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N. 23 - Aprile 2007

ASAQ, NUOVO ORIZZONTE

Il primo farmaco no profit della storia

di Laura Novak

 

La Malattia nasce e poi si amplia fino a divenire un’epidemia.

 

A questo punto verrebbe spontaneo pensare che, alla nascita di un’epidemia, un medicinale di prevenzione, o di battaglia al virus venga combinato dalla superba mens umana.

Ma anche la mente, la genialità, la devozione alla causa medica hanno il loro virus: il denaro.

 

La malaria è una malattia portata dalla zanzara femmina del genere Anopheles, che in due settimane, se non curata, porta inevitabilmente alla morte, distruggendo completamente il sistema immunitario umano e letteralmente “divorando” i globuli rossi del sangue. Vomito e febbre altissima sono i suoi sintomi principali. Ad oggi, dopo l’Aids, è la malattia che miete più vittime. Ma la cosa più curiosa è che entrambe i morbi toccano il loro apice di vittime in Africa e in Asia.

 

Dopo anni di farmaci paliativi (come la clorochina o la sulfadossina-pirimetaminala) la malattia è diventata impermeabile ad ogni cura o medicinale creato nella seconda metà dello scorso secolo. i farmaci più recenti se ben combinati,  in alternativa alle terapie tradizionali ad unico trattamento farmaceutico, sta ottenendo buoni risultati.

Ma se al termine del processo di commercializzazione del farmaco questo costa enormemente per l’80% delle persone infette allora ci si chiede, a che pro produrlo?

Di pro ce ne sono e sono purtroppo, come in ogni catastrofe umanitaria, quantizzabili contabilmente.

 

Nel 1997 Nelson Mandela accende la miccia della bomba con il suo Medical Act, in cui  autorizzava legalmente le industrie sudafricane ad auto-produrre dei farmaci per curare l'Aids senza doverli acquistare, a costi elevatissimi, dalle multinazionali farmaceutiche. La malaria non veniva ancora citata, ma se si poteva rendere libera e democratica la guarigione dalla Piaga dell’umanità, cosa avrebbe impedito che si facesse lo stesso per quanto riguardava la Malaria?


Nel 2001 una grande, spropositata lobby delle maggiori industrie farmaceutiche del mondo, ribattezzata "Big Pharma", intentò causa contro il governo sudafricano per impedire l'auto-produzione e, nel caso non si fosse stata sufficiente la quantità auto-prodotta, anche l'importazione a basso costo dei medicinali necessari non a vincere, ma almeno a combattere l'Aids.

I piccoli laboratori di ricerca farmaceutica dell’Africa intera indietreggiarono di fronte ad un colosso imbattibile e ritornarono nell’oscurità.

 

Le persone affette non sono altro che obbligate ad osservare il loro mondo, sebbene micro-mondo sgretolarsi sotto i colpi della malattia.

Le persone non affette, le cosiddette sane, sono invece coadiuvate nel cercarsi scuse per non indignarsi.

 

Dal 1° marzo 2007 però qualcosa è cambiato.

Lo slogan "Successo nella partnership, speranza nella lotta alla malaria” è un’anticipazione che già molto ci dice riguardo all’ASAQ, primo farmaco anti-malaria liberalizzato da ogni tipo di brevetto o proprietà intellettuale. Liberalizzato nella creazione ma anche nella distribuzione.

 

Combinazione tra un farmaci vari e un  estratto puro della sostanza naturale artemisia, è realizzato da DNDi (Drugs for Neglected Diseas iniziative - l'iniziativa dei farmaci per le malattie dimenticate), associazione no profit creata nel 2003 dall'ong Medici senza Frontiere, in collaborazione con un dipartimento di ricerca dell'Oms (Organizzazione mondiale della Sanità) e di 4 istituzioni pubbliche di Brasile India, Kenya e Malesia) in aggiunta al prestigioso e pluri premiato Istituto Pasteur di Parigi e alla Sanofi Aventis, casa farmaceutica di importanza mondiale.

 

La rivoluzione ha inizio quando, ancora sotto sperimentazione in Africa; il farmaco ottiene risultati miracolosi: non solo è efficace anche nei casi disperati, dove la clorochina non ottiene più nessun risultato, ma è anche di facile somministrazione (2 compresse per 3 giorni contro le 6-8 attuali) e soprattutto disponibile, in forma pediatrica, anche per bimbi e neonati (1 compressa al giorno).

 

Attualmente si pensa alla sua commercializzazione in tutto il continente solo in appalto esclusivo ad associazioni no-profit, o in accordo con cause farmaceutiche locali che sottoscrivano però un contratto di non speculazione e lucro sulla sua vendita e distribuzione. Un vincolo assoluto,non scindibile contrattualmente.

Il prezzo dovrebbe aggirarsi per la terapia pediatrica, intendendo con terapia un ciclo completo di trattamenti, tra $ 0,50 $ e $1.

 

Ad oggi in realtà c’è poco da aggiungere. Il tempo dirà semmai se veramente un percorso nuovo ha avuto luce, o era solo una deviazione momentanea e illusoria terminata in un vicolo cieco.

 

Certo si potrebbe disquisire per ore sui giorni in cui si fingeva che tutto ciò, la commercializzazione no-profit di un nuovo ottimo farmaco, fosse impossibile, fosse utopia compassionevole.

Si potrebbero commentare fino all’esaurimento di nomi, aggettivi, verbi i giorni in cui la battaglia contro il Medical Act passò sotto silenzio, in cui l’informazione ancora una volta non informava, ma ignorava.

Si potrebbe sì sognare, che qualcuno abbia il coraggio incominciare una strada analoga anche per combattere l’HIV.

 

Ma discriminare sul passato, si dice, non porta mai a nessun risultato futuro.

A mio parere si dovrebbe per vero senso di dovere e responsabilità civile fare un bilancio delle vite perse in questi anni di stagnazione consapevole.

 

Si dovrebbe, e non si potrebbe.

 

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