N. 105 - Settembre 2016
(CXXXVI)
Archita
UNO
STRATEGÓS
ILLUMINATO
-
PARTE
I
di
Antonio
Caso
Taras:
dall’età
di
Archita
all’inesorabile
declino
L’età dell’oro della città di Taras (Taranto),
coincide
con
la
strategia
di
un
grande
personaggio
dell’antichità:
Archita.
Il
passaggio
dallo
status
di
polis
a
quello
di
città
soggetta
al
dominio
di
Roma
fu
indubbiamente
un’esperienza
traumatica
per
le
città
dell’Italia
meridionale,
ma
quella
che
presentò,
però,
caratteri
peculiari
per
la
loro
drammaticità
fu
Taranto
che
passò
sostanzialmente
dall’apice
della
sua
potenza
alla
rovina.
L’inizio
di
queste
vicende
va
collocato
intorno
alla
prima
metà
del
IV
secolo
a.C.,
nella
cosiddetta
“età
di
Archita”,
quando
Taranto,
postasi
alla
guida
delle
città
greche
(tra
cui
Metaponto,
Eraclea
e
Thurii)
che
si
erano
riunite
nella
cosiddetta
seconda
Lega
Italiota,
era
ormai
a
tutti
gli
effetti
una
potenza
regionale
in
grado
di
interagire
con
Siracusa
(all’epoca
retta
dai Dionisii)
e di
avere
rapporti
egemonici
anche
nei
confronti
delle
popolazioni
italiche.
Il
delicato,
ma
efficace,
equilibrio
politico
su
cui
si
reggeva
la
città
fu
oggetto
di
lodi
da
parte
di
Aristotele,
che
nella
Politica
(VI,
13-20)
scrisse:
«è
bene
anche
imitare
le
leggi
dei
Tarentini:
questi
infatti
si
assicurano
la
benevolenza
della
moltitudine
rendendo
comuni
i
beni
ai
poveri
per
l’uso;
inoltre
essi
hanno
diviso
le
magistrature
in
due
classi
quelle
elettive
e
quelle
sorteggiate
–
queste
ultime
per
garantire
che
anche
il
popolo
abbia
parte
in
esse,
le
prime
invece
per
assicurare
che
gli
affari
pubblici
vengano
condotti
bene».
Per
gestire
tutto
ciò
era
necessaria,
ovviamente,
anche
una
straordinaria
potenza
militare,
la
quale,
infatti,
venne
citata
da
Strabone
nella
sua
Geographia
(VI,
3,4)
in
cui
afferma:
«I
tarentini
una
volta,
reggendosi
a
democrazia,
erano
oltremodo
potenti:
possedevano
infatti
la
flotta
più
grande
tra
i
popoli
della
regione
e
potevano
schierare
30.000
fanti,
3000
cavalieri
e
1000
ipparchi».
Tutto
questo
si
basava,
però,
in
gran
parte
sulla
straordinaria
figura
di
filosofo,
scienziato
e
statista
di
Archita
che,
basandosi
sul
principio
pitagorico
della
“medietà
armonica”,
seppe
esercitare
un
potere
dai
connotati
spesso
autocratici
senza
creare
tensioni
tra
le
varie
fazioni
cittadine.
Infatti,
fu
proprio
la
scomparsa
dello
strategòs
–
nel
360
o
poco
più
tardi
–
l’evento
dal
quale
la
città
non
sarebbe
mai
più
riuscita
a
riprendersi,
sprofondando
in
una
crisi
interna
che
ebbe
ovvie
ripercussioni
anche
sul
prestigio
internazionale
della
polis
e
sul
ruolo
che
essa
deteneva.
Secondo
fonti
letterarie,
quali
la
tradizione
straboniana
di
fonti
di
IV
secolo
come
Teopompo
o
Aristosseno,
i
Tarentini
stessi
attribuirono
la
colpa
di
tale
crisi
a un
regime
democratico
radicale
che,
affermatosi
nella
città,
l’avrebbe
corrotta
e
resa
incapace
di
difendersi
anche
dalle
popolazioni
autoctone
con
le
quali
manteneva
rapporti
di
buon
vicinato
sotto
la
guida
di
Archita.
Per
questo,
Taranto
dovette
ricorrere
a
condottieri
stranieri,
da
Alessandro
il
Molosso
al
re
spartano
Archidamo,
caduto
sotto
le
mura
della
fortezza
messapica
di
Manduria,
attraversando
così
un
periodo
passato
alla
storia
come
quelli
degli
xenikoi
strategoi.
La vita di Archita
Archita
nacque
a
Taranto
nel
428
a.C.
Matematico,
politico,
ma
soprattutto
filosofo
della
seconda
generazione
della
scuola
pitagorica,
ebbe
come
maestri
Filolao
(470-390/80
a.C.)
ed
Eurito
(V
secolo
a.C.);
secondo
la
Suda,
un
lessico
bizantino
del
X
secolo
d.C.,
le
fonti
antiche
gli
attribuiscono
quattro
differenti
padri
(Estieo,
Mnesagete,
Mnesarco
e
Mnesagora).
Nel
rispetto
delle
regole
disegnate
dalla
filosofia
di
Pitagora,
Archita
visse
nell’austera
osservanza
della
legge,
ma
la
sua
vita
fu
segnata
anche
da
episodi
meno
convenzionali,
ma
ad
ogni
modo
perfettamente
inquadrabili
nella
“medietà
armonica”
come
il
fatto,
riportato
da
Giamblico,
secondo
il
quale
egli
non
volle
castigare
il
suo
fattore
perché
si
sentiva
troppo
adirato
per
punirlo
in
modo
giusto.
Da
Atenodoro
(I
a.C.),
tramite
Ateneo
XII,
519
(II
d.C.),
possiamo
ricavare
le
notizia
secondo
cui
Archita
non
disdegnasse
di
sedere
assieme
ai
suoi
schiavi
in
occasione
del
banchetto
e da
Eliano
(Varia
istoria XII,
15)
che
fosse
anche
solito
scherzare
con
i
loro
figli.
L’attività
militare
L’ascesa
politica
di
Archita
segnò
per
Taranto
un
periodo
di
prosperità
anche
dal
punto
di
vista
militare
e
della
politica
estera.
Gli
accordi
stretti
nel
366
con
Dionisio
II
davano
alla
città
la
possibilità
di
affacciarsi
sul
piano
internazionale
con
una
sorta
doppia
capitale
della
Magna
Grecia
(se
per
Magna
Grecia
intendiamo
anche
la
Sicilia)
con
Siracusa
sull’isola
e
Taranto
sulle
coste
dell’Italia
meridionale.
A
partire
dai
termini
che
Platone
usa
per
indicare
l’accordo,
ovvero
xenìa
e
filìa,
possiamo
affermare
che
ufficialmente
esso
prevedeva
l’impegno
formale
nella
tutela
delle
reciproche
libertà
di
circolazione
commerciali
e
non,
oltre
che
l’egemonia
nelle
rispettive
aree
di
influenza.
Non
risulterebbe
esagerato,
però,
vedere
in
questo
anche
una
vera
e
propria
symmachia
contro
i
nemici
comuni
della
Magna
Grecia.
Dopo
questo
accordo,
Dionisio
II
poté,
infatti,
dare
inizio
alla
sua
attività
colonizzatrice
in
Adriatico
in
chiave
antipirateria
con
i
due
insediamenti
(indicati
da
Diodoro)
siti
in
Apulia,
area
in
cui
vigeva
l’egemonia
tarantina;
potrebbe
far
pensare,
questo,
ad
un
beneplacito
di
Taranto
nei
confronti
delle
azioni
intraprese
dalla
città
alleata.
Inoltre,
fu
proprio
la
sicurezza
dei
commerci
garantita
dall’azione
della
flotta
siracusana
al
comando
di
Filisto
ad
attrarre
a
Taranto
un
gran
numero
di
mercanti
e a
far
fiorire
le
attività
commerciali
cittadine.
Dopo
l’accordo,
la
Lega
Italiota
venne
quindi
rifondata
sotto
l’egemonia
tarantina
e
con
Archita
stesso
segretario
generale.
La politica militare della Taranto di Archita, però, si
concentrò
anche
all’interno
della
stessa
Italia
meridionale.
Sono
note,
infatti,
le
operazioni
militari
contro
i
Messapi
e
contro
i
Lucani.
Dopo
che
questi
ultimi
ebbero
conquistato
Thurii
e
accrebbero
così
le
minacce
su
Eracle,
colonia
tarentina,
la
città
iniziò
un
vittorioso
confitto
alla
testa
della
Lega
Italiota
con
Archita
stesso
stratego
autocràtor
della
lega.
La
Politica
Abile uomo politico, si tramanda che fosse stato
nominato
per
sette
volte
strategòs,
secondo
Platone
tutte
le
volte
tra
il
suo
secondo
e
terzo
viaggio,
dunque,
tra
il
367
e il
361
a.C.
Noto
per
la
sua
forte
politica
edilizia
nella
città,
ne
favorì
l’agricoltura
e ne
ampliò
il
commercio,
stringendo
relazioni
non
solo
con
il
normale
mercato
di
riferimento
quale
era
quello
della
Grecia
peninsulare,
ma
anche
con
altre
località
mediterranee
come
l’Istria;
inoltre
promulgò
leggi
per
favorire
una
maggiore
equità
nella
distribuzione
delle
ricchezze
sfruttando
la
sua
fervidissima
conoscenza
della
matematica.
Archita, infatti, studiò matematica con Eudosso
di
Cnido,
ma
si
interessò
anche
di
meccanica,
fisica,
musica
ed
astronomia.
Anche
in
questo,
lo
statista
condivideva
le
dottrine
della
scuola
pitagorica
che
vedeva
l’aritmogeometria
come
fondamento
della
natura
e
l’universo
stesso
come
un
cosmo
governato
da
principi
matematici
e da
questi,
si
sarebbe
generata
poi
un’armonia
musicale.
Fu
egli
il
primo
a
proporre
il
quadrivium
composto
dalle
quattro
discipline
canoniche:
l’aritmetica,
la
geometria,
l’astronomia
e la
musica.
La
Matematica
Per quanto riguarda la Matematica, Archita riuscì
a
ottenere
una
soluzione
tridimensionale
del
problema
della
duplicazione
del
cubo.
Nella
costruzione
geometrica
ottenuta
da
Archita
si
considera
una
curva,
nota
come
“Curva
di
Archita”,
generata
dall’intersezione
della
superficie
di
un
cilindro
e di
un
semicerchio
in
rotazione
rispetto
a
uno
dei
suoi
estremi;
così
facendo
introdusse
anche
tra
i
primi
esempi
nella
storia
di
movimento
nella
geometria.
Si
dedicò
anche
alla
teoria
delle
medie,
dando
il
nome
all’attuale
“media
armonica”.
La
Fisica
Per quanto riguarda la Fisica, sebbene errata
l’idea
di
Archita
sui
raggi
luminosi
che
partono
dagli
occhi
(in
questo
concordava
con
Platone),
molto
più
interessanti
sono
le
sue
deduzioni
sul
rumore.
Archita,
infatti,
comprendendo
che
i
rumori
provenivano
dalle
vibrazioni
causate
dallo
scontro
dei
corpi
nell’aria,
teorizzò
anche
il
rumore
prodotto
dai
corpi
celesti
a
causa
del
continuo
movimento,
un
rumore,
però,
non
udibile
dall’essere
umano.
Condusse
anche
degli
esperimenti
sul
tono
dei
suoni,
arrivando
a
formulare
la
tesi
che
tanto
più
una
vibrazione
è
rapida,
tanto
più
sarà
acuto
il
suono
che
ne
proviene.