: «Negli esseri umani c’è
un’esigenza quasi irresistibile di
credere che noi abbiamo un qualche
rapporto speciale con l’universo, che la
vita umana non sia solo il risultato più
o meno curioso di una catena di eventi
accidentali /…/ Ancora più difficile è
rendersi conto che l’universo attuale si
è sviluppato a partire da condizioni
indicibilmente estranee /…/ Quanto più
l’universo ci appare comprensibile,
tanto più ci appare senza scopo. Ma se
non c’è conforto nei risultati della
nostra ricerca, c’è almeno qualche
consolazione nella ricerca stessa».
L’ultima frase del libro è quasi
Shakespeariana nella sua inquietante
desolazione: «Lo sforzo di capire
l’universo è tra le pochissime cose che
innalzano la vita umana al di sopra del
livello di una farsa, conferendole un
po’ della dignità di una tragedia».
In una conferenza del 1999, Weinberg ha
chiarito in maggiore dettaglio le sue
opinioni. Alla domanda se l’Universo
mostri segni di essere stato progettato
da un Dio che abbia anche particolare
interesse per la vita umana, risponde
che oggi comprendiamo una gran parte di
questi “segni” in termini di forze
fisiche che agiscono mediante leggi che
andiamo scoprendo.
Ancora non conosciamo a fondo il libro
delle regole fondamentali che governano
l’Universo, come poco sappiamo della
mente umana. Ma le leggi finali, per
come siamo in grado di capire oggi, sono
assolutamente impersonali e ammesso di
arrivare a conoscerle, spiega Weinberg,
resta l’interrogativo del grande fisico
Richard Feynman “La teoria secondo
cui tutto è organizzato come un
palcoscenico per Dio per osservare la
lotta dell’uomo per il bene e il male,
sembra inadeguata”. In ogni caso,
prosegue Weinberg, la fisica sembra
poterci dare una spiegazione del mondo
più soddisfacente, anche se parziale, di
quanto possa fare la religione, e ci
permette di eliminare quella
superstizione e misticismo che pervadono
tuttora il genere umano.
Inoltre, dichiara: «non ho bisogno di
dibattere qui che il male nel mondo
dimostra che l’universo non è
progettato, ma soltanto che non ci sono
quei segni di benevolenza che potrebbero
avere mostrato la mano di un Creatore».
Certo non dovremmo giudicare Dio con gli
standard umani, ma se non siamo ancora
convinti della sua esistenza e cerchiamo
atti del suo amore per noi, quali altri
standard potremmo usare?
E Weinberg conclude dicendo: «Una
delle grandi conquiste della scienza è
stata, se non quella di rendere
impossibile per le persone intelligenti
di essere religiose, almeno per
permettere loro di non essere religiose».
Il caso di Stephen Hawking, il
famoso astrofisico britannico mancato
nel 2018, è emblematico per il
cambiamento di prospettiva passando dal
1988, anno in cui pubblica il suo libro
più famoso, A Brief History of Time,
dove afferma che se i fisici riuscissero
a trovare una teoria in grado di dare
una spiegazione completa e coerente di
come funziona l’universo in ogni suo
aspetto, “vedrebbero la mente di Dio”,
alle considerazioni del suo ultimo libro
“The Grand Design” del 2010
scritto col fisico Leonard Mlodinow.
Qui parla di “creazione spontanea”
che “è la ragione per cui esiste
qualcosa anziché niente, perché
l’universo esiste, perché esistiamo”.
Hawking spiega che prima dello sviluppo
della scienza, era naturale credere che
Dio avesse creato l’Universo, ma oggi la
scienza offre una spiegazione più
convincente. Con continui progressi ci
stiamo avvicinando a una “Teoria del
Tutto”, che include la fisica
quantistica, la teoria delle stringhe,
del multiverso e la cosiddetta
M-Theory.
Quest’ultima prevede la creazione di un
gran numero di universi dal nulla, senza
l’intervento di un Essere Supremo
soprannaturale, in quanto sorgono in
modo naturale, come postulabile da leggi
fisiche. La nascita dal nulla sembra un
controsenso in quanto nella nostra
esperienza umana c’è sempre una
relazione di causa-effetto, che però
sappiamo non esistere più nel mondo
quantistico.
Nel 2011 spiega al The Guardian
di non credere nel paradiso e a una vita
post-mortem, definendo queste
aspettative “una fiaba per la gente
che ha paura del buio”.
Intervistato nel 2014 dal giornale El
Mundo, Hawking aggiunge: «Quando
la gente mi chiede se un Dio ha creato
l’universo, io dico loro che la domanda
in sé non ha senso. Il tempo non
esisteva prima del Big Bang, per cui non
c’era tempo per Dio per fabbricare
l’universo. È come chiedere la direzione
per raggiungere l’estremità della terra;
la terra è una sfera e non ha un
margine, quindi cercarla è un esercizio
inutile”.
Hawking in sostanza spiega il suo
ateismo in modo puramente scientifico:
dal momento che le leggi della fisica
possono arrivare a spiegare la creazione
dell’Universo, non è necessario
ricorrere a un Dio creatore, Dio è
superfluo.
In realtà la fisica, grazie a una serie
di evidenze sperimentali, arriva oggi a
comprendere l’evoluzione dell’Universo
non dal tempo zero, su cui nulla
sappiamo e le varie elucubrazioni in
proposito sono mere ipotesi, ma dopo
qualche miliardesimo di secondo dalla
sua nascita e non fornisce comunque
spiegazioni sulla sua esistenza.
D’altra parte le spiegazioni di tipo
soprannaturale, cioè la creazione da
parte di Dio, non sono supportate da
alcuna evidenza, e si basano su testi
scritti migliaia di anni fa, spesso
criptici e di difficile interpretazione.
Forse bisogna ammettere che scienza e
religione sono due campi completamente
separati e, come diceva il biologo
evoluzionista Stephen Jay Gould,
“non sovrapponibili”.
Ovviamente vi sono anche scienziati,
pochi in verità, che credono in Dio
come, ad esempio, il matematico
dell’Università di Oxford, John C.
Lennox, autore del libro “Dio e la
Scienza”, dove con profonda intelligenza
e cultura affronta il problema di quale
visione del mondo, la teista o
l’antiteista, si adatti meglio alla
scienza, per arrivare a capire se
davvero “la Scienza ha seppellito Dio.
A suo modo anche Giordano Bruno, che
aveva difeso la nuova scienza d’allora,
cioè la teoria copernicana, e aveva
parlato di molteplicità dei mondi e
dell’esistenza di un universo infinito,
trasgredendo le Sacre Scritture e per
questo arso vivo nel 1600 come eretico
secondo il verdetto della Congregazione
dei Cardinali Inquisitori, rimaneva però
fedele all’idea di un Dio “che è
dentro di noi, più dentro di noi di
quanto siamo noi a noi stessi” come
aveva scritto nella Cena delle ceneri.
Come abbiamo visto dalla breve analisi
di libri e interviste sull’argomento, vi
sono le due posizioni estreme,
ateismo e teismo, ma c’è
anche una terza via possibile, l’agnosticismo,
inteso positivamente come ricerca, che
può durare tutta la vita, di una verità
affidabile o di una convinzione
definitiva.
Chi però ha una impostazione mentale di
tipo scientifico vorrebbe avere qualche
dato se non certo, almeno abbastanza
probabile, e non soltanto parole il cui
significato di fondo talvolta sfugge,
come il termine “fede” che viene spesso
invocato come una sorta di
passepartout, un dono primario dato
all’umanità, che, in concreto, sembra
invece da conquistarsi personalmente e
con fatica, qualora non venga assimilato
acriticamente.
Nel dualismo tra ateismo e il Dio delle
religioni monoteistiche, un diverso
approccio, comunque privo anch’esso di
conferme oggettive, si basa sull’ipotesi
dell’esistenza di una “intelligenza
universale” che pervade l’intero cosmo,
assolutamente anaffettiva in quanto
presiederebbe soltanto ai meccanismi
funzionali estremamente precisi e
compiuti del nostro corpo e della nostra
mente e di tutto ciò che costituisce
l’Universo.
Particolarmente gli studi sulla biologia
degli ultimi cinquanta anni hanno messo
in evidenza l’incredibile complessità di
alcune strutture vitali come, ad
esempio, il genoma umano, cioè la
sequenza dei nucleotidi che ci
caratterizzano, codificato nel DNA,
composto da circa 3,5 miliardi di
lettere la cui disposizione sequenziale
costituisce l’informazione genetica che
poi, con un processo di trascrizione, è
acquisita da un’altra molecola, chiamata
RNA, che “traduce” il codice genetico
negli aminoacidi che formano le
proteine.
L’interrogativo fondamentale su cui le
varie ricerche e teorie sulla nascita
della vita si sono arenate è come si
siano potuti originare sia un codice
genetico di tale complessità che i
meccanismi per la sua traduzione.
Bill Gates ha detto che il DNA è un
programma informatico enormemente più
avanzato di qualsiasi software mai
creato dall’uomo a oggi, mentre Gene
Myers, che ha lavorato alla
mappatura del genoma presso la Celera
Genomics, ha scritto: «Ciò che
davvero mi stupisce è l’architettura
della vita /…/ il sistema è estremamente
complesso. È come se fosse stato
progettato /…/. Qui c’è un’intelligenza
enorme ».
Apparirebbe quindi senza senso invocare,
pregare, adorare questa intelligenza
perché, pur essendo qualcosa di perfetto
e presente in ogni cosa (vedi il
buddismo), sarebbe priva di coscienza e
quindi di sentimenti, e in questi
termini da ritenersi priva di
affettività, incapace di amare.
L’esistenza di fatti incredibili
(miracoli, apparizioni, madonne
piangenti etc.) non sembra comportare
necessariamente l’esistenza del divino,
ma piuttosto, quando non sono
ciarlatanerie, di qualcosa che ancora
non sappiamo spiegare.
C’è anche il discorso dell’ipnosi
regressiva alle vite precedenti che, se
fosse scientificamente provata,
porterebbe alla conferma della
reincarnazione, presente anche nella
teologia cristiana prima del concilio di
Costantinopoli oltre che, da millenni,
nelle religioni orientali. Ma anche in
questo caso non si evidenzia la
necessità di un Dio buono e onnisciente,
ma semplicemente avverrebbe una
trasmigrazione di anime pilotate da
quella intelligenza/coscienza universale
che potrebbe essere insita in ciascuno
di noi.
Altre letture strattonano da una parte o
dall’altra, ad esempio le riflessioni
del filosofo e teologo Hans Jonas
che non rinnega Dio ma dimostra che,
dopo Auschwitz, il Dio “infinitamente
buono” dei Testi Sacri ha rivelato la
sua totale impotenza nei confronti del
male assegnandone solo all’uomo la
terribile responsabilità.
Oppure le considerazioni del filosofo
Edgar Morin: «Non mi riconosco
nella religione della salvezza che è il
cristianesimo. Non credo alla salvezza
celeste e non credo neppure alla
salvezza terrena./…/ Oggi, se coltivo in
me il sentimento religioso, lo faccio
nel senso che questa parola vuol dire:
”ciò che lega”/…/ Sono per una religione
di un terzo tipo che è quella
dell’aggregazione: siamo connessi alla
vita, che è connessa alla terra, che è
connessa al gigantesco cosmo. Siamo
infine legati a tutti gli esseri che
sono in noi, i progenitori, i genitori.
E dobbiamo connetterci agli altri uomini
attraverso legami di fraternità. È una
religione senza idoli ma con il senso
del mistero che comporta al tempo stesso
la fede ed il dubbio./…/Siamo legati
insieme in un’avventura sconosciuta,
incerta e misteriosa».
Riferimenti bibliografici:
E.J.
Larson, L. Witham, Leading scientists
still reject God, “Nature” 394, 23
July 1998.
P. Odifreddi, Vita mea sub specie
religionis”, “Micromega”, n. 3,
2017.
G. Barone, Senza Dio, né padrone.
Intervista a Giulio Giorello,
“Mucchio”, n. 678, gennaio 2011.
R. Dawkins, L’illusione di Dio. Le
ragioni per non credere, Mondadori,
Milano 2007.
S. Weinberg, I primi tre minuti,
Mondadori, Milano 1977.
J.C.
Lennox, Dio e la Scienza, Gruppo
Editoriale Armenia, Milano 2009.
H. Jonas, Il concetto di Dio dopo
Auschwitz. Una voce ebraica, Il
Nuovo Melangolo, Genova 1993.
E. Morin, I miei filosofi,
Erikson Editore, Roma 2013. |