N. 111 - Marzo 2017
(CXLII)
GLI ASTRAGALI
GIOCO, ICONOGRAFIA E FUNZIONI
di Alessandra Romeo
L’astragalo,
scientificamente,
è un
osso
del
tarso posteriore
di
piccoli
capi
di
bestiame
(es.
capre),
che
corrisponderebbe
a
grandi
linee
al
nostro
tallone.
Esso
era
usato
o
direttamente
o
con
riproduzioni in
diversi
materiali
(oro,
argento,
bronzo,
piombo,
vetro,
avorio,
terracotta,
marmo,
terracotta
invetriata,
cristallo
di
rocca,
agata,
onice,
ecc).
Fonti letterarie
e
ritrovamenti
archeologici
testimoniano
l’usanza
in
Grecia
già
a
partire
dall’epoca
omerica
(cfr.
Hom.
Il.
23,
88).
Il
gioco
è
accertato
ad
esempio
a
Nuplia,
Peloponneso,
Corfù,
Leukas,
Zante,
Creta,
Eubea,
Samoa,
Cipro,
Turchia,
Asia
Minore,
Siria,
Palestina
e
ben
presto
si
diffuse
in
Magna
Grecia,
come
testimoniano
i
ritrovamenti
nel
Salento,
in
Calabria
e in
Sicilia,
e a
Roma.
L’origine
del
gioco
sembrerebbe
orientale
e
secondo
Erodoto
(Hdt.
1,
94)
fu
un’invenzione
dei
Lidi.
Le
notizie
sul
gioco
originario
sono
lacunose,
ma
di
certo
era
adatto
agli
adulti
ed
erano
usati
quattro
astragali
per
giocatore.
Su
ogni
astragalo
erano
presenti
lettere
o
figure,
in
base
ai
quali
si
assegnava
il
punteggio
per
ogni
lancio.
Di
alcune
figure
conosciamo
il
nome
e
valore: il
peggior
colpo
era
detto cane o avvoltoio,
in
base
al
quale
i
quattro
astragali
caduti
avevano
tutte
le
facce
corrispondenti
al
valore
1
(1+1+1+1); il
migliore
era
detto
di
Venere
e
consisteva
nell’aver
lanciato
i
quattro
ossi
ognuna
con
una
faccia
di
differente
valore
(1+3+4+6); il
colpo
di Stesicoro valeva
8; il
colpo
di Euripide
valeva 40.
Di
altri
colpi
si
conosce
solo
il
nome,
quali
Alessandro,
Dario,
Mida,
Perseo,
Simone
e
Solone.
Il
modo
più
semplice
per
vincere
era
di
ottenere il maggior
numero
di
punti
e al
vincitore
spettava
un
premio
che
consisteva
nell’insieme
delle
penalità
pecuniarie
dovute
dai
giocatori
che
avevano
fatto
i
colpi
peggiori,
oppure
nell’appropriarsi
degli
astragali
degli
sconfitti,
o
ancora
in
vincite
in
mandorle,
noci
o
piccole
monete.
Vi
erano
anche
giochi
più
semplici,
adatti
anche
ai
più
giovani:
Pari
e
dispari,
che
consisteva
nello
scegliere
a
caso
degli
astragali da
una
piccola
sacca
o
scatola
per
poi
indovinare
se
il
loro
numero
fosse pari
o
dispari;
il Cerchio,
in
cui
ogni
giocatore
doveva lanciare
entro
un
cerchio,
posto
alla
medesima
distanza,
i
propri
astragali
e
spostare
quelli
del
concorrente
avversario;
la Fossetta,
che
consisteva
nel
gettare
gli
astragali
in
un
piccolo
buco
nel
terreno;
le Cinque
pietre,
che
consisteva
nel
lanciare
gli astragali
in aria
e
riprendendoli
sul
dorso
della
mano
destra
e
quelli
caduti
a
terra
dovevano
essere
raccolti
durante
il
successivo
lancio
di quelli
presi.
Questo
gioco
è
attestato
su
un
dipinto
monocromo
su
marmo
proveniente
da
Ercolano,
datato
al
II
secolo
d.C.
e
conservato
al
Museo
Archeologico
Nazionale
di
Napoli
(inv.
9562),
in
cui
Niobe,
le
figlie
e
Leto
sono
intente
a
praticare
il
gioco,
infatti
sono
ben
visibili
alcuni
astragali
sul
dorso
della
mano
di
Ileira,
accovacciata
in
basso
sulla
destra.
Si è
specificato
l’uso
di
una
piccola
sacca
per
contenere
le
ossa
del
gioco.
Un
esempio
è
visibile
sul
frammento
di
una
chous
a
figure
rosse
del
450-400
a.C.
e
conservata
al
Museo
dell’Agorà
di
Atene
(inv.
P9528).
Il
gioco
degli
astragali
è
spesso
rappresentato
nelle
immagini
vascolari.
I
giocatori
sono
sia
bambini
che
adulti,
persino
donne,
e
divinità.
Oltre
il
già
citato
frammento
dell’Agorà
di
Atene,
spicca
la
chous
del
Gruppo
di
Boston
10.190
del
450-400
a.C.,
conservata
al
Paul
Getty
Museum
di
Malibu
(inv.
96.AE.28).
In
essa
sono
rappresentati
tre
giocatori
nudi,
con
in
testa
una
corona
di
alloro
e
accovacciati
a
giocare
con
gli
astragali,
ben
visibili
sulla
scena.
Altro
famoso
esempio
è la
squat
lekythos
della
Walter
Art
Galley
di
Baltimora
(inv.
48.84)
del
IV
secolo
a.C.
con
Dafne
seduta
sulla
destra
intenta
a
giocare.
L’astragalo
aveva,
tuttavia,
altre
tre
funzioni.
Quella
apotropaica
è
attestata
grazie
ai
contesti
funerari.
Gli
esemplari
ritrovati
presentano
dei
fori
sulla
sommità,
infatti,
erano
indossati
come
monili
portafortuna,
o
singolarmente
o
inseriti
in
composizioni
più
complesse,
quali
collane,
orecchini,
pendagli
o
bracciali.
Gli
astragali
erano
usati
anche
nei
riti
di divinazione (astragalomanteia).
Il
lancio
da
parte
del
sacerdote,
innanzi
al
simulacro del
dio,
era
uno
dei
metodi
per
predire
il
futuro
grazie
alla
disposizione
che
le
ossa
assumevano
dopo
il
lancio.
Il
rito
consisteva
nel
sacrificio
dell’animale,
nella
declamazione
di
particolari
preghiere
e
nel
successivo
lancio
delle
ossa.
Questo
spiegherebbe
i
grandi
quantitativi
di
questi
tipi
di
reperti
in
contesti
sacri.
Essi
erano
usati
anche
come
simbolo
ponderale
e
monetario,
come
si
evince
da
alcuni
pesi
attici
di
uno
statere
in
piombo,
su
alcune
didracme
di
Atene,
su
monete
di
Calcedonia,
di
Kelenderis
e di
Mallos,
di
Paphos,
di
Imera,
e su
pezzi
di
bronzo
italioti
da
Lucera
e da
Gubbio.
Oggetti
quali
pesi
e
lingotti
potevano
avere,
infatti,
forma
di
astragali.
Come
precedentemente
affermato,
essi
erano
rappresentati
nei
reperti
ceramici.
Interessante
aspetto
della
produzione
vascolare
sono
anche
dei
vasi
modellati
proprio
a
forma
di
astragalo.
Essi
appartengono
al
gruppo
dei
vasi
potori
o
per
libagioni
e,
nella
fattispecie,
sono askoi
e
rhyta.
I
primi
sono
vasi
con
piccolo
corpo
schiacciato,
fondo
piatto,
collo
impostato
fuori
centro,
obliquamente,
cui
si
attacca
un’ansa
arcuata che
si
estende
lungo
tutta
la
parte
superiore,
usato
o
come
unguentario
o
per
riempire
le
lampade
ad
olio.
Un
esempio
a
forma
di
astragalo
è il
piccolo
askòs
italiota
conservato
al
National
Museum
di
Copenaghen
(inv.
831).
Il
rhytòn,
invece,
era
una
sorta
di
tazza a
forma
di
testa
di
animale
o di
corno
e
decorato
tridimensionalmente
con
figure
di
animali,
parti
di
animali
(es.
chele)
o
gruppi
figurativi.
Un
esempio
pregevole
di
astragalo
fittile
è
l’esemplare
conservato
al
British
Museum
(inv.1860-1201.2),
di
produzione
attica
e
datato
al
470-450
a.C.
La
decorazione
mostra
Eolo
(?),
barbuto
e
vicino
alla
grotta,
che
dirige
la
danza
delle
nuvole,
raffigurate
come
giovani
donne
danzanti.
Gli
astragali
sono
presenti
anche
nelle
rappresentazioni
pittoriche,
nelle
quali
appaiono
per
lo
più
donne
e
bambini.
In
quest’ultimo
caso
famosissimo
è il
dipinto,
proveniente
dalla
Casa
dei
Dioscuri
a
Pompei
e
conservato
nel
Museo
Archeologico
di
Napoli,
raffigurante
Medea
che
medita
di
uccidere
i
figli
mentre
giocano
con
gli
astragali.
Essi
sono
riprodotti
anche
in
opere
scultoree,
monete,
specchi
bronzei,
tra
cui
un
pregevole
esempio
è
quello
conservato
al
British
Museum
(inv.
1888.1213.1)
e
datato
al
389-370
a.C.,
in
cui
Afrodite
gioca
con
Pan,
Eros
alle
sue
spalle
e
un’oca
in
primo
piano,
e
gemme
con
funzione
apotropaica.
Un
esempio
per
quest’ultima
classe
di
reperti
è la
gemma
n.
149
dell’Archivio
Beazley
con
Eros
seduto
accanto
ad
un’oca
e
due
astragali
in
primo
piano.
Tra
le
opere
fittili
spicca
il
gruppo
scultoreo
da
Capua
con
le
Giocatrici
di
astragali,
datato
al
340-330
a.C.
e
conservato
al
British
Museum
(inv.
1867.0510.1),
con
ancora
visibili
le
tracce
di
pittura.
Tra
le
opere
in
marmo,
da
citare
sono
il
rilievo
funerario
di
un
archigallo
del
II
secolo
d.C.,
proveniente
da
Lanuvio
e
conservato
a
Roma,
nel
Magazzino
del
Teatro
dell’Opera
presso
la
Centrale
Montemartini
(inv.
S
1207),
in
cui
sono
presenti
strumenti
rituali
del
culto
di
Cibele,
tra
cui
un
flagrum
(una
frusta)
fatto
di
astragali
infilati
in
tre
cordicelle,
e
una
statua
del
I-II
secolo
d.C.,
conservata
al
British
Museum
(inv.
1805.0703.13),
che
rappresenta
una
giovane
donna,
probabilmente
una
ninfa
di
Artemide,
che
lancia
una
coppia
di
astragali.
Numerosi,
infine,
sono
i
reperti
numismatici
con
astragali,
sia
come
unico
elemento
presente,
come
ad
esempio
nel
rovescio
della
dracma
di
Imera
(475-470
a.C.),
sia
in
con
personaggi,
ad
esempio
nel
rovescio
del
didolo
di
Kierion
(400-350
a.C.),
che
mostra
la
ninfa
Arne
che
gioca,
o il
rovescio
di
un
tetrobolo
di
Albdera
(386/5-375
a.C.),
su
cui
sono
rappresentati
Ermes
e un
astragalo
sulla
destra.