N. 52 - Aprile 2012
(LXXXIII)
antropologia della comunicazione
Che c'entra Skype?
di Fabrizio Mastio
I
Social
Network,
Skype
e i
software
affini
sono
a
parere
di
chi
scrive
la
più
importante
invenzione
dell’epoca
postindustriale:
perché?
Se
si
fa
un
passo
indietro
e si
analizzano
i
modelli
sociali
che
hanno,
con
le
dovute
differenze
e
peculiarità,
contrassegnato
la
storia
umana,
neanche
tanto
lontana
dal
momento
in
cui
questo
testo
viene
redatto,
si
può
facilmente
ricordare
l’epoca
in
cui
dirsi
addio
era
qualcosa
di
letterario
e
romantico:
un
non
rivedersi,
una
sorta
di
morte
dell’anima.
La
società
prevedeva
un
modello
in
cui
ogni
individuo,
soprattutto
nelle
piccole
realtà,
conosceva
cerchie
ristrette
di
persone
e
dove
i
ruoli
erano
ben
definiti,
dettagliati,
ma
per
non
cadere
in
eufemismi,
si
può
affermare
semplicemente
che
non
vi
era
molto
spazio
per
contatti
con
estranei
e la
diversità
era
con
certezza
un
concetto
percepito
in
modo
molto
diverso
rispetto
a
quello
odierno.
Fra
i
vari
tipi
di
cambiamento,
è
mutato
il
ruolo
della
donna,
oggi
indipendente,
almeno
nei
paesi
occidentali
o in
quelli
in
cui
la
democrazia
non
è
solo
apparente.
La
rivoluzione
industriale
ha
segnato
il
passaggio
dall’agricoltura
all’industria
e
parimenti
prodotto
un
mutamento
sociologico,
parafrasando
Durkheim,
la
differenziazione
sociale
del
lavoro
e
per
converso
ha
originato
una
crisis
delle
relazioni
sociali,
un
epocale
cambiamento
che
si
sostanzia
in
un
ampliamento
delle
medesime
in
senso
orizzontale,
ma
non
sempre
in
profondità.
Nella
società
odierna
si
fondono
in
maniera
“problematica”
tre
aspetti:
l’affermazione
del
sé
come
individualismo
competitivo,
il
relativismo
e
infine
i
particolarismi.
L’affermazione
del
sé
pare
legata
alla
forza
dell’immagine,
che
oggi
appare
vitale.
Se
in
passato
l’immagine
era
legata
a
quello
che
potrebbe
definirsi
un
senso
dell’onore,
un
rispetto
verso
se
stessi
e
verso
gli
angusti
circuiti
frequentati,
oggi
ciò
che
trasmettiamo
di
noi
stessi,
appare
sempre
più
una
personificazione
di
ciò
che
desideriamo
che
gli
altri
pensino
di
noi,
ma
gli
altri,
latu
sensu,
in
maniera
orizzontale.
Il
relativismo
ha a
che
vedere,
invece,
con
il
mutamento
dei
mores,
sempre
meno
definiti
e
più
adattati
e
adattabili
a
contesti
enormemente
espansi,
dove
si
ha
una
sorta
di
pantagruelico
consumo
di
mode
e
simboli.
Infine,
i
particolarismi
trovano
spazio
quasi
in
antitesi
a
tale
processo
di
espansione
del
cosmos
in
cui
siamo
immersi
e si
presenta
in
tal
modo
una
dicotomia
tra
ampi
orizzonti
e
tendenza
verso
il
particolare,
quasi
come
un
meccanismo
di
difesa
sociale.
Appare
ovvio
che
sia
mutato
il
“senso
del
luogo”
e
per
siffatta
ragione
la
velocità
con
la
quale
si
ricevono
notizie,
stimoli
e
messaggi,
ha
proiettato
l’essere
umano
verso
una
sorta
di
corsa,
spesso
disordinata
e
generatrice
di
una
frenesia
dell’immaginazione
che
non
sempre
è
veicolata
in
maniera
positiva
verso
quella
che
potrebbe
definirsi
una
“meccanica
razionale”.
A
questo
punto
ci
si
potrebbe
chiedere:
ma
Skype
che
c’entra
con
tutto
ciò?
Skype
è il
simbolo
della
velocità
e
dell’annullamento
delle
distanze,
di
un
nuovo
interazionismo
simbolico,
precursore
di
un
cambiamento
che
noi
umani
percepiremo
realmente
solo
tra
molti
anni
parchè
la
rapidità
che
quotidianamente
attraversa
la
vita
non
permette
ancora
un’analisi
profonda
di
come,
al
di
là
dell’adesione
o
meno
al
determinismo
tecnologico,
alcune
invenzioni
possano
mutare
sociologicamente
l’uomo,
senza
che
questi
ne
sia
pienamente
cosciente.