.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


.

contemporanea


N. 111 - Marzo 2017 (CXLII)

L’Armata Invitta
Oltre tre anni di vittorie senza mai subire sconfitta - Parte II

di Andrea Checcucci

 

Sotto il profilo strategico-tattico, analizzando il comportamento di tutti gli schieramenti nei vari campi di battaglia, si capisce che la dottrina comune, a tutti gli eserciti schierati, era di stampo offensivistico con la naturale implementazione di veloci avanzate in territorio nemico.

 

All’inizio delle ostilità si credeva che il conflitto si sarebbe esaurito in breve. Tale convinzione tramontò dopo le prime battaglie campali, in quanto gli schieramenti si attestarono su linee ininterrotte di trincee, scongiurando così le più rosee pianificazioni iniziali, sfociando in una sanguinosa guerra di posizione. In questa guerra, l’utilizzo della mitragliatrice dimostrò sin dall’inizio la sua estrema efficacia come arma di interdizione all’avanzata della fanteria nemica.

 

Le divisioni italiane avevano all’inizio del conflitto un potenziale di dodici mitragliatrici ciascuna. Con l’impiego di simili armi, si arrivò nel giro di poco a creare una situazione di stallo, privilegiando così un approccio difensivistico confinato all’interno delle trincee.

 

Lo Stato Maggiore italiano, pur entrando nel conflitto dieci mesi dopo l’inizio delle ostilità, non mise in pratica le lezioni apprese scaturite dalla condotta delle altre nazioni alleate, non implementando, in pratica, i giusti accorgimenti strategico-tattici utili a contrastare la guerra di posizione venutasi a creare.

 

La vecchia dottrina non fu modificata, i suoi concetti furono ribaditi, vedendo nell’offensiva la risoluzione migliore per la vittoria, tralasciando però le considerazioni delle innumerevoli trasformazioni dovute alle moderne armi.

 

Da tutto ciò nacque l’inconveniente tattico caratterizzante la Prima Guerra Mondiale: il superamento di un sistema fortificato e lo sfruttamento della successiva rottura per il ritorno alla guerra di movimento. Si cercò di risolvere questo inconveniente con i classici metodi: aumento degli assalti, aumento del numero degli schieramenti, aumento dell’utilizzo dell’artiglieria con nuovi pezzi (le bombarde) al fine di aprirsi più varchi possibili nella parte del campo di battaglia occupata dal nemico.

 

Il grande svantaggio dell’utilizzo prolungato dell’artiglieria era dato dalla mancanza di sorpresa tattica e di distruzione della globalità dei nidi di mitragliatrici, utilizzati contro la fanteria, pronta a portarsi immediatamente nelle trincee nemiche al termine del bombardamento. Durante l’assalto le bocche da fuoco, quasi tutte a traino animale, non potendosi spostare agevolmente per la devastazione del terreno, non erano in grado di accompagnare l’azione della fanteria, con l’indispensabile supporto di fuoco.

 

Nelle operazioni dell’estate 1917 l’Esercito Italiano subì la maggior parte delle perdite globali.

I Comandanti dimostrarono la loro incapacità professionale continuando a cozzare contro i sistemi fortificati, ricorrendo continuamente ad attacchi frontali preceduti da immancabili bombardamenti di artiglieria.

 

Una soluzione efficace, fu trovata dall’Italia nel 1917. Nel campo di addestramento di Sdricca di Manzano nacque il Primo Reparto di Assalto, gli Arditi, ad opera del Tenente Colonnello Giuseppe Bassi. Tali nuclei furono composti da formazioni autonome ben distinte dai reparti di fanteria. Nel campo di Manzano venne loro impartito un addestramento tattico particolarmente complesso fatto di realistiche esercitazioni a fuoco, precedute da condizionamento fisico, esrcizi corpo a corpo, uso di armi e bombe a mano con un consumo di munizioni e una profusione di mezzi, non consoni all’ addestramento basico della fanteria, che arrivava in linea dopo aver sparato pochi colpi di fucile. I comandanti dei reparti e i sottufficiali venivano selezionati con particolare cura, tenendo conto dei loro pregressi maturati nei precedenti combattimenti. L’armamento consisteva in moschetti da cavalleria modello 91, petardi Thévenot, pugnali, pistole mitragliatrici, mitragliatrici Fiat M. 914, cannoni da 65/17 e lanciafiamme.

 

Gli Arditi entrarono per la prima volta in azione nella notte tra il 18 e il 19 agosto nella battaglia della Bainsizza quando, superato l’Isonzo, conquistarono d’impeto il Monte Fratta con una perfetta applicazione della nuova tattica, basata sulla sorpresa, dovuta anche alla mancanza del bombardamento preliminare, la velocità del movimento, lo straordinario coraggio e risolutezza.

 

In onore delle gesta della Terza Armata, nei luoghi dove la Grande Unità saggio delle proprie qualità, è stato creato il Sacrario di Re di Puglia. La struttura sorge sul versante occidentale del Monte Sei Busi che durante la prima guerra mondiale fu aspramente conteso perché, pur se poco elevato, consentiva di dominare visivamente a quasi trecentosessanta gradi l’accesso da ovest alle zone carsiche. A ricordo di tutti i combattenti e caduti è stata destinata un’ampia superfice di terreno, nella quale trovano giusta collocazione i resti dei caduti in guerra, numerose opere commemorative ed espositive di trinceramenti, armi, mezzi e materiali utilizzati. Il Sacrario di Redipuglia è il più grande di quelli dedicati ai vari campi di battaglia sul territorio italiano.

 

L’opera è stata realizzato nel 1938 su progetto dell’architetto Giovanni Greppi e dello Scultore Giannino Castiglioni per dare giusta sepoltura alle salme dei caduti, inizialmente tumulate nel vecchio Cimitero degli Invitti del Colle S. Elia.

 

A ricordo degli aspri combattimenti, nel piazzale del Sacrario, sono state poste trentotto lapidi in bronzo, su cui sono state riportate in rilievo le località dei combattimenti avvenuti sul Carso. Al centro dello stesso si erge la grande tomba del Duca d’Aosta, Comandante della III Armata, la cui salma è stata collocata nella cripta chiusa da una cancellata metallica al momento della sua morte avvenuta nel 1931.

 

Alle spalle del piazzale è presente la trincea blindata. Fu costruita e, come si legge sulla lapide, presidiata dai gloriosi Fanti della Brigata ‘Siena’ (31° e 32° Reggimento Fanteria) e successivamente dalla Brigata ‘Savona’ (15° e 16° Reggimento Fanteria) e dalla Brigata ‘Cagliari’ (63° e 64° Reggimento Fanteria) durante le azioni del giugno-luglio 1915 (1^ e 2^ battaglia dell’Isonzo).

 

Il corpo più imponente del Sacrario è costituito da una monumentale scalea composta da 22 gradoni, contenenti le salme dei 40.000 caduti noti disposte in ordine alfabetico in loculi rivestiti da lastre di bronzo. Ogni gradone è individuato dalla scritta in rilievo Presente. Alla sommità sono stati realizzati due grandi tombe comuni per le 60.000 salme dei Militi ignoti. È anche presente la Cappella Votiva dove sono state collocate due campane, oltre a tre grandi Croci che svettano sulla sommità del complesso monumentale.

 

Alle spalle del ventiduesimo gradone, disposte simmetricamente, si trovano due sale museo, una dedicata alle Medaglie d’Oro, al cui interno sono custodite opere e ricordi dedicati ai decorati Medaglia d’Oro; l’altra sala è stata adibita a custodire ricordi personali dei. A monte del Sacrario è presente un Osservatorio in pietra a forma di torrione circolare.

Originariamente il Colle S. Elia ospitava il vecchio Cimitero degli Invitti che costituì il primo Sacrario Militare di Redipuglia. Le tombe dei caduti, disposte a gironi concentrici, erano alternate a cimeli di guerra che andavano a identificare le specialità e i reparti che vi combatterono.

 

Il nuovo Sacrario, su progetto dell’Architetto Greppi e dello scultore Castiglioni, trasformò il Colle S. Elia in un grande Parco delle Rimembranze, ricco di opere commemorative, oltre che di piccole e grandi fortificazioni facenti parte delle originarie fortificazioni e trincee, dove la Terza Armata dimostrò tutto il suo valore.

 

La funzione di Redipuglia come monumento nazionale è cambiata radicalmente nel corso degli anni, dalle origini negli anni Trenta, ad oggi. Il significato del sacrario può essere letto a seconda di due interpretazioni: da un lato c’è chi lo interpreta alla luce del ruolo celebrativo, oltreché commemorativo, come fu voluto sotto il fascismo; da un altro lato c’è chi lo intende in base alla parte che esso riveste attualmente nell’Italia contemporanea. Essenzialmente, il sacrario è un’opera d’arte di importanza internazionale, all’avanguardia dell’architettura moderna. Esso ricorda un evento fondamentale nella storia d’Italia che ha contribuito a formare le moderne basi della nostra identità. Tuttavia, ciò che è forse più importante è che il sacrario è un’esortazione a non dimenticare migliaia di italiani che persero la vita durante la Grande Guerra. E soprattutto è un modo per celebrare in modo solenne l’Invitta Terza Armata del Duca d’Aosta.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.