N. 130 - Ottobre 2018
(CLXI)
aspettando godot
Il
Teatro
dell’Assurdo
di
Samuel
Beckett
di
Giovanna
D'Arbitrio
Il
cosiddetto
Teatro
dell’Assurdo
include
le
opere
di
alcuni
drammaturghi
tra
gli
anni
‘40
e
‘60.
Il
termine
risale
al
1961
quando
il
critico
Martin
Esslin
pubblicò
lo
scritto,
The
Theatre
of
the
Absurd,
definendo
così
un
tipo
di
nuovo
teatro
basato
sul
concetto
filosofico
di
assurdità
della
vita
evidenziata
dalla
corrente
dell’Esistenzialismo.
Dopo
la
seconda
guerra
mondiale,
purtroppo,
prevalsero
un
generale
senso
di
alienazione,
angoscia
e
solitudine
che
nel
teatro
dell’Assurdo
sono
resi
attraverso
situazioni
e
dialoghi
surreali,
spesso
ridotti
al
minimo,
vicende
apparentemente
senza
senso,
capovolgimento
di
ogni
criterio
di
verosimiglianza
e di
realtà,
sottolineato
dal
rifiuto
stesso
della
struttura
teatrale
tradizionale,
basata
su
una
trama
e un
linguaggio
razionale
e
consequenziale
che
vengono
sostituiti
da
eventi
senza
nesso
e
apparentemente
senza
senso,
da
dialoghi
ora
tragici
ora
ironici,
scaturiti
anche
solo
da
uno
stato
d’animo
o
un’emozione.
Tra
i
maggiori
esponenti
del
teatro
dell’assurdo
ricordiamo
Samuel
Beckett,
Jean
Tardieu,
Eugène
Ionesco,
Arthur
Adamov
e
Georges
Schehadé,Harold
Pinter,
Robert
Pinget
e
Boris
Vian.
Qui
prederemo
in
esame
in
particolare
l’opera
Aspettando
Godot,
di
Samuel
Beckett,
il
famoso
autore
di
poesie,
romanzi
e
opere
teatrali,
nato
a
Dublino
nel
1906,
che
studiò
francese
e
italiano
e si
laureò
al
Trinity
College
di
Dublino.
Nel
1927
fu
nominato,
lecteur
d’anglais
all’
École
Normale
Supérieure
di
Parigi,
città
in
cui
visse
a
lungo.
Durante
la
II
guerra
mondiale
fu
attivamente
coinvolto
nella
Resistenza
e in
seguito
ad
un
esaurimento
nervoso
cominciò
a
scrivere
come
una
sorta
di
terapia.
Il
suo
periodo
letterario
più
produttivo
risale
al
dopoguerra.
Oltre
ad
Aspettando
Godot,
scrisse
diverse
opere
teatrali,
come
Finale
di
partita,
L’ultimo
nastro
di
Krapp,
Giorni
felici
Commedia.
Vinse
il
Premio
Nobel
nel
1969.
Morì
a
Parigi
nel
1989
Se
si
chiede
ad
una
persona
qualsiasi
di
cosa
tratti
“Aspettando
Godot”,
anche
se
non
ama
il
teatro
vi
risponderà
che
è la
storia
di
qualcuno
che
si
fa
attendere
ma
non
arriva
mai.
In
effetti
la
prima
“assurdità”
di
tale
opera
consiste
proprio
nell’assenza
del
protagonista,
poi
via
via
ne
scopriamo
altre
analizzando
i
vari
atti.
Nel
primo
atto
due
straccioni,
Estragone
(chiamato
anche
Gogo)
e
Vladimiro
(Did),
aspettano
un
certo
Godot
in
campagna
sotto
un
albero:
Godot
ha
dato
loro
un
appuntamento
senza
un
orario
preciso
e
pertanto
attendono
sperando
che
possa
offrir
loro
un
pasto
e un
letto
per
dormire.
Mentre
si
lamentano
del
freddo,
della
fame
e
del
loro
stato
esistenziale,
arrivano
in
scena
Pozzo,
un
proprietario
terriero
che
tiene
al
guinzaglio
il
suo
servitore,
Lucky,
il
quale
inizia
un
delirante
e
colto
monologo
che
genera
una
zuffa
dopo
la
quale
essi
se
ne
vanno.
Si
fa
sera,
ma
di
Godot
nemmeno
l’ombra!
Arriva
un
messaggero
che
avverte
Gogo
e
Did
che
Godot
arriverà
l’indomani.
I
due
disperati
decidono
di
andarsene,
ma
poi
rimangono
immobili.
Fine
del
I
atto.
Nel
secondo
atto
c’è
la
ripetizione
di
eventi
e
azioni:
Gogo
e
Did
attendono
sotto
l’albero
l’arrivo
di
Godot,
di
nuovo
passano
Pozzo
e
Lucky
(uniche
novità:
Pozzo
è
diventato
cieco,
Lucky
muto
e la
corda
che
li
univa
è
scomparsa,
il
numero
delle
foglie
sull’albero
varia
per
indicare
il
passar
del
tempo
),
arriva
ancora
il
messaggero
ad
avvertire
che
Godot
verrà
l’indomani,
Vladimiro
ed
Estragone
si
scoraggiano,
decidono
di
andarsene,
ma
poi
restano.
Fine
Da
notare
che
Didi
e
Gogo,
dopo
l’incontro
con
messaggero
alla
fine
di
ciascun
atto
dicono
"Well?
Shall
we
go?
Yes,
let’s
go"
(Allora
andiamo?
Sì,
andiamo),
mentre
appare
sulla
scena
l’indicazione
che
ironicamente
sottolinea
"They
do
not
move"
(Non
si
muovono),
simboleggiante
la
separazione
tra
parola
e
azione,
fra
il
linguaggio
e la
storia
da
esprimere
e
attivare.
E
appare
anche
evidente
che
proprio
attraverso
i
loro
discorsi
sconnessi
su
argomenti
futili
e
banali
emerge
il
nonsense
della
vita
umana
che
suscita
a
volte
ilarità,
ma
indica
soprattutto
il
vuoto
esistenziale.
E in
scena
così
viene
rivoluzionato
il
teatro
con
un
mix
di
citazioni
elevate
e
turpiloquio,
tragedia
e
commedia,
brevi
dialoghi
e
silenzi:
un’opera
che
rappresenta
senz’altro
una
un
pietra
miliare
nella
cultura
del
‘900.
In
un
articolo
apparso
sull’Irish
Times
nel
1956,
Vivian
Mercier
così
scrisse:
“Aspettando
Godot
è
una
commedia
in
cui
non
accade
nulla,
per
due
volte.
E
tuttavia
la
vera
domanda
ritorna:
cosa
c’è
di
così
assurdo
in
Aspettando
Godot?
A
ben
vedere
è
tutto
estremamente
plausibile:
due
uomini
attendono
un
terzo
uomo.
Questo
terzo
uomo
non
arriva.
Fine.
L’assurdo
di
Ionesco,
di
Adamov,
di
Genet,
di
Pinter,
gli
altri
esponenti
di
questo
genere,
è
totalmente
diverso.
Nelle
opere
più
note
di
Ionesco,
ad
esempio,
troviamo
pompieri
che
fanno
irruzione
in
case
tranquille
o
rinoceronti
impazziti.
Qui
l’assurdo
è
sinonimo
di
surreale.
In
Aspettando
Godot
invece
è
tutto
terribilmente
reale
e al
tempo
stesso
meta-reale.
Perché
se
La
cantatrice
calva
di
Ionesco
mette
nel
mirino
la
società
borghese
occidentale,
il
Godot
di
Beckett
mette
nel
mirino
l’Uomo
al
di
là
di
qualunque
connotazione
politica,
sociale,
geografica
e
storica…
si
tratta
di
una
tragicommedia
costruita
intorno
alla
condizione
dell’attesa.
Quasi
nessun
critico
si è
però
voluto
accontentare
di
questa
semplice
(eppure
universale)
chiave
di
lettura.
In
Godot
si è
cercato
di
vedere
un
simbolo:
Dio
(il
più
spesso
citato),
il
destino,
la
morte,
la
fortuna.
Anche
Pozzo
e
Lucky
sono
stati
oggetto
di
tentativi
di
decifrazione
(il
capitalista
e
l’intellettuale
è
stata
l’interpretazione
più
spesso
adottata).
Quello
che
è
chiaro,
tuttavia,
è
che
se
si
sostituiscono
i
personaggi
di
Beckett
con
dei
simboli
la
forza
poetica
del
testo
subisce
un
colpo
non
indifferente.
La
grandiosità
di
Godot
sta
proprio
nella
sua
astrattezza,
o
meglio
nella
sua
totale
apertura:
il
che
non
significa
che
chiunque
è
libero
di
vedere
in
Godot
quello
che
meglio
crede,
ma
che
l’attesa
di
Vladimiro
ed
Estragone
è
l’Attesa
con
la A
maiuscola,
la
sintesi
di
tutte
le
attese
possibili”.
Concludendo
forse
l’Attesa
contiene
in
sé
la
speranza
che
un
senso
di
ciò
che
accade
in
questo
mondo
possa
un
giorno
apparire
all’orizzonte.
E ci
chiediamo
allora
se
stiamo
ancora
aspettando
Godot
in
un’epoca
difficile
come
quella
attuale
in
cui
le
guerre
si
fanno
in
modo
assurdo
anche
a
suon
di
Spread
e
agenzie
di
rating,
un’epoca
in
cui
l’Europa
rischia
di
nuovo
di
frantumarsi
con
l’avanzare
di
populismi
e
destre
xenofobe.