[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

188 / AGOSTO 2023 (CCXIX)


arte

Il “Leopardi Siciliano”

Antonio Bruno: storia di un poeta dimenticato
di Riccardo Renzi

 

Nel cuore della Sicilia si cela uno dei più grandi letterati del primo Novecento, che però cadde completamente nel dimenticatoio: Antonio Bruno.

 

Bruno fu uno dei più grandi intellettuali dei primi anni del Novecento, che operò tra Avanguardie e Futurismo. Nacque a Biancavilla il 26 novembre 1891, da Alfio Bruno e da Carolina Sciacca, nel palazzo di Via Vittorio Emanuele sito di fronte al plesso “G. Marconi” delle scuole elementari. Crebbe in una ricca famiglia borghese. Il padre era personaggio in vista e primo cittadino del paese.

 

Dopo gli studi si trasferì a Firenze, dove ebbe occasione di frequentare i migliori ambienti culturali della città e di formarsi poeticamente. Visse anche a Palermo, Roma, Londra e Parigi. In un primo momento fu coinvolto nei vari movimenti di avanguardia, ma poi aderì al progetto futurista con L’immorale signora Bovary, uno studio letto al Circolo parigino di letture italiane ricorrendo il primo centenario della nascita di Gustave Flaubert, poi pubblicato nel 1930. Bruno il 7 maggio 1912, presso l’Università romana lesse uno studio dal titolo Come amò e non fu riamato Giacomo Leopardi, lettura poi pubblicata alla fine del medesimo anno.

 

Egli si sentì sempre molto vicino al poeta recanatese, poiché i due non erano accomunati solo dal fine intelletto, ma anche dalla deformazione fisica (era affetto da rachitismo). Fin da piccolo fu oggetto di scherno da parte dei coetanei e conterranei, ma ciò non affievolì mai il suo incondizionato amore per la terra natia. Tutto l’amore per la sua terra emerge con forza in Un poeta di provincia: schiarimento catanese in difesa della poesia, ove con lapidanti parole, così si esprimeva: «inguaribile umore che lega al luogo natio e lo fa volere bene in un modo o nell’altro, e quando ogni modo è impossibile con la più appassionata avversione».

 

Col passare degli anni la sua adesione al futurismo divenne sempre più forte da spingerlo a fondare e dirigere la rivista Pickwick. Si hanno tracce del suo incontro nel gennaio 1920 con Filippo Tommaso Marinetti e la Direzione del Movimento futurista milanese dal Catalogo generale delle Opere esaurite, inserito da Bruno nelle sue pubblicazioni.

 

Il poeta passeggiava spesso per le vie di Catania con delle rose in mano dando dei leggeri colpi sul viso a ignari passanti e predicendo la loro sorte. Proprio in quegli anni ricoprì le mura catanesi col poema dal titolo Dolly Ferretti dedicato ad Ada Fedora Novelli, donna per cui perse la testa. Il poema venne poi inserito in Fuochi di bengala del 1917, una raccolta di traduzioni e atmosfere orientali.

 

Egli si innamorò perdutamente della Novelli ed ella fu per molto tempo la sua musa. A lei scrisse le cinquanta lettere d’amore dal titolo Alla signorina Dolly Ferretti, raccolte poi con cura nel 1928. Il suo rachitismo era temperato dalla raffinata eleganza nel vestire e del tratto e la sua personalità affascinante si esprimeva anche tra frizzi e sollazzi, sarcasmi e umorismo nero.

 

La critica del tempo però lo attaccò più volte con violenza definendolo un uomo sia fisicamente che moralmente malato. Fu accusato di aver dilapidato l’intero patrimonio paterno e ciò lo portò a una grave crisi depressiva dalla quale non riuscì a venirne fuori. Bruno morì suicida a Catania in una modesta camera d’albergo il 28 agosto del 1932.

 

Le grandi capacità linguistiche e descrittive di Bruno emergono con forza già ai tempi della fondazione di Pickwick. Nel primo numero della rivista futurista a cadenza Quindicinale è presente un saggio di Bruno dal titolo “La sciarpa azzurra”, ove si evince la sua fine attenzione alle minuzie descrittive: «Mentre turbina la città in marcia – in un hotel di Oxford street, tra un profumo di rue de la Paix e il tepore soffice d’un tappeto di Smyrne, la tua sciarpa azzurra – oggi – amica d’oltre oceano».

 

In linguaggio è marcatamente futurista. Mentre la prosa è appunto futurista, la poesia è legata a un lirismo classicista, quasi romantico. Non c’è gnomica in questi carmi, eppure il lirismo sembra concludersi con un non so che di sentenza, che alla dolcezza della descrizione introduttiva contrappone un afflato amaro, sicché sembra di sorbire fiele dalla coppa melliflua che Bruno inizialmente porge: in questo modo antico di raccontare, le situazioni, per quanto odierne e ordinarie, assurgono al tono del sublime per la greve permeazione di una filosofia che nulla ha a che fare con il classicismo, essendo fin troppo moderna, se non contemporanea. L’amore spesso è forza motrice dei suoi componimenti, da quelli giovanili sino a quelli più maturi.

 

A tal proposito risulta assai interessante per il nostro lavoro la pubblicazione del 2011 di Placido Antonio Sangiorgio, Antonio Bruno, un’avventura futurista le carte segrete. In tale lavoro Sangiorgio riporta tutte le lettere segrete di Bruno, comprese quelle riguardanti i suoi amori. Ivi troviamo le tante donne per cui Bruno perse la testa, tra queste anche una cerata Lucia V., della quale si invaghì prima di conoscere Dolly Ferretti.

 

La corrispondenza di Bruno ci dimostra anche quanto i suoi legami fossero forti all’interno dell’universo letterario italiano del primo Novecento. Intratteneva, infatti, scambi epistolari con Giovanni Papini, Giuseppe Ungaretti, Giovanni Verga, Aldo Palazzeschi, Giacomo Balla e Dino Campana. Divertente è la risposta di Ungaretti all’opera che Bruno gli aveva inviato: «Caro Bruno, ti prego di non pubblicare “I ritiri”, mi fanno ribrezzo. Tuo Ungaretti».

 

Come si è potuto notare da questi brevi accenni, la vera e autentica figura del Bruno emerge solamente dal Bruno segreto, quello degli scambi epistolari e degli appunti conservati nei cassetti della sua scrivania. È proprio attraverso i materiali d’archivio riguardanti Bruno, che lo studioso Placido Antonio Sangiorgio, riesce, nell’opera pocanzi elencata, a ricostruire la biografia intellettuale del Poeta.

 

L’affetto nei confronti dei familiari e in particolare del padre fu sempre forte, anche in circostanze avverse, come la grande crisi economica alla quale la famiglia Bruno fu sottoposta nel 1922: «Dopo tanti anni e nel succedersi delle quotidiane vicende della vita la fiamma che brucia sempre nel mio cuore, che arde e non si spegne mai è il mio affetto per te. Ogni cosa, ogni oggetto, ogni fatto che io veda e senta e che mi ricorda te destano nel mio cuore un tenero e vivo senso di nostalgia e il dolore di essermi tanto lontano si fa ancora più vivo e più sentito».

 

Molto interessanti ai fini del nostro lavoro sono le pagine scritte dal giovane Poeta nel suo diario liceale “Pensieri e ragionamenti”. Tutta la sua giovinezza fu connotata da un profondo dolore, causato dall’emarginazione e dall’isolamento. I coetanei lo isolavano a causa della sua deformità dovuta al rachitismo: «I miei più vivi ricordi di bambino (cioè dall’età di cinque anni: che d’allora in poi ho ricordato tutto) sono due – 1° Le diverse fasi della mia malattia – dal primo dolore a tutte le operazioni – e in special modo dal primo periodo della malattia e dalla operazione da me chiamata quella del “corpetto gessato” 2° Io fra le braccia della nonna materna, virtuosissima donna, al balcone, in una sera di luce estiva…».

 

Questa malinconia figlia della discriminazione divenne rapidamente il suo punto di forza, un segno elitario del destino, Dio lo ha marchiato perché diverso e superiore a tutti gli altri: «Amici? Nel significato comune della parola non ne ho mai avuti. Una volta, appena mi s’incominciò presentare la scena del mondo, ne cercai tra gli uomini ma non ne trovai. Allora mi rassegnai a non averne tra di essi per sempre».

 

Dalle sue parole si evince come a causa di quel dolore, di quella amarezza, si sia distaccato dal genere umano stesso, da come si esprime egli non sembra di essere parte del gruppo degli “umani”. Un esempio eminente di questa sua solitudine esistenziale è racchiuso anche in un suo componimento, formalmente a stampo futurista, nella rivista Pickwick da lui fondata. Il componimento si intitola Solo e questo è il suo incipit: «La mia anima crocefissa in un santuario d’altri tempi mentre il sole indora le vetriate del refettorio, e l’organo geme nell’ombra della cappella».

 

La grandezza di Bruno è racchiusa anche in quel suo maledettismo malinconico che unisce le correnti ottocentesche del maledettismo classico da Baudelarie, Rimbaud e Campana al Futurismo e le Avanguardie più sfrenate. Bruno, per sua natura, Il “Leopardi siciliano” è dunque la perfetta unione tra l’isolato poeta vate ottocentesco e il superuomo dannunziano/futurista. Antonio Bruno fu un grande intellettuale del primo Novecento, che merita di essere studiato e valorizzato maggiormente.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

A. Bruno, L’immorale signora Bovary: studio letto a Parigi al Circolo di letture italiane, ricorrendo il 1. centenario della nascita di Gustavo Flaubert: offerto agli gnostici da Maria d’Albavilla, il 2 compleanno del suo amore per Antonio d’Albavilla, Tip. Sorace e Siracusa, Catania 1930.

A. Bruno, Come amò e non fu riamato Giacomo Leopardi: studio letto all’Università di Roma il 7 maggio 1912, Tip. sociale Polizzi & Valentini, Roma 1913.

A. Bruno, Un poeta di provincia: schiarimento catanese in difesa della poesia, Edizioni futuriste di “Poesia”, Milano 1920.

A. Bruno, Opere, Comune di Biancavilla, Biancavilla 1987.

A. Bruno, Solo, in Pickwick, ristampa anastatica con un saggio introduttivo di Franco Sgroi, Andrea Livi editore, Fermo 2000.

E. Scuderi, Antonio Bruno, ignoto scrittore d’avanguardia, 1891-1932, «Filologia e letteratura», X, 1964.

Pickeick, Ristampa anastatica con un saggio introduttivo di Franco Sgroi, Andrea Livi Editore, Fermo 2000.

P.A. Sangiorgio, Antonio Bruno, un’avventura futurista le carte segrete, Biblioteca comunale Gerardo Sangiorgio, Biancavilla 2011.

Lucia V. ad Antonio Bruno, lettera, Milano 23 gennaio 1922 (113/ C94).

Giuseppe Ungaretti ad Antonio Bruno, cartolina postale in franchigia, Zona di Guerra 24 giugno 1916 (178/C 159).

Lettera di Antonio Bruno in risposta ad Alfio Bruno. Biancavilla 10/02/1922, per espresso postale, cm (323/F28).

Antonio Bruno, Pensieri e Ragionamenti. Quaderno 2°, manoscritto, (1/D1).

Antonio Bruno, Tema d’Italiano “I miei primi amici”, Catania 23 Novembre 1908, p. 1 (360/s5). 

RUBRICHE


attualità

ambiente

arte

filosofia & religione

storia & sport

turismo storico

 

PERIODI


contemporanea

moderna

medievale

antica

 

ARCHIVIO

 

COLLABORA


scrivi per instoria

 

 

 

 

PUBBLICA CON GBE


Archeologia e Storia

Architettura

Edizioni d’Arte

Libri fotografici

Poesia

Ristampe Anastatiche

Saggi inediti

.

catalogo

pubblica con noi

 

 

 

CERCA NEL SITO


cerca e premi tasto "invio"

 


by FreeFind

 

 

 

 

 


 

 

 

[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]