N. 111 - Marzo 2017
(CXLII)
L’Armata Invitta
Oltre tre anni di vittorie senza mai subire
sconfitta - Parte II
di Andrea Checcucci
Sotto il profilo strategico-tattico,
analizzando
il
comportamento
di
tutti
gli
schieramenti
nei
vari
campi
di
battaglia,
si
capisce
che
la
dottrina
comune,
a
tutti
gli
eserciti
schierati,
era
di
stampo offensivistico
con
la
naturale
implementazione
di
veloci
avanzate
in
territorio
nemico.
All’inizio
delle
ostilità
si
credeva
che
il
conflitto
si
sarebbe
esaurito
in
breve.
Tale
convinzione
tramontò
dopo
le
prime
battaglie
campali,
in
quanto
gli
schieramenti
si
attestarono
su
linee
ininterrotte
di
trincee,
scongiurando
così
le
più
rosee
pianificazioni
iniziali,
sfociando
in
una
sanguinosa
guerra
di
posizione.
In
questa
guerra,
l’utilizzo
della
mitragliatrice
dimostrò
sin
dall’inizio
la
sua
estrema
efficacia
come
arma
di
interdizione
all’avanzata
della
fanteria
nemica.
Le
divisioni
italiane
avevano
all’inizio
del
conflitto
un
potenziale
di
dodici
mitragliatrici
ciascuna.
Con
l’impiego
di
simili
armi,
si
arrivò
nel
giro
di
poco
a
creare
una
situazione
di
stallo,
privilegiando
così
un
approccio
difensivistico
confinato
all’interno
delle
trincee.
Lo
Stato
Maggiore
italiano,
pur
entrando
nel
conflitto
dieci
mesi
dopo
l’inizio
delle
ostilità,
non
mise
in
pratica
le
lezioni
apprese
scaturite
dalla
condotta
delle
altre
nazioni
alleate,
non
implementando,
in
pratica,
i
giusti
accorgimenti
strategico-tattici
utili
a
contrastare
la
guerra
di
posizione
venutasi
a
creare.
La
vecchia
dottrina
non
fu
modificata,
i
suoi
concetti
furono
ribaditi,
vedendo
nell’offensiva
la
risoluzione
migliore
per
la
vittoria,
tralasciando
però
le
considerazioni
delle
innumerevoli
trasformazioni
dovute
alle
moderne
armi.
Da
tutto
ciò
nacque
l’inconveniente
tattico
caratterizzante
la
Prima
Guerra
Mondiale:
il
superamento
di
un
sistema
fortificato
e lo
sfruttamento
della
successiva
rottura
per
il
ritorno
alla
guerra
di
movimento.
Si
cercò
di
risolvere
questo
inconveniente
con
i
classici
metodi:
aumento
degli
assalti,
aumento
del
numero
degli
schieramenti,
aumento
dell’utilizzo
dell’artiglieria
con
nuovi
pezzi
(le
bombarde)
al
fine
di
aprirsi
più
varchi
possibili
nella
parte
del
campo
di
battaglia
occupata
dal
nemico.
Il
grande
svantaggio
dell’utilizzo
prolungato
dell’artiglieria
era
dato
dalla
mancanza
di
sorpresa
tattica
e di
distruzione
della
globalità
dei
nidi
di
mitragliatrici,
utilizzati
contro
la
fanteria,
pronta
a
portarsi
immediatamente
nelle
trincee
nemiche
al
termine
del
bombardamento.
Durante
l’assalto
le
bocche
da
fuoco,
quasi
tutte
a
traino
animale,
non
potendosi
spostare
agevolmente
per
la
devastazione
del
terreno,
non
erano
in
grado
di
accompagnare
l’azione
della
fanteria,
con
l’indispensabile
supporto
di
fuoco.
Nelle
operazioni
dell’estate
1917
l’Esercito
Italiano
subì
la
maggior
parte
delle
perdite
globali.
I
Comandanti
dimostrarono
la
loro
incapacità
professionale
continuando
a
cozzare
contro
i
sistemi
fortificati,
ricorrendo
continuamente
ad
attacchi
frontali
preceduti
da
immancabili
bombardamenti
di
artiglieria.
Una
soluzione
efficace,
fu
trovata
dall’Italia
nel
1917.
Nel
campo
di
addestramento
di
Sdricca
di
Manzano
nacque
il
Primo
Reparto
di
Assalto,
gli
Arditi,
ad
opera
del
Tenente
Colonnello
Giuseppe
Bassi.
Tali
nuclei
furono
composti
da
formazioni
autonome
ben
distinte
dai
reparti
di
fanteria.
Nel
campo
di
Manzano
venne
loro
impartito
un
addestramento
tattico
particolarmente
complesso
fatto
di
realistiche
esercitazioni
a
fuoco,
precedute
da
condizionamento
fisico,
esrcizi
corpo
a
corpo,
uso
di
armi
e
bombe
a
mano
con
un
consumo
di
munizioni
e
una
profusione
di
mezzi,
non
consoni
all’
addestramento
basico
della
fanteria,
che
arrivava
in
linea
dopo
aver
sparato
pochi
colpi
di
fucile.
I
comandanti
dei
reparti
e i
sottufficiali
venivano
selezionati
con
particolare
cura,
tenendo
conto
dei
loro
pregressi
maturati
nei
precedenti
combattimenti.
L’armamento
consisteva
in
moschetti
da
cavalleria
modello
91,
petardi Thévenot,
pugnali,
pistole
mitragliatrici,
mitragliatrici
Fiat
M.
914,
cannoni
da
65/17
e
lanciafiamme.
Gli
Arditi
entrarono
per
la
prima
volta
in
azione
nella
notte
tra
il
18 e
il
19
agosto
nella
battaglia
della
Bainsizza
quando,
superato
l’Isonzo,
conquistarono
d’impeto
il
Monte
Fratta
con
una
perfetta
applicazione
della
nuova
tattica,
basata
sulla
sorpresa,
dovuta
anche
alla
mancanza
del
bombardamento
preliminare,
la
velocità
del
movimento,
lo
straordinario
coraggio
e
risolutezza.
In
onore
delle
gesta
della
Terza
Armata,
nei
luoghi
dove
la
Grande
Unità
saggio
delle
proprie
qualità,
è
stato
creato
il
Sacrario
di
Re
di
Puglia.
La
struttura
sorge
sul
versante
occidentale
del
Monte
Sei
Busi
che
durante
la prima
guerra
mondiale
fu
aspramente
conteso
perché,
pur
se
poco
elevato,
consentiva
di
dominare
visivamente
a
quasi
trecentosessanta
gradi
l’accesso
da
ovest
alle
zone
carsiche.
A
ricordo
di
tutti
i
combattenti
e
caduti
è
stata
destinata
un’ampia
superfice
di
terreno,
nella
quale
trovano
giusta
collocazione
i
resti
dei
caduti
in
guerra,
numerose
opere
commemorative
ed
espositive
di
trinceramenti,
armi,
mezzi
e
materiali
utilizzati.
Il
Sacrario
di
Redipuglia
è il
più
grande
di
quelli
dedicati
ai
vari
campi
di
battaglia
sul
territorio
italiano.
L’opera
è
stata
realizzato
nel
1938
su
progetto
dell’architetto
Giovanni
Greppi
e
dello
Scultore
Giannino
Castiglioni
per
dare
giusta
sepoltura
alle
salme
dei
caduti,
inizialmente
tumulate
nel
vecchio
Cimitero
degli
Invitti
del
Colle
S.
Elia.
A
ricordo
degli
aspri
combattimenti,
nel
piazzale
del
Sacrario,
sono
state
poste
trentotto
lapidi
in
bronzo,
su
cui
sono
state
riportate
in
rilievo
le
località
dei
combattimenti
avvenuti
sul
Carso.
Al
centro
dello
stesso
si
erge la
grande
tomba
del
Duca
d’Aosta,
Comandante
della
III
Armata,
la
cui
salma
è
stata
collocata
nella
cripta
chiusa
da
una
cancellata
metallica
al
momento
della
sua
morte
avvenuta
nel
1931.
Alle
spalle
del
piazzale
è
presente
la
trincea
blindata.
Fu
costruita
e,
come
si
legge
sulla
lapide,
presidiata
dai
gloriosi
Fanti
della
Brigata
‘Siena’
(31°
e
32°
Reggimento
Fanteria)
e
successivamente
dalla
Brigata
‘Savona’
(15°
e
16°
Reggimento
Fanteria)
e
dalla
Brigata
‘Cagliari’
(63°
e
64°
Reggimento
Fanteria)
durante
le
azioni
del
giugno-luglio
1915
(1^
e 2^
battaglia
dell’Isonzo).
Il
corpo
più
imponente
del
Sacrario
è
costituito
da
una
monumentale
scalea
composta
da
22
gradoni,
contenenti
le
salme
dei
40.000
caduti
noti
disposte
in
ordine
alfabetico
in
loculi
rivestiti
da
lastre
di
bronzo.
Ogni
gradone
è
individuato
dalla
scritta
in
rilievo Presente.
Alla
sommità
sono
stati
realizzati
due
grandi
tombe
comuni
per
le
60.000
salme
dei
Militi
ignoti.
È
anche
presente
la
Cappella
Votiva
dove
sono
state
collocate
due
campane,
oltre
a
tre
grandi
Croci
che
svettano
sulla
sommità
del
complesso
monumentale.
Alle
spalle
del
ventiduesimo
gradone,
disposte
simmetricamente,
si
trovano
due
sale
museo,
una
dedicata
alle
Medaglie
d’Oro,
al
cui
interno
sono
custodite
opere
e
ricordi
dedicati
ai
decorati
Medaglia
d’Oro;
l’altra
sala
è
stata
adibita
a
custodire
ricordi
personali
dei.
A
monte
del
Sacrario
è
presente
un
Osservatorio
in
pietra
a
forma
di
torrione
circolare.
Originariamente
il
Colle
S.
Elia
ospitava
il
vecchio
Cimitero
degli
Invitti
che
costituì
il
primo
Sacrario
Militare
di
Redipuglia.
Le
tombe
dei
caduti,
disposte
a
gironi
concentrici,
erano
alternate
a
cimeli
di
guerra
che
andavano
a
identificare
le
specialità
e i
reparti
che
vi
combatterono.
Il
nuovo
Sacrario,
su
progetto
dell’Architetto
Greppi
e
dello
scultore
Castiglioni,
trasformò
il
Colle
S.
Elia
in
un
grande
Parco
delle
Rimembranze,
ricco
di
opere
commemorative,
oltre
che
di
piccole
e
grandi
fortificazioni
facenti
parte
delle
originarie
fortificazioni
e
trincee,
dove
la
Terza
Armata
dimostrò
tutto
il
suo
valore.
La
funzione
di
Redipuglia
come
monumento
nazionale
è
cambiata
radicalmente
nel
corso
degli
anni,
dalle
origini
negli
anni
Trenta,
ad
oggi.
Il
significato
del
sacrario
può
essere
letto
a
seconda
di
due
interpretazioni:
da
un
lato
c’è
chi
lo
interpreta
alla
luce
del
ruolo
celebrativo,
oltreché
commemorativo,
come
fu
voluto
sotto
il
fascismo;
da
un
altro
lato
c’è
chi
lo
intende
in
base
alla
parte
che
esso
riveste
attualmente
nell’Italia
contemporanea.
Essenzialmente,
il
sacrario
è
un’opera
d’arte
di
importanza
internazionale,
all’avanguardia
dell’architettura
moderna.
Esso
ricorda
un
evento
fondamentale
nella
storia
d’Italia
che
ha
contribuito
a
formare
le
moderne
basi
della
nostra
identità.
Tuttavia,
ciò
che
è
forse
più
importante
è
che
il
sacrario
è
un’esortazione
a
non
dimenticare
migliaia
di
italiani
che
persero
la
vita
durante
la
Grande
Guerra.
E
soprattutto
è un
modo
per
celebrare
in
modo
solenne
l’Invitta
Terza
Armata
del
Duca
d’Aosta.