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N. 124 - Aprile 2018 (CLV)

Ascesa e epopea della Signoria Medicea
Cosimo il Vecchio e LorenzO tra arte, finanza e politica

di Monica Vargiu

 

Un casato di estrazione popolare che sviluppò nel tempo un appeal irresistibile, che affonda le sue origini nel tredicesimo secolo, vive il suo periodo di massimo fulgore durante l’Umanesimo e il Rinascimento, per poi declinare lentamente nel 1700; sono questi, in sintesi, gli snodi principali di una dinastia che scrisse pagine memorabili della storia moderna e che legò indissolubilmente il proprio nome all’economia, alla politica, all’arte e alla letteratura del tempo.

 

Nella fortunata trilogia di Matteo Strukul Una Dinastia al potere, (vero e proprio caso letterario alla fiera del libro di Francoforte e premio Bancarella nel 2017), i Medici emergono in tutta la loro deflagrante potenza, per essere raccontati integralmente da un’altra prospettiva, quella umana passionale e sanguigna, sospesa fra romanzo storico e thriller, con una formula avvincente e innovativa, secondo i dettami del nuovo filone letterario americano ed europeo; ma è anche la fiction record di ascolti su Rai Uno nello scorso autunno, che rivisiterà in chiave narrativa, la storia di personaggi che spesso, per quanto analizzati in modo accurato e didattico, difficilmente emergono, per umane virtù e debolezze, dai saggi e dai libri di storia.

 

Il nome dei Medici fu l’emblema di una rivoluzione culturale raffinata, sopraffina abilità politica e diplomatica, scaltra e spregiudicata finanza e rappresentò, a tutti gli effetti, un potere economico senza eguali in Europa, dando vita, come a ragione sostiene Ivan Cloulas, a una vera e propria multinazionale rinascimentale ante-litteram.

 

Se Cosimo il Vecchio, venne insignito dai suoi concittadini fiorentini dell’appellativo di “Pater Patriae”, all’indomani della sua morte e il suo nipote prediletto Lorenzo di quello di “Magnifico”, è facile dedurre quanto queste due figure rappresentino, a tutti gli effetti, i personaggi maggiormente rappresentativi dell’universo mediceo, dotati per attitudine e carattere di un’aura faustiana e di una valenza carismatica enorme, che garantirono per un lungo periodo, l’esercizio del potere attraverso la legittimazione e il consenso popolare, senza tuttavia mai esercitare un ruolo “istituzionale” effettivo nella politica fiorentina del tempo.

 

I Medici furono protettori e mecenati delle arti e delle lettere, promotori della cultura umanistica, rappresentando a pieno quel modello di Uomo rinascimentale proattivo e resiliente che trova in se stesso forza e capacità e confida in Dio e nella sua magnificenza più che averne esclusivo timore. Guadagnarono a più dimensioni il diritto/dovere alla posterità, rappresentando nella sostanza l’ennagramma perfetto dell’elitarismo e proprio attraverso le arti e l’attenta opera concreta di self-marketing, volta al consenso attraverso l’immagine, incarnarono l’universalità del proprio nome e del proprio potere politico, sancito de facto, ma non de jure.

 

Nel 1397 Giovanni di Bicci, uomo solido e concreto, mercante dotato di un acuto e spietato senso degli affari, con la costituzione del Banco dei Medici, pone la prima pietra per quella che sarà una storia di grande fortuna economica, ma anche di spregiudicatezza, di intrighi e di calcolate alleanze. Un’ascesa non sempre agevole, ma inarrestabile, in quanto egli gestì, quasi in esclusiva, le transazioni finanziarie dell’intera Europa con la penisola e diede inizio a un futuro e solido legame con il Papato; ma è con Cosimo il Vecchio che si consolideranno prepotentemente queste dinamiche ancora embrionali e che ha inizio attivamente la dinastia, che assumerà, con il passare del tempo, un vero e proprio carattere ereditario.

 

Abile e lungimirante banchiere, finanziatore di riferimento della pesantemente indebitata Santa Romana Chiesa, Cosimo non ricoprì mai nessuna carica per non attirarsi invidie e inimicizie, ma allo stesso tempo, non dissociò mai il suo nome da quello della propria città.

 

In tal modo divenne un benefattore, un mecenate, ne fu il simbolo vivente del successo e del prestigio, gestendo in modo abile gli interessi della famiglia, attraverso un’efficace azione diplomatica e un’attenta gerenza dei delicati equilibri cittadini.

 

Attraverso un’oculata gestione del consenso popolare e una forma apparente di morigeratezza e di modestia, pose le basi della sua fortuna e di quella della sua discendenza e, dopo la parentesi dell’esilio veneziano, voluto dai suoi avversari, fece ritorno a Firenze, per gestire dietro le quinte, le dinamiche sociali, politiche ed economiche della città per oltre trent’anni.

 

Se Cosimo fu a tutti gli effetti il capostipite, il nipote Lorenzo fu il continuatore che accrebbe e amplificò il suo progetto e che gestì attivamente gli affari della città dal 1469 al 1492.

 

Personalità ammaliante, poliedrica e versatile per eccellenza, uomo di grande cultura e gentilezza, fu intellettuale, finanziere e statista, liberale solo in apparenza, per via della sua calibrata e meditata amministrazione del potere.

 

Capì ancor meglio del suo predecessore che il promuovere attivamente le arti e la cultura, rappresentavano il volano migliore per dare impulso alla propria immagine e godere del riverbero di tanta concreta magnificenza e, a tal proposito, si circondò delle menti e degli artisti più brillanti e talentuosi del periodo, avvalendosi del loro ingegno, incentivandone i progetti, tutelandoli e sponsorizzandoli presso altre corti italiane ed europee.

 

Sviluppò nel tempo un sempre più sofisticato e lungimirante talento diplomatico, rivelandosi un vero e proprio arbiter della politica italiana, l’ago della bilancia delle dinamiche storiche dell’epoca e un ottimo e misurato interlocutore per i sovrani europei che lo considerarono al pari di un regnante, per autorevolezza e capacità di mediazione.

 

La sua azione fu sempre accorta e a tutto tondo, unioni matrimoniali e cardinalati, (il riferimento è in particolare al figlio secondogenito Giovanni che divenne poi pontefice con il nome di Leone X), ne rafforzarono l’autorevolezza e il solido legame con il Papato, ma la sua politica di potere si rafforzò, in modo decisivo attraverso il finanziamento di opere d’arte e attraverso un’azione libertaria, accorta e intelligente.

 

La vera chiave di lettura del suo prestigio, costantemente in crescita, anche nei momenti di crisi, risiederà oltre che nell’abilità nel prevedere gli eventi e nella capacità di saperli gestire, anche nella profonda consapevolezza del proprio ascendente psicologico e della propria cultura.

 

La potenza dell’immagine dei Medici, investe attraverso le numerose opere d’arte commissionate, quella della città di Firenze che diventa quasi un’immagine speculare dei suoi “signori”; edilizia sacra, palazzi, ville, ma anche dipinti e sculture divengono simboli di un’azione capillare di “promozione” atta a saggiare costantemente il consenso e la benevolenza della cittadinanza; a questo si aggiunge con Lorenzo, la creazione di circoli esclusivi a cui partecipano letterati e filosofi, un sigillo ulteriore di prestigio per il Magnifico che ammanterà la sua figura di una valenza di eccletticità ricercata e preziosa.

 

Le ville fuori porta, distribuite nel territorio toscano, ma anche oltre i confini, divengono una sorta di regge periferiche, un microcosmo, dove si svolgono le attività agricole, ma acquisiscono con il tempo anche funzione di svago, come si conviene a un regnante, sono simboli del potere al pari dei palazzi cittadini e come succede per le corti italiane ed europee, rappresentano l’estensione tangibile del prestigio del signore.

 

Esse ebbero dunque importanza economica e strategica e divennero teatro di importanti frequentazioni e di amichevoli riunioni di potere. Sono censite almeno trenta ville a cui si sommano le tenute di caccia.

Dal 23 giugno del 2013, quattordici di esse sono divenute patrimonio dell’Unesco e, in alcuni casi, sedi di importanti fondazioni. Quelle di Trebbio e Caffaggiolo nel Mugello, volute da Cosimo, hanno un aspetto più severo e conservativo, con l’andare del tempo, le ville seguiranno i mutamenti del linguaggio architettonico e dell’evoluzione degli stili, come per gli edifici urbani, senza mai tuttavia cedere all’eccentricità, a favore di una serena e misurata compostezza.

 

Cosimo legò il proprio nome alla città con la ricostruzione del Convento di San Marco, affidandone i lavori a Michelozzo e gli affreschi interni a Fra Beato Angelico, che partendo dalla didattica medievale, accoglie nella sua visione religiosa e pittorica una moderata valenza rinascimentale; una sequela di gioielli descrittivi che impreziosiscono le celle, sede di preghiera e riposo dei frati domenicani e i luoghi di aggregazione e dove, lo stesso Cosimo, era solito ritirarsi a meditare, lontano dal clamore cittadino.

 

Sempre Cosimo è il committente della Basilica di San Lorenzo e della Biblioteca Laurenziana, splendida la prima, con facciata ancora incompiuta e adorna di mirabili lavori al suo interno, e elegante capolavoro architettonico la seconda, soprattutto nell’edificazione complessa, ma in apparenza semplice, delle strutture portanti.

 

Lorenzo, dal canto suo, esercitò un’azione a più largo raggio, promuovendo fattivamente una comunione spirituale con artisti, poeti e intellettuali, attraverso, l’Accademia Neoplatonica di Careggi e quella dell’Arte, nel giardino di San Marco.

 

Fu per Firenze un periodo unico, l’austero palazzo scuro e dal bugnato possente Medici-Riccardi, dimora cittadina dei Medici, ospitava, nelle sue stanze di rappresentanza, personaggi illustri della cultura dell’epoca come Marsilio Ficino e Pico della Mirandola, Poliziano e il Pulci, un cenacolo di dotti e intellettuali con i quali Lorenzo discorreva e si confrontava amabilmente; Non era da meno la sua cerchia di artisti fra cui il Pollaiolo, Filippino Lippi, Verrocchio, Botticelli, ma anche Donatello e Michelangelo, che accolse con sentimento quasi paterno ed intento a tratti educativo, per via del carattere iroso e complesso di quest’ultimo.

 

L’arte a fini propagandistici e politici diventa dunque la risposta migliore da consegnare ai detrattori e ai nemici, ma anche manifesto ideale da tramandare ai posteri, una sorta di eredità spirituale, mai offuscata da un modus operandi non sempre limpido e in buona fede. La città e la signoria divennero dunque un vero e proprio modello d’esportazione nel continente europeo, gli artisti, dopo aver operato a Firenze, godettero di fama sempre maggiore e di consistente potere contrattuale, presso le varie corti e soprattutto a Roma, al servizio del Papa.

 

Il Michelangelo del progetto della cupola di San Pietro, del Mosè e della Pietà è evoluzione naturale della consapevolezza artistica maturata nel periodo fiorentino sotto la protezione di Lorenzo, un committente illuminato, moderno che aveva saputo comprenderne il genio e le asperità del carattere.

 

C’è da chiedersi cosa sarebbe successo se Lorenzo fosse vissuto più a lungo e fosse stato testimone attivo di quella scoperta del nuovo mondo che avvenne nello stesso anno della sua morte il 1492, forse, nuovi scenari e nuove imprese si sarebbero potute sviluppare, in chiave economica, sicuramente grazie alla sua guida accorta e alla sua lungimiranza.

 

A livello artistico, i Medici ci consegnano un patrimonio immenso e di struggente bellezza ove misura e magnificenza, genio e innovazione, spiritualità e paganesimo spesso si intersecano; sullo sfondo un periodo storico unico, irripetibile che li ha visti protagonisti assoluti e registi nel contempo.



 

 

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