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N. 64 - Aprile 2013 (XCV)

Antonietta De Pace

Una donna al seguito di Garibaldi
di Federica Mirabile

 

Con il termine “Risorgimento” si indica quel periodo della storia d’Italia durante il quale il Paese riuscì a ottenere la propria unità, concentrando in uno Stato unico, il Regno d’Italia, gli stati preesistenti.

 

L’inizio del Risorgimento come movimento è stato collocato dalla storiografia subito dopo la fine del dominio napoleonico e il Congresso di Vienna del 1815, mentre il suo compimento effettivo viene fatto risalire all’annessione dello Stato Pontificio e allo spostamento della capitale a Roma nel 1871.

 

Un contributo importante nel processo di riunificazione territoriale e ideologica è stato riconosciuto a una donna salentina, Antonietta De Pace.

 

La De Pace è nata a Gallipoli, in provincia di Lecce, il 2 febbraio 1818 da Gregorio, banchiere napoletano trasferitosi nella cittadina jonica per ragioni di lavoro, e da Luisa Rocci Cerasoli, una nobildonna di origine spagnola.

 

Quando Antonietta aveva solo 8 anni, muore il padre in circostanze misteriose, forse avvelenato dal suo segretario che voleva impossessarsi dei suoi beni. La vedova viene così confinata in una casa di campagna mentre le sue figlie vengono rinchiuse nel monastero delle clarisse di Gallipoli.

 

Una volta raggiunta l’età, una delle sorelle accetta di sposare lo zio Stanislao De Pace mentre un’altra si unisce a Epaminonda Valentino, un patriota napoletano che si era distinto per essere riuscito a intrattenere una fitta corrispondenza politica tra Napoli e il Salento.

 

L’incontro con il cognato è risultato determinante nel trasferire nel cuore della donna gli ideali patriottici e così la giovane De Pace decide di entrare a far parte della Giovine Italia e, durante l’assenza di Epaminonda Valentino, si impegna a ricevere i corrieri da Lecce, da Taranto o da Brindisi.

 

Nel maggio 1848 si reca a Napoli insieme al cognato e, una volta ritornati a Gallipoli, Valentino viene arrestato insieme ad altri patrioti salentini e condotto nel carcere di Lecce dove si spegne a soli 38 anni. Dopo la fine prematura del cognato, la donna si trasferisce a Napoli insieme alla sorella e ai nipoti e da qui si impegna a rinnovare tutte le relazioni di Epaminonda con i patrioti ancora liberi o esiliati.

 

Collabora attivamente con il comitato napoletano della Giovine Italia e nel 1849 fonda un Circolo Femminile composto per la maggior parte da donne nobili o alto - borghese i cui parenti erano stati rinchiusi nelle carceri borboniche.

 

Insieme a queste donne si impegna a far da tramite tra i detenuti politici e i loro parenti e di far pervenire nelle carceri viveri, lettere e informazioni di carattere politico. Inoltre, grazie al prezioso aiuto di un cameriere che navigava periodicamente lungo la tratta Marsiglia-Genova-Napoli, la donna riesce a far arrivare informazioni importanti a Mazzini che in quel periodo risiedeva a Londra.

 

Obbligata a lasciare la casa che divideva con la sorella a causa delle sue attività clandestine, si rifugia nel convento di San Paolo e nel 1854, con l’intento di riuscire a comunicare più facilmente con i collaboratori della Giovine Italia, chiede alla madre superiora il permesso di recarsi a casa di Caterina Valentino, sorella del defunto cognato, con la scusa che questo trasferimento avrebbe giovato alla sua salute. Il 26 agosto 1855, però, viene arrestata dalla polizia borbonica proprio nell’abitazione della Valentino a causa del tradimento di un infiltrato della polizia borbonica.

 

La donna non si perde d’animo e ingoia davanti ai suoi carcerieri due proclami di Mazzini facendoli passare per pillole. Viene condotta nel commissariato di polizia e rinchiusa in una stanzetta per quindici giorni dove subisce vari interrogatori nel cuore di ogni notte.

 

Nonostante fosse riuscita a distruggere le prove più compromettenti, la polizia borbonica riesce a trovare nella sua stanza del convento di San Paolo, delle lettere che fanno pensare a documenti politici cifrati. Anche in questo caso la De Pace nega con abilità ogni accusa ma nonostante ciò viene trasferita per diciotto mesi nel carcere di Santa Maria ad Agnone. Intanto, il procuratore generale chiede la condanna a morte per la donna ma grazie a una parità di voti in sede di giudizio, viene assolta dall’accusa di cospiratrice. Il processo ha fatto molto scalpore perché l’imputato non solo è una donna ma fa parte anche dell’alta borghesia.

 

Una volta tornata libera, la donna è costretta a dimorare presso un parente, il cugino Gennaro Rossi barone di Capranica, e a essere continuamente sorvegliata dalla polizia. Tuttavia, non abbandona la sua attività di cospiratrice tanto da fondare a Napoli un comitato politico mazziniano grazie anche all’aiuto di alcune donne animate quanto lei dagli ideali patriottici.

 

Nel 1858 incontra un giovane prete liberale di Striano, Beniamino Marciano, e tra i due nasce presto un rapporto intenso sia dal punto di vista sentimentale, sia da quello politico. L’uomo diventa presto il segretario del Comitato femminile e insieme cercano di aiutare l’impresa garibaldina. Decide, inoltre, di abbandonare la casa del cugino e si stabilisce clandestinamente in via S. Giuseppe De Nudi, conosciuta a molti in quanto accoglie perseguitati politici e cospiratori.

 

Quando il 7 Settembre 1860 Garibaldi entra trionfante a Napoli con soli ventotto ufficiali, al suo fianco vi è anche la De Pace vestita con i colori della bandiera italiana. Garibaldi, visto il suo valore, le affida la guida dell’Ospedale di Gesù e le assegna una pensione di venticinque ducati al mese come riconoscimento delle sofferenze patite per la causa nazionale.

 

Il suo impegno politico, tuttavia, non è ancora terminato tanto da ricominciare a lottare per l’annessione di Roma al nuovo Stato e per questo motivo fonda un comitato di donne per Roma capitale. A causa di questo nuovo impegno politico viene nuovamente arrestata dalla polizia pontificia e rilasciata poco dopo grazie alle proteste del governo sabaudo e alla sua abilità nel distruggere le prove compromettenti.

 

Intanto, il sindaco di Napoli le affida le ispezioni delle scuole della sezione Avvocata e da questo momento in poi la De Pace si dedica, insieme al marito assessore alla Pubblica Istruzione di Napoli, all’attività educativa.

 

Nel 1884 la De Pace e suo marito si rifugiano in Puglia per sfuggire all’epidemia di colera ma, passato il pericolo, tornano a Napoli e la donna continua a dedicarsi all’educazione dei fanciulli e cerca di esortarli a fare dell’Italia una nazione prospera e grande.

 

Il 3 Aprile del 1893 la De Pace, costretta a letto da una forte bronchite, chiede al marito di bere un po′ di champagne e poco dopo muore.

 

La sua vita eroica, vissuta nel fervore del Risorgimento, è stata l’esempio più concreto alla nascita dell’Italia unita e unica.



 

 

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