N. 99 - Marzo 2016
(CXXX)
ARSITA
GIOIELLO
DEL
GRAN
SASSO
di
Giorgio
Giannini
Arsita
si
erge
su
una
collina
a
470
m
s.l.m.
nell’alta
Valle
del
Fino,
alle
propaggini
del
Massiccio
del
Gran
Sasso.
Il
Comune
ha
una
superficie
di
34
Kmq
e
circa
900
abitanti.
Parte
del
suo
territorio
rientra
nel
Parco
Nazionale
del
Gran
Sasso
e
dei
Monti
della
Laga.
Gli
abitanti
si
chiamano
arsitani.
Il
patrono
è S.
Nicola
da
Tolentino,
che
si
festeggia
il
10
settembre.
Nello
stemma
comunale
è
presente
una
torre.
Fino
al
XIX
secolo,
il
nome
del
paese
era
Bacucco,
che
secondo
alcuni
studiosi
deriverebbe
da
Bacuccum,
cioè
dal
Dio
Bacco,
mentre
secondo
altri
deriverebbe
dalla
parola
abruzzese
bacùcche,
che
significa
capanna
di
paglia
e
argilla
oppure
riparo
di
frasche
(cioè
la
tipica
capanna
dei
pastori,
da
cui
deriva
l’italiano
bicocca).
Il
nome
di
Bacucco
fu
cambiato
in
Arsita
con
il
Regio
Decreto
del
Re
Vittorio
Emanuele
III
del
21.12.1905,
in
seguito
alla
Relazione
del
3.9.1905
del
Consiglio
Provinciale
di
Teramo,
su
richiesta
degli
abitanti
che
erano
dileggiati
da
quelli
degli
altri
paesi
in
quanto
la
parola
“bacucco”
nell’accezione
comune
abruzzese
significa
“vecchio
imbecille”.
Il
nome
Arsita,
che
deriva
da
arsus-arsetum
(luogo
arso
o
bruciato,
probabilmente
perchè
carente
di
acqua)
compare
in
alcuni
antichi
documenti,
a
partire
XI
secolo,
relativo
ad
un
Castello
ubicato
in
una
località
vicina
a
Bacucco.
Infatti,
mentre
il
Castello
di
Bacucco
era
ubicato
nella
parte
più
alta
della
collinetta,
dove
sorge
il
paese,
il
Castello
di
Arsita
si
trovava
in
località
Cima
della
Rocca
(923
metri
s.l.m.),
sotto
la
quale
si
trovava
la
Chiesa
di
S.
Giovanni,
sull’omonimo
Colle
di
S.
Giovanni
(729
metri
s.l.m.),
dove
vi
era
un
tempio
italico
dei
Vestini.
Successivamente,
il
Castello
di
Arsita
è
scomparso,
ma
il
nome
è
rimasto
al
toponimo.
Infatti,
nella
descrizione
della
zona
fatta
nel
1787
per
ordine
del
Re
di
Napoli
e
nel
Necrologio
Atriano,
redatto
da
Vincenzo
Bindi
e
pubblicato
su
Monumenti
Archeologici,
si
parla
di
Berardus
Raineij
Arsete
e di
Reynerij
Arsete.
La
zona
è
abitata
sicuramente
dal
I°
Millennio
a.
C.:
NEl
periodo
italico,
Bacucco
fa
parte
della
Vestinia
(territorio
dei
Vestini,
di
cui
Pinna
-Penne
era
il
centro
principale),
separata
dal
fiume
Fino
dal
territorio
dei
Sabini
Adriatici
(l'Ager
Hadrianus).
Al
tempo
dei
Romani
il
Fino
segna
il
confine
tra
la
Regione
(Regio)
IV
Sabina
et
Samnium
e la
Regione
V
Picenum.
Successivamente,
nel
periodo
longobardo,
il
fiume
Fino
segna
il
confine
tra
il
Ducato
di
Spoleto
(a
Nord)
ed
il
Ducato
di
Benevento
(a
Sud).
Alla
fine
dell’Ottocento,
sono
state
rinvenute
delle
tombe
in
cui
c’erano
fibule
di
bronzo,
risalenti
all’VIII
sec.
a.C.
, ed
ornamenti
personali
(armille
ed
una
collana
in
bronzo)
risalenti
al
VI
sec.
a.C..
Inoltre,
è
stata
rinvenuta
un’arula
(piccolo
altare)
in
terracotta,
del
II
sec.
a.C.,
che
raffigura
un
combattimento
tra
un
greco
ed
una
amazzone.
Infine,
è
stata
scoperta
una
necropoli
del
periodo
romano-
augusteo,
con
tombe
alla
cappuccina,
contenenti
urne
cinerarie
del
periodo
romano
e
corredi
composti
da
lucerne,
unguentari
a
forma
di
bottiglietta
in
ceramica
ed
in
vetro.
Sono
stati
anche
trovati
resti
di
edifici
di
vario
tipo,
con
pavimentazioni,
condotte
idrauliche
di
piombo,
statuine
votive
di
bronzo
e
monete
romane.
Alla
fine
del
X
secolo,
Bacucco
è
uno
dei
pochi
centri
abitati
che
resiste
alle
scorrerie
dei
Saraceni.
Il
primo
documento
storico,
in
cui
è
menzionato
il
nome
Bacuccum,
è il
Chronicon
Cassinensis,
in
cui
è
scritto
che
nell'ottobre
1085
il
Conte
teatino
(Teate-Chieti)
Trasmondo
III,
figlio
di
Attone
IV e
di
Gisela,
dona
all'Abate
del
Monastero
di
Montecassino,
Desiderio,
tre
castelli
della
Contea
di
Penne,
tra
i
quali
quelli
di
Bacuccum
e
Arseta.
Il
terzo
castello
è
quello
di
Bisenti.
Secondo
il
Catalogo
dei
Baroni
(Quaternus
magne
expeditionis,
noto
come
Catalogus
Baronum),
compilato
negli
anni
1150-1186,
sotto
la
dominazione
normanna,
per
registrare
la
leva
straordinaria
delle
Province
di
terraferma
del
Regno
di
Sicilia,
Bacuc
è
feudo
del
Barone
Oderisio
di
Bisenti,
insiene
ad
Arseta,
nella
Contea
di
Penne,
con
due
militi
(circa
260
abitanti).
Nell’agosto
1223,
durante
il
processo
per
il
riconoscimento
delle
competenze
giurisdizionali
vescovili
sulla
Collegiata
di
S.
Pietro
di
Penne,
un
testimone
dichiara
al
Maestro
Giustiziere
Enrico
di
Mora
che
gli
Abati
della
Chiesa
sono
nominati,
dal
tempo
del
Re
Guglielmo,
dai
Signori
di
Bacucco.
Nel
Diploma
concesso
da
Carlo
d'Angiò
ad
Alife
il 5
ottobre
1273,
per
costituire
i
Giustizierati
di
Abruzzo
Ulteriore
e
Citeriore
(separati
dal
fiume
Pescara),
sono
citati
nell’Abruzzo
Ulteriore
(oltre
il
fiume
Pescara)
Bacuccum
e
Arsita
cum
Podio.
Nel
1275,
l’Abate
del
Monastero
di
S.
Giovanni
in
Venere,
Giordano,
chiede
alla
Real
Corte
che
Riccardo
di
Acquaviva
gli
presti
il
giuramento
di
fedeltà
per
il
Castello
di
Arsite.
Nel
1277,
lo
stesso
Abate
riceve
l’autorizzazione
regia
a
procedere
contro
i
suoi
Vassalli
di
Bacuccum
ed
Arsite,
che
hanno
abbandonato
gli
abitati.
Il
13
maggio
1279,
il
feudatario
di
Bacucco
è
Riccardo
di
Acquaviva.
Il 9
ottobre
1320,
i
Maestri
Razionali
della
Regia
Corte,
a
Napoli,
stabiliscono
l’ammontare
della
sovvenzione
annua
di
Arsita
cum
Podio
in 7
once,
10
tarì
e 12
grani,
e
quella
di
Bacuccum
in 6
once,
2
tarì
e 9
grani.
nelle
Decime
Vaticane
del
1324,
sono
citate
le
Chiese
di
S.
Vittoria,
S.
Maria,
S.
Savino
e S.
Lorenzo
di
Bacuccho
e la
Chiesa
di
S.
Giovanni
di
Arsita.
Il
30
giugno
1414,
il
Re
Ladislao
D’Angiò
Durazzo
nomina
Capitani
di
Bacucco
e di
Arsite,
mentre
si
trova
a
Ponte
Pattoli
sul
Tevere,
in
Umbria,
Venanzio
di
Camerino
ed
il
figlio
Pietrantonio.
Il 1
maggio
1417,
Giovanna
II
d’Angiò
Durazzo
vende
il
Castello
di
Bacucco
a
Corrado
d’Acquaviva,Conte
di
S.
Valentino,
per
pagare
il
soldo
delle
milizie.
Nel
1469,
Berardo
di
Lalle
di
Bachucco
paga
l’adoa
annuale
per
i
suoi
possedimenti
feudali.
Nel
1474,
l’Universitas
(Comune)
di
Bacucco
ottiene
di
avere
un
proprio
Capitano
e la
conferma
delle
rendite
sul
mulino
costruito
sul
fiume
Fino.
Nel
1481,
il
Re
di
Napoli,
Ferrante
I di
Aragona,
dona
Bacucco
all'Universitas
(Comune)
di
Penne,confermando
la
donazione
fatta
in
precedenza
dal
figlio
Alfonso
di
Calabria,
come
ricompensa
a
Penne
per
i
danni
subiti
nella
guerra
contro
i
Francesi
della
Casa
di
Valois,
in
cui
era
stato
fedele
gli
Aragona.
Il
18
aprile
1487,
il
Re
Ferrante
I
dona
Bacucco
a
Organtino
Orsini,
nominato
Conte
di
S.
Valentino.Il
19
settembre
1496,
Bacucco
è
donata
a
L’Aquila.
Nel
1507,
Bacucco
è in
possesso
di
Cola
Gentile
Orsini
insieme
con
i
fratelli
Virginio,Organtino,Giulio
e
Paolo.
Nel
1550,
Bacucco
è in
possesso
di
Margherita
d’Austria.
Il
23
luglio
1575,
il
domenicano
S.
Razzi
arriva
ad
Abbacucche
da
Penne.
Il
12
agosto
1599,
l’Universitas
di
Bacucco
è
esentata
dal
pagamento
dei
dazi
e
delle
gabelle
imposti
a
Teramo.
Nel
XVII
secolo,
Bacucco
fa
parte
del
Feudo
Farnesiano
(con
capoluogo
Campli),
che
appartiene
al
Regno
delle
Due
Sicilie.
Nel
1623,
Odoardo
di
Ranuccio
Farnese
subentra
al
padre
nel
possesso
di
Bacucco.Nel
1683,
Bacucco
è
saccheggiata
dai
briganti.
Nel
1806,
Bacucco
è
aggregata
al
Comune
di
Bisenti,
insieme
ad
Appignano.
Successivamente,
diventa
un
Comune
autonomo
con
il
Regio
Decreto
11.1.1830.
Dopo
l'unione
al
Regno
d'Italia,
continua
la
protesta
filoborbonica
della
popolazione
locale
(come
anche
di
altre
regioni
del
Sud),
tanto
che
il
Governatore
di
Teramo
è
costretto
a
chiedere
l'intervento
delle
truppe.
Fino
alla
costituzione
della
Provincia
di
Pescara
(nel
1927),
Arsita
fa
parte
del
Circondario
di
Penne
e
della
Provincia
di
Teramo
(che
è il
Capoluogo
dell'Abruzzo
Ulteriore
Secondo).
Nel
dopoguerra,
in
seguito
al
fenomeno
dell'immigrazione
(sia
verso
l'estero,
che
verso
la
costa
pescarese),
Arsita
ha
subito,
come
gli
altri
paesi
della
Valle
del
Fino,
un
notevole
spopolamento,
tanto
che
la
popolazione
si è
ridotta
alla
metà.
Molto
importante
per
l’economia
locale
è
stato
l’inserimento
di
parte
del
territorio
comunale
nel
Parco
Nazionale
del
Gran
Sasso
e
dei
Monti
della
Laga.
Nella
zona
di
Bacucco,
che
si
trova
a
ridosso
nella
montagna
del
Gran
Sasso,
con
fitti
boschi,
operano
nel
XVII
secolo
alcune
bande
di
briganti,
che
nel
1683,
saccheggiano
il
paese.
Alla
fine
del
Settecento,
la
popolazione
di
molti
Comuni,compreso
Bacucco,
si
ribella
all’occupazione
francese
(1799-1814),
dando
origine
al
fenomeno
del
brigantaggio
filo
borbonico.
Nella
zona
si
costituisce
una
banda
di
briganti,
che
si
nasconde
nei
boschi
della
montagna
sopra
Farindola
e
spesso
saccheggia
i
paesi
vicini
(Bacucco,
Bisenti,Castel
Castagna,
Castelli,Castiglione
Messer
Raimondo).
La
repressione
del
brigantaggio
da
parte
delle
autorità
militari
francesi
è
durissima.
I
briganti
catturati
sono
condannati
a
morte
ed
impiccati
pubblicamente,
lasciando
i
loro
cadaveri
esposti
per
alcuni
giorni.
Al
riguardo,
l'8
marzo
1807,
la
Commissione
Militare
condanna
a
morte
il
brigante
Donato
D'Agostino,
originario
di
Bacucco.
La
condanna
è
eseguita
il
giorno
seguente
ed
il
cadavere
è
lasciato
appeso
all'albero
per
tre
giorni,
come
monito
per
la
popolazione,
che
simpatizzava
con
i
briganti.
Alla
fine
di
maggio
1807,
i
briganti
entrano
a
Bacucco,
saccheggiando
il
paese
e
costringendo
parecchi
giovani
ad
aggregarsi
alla
loro
banda
.
Nel
luglio
1807,
il
capobrigante
Antonio
Priore
uccide
l’arciprete
di
Bacucco,
Vieti.
Il
Castello
di
Bacucco,
nella
parte
più
alta
del
paese,
di
cui
rimangono
pochi
resti
delle
mura
con
torri
ad
U,
realizzate
nel
XII-XIII
secolo,
ed
una
torre
angolare,
di
forma,
circolare,
nel
settore
Nord..
Il
complesso
fortificato,
probabilmente
nel
Settecento,
è
stato
trasformato
in
residenza
nobiliare
(Palazzo
De
Victoris).
Palazzo
De
Victoris,
realizzato
nel
Settecento
sui
resti
del
Castello.
Presenta
al
pianterreno
due
grandi
arcate.
Di
proprietà
privata,
è
attualmente
inagibile
in
seguito
al
terremoto
del
6.4.2009.
Chiesa
Parrocchiale
di
S.
Vittoria,
nel
centro
storico
del
paese,
costruita
nel
XVI
secolo,
di
cui
rimane
il
bel
portale
in
pietra.
La
facciata
è
stata
rifatta
(ma
è
rimasta
incompiuta)
nel
XVIII
secolo.
L’interno
ha
una
sola
navata,
con
edicole
laterali
che
contengono
statue
lignee
del
Settecento,
di
scuola
napoletana,
tra
le
quali
quella
di
una
Madonna
con
il
Bambino
ed
Angeli,
dipinta
e
dorata,
nell’ultimo
altare
di
sinistra,
di
un
Bambinello,
di
Cristo
e
del
patrono
S.
Nicola
di
Bari
.
C’è
anche
un
quadro
ovale,
settecentesco,
che
rappresenta
S.
Vittoria
sovrastata
dalla
Madonna
delle
Grazie
ed
un
atro
che
rappresenta
la
Madonna
delle
Anime
Purganti.
Ci
sono
anche
alcuni
busti
reliquario
in
legno,
di
fattura
napoletana
e
alcune
argenterie
settecentesche,
tra
le
quali
un
ostensorio
del
1795,
con
pietre
preziose.
Chiesa
di
S.
Maria
di
Aragona,
ad
un
paio
di
KM
dall’abitato,
sulla
strada
che
porta
a
Farindola
ed a
Penne,
da
cui
si
gode
un
bellissimo
panorama
su
Arsita.
E’
stata
costruita
nel
XV
secolo,
con
mura
in
pietre
e
laterizi
legati
con
poca
malta.
Sulla
facciata,
preceduta
da
un
portico
del
XVII
secolo,
si
aprono
due
piccole
finestre,
ai
lati
dell’ingresso.
L’interno,
a
navata
unica,
ha
la
copertura
a
capriate,
con
mattoni
decorati
con
un
rombo
rosso.
L’arco
Trionfale
è
gotico.
Sul
pavimento,
una
lastra
di
pietra
con
una
croce,
indica
l’antico
cimitero
con
l’ossario.
Sulla
parete
di
destra,
ci
sono
tracce
di
un
affresco,
probabilmente
del
XV
secolo,
che
raffigura
una
figura
femminile
velata
(una
Madonna),
leggermente
china,
che
ha
una
mano
sul
ventre
e
l’altra
sul
seno.
Nella
Chiesa
vi
era
una
terracotta
policroma
abruzzese,
realizzata
nel
1531,
che
raffigura
la
Madonna
in
trono
con
Bambino
in
grembo,
con
le
mani
snodate
mentre
il
bambino
è
mobile.
E’
attribuita,
per
queste
sue
caratteristiche,
alla
tipologia
delle
Madonne
di
Silvestro
de
L’Aquila
ed
in
particolare
alla
corrente
artistica
detta
di
Nocella.
E’
stata
restaurata
tra
il
1876
ed
il
1909
e
poi
di
nuovo
nel
1931
ed
attualmente
è
conservata
nella
Parrocchiale
di
S.
Vittoria.
Fuori
del
paese,nella
Contrada
S.
Sebastiano,
si
trovano
i
resti
della
Chiesa
della
SS.
Trinità,
del
XVIII
secolo,
che
ha
il
portale
con
ante
a
formelle
di
legno,
che
rappresentano
angeli,
mostri
marini
e
simboli
astrologici.
Ad
Arsita
e
nei
dintorni
ci
sono
altri
luoghi
di
interesse
naturalistico
e
storico,
che
meritano
di
essere
visitati.
Le
Sorgenti
del
Fino,
che
nasce
dalla
Grotta
di
S.
Leonardo
e
che
diventa
Salino
o
Saline
dopo
la
confluenza
con
il
fiume
Tavo;
Le
Gole
dell’Inferno
Spaccato;
il
Museo
del
Lupo,
realizzato
nel
Centro
Visite
del
Parco
del
Gran
Sasso
e
dei
Monti
della
Laga,
ubicato
nel
centro
storico
di
Arsita;
il
Mulino
ad
acqua
Di
Francesco,
recentemente
restaurato
con
il
contributo
del
Parco,
lungo
il
Sentiero
dei
mulini;
la
sorgente
di
acqua
medicamentosa,che
secondo
lo
storico
Giustiniani
dell’Ottocento,
guariva
la
rogna
ed
il
mal
di
fegato.
Purtroppo,
la
sorgente
non
è
perenne.