N. 120 - Dicembre 2017
(CLI)
La vera "Dea" del calcio italiano
BREVE STORIA DELL'Astrea CALCIO
di Giuseppe Livraghi
Quando si parla di calcio, è luogo comune menzionare l’Atalanta quale “la Dea”, commettendo però un grave errore, in quanto nella mitologia greca Atalanta non era una divinità, bensì una bellissima principessa, talvolta considerata ninfa.
La
vera
Dea
del
calcio
italiano
milita
qualche
categoria
più
in
basso,
rispetto
ai
nerazzurri
orobici,
ma
nel
suo
piccolo
ha
anch’essa
avuto
i
suoi
periodi
di
gloria.
Stiamo
parlando
dell’Astrea,
compagine
appartenente
al
Corpo
di
Polizia
Penitenziaria,
con
sede
a
Roma
(allo
stadio
“Casal
del
Marmo”,
non
lontano
dell’ospedale
“San
Filippo
Neri”)
e
composta
da
Agenti
di
Polizia
Penitenziaria.
Perché
Astrea
e
perché
è
“la
Dea”?
Per
il
semplice
motivo
che
Astrea,
nella
mitologia
greca,
è la
Dea
della
Giustizia.
Fondata
nel
1948,
la
società
capitolina
(i
cui
colori
sono
il
bianco
e
l’azzurro)
ha,
nella
sua
storia,
scalato
le
categorie
della
piramide
del
calcio
italiano,
giungendo
fino
alla
Serie
C-2,
militandoci
per
otto
anni
e
dando
filo
da
torcere
a
compagini
blasonate
e
con
trascorsi
nella
massima
Serie,
quali
(ad
esempio)
il
Catania,
il
Catanzaro
e il
Messina.
In
quel
lontano
1948,
le
intenzioni
dei
padri
fondatori
(dipendenti
del
Ministero
di
Grazia
e
Giustizia)
sono
solo
quelle
di
costituire
una
sorta
di
selezione
di
Agenti
di
Custodia
(terminologia
dell’epoca)
per
partecipare
al
torneo
amatoriale
“Orlandini”,
ma
già
l’anno
successivo
(1949)
la
società
viene
affiliata
alla
FIGC,
partecipando
al
campionato
di
Seconda
Divisione
Laziale:
nel
giro
di
tre
stagioni,
i
“ministeriali”
vincono
due
campionati
(la
Seconda
Divisione
all’esordio
e la
Prima
Divisione
nel
1951-’52),
esordendo
nel
campionato
di
Promozione,
nel
quale
restano
per
sei
stagioni
consecutive.
Retrocesso
nel
1957-’58,
il
club
capitolino
torna
in
tale
divisione
nella
stagione
1968-’69,
grazie
al
terzo
posto
conquistato
nella
Prima
Categoria
dell’annata
precedente:
nell’estate
1968
inizia
una
nuova
fase
della
storia
bianco-azzurra,
che
porta
la
compagine
non
solo
a
conquistare
il
professionismo,
ma a
non
scendere
mai
più
sotto
la
massima
serie
dilettantistica
regionale.
Un
sesto,
un
decimo,
un
quarto
e un
altro
sesto
posto
fanno
da
preambolo
all’indimenticabile
stagione
1972-’73,
conclusa
al
primo
posto
(dopo
un
serrato
testa
a
testa
– 46
punti
contro
44 –
con
l’Allumiere):
per
i
ministeriali
si
aprono
le
porte
della
Serie
D,
cioè
il
calcio
a
base
nazionale.
In
un
girone
(l’F)
zeppo
di
derby
(non
solo
regionali,
ma
anche
cittadini,
quali
quelli
con
A.L.M.A.S.,
O.M.I.,
Romulea
e
S.T.E.F.E.R.),
l’Astrea
è
artefice
di
buone
prestazioni,
purtroppo
non
sufficienti
a
evitare
un’amara
retrocessione,
per
un
solo
punto:
29
quelli
dei
bianco-azzurri,
contro
i 30
delle
salve
Civitavecchia,
Cassino
ed
O.M.I.
Roma.
Il
ritorno
nel
calcio
regionale
non
è
vissuto
come
un
dramma,
anzi;
dopo
alcuni
campionati
tranquilli
(nei
quali
vengono
raggiunti
un
quinto,
un
settimo,
un
ottavo,
un
quarto
e di
nuovo
un
quinto
posto),
una
salvezza
risicata
(nel
1979-’80),
una
permanenza
per
ripescaggio
(nel
1980-’81)
e
una
posizione
“senza
infamia
e
senza
lode”
(nono
posto
nel
1981-’82),
nell’estate
1982
ha
luogo
la
svolta,
con
l’allestimento
di
una
rosa
in
grado,
in
un
breve
lasso
di
tempo,
di
conquistare
la
promozione
nella
categoria
superiore:
dopo
un
secondo,
un
quarto
e
ancora
un
secondo
posto,
la
vittoria
nella
Promozione
1985-’86
vale
l’accesso
alla
Serie
D
(nel
frattempo
ribattezzata
Interregionale).
Anche
nel
massimo
campionato
dilettantistico
l’Astrea
dimostra
di
saperci
fare:
le
tranquille
salvezze
datate
1986-’87
(ottavo
posto)
e
1987-’88
(nono),
vengono
migliorate
col
quinto
posto
del
1988-’89
e
col
primo
posto
del
1989-’90
(il
campionato
è
vinto
in
scioltezza
davanti
all’Anguillara,
distanziata
di
sei
lunghezze,
quando
la
vittoria
vale
ancora
due
punti),
che
vale
l’accesso
al
professionismo
della
Serie
C-2.
Vale
o
varrebbe?
La
Legge
obbliga
le
società
di
Serie
C-2
ad
avvalersi
di
giocatori
professionisti,
ad
esse
legate
da
un
contratto
di
lavoro,
cosa
che
l’Astrea
non
può
fare,
visto
che
i
suoi
giocatori
sono
già
occupati
quali
Agenti
di
Custodia
(terminologia
dell’epoca).
Il
buonsenso,
però,
prevale
e
(grazie
alla
Legge
numero
190
del
13
luglio
1990)
all’Astrea
è
concesso
disputare
il
campionato
professionistico
con
giocatori
aventi
lo
status
di
dilettanti.
Dilettanti,
ma
di
certo
non
allo
sbaraglio:
il
nono
posto
della
stagione
d’esordio
consiste
nel
punto
più
alto
raggiunto
in
assoluto
fra
i
professionisti,
ma
la
categoria
viene
difesa
con
successo
anche
nel
1991-’92
(tredicesimo
posto),
nel
1993-’94
(decimo)
e
nel
1994-’95
(vittoria
nei
play-out
al
cospetto
del
Molfetta,
dopo
il
quattordicesimo
posto
della
stagione
regolare),
retrocedendo
nei
dilettanti
nella
stagione
successiva,
quando
il
quattordicesimo
posto
del
campionato
si
tramuta
in
retrocessione
nei
play-out
con
il
Marsala.
Il
rientro
(dopo
sei
stagioni)
nei
dilettanti,
evitato
nel
1992-’93
grazie
a un
ripescaggio,
stavolta
è
realtà,
ma
proprio
dal
ritorno
nel
Campionato
Nazionale
Dilettanti
(o
CND,
nuova
denominazione
nel
frattempo
data
all’ex
Interregionale)
sorgerà
la
miglior
stagione
di
sempre
della
compagine
di
“Casal
del
Marmo”.
Primo
posto
in
campionato
(+5
sullo
Jesi,
secondo),
secondo
posto
nella
successiva
poule
valida
per
l’assegnazione
dello
“Scudetto
Dilettanti”
(sconfitta
nella
finale
per
mano
della
Biellese)
e
vittoria
sia
nella
Coppa
Italia
CND
(nella
doppia
finale
con
i
bergamaschi
dell’Albinese)
sia
nella
Coppa
Italia
Dilettanti
assoluta,
con
un
secco
3-0
rifilato
ai
pugliesi
del
Noicattaro
(vincitori
della
Coppa
Italia
di
Eccellenza
e
Promozione),
nella
finalissima
disputatasi
l’8
giugno
1997
allo
stadio
Olimpico
di
Roma.
Oltre
a
ciò,
va
segnalata
la
vittoria
nella
classifica
marcatori
di
Alessandro
Cordelli,
autore
di
venti
reti.
Il
ritorno
fra
i
professionisti
è,
quindi,
immediato,
ma
stavolta
l’avventura
tra
i
“pro”
dura
solo
un
biennio:
alla
salvezza
(tredicesimo
posto)
del
1997-’98
fa,
infatti,
seguito
l’ultimo
posto
del
1998-’99,
che
comporta
l’addio
alla
Serie
C-2,
nella
quale
i
ministeriali
hanno
militato,
senza
mai
sfigurare,
dal
1990
al
1999
(ad
eccezione
dell’annata
1996-’97).
Degli
otto
anni
di
militanza
fra
i
professionisti
restano
le
belle
imprese
al
cospetto
di
compagini
più
titolate,
spesso
sconfitte
in
quel
di
“Casal
del
Marmo”:
tra
le
tante
imprese,
da
ricordare
le
sfide
con
il
Catanzaro
(del
quale
i
ministeriali
sono
la
bestia
nera,
avendolo
sconfitto
nella
Capitale
per
1-0
nel
1992-’93,
per
3-1
nel
1994-’95
e
per
2-0
nel
1995-’96)
e
col
Catania
(a
sua
volta
piegato
in
via
Barellai
per
4-1
nel
1995-’96
e
per
2-0
nel
1997-’98).
Anche
nell’infausta
annata
della
retrocessione,
l’Astrea
si
toglie
alcune
soddisfazioni,
quali
quelle
di
piegare
il
Frosinone
in
Ciociaria
(3-2)
e di
bloccare
sull’1-1
a
“Casal
del
Marmo”
il
Catania
capolista
(che
proprio
in
quella
stagione
prende
slancio
per
il
successivo
ritorno
in
Serie
A).
Tornata
tra
i
dilettanti,
l’Astrea
milita
in
tale
categoria
per
diciassette
anni
consecutivi,
tra
alti
(sesto
posto
nel
1999-2000,
quinto
nel
2000-’01)
e
bassi
(salvezze
ai
play-out
nel
2003-’04,
nel
2005-’06,
nel
2009-’10
e
nel
2010-’11),
fino
alla
stagione
2015-’16,
quando
l’ultimo
posto
segna
il
ritorno
nell’ambito
regionale,
dopo
un
trentennio
di
calcio
a
base
nazionale
(tra
Interregionale/CND/Serie
D e
Serie
C-2).
Svanita
la
possibilità
di
ripescaggio,
l’Astrea
affronta
quindi
l’Eccellenza,
categoria
a
lei
sconosciuta,
poiché
non
ancora
esistente
ai
tempi
nei
quali
i
capitolini
militavano
nei
campionati
regionali:
un
tranquillo
settimo
posto
è un
risultato
più
che
onorevole,
che
fa
da
viatico
alla
successiva
stagione,
nella
quale
i
bianco-azzurri
sono
tra
le
candidate
al
salto
in
Serie
D.