N. 106 - Ottobre 2016
(CXXXVII)
Archita
UNO
STRATEGÓS
ILLUMINATO
-
PARTE
II
di
Antonio
Caso
La
Meccanica
La
grande
conoscenza
delle
discipline
fisico-matematiche
portò
Archita
a
occuparsi
anche
di
meccanica,
inventando
un
prototipo
di
uccello
meccanico,
la
“colomba
di
Archita”.
Di
legno
e
cava
al
suo
interno,
la
“colomba
di
Archita”
veniva
riempita
d’aria
compressa
e,
mettendo
in
azione
una
valvola
che
apriva
e
chiudeva
l’apparecchio,
sfruttava
la
fuoriuscita
dell’aria
per
l’ascensione
ed
era
regolabile
attraverso
un
sistema
di
contrappesi.
Questa
invenzione
viene
spesso
citata
come
il
primo
robot
e il
primo
drone
della
storia:
“uno
dei
primi
dispositivi
ad
impiegare
con
successo
i
principi
essenziali
di
volo
del
razzo”
secondo
le
recenti
ricerche
della
NASA
proprio
sulle
apparecchiature
dello
strategós.
Un’altra
sua
celebre
invenzione
fu
la
cosiddetta
“raganella”,
una
ruota
dentata
fissata
ad
un
bastoncino
con
una
molla
posta
tra
i
vari
denti.
L’astronomia
È
noto
che
lo
strategós
tarantino
si
occupò
anche
dello
studio
dell’universo.
In
modo
particolare,
egli
discute
il
problema
delle
dimensioni
del
cosmo
arrivando
alla
conclusione
che
esso
è
infinito.
Il
passo
è
riportato
da
Eudemo
nel
suo
commento
alla
Fisica
di
Aristotele:
«Se
mi
trovassi
all’ultimo
cielo,
cioè
a
quello
delle
stelle
fisse,
potrei
stendere
la
mano
o la
bacchetta
al
di
là
di
quello,
o
no?
Ch’io
non
possa,
è
assurdo;
ma
se
la
stendo,
allora
esisterà
un
di
fuori,
sia
corpo
sia
spazio
(non
fa
differenza,
come
vedremo).
Sempre
dunque
si
procederà
allo
stesso
modo
verso
il
termine
di
volta
in
volta
raggiunto,
ripetendo
la
stessa
domanda;
e se
sempre
vi
sarà
altro
a
cui
possa
tendersi
la
bacchetta,
è
chiaro
che
anche
sarà
interminato».
Apuleio
di
Madaura,
inoltre,
nell’Apologia,
fa
cenno
ad
una
teoria
ottica
di
Archita;
secondo
questa
teoria,
le
immagini
formate
su
di
uno
specchio
sono
il
riflesso
di
alcuni
raggi
partiti
dagli
stessi
occhi
umani.
Questa
teoria
fu
poi
completata
da
Platone
secondo
cui,
oltre
a
questi
raggi,
erano
necessari
anche
raggi
luminosi
esterni.
La
musica
Per
quanto
riguarda
le
teorie
musicali
sviluppate
dalla
scuola
pitagorica,
tre
sono
le
riflessioni
fondamentali
di
Archita.
La
prima
è la
teoria
per
cui
prendendo
una
bacchetta
e
facendola
oscillare,
quanto
più
questa
lo
farà
velocemente,
tanto
più
il
suono
prodotto
sarà
di
tono
alto
poiché
maggiore
sarà
la
sua
velocità
di
propagazione.
Seppur
non
corretta
dal
punto
di
vista
fisico,
essa
è
comunque
il
primo
tentativo
di
attribuire
parametri
quantitativi
al
fenomeno
della
propagazione
del
suono.
La
seconda
riflessione
è,
invece,
puramente
matematica.
Nella
costruzione
della
scala
pitagorica,
uno
dei
problemi
era
che
gli
intervalli
non
erano
divisi
in
due
sottointervalli
uguali,
ma
in
maniera
progressiva
secondo
delle
particolari
proporzioni;
Archita,
mediante
appositi
calcoli
matematici,
riuscì
a
dimostrare
che
tale
condizione
(la
divisione
in
due
parti
uguali)
era
impossibile
per
gli
intervalli
fondamentali
della
scala
pitagorica
(2:1,
3:2,
4:3,
9:8),
poiché
nessuno
di
questi
ammette
un
medio
proporzionale
tra
numeri
interi.
Poiché,
per
ipotesi,
ogni
intervallo
musicale
corrisponde
ad
un
rapporto
tra
due
numeri
interi,
nessuno
di
essi
può
essere
diviso
in
due
parti
uguali.
Il
tarantino,
e
questa
è la
sua
terza
riflessione,
descrisse
anche
la
costruzione
delle
scale
musicali
nei
tre
generi:
diatonico,
cromatico
ed
enarmonico.
Si
differenziò,
qui,
dalla
scuola
pitagorica,
introducendo
un
tetracordo
diacronico
costituito
dai
rapporti
9:8,
8:7
e
28:27
(quello
pitagorico
prevede,
invece
rapporti
9:8,
9:8,
256:243).
Secondo
la
moderna
interpretazione
fu
la
volontà
di
descrivere
matematicamente
le
scale
musicali
usate
nella
pratica
per
accordare
gli
strumenti
a
spingere
Archita
a
proporre
questo
nuovo
tipo
di
scala,
passato
alla
storia
proprio
col
suo
nome.
L'amicizia
con
Platone
Archita
conobbe
Platone
nel
corso
del
suo
primo
viaggio
verso
Siracusa,
quando
il
filosofo
si
trattenne
nella
città
di
Taranto,
all’incirca
nel
388
a.C.
Come
raccontato
dallo
stesso
Platone
più
di
vent’anni
dopo,
fu
proprio
lo
strategós
tarentino
a
convincere
l’amico
Dionisio
il
Giovane
a
liberare
il
filosofo:
«Sembra
che
Archita
si
sia
recato
presso
Dionisio;
perché
io,
prima
di
ripartire
avevo
unito
Archita
e i
Tarantini
in
rapporti
di
ospitalità
e di
amicizia
con
Dionisio...
E
così
con
un
terzo
invito
Dionisio
mi
mandò
una
trireme
per
agevolarmi
il
viaggio,
e
insieme
mandò
un
amico
di
Archita,
Archedemo,
che
egli
riteneva
fosse
il
più
apprezzato
da
me
tra
quei
di
Sicilia,
e
altri
Siciliani
a me
noti
[…]
Altre
lettere
poi
mi
giungevano
da
parte
di
Archita
e
dei
Tarantini,
che
facevano
grandi
elogi
dello
zelo
filosofico
di
Dionisio,
e
anche
avvertivano
che,
se
non
fossi
andato
subito,
avrei
causato
la
completa
rottura
di
quell'amicizia
che
io
avevo
creato
tra
loro
e
Dionisio,
e
che
era
di
grande
importanza
politica
[...]
Mi
metto
dunque
in
viaggio
[…]
con
molto
timore
e
con
previsioni
nient'affatto
liete
[…]
Vennero
allora
molti
a
trovarmi;
e
tra
gli
altri,
alcuni
sottufficiali
addetti
alle
galere,
che
erano
Ateniesi,
miei
concittadini;
essi
mi
riferivano
che
calunnie
circolavano
su
di
me
fra
i
peltasti,
e
che
alcuni
minacciavano,
se
riuscivano
a
cogliermi,
di
sopprimermi.
Escogito
allora
qualche
mezzo
di
salvezza:
mando
ad
avvertire Archita
e
gli
altri
amici
di
Taranto
in
che
condizione
mi
trovo.
E
quelli,
colto
un
pretesto
per
un'ambasceria,
mandano
uno
dei
loro,
Lamisco,
con
una
nave
e
trenta
rematori.
Costui,
appena
giunto,
intercede
per
me
presso
Dionisio,
dicendogli
che
io
volevo
partire
e
nient'altro
che
partire;
Dionisio
accondiscese
e mi
lasciò
andare,
dandomi
i
mezzi
per
il
viaggio».
Il
pensiero
filosofico
Malgrado
a
livello
cronologico
non
sia
così,
Archita
viene
considerato
un
presocratico
poiché
aderente
al
pensiero
di
Pitagora
e
della
sua
scuola.
Le
sue
idee
politiche
e
filosofiche
si
basavano,
infatti,
sulla
matematica,
come
ben
si
evince
da
un
frammento:
«Quando
un
ragionamento
matematico
è
stato
trovato,
controlla
le
fazioni
politiche
e
aumenta
concordia,
quando
c'è
manca
l'ingiustizia,
e
regna
l'uguaglianza.
Con
ragionamento
matematico
noi
lasciamo
da
parte
le
differenze
l'un
con
l'altro
nei
nostri
comportamenti.
Attraverso
essa
i
poveri
prendono
dai
potenti,
ed i
ricchi
danno
ai
bisognosi,
entrambi
hanno
fiducia
nella
matematica
per
ottenere
un'azione
uguale».
La
morte
di
Archita
La
sola
testimonianza
sulla
morte
di
Archita
si
trova
nell’ode
I 28
di
Orazio:
«[...]
Te
maris
et
terrae
numeroque
carentis
harenae
mensorem
cohibent,
Archyta,
pulveris
exigui
prope
litus
parva
Matinum
munera
[…]».
Il
poeta
cita,
a
tal
proposito,
il
litus
Matinum
(l’attuale
Mattinata
sul
Gargano)
in
cui
giace
il
corpo
dello
strategós.
Nei
versi
21-22
della
stessa
ode,
«[...]
Me
quoque
devexi
rapidus
comes
Orionis
Illyricis
Notus
obruit
undis
[...]»
potrebbero
celarsi
le
circostanze
della
sua
morte:
Archita
fu
vittima
di
un
naufragio.
Sulla
data
della
sua
morte
non
tutti
sono
concordi:
la
data
canonica
è il
360
a.C.
(collocando
la
nascita
attorno
al
430
a.C.),
ma
diverse
fonti
collocano
la
nascita
attorno
al
400,
spostando
così
la
morte
a
non
prima
del
360
a.C.
Si
tratta
di
un
uomo
estremamente
poliedrico
che,
come
diversi
in
Sicilia
e
Magna
Grecia
(tra
cui
Archimede
e
Pitagora)
furono
protagonisti
di
autocrazie
illuminate
che
pienamente
rispettavano
i
dettami
di
Platone.
Cicerone,
nel
De
senectute,
XII,
41,
lo
identifica
come
«Magnum
in
primis
et
praeclarum
virum»,
«Uomo
fra
i
primi
grande
e
illustre».