moderna
SULL’ARBITRISMO
LA NASCITA DELLA SCIENZA ECONOMICA
MODERNA
di Enrico Targa
Con il termine Arbitrismo si intende una
corrente di pensiero politico ed
economico sviluppatasi in Spagna durante
la seconda metà del Cinquecento eagli
inizi del Seicento (i suoi esponenti
provenivanodalla mirabile Scuola di
Salamanca il faro della cultura spagnola
dell’epoca). L’arbitrismo può essere
considerato come la prima letteratura
economica con fondamenti tecnico
scientifici, simultanea e in gran parte
precedente al mercantilismo di altri
paesi europei, come Francia e
Inghilterra.
Nell’età moderna il termine
arbitraria indicava qualsiasi misura
che il re poteva adottare a beneficio
del regno, nell’esercizio della sua
sovranità e di sua spontanea volontà. Al
plurale il termine arbitrios si
riferiva a certi tributi con i quali si
reperivano i fondi per spese pubbliche.
Arbitro era colui che indirizzava
un memoriale, una specie di rimostranza,
al re chiedendogli di prendere questo o
quell’arbitrato e la proliferazione di
questi memoriali da parte degli
arbitristas subì un’inflazione
paragonabile alle opere pubblicate
durante la rivoluzione dei prezzi del
XVI secolo (ricordiamo l’opera del
curato Claude Haton Mémories che
tiene ben nota dei prezzi dal 1553 al
1582, di Pierre de l’Estoille
Mémories e Registre journal de
Henri III e in ambito anglosassone
venne pubblicato il Compendius
attribuito al primo governatore della
Compagnia delle Indie Orientali Sir
Thomas Smythe un’opera considerata dai
ocntmeporanei di inestimabile valore
perché capace di tradurre dal piano
polito al piano teorico le variabili
economiche), ed è aumentata con la crisi
del XVII secolo, in un clima di forte
depressione economica che chiuderà il
Siglo de Oro.
Gli arbitristas nonostante la
loro fama di grandi intellettuali
all’epoca erano avversati e spesso
derisi da una società di letterati che
provava disprezzo per le questioni
economiche non ancora studiate
sicentificamente e non comprendeva
appieno le loro argomentazioni
economiche, tanto che un gesuita
appartenente al filone degli arbitristas
Martín de Azpilcueta (Barásoain, 13
dicembre 1492 – Roma, 1º giugno 1586, le
sue spoglie sono conservate, secondo la
sua volontà, nella chiesa di
Sant’Antonio dei Portoghesi) fu ritenuto
folle e pazzo.
Il primo uso del concetto arbitrismo in
questo contesto è stato individuato in
El colloquio de los perros, uno
dei romanzi esemplari di Cervantes
(1613), ed è stato pubblicato nel
decennio successivo. In vari passaggi
delle sue opere, descrive gli
arbitristas come “arcigogolantes”
(in italiano “arzigogolare” tipico di
colui che teorizza congetturare senza
fondamento sfocianti in fantasticherie)
benintenzionati ma che con le loro
chimere causano ogni tipo di catastrofe;
descrive un arbitristas così
assorto nello scrivere le sue teorie che
non si rende conto di essersi cavato un
occhio con la penna.
Solamente nel XVIII secolo, dopo la
circolazione delle teoria nota come
colbertismo i cui autori furono Jean
Orry e Michel Amelot, l’eredità
dell’arbitrismo iniziò a godere di una
maggiore considerazione intellettuale
dai fautori del dispotismo illuminato
spagnolo vicini alla fisiocrazia di
Quesnay come Don Zenón de Somodevilla y
Bengoechea, marchese de Ensenada
(Alesanco, 20 aprile 1702 – Medina del
Campo, 2 dicembre 1781) noto per aver
riformato il sistema catastale spagnolo
o al liberalismo di Adam Smith tra i
quali troviamo l’economista spagnolo
conte Pedro Rodríguez de Campomanes
(Oviedo, 1º luglio 1723 – Madrid, 3
febbraio 1802) e il grande filosofo,
giurista, politico Gaspar Melchor de
Jovellanos figura preminente
dell’Illuminismo spagnolo e una delle
figure preminenti delle Cortes di
Cadice.
Bisognerà attendere l’opera History
of Economic Analysis dell’economista
austriaco Alois Joseph Schumpeter
(Třešť, 8 febbraio 1883 – Taconic, 8
gennaio 1950) il quale riconobbe il
fondamentale contributo degli
arbitristas all’origine della
moderna scienza economica. È
interessante a questo punto la vita, le
opere e il pensiero dei personaggi più
illustri dell’arbitrismo.
Tomás de Mercado (1530-1575), formatosi
presso la scuola di Salamanca da giovane
andò in Messico, motivo per cui la sua
visione dei problemi economici teneva
conto anche del contesto americano.
Entrato nell’Ordine dei Predicatori nel
1553, conseguì il dottorato in teologia
distinguendosi, in particolare, come
moralista. Rifletté sull’etica dei
rapporti commerciali e una volta tornato
in Spagna insegnò nelle università di
Siviglia e Salamanca; in collaborazione
con un altro grande economista
dell’epoca, Martín de Azpilcueta, nel
1569 pubblicò la sua famosa Suma de
tratos y contratosche fu ristampata
due anni dopo e dove venivano descritti
gli usi commerciali dell’epoca a
Siviglia (città nella quale vi si
stabilì la Casa de Contratación,
l’organismo commerciale che deteneva il
monopolio delle merci delle colonie
americane) e Medina del Campo.
Questo lavoro riflettè sull’interesse
elogiandone gli usi etici di fronte
all’interpretazione restrittiva della
Chiesa cattolica che lo aveva come
usura, e arrivò a dedurre il rapporto
diretto tra i prezzi al consumo e la
quantità di moneta in circolazione.
Questa prima e importante lteoria
quantitativa della moneta divenne parte
integrante della tradizione della Scuola
di Salamanca.
La prospettiva teologica sulle attività
economiche continua, comunque, a essere
una fonte importante della produzione
letteraria, come è il caso del De
monetae mutae, una delle parti del
Tractatus septem di padre Mariana
(pubblicato a Colonia nel 1609), opera
che mirava a denunciare i ministri rei
dialterare il peso della moneta, primo
fra tutti il Duca di Lerma (Tordesillas,
1553 – Valladolid, 17 maggio 1625),
valido del Re di Spagna Filippo III
e famoso per la sua corruzione). Per tal
motivo Mercadofinì in carcere e nel
1575, durante il viaggio di ritorno in
Messico, morì.
Luis Ortiz, attivo nella seconda metà
del XVI secolo e ragioniere per il
Tesoro di Castiglia durante il regno di
Filippo II, scrisse un Memoriale al Re
affinché nessun denaro uscisse dalla
Spagna soprattutoa seguito della
bancarotta del 1557 che rovinò non solo
i banchieri ma moltimercanti che non
potevano più ricorrere al prestito.
Ortiz è ritenuto il primo dei
mercantilisti spagnoli: ritienne che la
diminuzione dei prezzi risieda nella
conservazione dell’oro in Castigliae
propose un piano volto a promuovere le
risorse del regno e a rendere le merci
spagnole appetibili sui mercati
internazionali.
Nonostante la sua lucidissima analisi
economica l’opera non incontrò favori.
Le principali misure che propose nel suo
monumentale Memorial sobre la
situación económica de España y las
Indias (1558) furono l’abolizione di
ogni tipo di svago, l’introduzione del
lavoro manuale su vasta scalain grado di
realizzare manufatti molto più
redditizidelle materie prime, nonché
l’abolizione delle consuetudinesistenti
tra i vari regni ispanici, la confisca
dei beni ecclesiastici e una riforma
fiscale più perequativa ed estesa ai
nobili.
Non mancò di analzzare i problemi
monetari della Spagna studiando tuttele
soluzioni per risolvere le situazioni
create nel paese dalla tendenza a
esportare materie prime e a importare
manufatti pagati con le riserve auree
americane arrivando così a intuire il
concetto distruttura economica ovvero i
rapporti e le relazioni riguardanti una
determinata entità economica (famiglia,
impresa, regione, Stato ecc.), indicando
la combinazione delle diverse
caratteristiche di un sistema economico
considerato e di conseguenza propose non
una, ma una vasta gamma di iniziative
che avrebbero portato il regno fuori
dalla latente in cui si trovava: aumento
della produttività, la crescita della
popolazione, estensione dell’irrigazione
e l’avviodel rimboschimento (all’epoca
il legname era la materia prima
strategica per eccellenza sia per l’uso
domestico sia per la costruzione delle
imponenti flotte). Inoltre, era
consapevole del problema inflazionistico
derivato dalle rimesse in oro e argento
americano e di conseguenza proponeva di
limitare l’espansione monetaria
scoraggiando i consumi.
Martín González de Cellorigo (Pancorbo
1559-1633) fu attivo nella prima metà
del XVII secolo. Studiò legge
pressol’Università di Valladolid
divenendo avvocato. Continuò le idee
della scuola di Salamanca e indirizzò
due memoriali al futuro re di Spagna
FIlippo III, rilevando che l’inflazione
era provocata dall’arrivo dell’argento
americano e il forte aumento dei prezzi
erano la causa principale dei mali del
regno. Poiché l’unica soluzione per
combatterla era quella di diminuire il
denaro in circolazione limitando le
transazioni economiche finanziarie.
Era sua convinzione che la ricchezza
aumenta solo “dall’industria naturale e
artificiale” e, quindi, le operazioni
speculative e i privilegi amministrativi
di fatto impoverivano il regno,
generando l’abbandono dei commerci e
delle attività produttive. Nel 1600 e
Valladolid pubblicò la sua opera
principale che racchiude l’insieme delle
proposte dell’autore, ilMemoriale
della politica necessaria e dell’utile
restaurazione della Spagna e dei suoi
stati, e delle prestazioni universali di
questi regni. Cellorigo appoggiò
anche l’espulsione dei Mori dalla Spagna
(ordinata dal re Filippo III fu portata
a termine nel giro di pochi anni, sia
pure per gradi, tra il 1609 e il 1614).
Può considerarsi ugualmente legato alla
corrente degli arbitristas il teologo
economista Sancho Moncada (Toledo, 1580
- ídem, ca. 1638) appartenente al
cosiddetto gruppo o scuola di ToledIl
(gruppo era formato dalle maggiori menti
della città che scrivevevano su temi
legati ai problemi economici esociali
che stava attraversando la città di
Toledo ed erano riuniti intorno alla
figura di Baltasar Elisio de Medinilla e
alla sua celebre teoria, raccolta nel
Memorial a la Imperial Ciudad de Toledo).
Un altro elemento utile a
contestualizzare l’opera di Sancho de
Moncada è la famosa Consulta del 1619.
Il 6 giugno 1618, Felipe III ordinò al
presidente del Consiglio di Castiglia
(in spagnolo Real y Supremo Consejo de
Castilla) di presentare soluzioni ai
vari problemi che affligevano il regno.
Il Consiglio consegnò la sua relazione,
in forma di Consulta, il 1° febbraio
1619. Di fronte al relativo
spopolamento, il Concilio ritenne che
ciò fosse dovuto all’eccessivo ammontare
delle tasse che gravavano sui cittadini,
poiché favoriva l’emigrazione verso le
zone dove il carico fiscale era
inferiore.
La Consulta ha sottolineato che
l’immigrazione degli stranieri dovrebbe
essere limitata e raccomandò il
miglioramento della situazione economica
dei contadini e la riduzione del numero
eccessivo di istituzioni e fondazioni
religiose, nonché la creazione e la
vendita degli uffici come avveniva in
Francia a seguito delle riforme
introdotte dal segretario della camera
del re Charles Paulet.
Approfittando dell’interesse del
Consiglio, nello stesso anno Moncada
pubblica la Restauración política de
España. Un’opera composta in nove
discorsi che incorporano un trattato di
teoria politica e pedagogia insieme a un
programma di azione economica il cui
obiettivo era rimediare all’apparente e
cronica crisi dell’economia castigliana
all’inizio del XVII secolo. Nel primo
intervento analizzò quello che
considerava un “danno radicale”,
conseguenza del “nuovo commercio di
stranieri”. In questo senso, proponeva
come rimedio radicale il divieto di
importazione di manufatti esteri, cioè,
secondo le sue stesse parole, “vietare
le lavorazioni straniere”.
Il resto dei discorsi sono un insieme di
argomentazioni elaborate, il più delle
volte, con relazioni di causalità
ardite, se non poco plausibili, che
ruotano attorno a questo primo discorso:
così, il secondo intervento, dedicato
allo studio del problema demografico,
pur avendo considerato alcune possibili
cause che potrebbero spiegarne il
declino come la peste, le guerre, le
espulsioni e l’emigrazione, ritiene che
ciò fosse dovuto all’importazione di
merci stranierepoiché le merci non
venivano prodotte nell’interno, la
popolazione era emigrata in quelle
regioni che richiedevano lavoro.
Di conseguenza, propose un programma di
sostituzione delle importazioni per
produrre quei prodotti importati in
Spagna, che a suo avviso aumenterebbero
il numero di matrimoni e, con essi, Nel
terzo discorso, affront ail tema
spinosodelle questioni monetarie.
L’obiettivo che perseguiva in questo
discorso era quello di vietare, con ogni
mezzo, l’uscita delle monete d’argento
causate dal commercio estero (la
spiegazione incorporava, seppure con
sfumature, elementi quantitativi): Il
mezzo efficace per impedire
l’esportazione dell’oro e dell’argento
consisteva nel vietare l’importazione di
manufatti.
Al Tesoro sono dedicati il
quarto,
il quinto e il sesto intervento: per
aumentare le entrate fiscali era
necessario “addebitare grandi entrate
per le merci straniere”, oltre a
stabilire un’imposta unica sui cereali.
Un altro obiettivo era quello di porre
fine al Servizio di Milionifurono
(un’imposta indiretta sugli alimenti
istituita da Filippo II e approvata
dalle Cortes di Castiglia il 4 aprile
1590. Fu applicata al consumo di sei
spezie: vino, aceto, olio, carne, sapone
e candele di sego), poiché condizionava
il budget di spesa del Monarca.
Nel settimo intervento compie una
revisione critica delle soluzioni che
altri scrittori avevano indicato in
merito al “danno generale alla Spagna”:
agricoltura, beni di lusso, alcabalas
(tassa sui commerci unica sebbene veniva
riportata al plurale), l’alto numero di
funzionari pubblici che ruotavano
intorno alla corte, l’immenso numero di
leggi e consuetudini, insieme all’alto
numero di religiosi, costituiscono un
grave danno alle finanze reali manon
erano paragonabilial vero “danno
radicale”, cioè il commercio con
l’estero.
La xenofobia di Sancho de Moncada
raggiunge il culmine nell’ottavo
discorso, in cui propone di espellere
gli zingari. Molto più interessante è il
nono intervento in cui sostiene
apertamente un nuovo modo di concepire
la politica, la cosiddetta ragion di
Stato. Difende l’idea che la politica
debba essere interpretata come scienza,
chiedendone uno studio formalea livello
universitario, creando cattedre di
teoria politica. Per Sancho de Moncada,
il “governo, o ragion di Stato, era un
mezzo per fondare, conservare e
accrescere un regno, e questo mezzo
doveva essere messo nello stesso tempo,
e con le circostanze che richiedono gli
affari, che altrimenti sarebbero
danneggiati. Moncada credeva che la
medicina e l’arte di navigazione
fosserodelle scienze parallele alla
politica, capaci di proporre rimedi con
cui curare i mali che affliggono la
Castiglia, e in questo modo “preservare”
il potere.
L’influenza che Giovanni Botero e la sua
opera intitolata La ragion di Stato
ebbesu Sancho de Moncada è
indiscutibile. Pedro Fernández de
Navarrete (1564 – Madrid – 1632)
canonico di Santiago, traduttore
umanista di Seneca e consigliere reale,
ispirandosi a Cellorigo e a Moncada
scrisse la Conservación de monarquias
y discursos políticos sobre la gran
consulta que el Consejo hizo al señor
rey don Felipe tercero, datata 1626.
Il suo orientamento come quello della
maggior parte degli arbitristas
era mercantilista: porre sotto controllo
dello Stato le importazioni e smepre
stotto l’egidia di quest’ultimo
promuovere le esportazioni, ma non
accettò la tesi dei bullionisti secondo
i quali la ricchezze del paese si misura
in base alla quantità di moneta e di
metalli preziosi che esso possiede,
perché capì che la sovrabbondanza di
denaro crea inflazione se non ci sono
beni acquistabili sul mercato. Propose
nuovi e ingenti investimenti produttivi
criticando ferocemente il disprezzo che
la nobiltà spagnola mostrava per le
attività industriali e manufatturiere
spendendo inutilmente i propri denari in
beni di lusso, spesso prodotti
all’estero.
Infine concludo questa esposizione
citando l’opera volta a sollevare la
condizione dei più miserabili,del
Ragioniere della Santa Crociata, membro
del Consiglio delle Finanze Luis Valle
de la Cerda (1552?-1606) Desempeño
del patrimonio de su Magestad y de los
reinos, sin daño del Rey y vasallos, y
con descanso y alivio de todos, por
medio de los Erarios públicos y Montes
de Piedadscrisse (1600).
L’opera fu molto apprezzata dalle
Cortes, che aderirono a questa
iniziativa ripubblicarondo lo scritto
nel 1618. Valle de la Cerda non
ripropone la teoria quantitativa o
l’avvio di una politica mercantilistica
ma quella che poi verrà chiamata “la
discrezionalità del tesoro e dei Monti
di Pietà”, ovvero una rete di fondi
concessi in prestito prestito supportati
da un’istituzione molto simile alle
moderne banche nazionali, al fine di
concedere prestiti e quindi abbassare il
asso d’interesse (il corso del denaro).
Questa idea era stata originariamente
lanciata in Spagna da due fiamminghi,
Pedro de Oudergherste e Pedro van
Rottis, in una lettera indirizzata a
Felipe II nel 1576, e riproposta nel
1591 (BNE, ms. Nº 7384).
Valle de la Cerda, collaborò con i due
fiamminghi riformulando più
dettagliatamente l’arbitrato del tesoro,
proprio l’anno in cui Filippo III salì
al trono. I Monti di Pietà erano un’idea
in qualche modo simile ai Positos che
già funzionavano (la loro origine risale
addirittura alla legislazione romana)
come istituti di credito di fondazione
comunale e di depositi di grano e
panedistribuiti ai contadini in
difficoltà o venduto a buon mercato ai
viandanti.
Riferimenti bibliografici:
Elliott John H., La Spagna e il suo
mondo (1500-1700), Einaudi, Torino
1996.
De Maddalena A., Moneta e mercato nel
‘500, Sansoni, Firenze 1973.
Dubet, A., El arbitrismo como
práctica política: el caso de Luis Valle
de la Cerda (¿1552? - 1606).
Cuadernos De Historia Moderna, 24, 107,
2000.
Dubet A., Sabatini G., Arbitristas:
Acción política y propuesta económica,
in Martínez Millán J., Visceglia M.A. (a
cura di), La monarquía de Felipe III.
La corte, vol. III, pp. 867-870.
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