N. 23 - Aprile 2007
50° ANNIVERSARIO DEI
TRATTATI DI ROMA
Presidenza
tedesca all'UE e il
rilancio del Trattato
Costituzionale
di
Valeria Crescenzi
1 Gennaio 2007. Si apre ufficialmente il semestre di
Presidenza tedesco all’Unione europea. La Germania
subentra alla Finlandia nella conduzione degli “affari
europei” in un momento particolarmente delicato della
vita dell’Unione.
Il tempo a disposizione è limitato (solo 6 mesi) ma alla
base del programma tedesco sembra esserci un grande
pragmatismo e una notevole dose di buona volontà.
Obiettivo principale della Presidenza è cercare di
rendere l’UE più efficiente e preparata ad affrontare
le sfide che il suo stesso avvenire comporterà.
Il programma di lavoro del Semestre è stato presentato dal
Cancelliere Angela Merkel in occasione della prima
sessione plenaria del 2007 del Parlamento europeo.
La peculiarità del programma, data la fase di
euroscetticismo che sta interessando il nostro
continente, è il cambiamento di ottica nella
conduzione dei lavori. I funzionari tedeschi
lavoreranno infatti a stretto contatto con i
funzionari di Portogallo e Slovenia, paesi che
seguiranno alla Germania nell’esercizio della
Presidenza, al fine di ampliare l’orizzonte temporale
a 18 mesi (concetto di “Presidenza Trio”).
Quattro le priorità fondamentali: processo costituzionale e
riforma; configurazione dell’avvenire economico,
sociale ed ecologico; progressi relativi allo spazio
di libertà, sicurezza e giustizia; configurazione
delle relazioni esterne dell’UE.
Tra le priorità di cui sopra, la questione attualmente più
delicata e allo stesso tempo urgente da risolvere è
senza dubbio quella concernente la ripresa del
processo di ratifica del Trattato costituzionale. Come
molti dei lettori ricorderanno, il Trattato sarebbe
dovuto entrare in vigore il 1° Novembre del 2006 a
seguito della ratifica da parte della totalità degli
Stati membri. L’esito negativo dei referendum in
Francia e in Olanda ha rallentato tale processo.
Vi sono inoltre altri 7 Paesi che hanno sostanzialmente
sospeso le procedure di ratifica. Nonostante le
molteplici difficoltà, quel che rileva è che 18 dei
Paesi membri abbiano già confermato il loro consenso
alla Costituzione.
È in tale contesto che si inserisce l’azione della
Presidenza tedesca. Attraverso un sistema di
consultazioni da avviare con tutti gli Stati membri,
si cercherà di giungere ad una soluzione quanto più
possibile efficace.
L’importanza del compito manifesta tuttavia notevoli
difficoltà. Se si considerano infatti gli anni
impiegati per raggiungere un accordo unanime sul testo
del Trattato e l’operato svolto dai governi degli
Stati membri, nonché dalle istituzioni comunitarie,
sembra essere poco conveniente riaprire i negoziati
per una riformulazione totale del testo
costituzionale. Piuttosto, sarebbe più saggio
ripartire dagli elementi di forza della Costituzione e
lavorare al fine di raggiungere un accordo reale sui
punti controversi.
Al fine di comprendere quali siano state le difficoltà
incontrate durante il processo di ratifica, è utile
spendere qualche parola sulle maggiori novità
introdotte dal Trattato.
Nella prima parte del testo, denominata “Disposizioni di
principio”, vengono descritte le caratteristiche
fondamentali dell’Unione e, rispetto al TUE, viene
evidenziata la duplice legittimazione dell’Unione
basata al tempo stesso sulla volontà degli Stati e dei
cittadini. È, questa, una novità importante in quanto
specifica che l’UE non è soltanto una Comunità di
Stati ma anche una Comunità di cittadini. Tale
disposizione rappresenta l’incipit di un processo di
riconoscimento e rivalutazione dell’elemento
popolazione che sembra ancora mancare al “Progetto
Europa”.
Il Trattato ha inoltre inserito elementi aventi natura
costituzionale vera e propria quali la bandiera,
l’inno, il motto “Uniti nella diversità” e la giornata
del 9 maggio quale giornata dell’Unione.
Ma la Costituzione europea prevede una vera e propria
riorganizzazione dell’intera struttura istituzionale
dell’Unione. La tradizionale struttura in pilastri
viene a cadere in favore di una migliore suddivisione
delle competenze tra UE e Stati membri; la tipologia
degli atti giuridici viene semplificata; la procedura
di codecisione in materia legislativa viene estesa;
vengono introdotte notevoli innovazioni nel campo
della politica estera come l’istituzione di un
Ministro degli Affari Esteri dell’Unione; nei
protocolli aggiuntivi sono infine contenute
disposizioni concernenti l’applicazione dei principi
di solidarietà e proporzionalità.
Una volta fornita una panoramica delle migliorie contenute
nella Costituzione, ci si potrebbe domandare come mai
allora molti cittadini abbiano votato “no” in
occasione dei referendum per la ratifica. Se il
Trattato costituzionale è costruito sull’esigenza di
avvicinare l’Europa ai cittadini, perché i cittadini
stessi hanno preferito dare un voto negativo?
Le ragioni del “no” probabilmente non hanno nulla a che
vedere con l’esperienza Europa in quanto tale, ma con
la paura che l’Europa non abbia i mezzi per poter
affrontare le sfide poste dai cambiamenti mondiali e
dalla globalizzazione. Ma non è tutto. A questo ordine
di preoccupazioni se ne aggiunge un secondo: la paura
per la disgregazione sociale e per la perdita della
propria identità. Nonostante l’importanza dell’ultimo
grande allargamento ad Est dell’Unione, che ha
definitivamente sancito la cancellazione di ogni
divisione all’interno del continente, gran parte
dell’opinione pubblica ha dimostrato di aver
“economicamente e socialmente paura” dei nuovi
cittadini europei.
Tali preoccupazioni richiedono quindi all’Unione una
politica energica ed efficace. L’UE deve essere in
grado di vincere lo scetticismo del cittadino europeo.
Nel momento in cui ai cittadini olandesi e francesi è
stato chiesto di votare per la Costituzione europea,
probabilmente non hanno ritenuto opportuno attribuire
maggiori poteri ad un gigante con i piedi d’argilla.
Il dibattito attuale sul testo del Trattato concerne in
buona sostanza la terza parte dello stesso. Mentre è
rilevabile un diffuso consenso sulle prime due parti
della Costituzione, sulla terza parte non è possibile
affermare che vi sia un accordo generalizzato.
Contenendo disposizioni sulla politica estera ed una
riorganizzazione dei rapporti tra UE e Stati membri,
tale porzione di Trattato presuppone un impegno
politico più stringente nella direzione della
creazione di un sistema che potremmo definire
unitario. La questione che si ripropone è, purtroppo,
sempre la medesima: la cessione di quote di sovranità
nazionale all’Unione. La sovranità, per definizione, è
potere supremo e originario dello Stato ed indica la
piena e totale giurisdizione dello Stato stesso sul
proprio territorio, nel rispetto dell’indipendenza e
dell’autonomia degli altri Stati. Nonostante i Paesi
membri dell’UE abbiano nel tempo voluto spontaneamente
cedere porzioni di sovranità al sistema comunitario,
considerandolo quale miglior opzione in termini di
interesse nazionale e sicurezza, sussistono ancora
reticenze da parte di alcuni Stati restii a cedere su
questioni sensibili come la politica estera.
Il ricorrere del 50° anniversario dei Trattati di Roma del
1957, coincidente peraltro con la Presidenza di uno
dei Paesi fondatori dell’Unione, rappresenta più che
mai un momento simbolicamente unico per poter
rilanciare il processo di integrazione europea. I
successi conseguiti in mezzo secolo di pace e
stabilità del nostro continente sono indubbi. Dopo le
due sanguinose Guerre mondiali, l’Europa è stata in
grado di procedere sulla via della pace e della
cooperazione attraverso un inedito processo di
creazione di una comunità sopranazionale fondata sui
valori della democrazia, dello stato di diritto e del
rispetto dei diritti dell’uomo.
Riaffermazione dei valori europei e scelta delle linee
guida in base alle quali impostare il futuro cammino
dell’Unione, saranno alla base della firma della
Dichiarazione di Berlino che avrà luogo il prossimo 25
marzo ad opera dei Capi di Stato e di Governo degli
ormai 27 Paesi membri.
Per dirla con le parole del Primo ministro belga Guy
Verhofstadt, la prova da affrontare è quella di
restituire all’Europa un’Unione in grado di “reagire
con forza ed entusiasmo alle sfide di oggi e di
domani. Niente risposte ambigue né burocratiche. I
cittadini vogliono scelte trasparenti e decisioni
chiare. Vogliono un progetto in cui credere.”
Il motto della Presidenza tedesca, “Realizzare l’Europa
insieme”, si rivela così essere più adeguato che mai. |