N. 62 - Febbraio 2013
(XCIII)
ANnA KULISCIOFF
Sulla FONDATRICE DEL PARTITO SOCIALISTA ITALIANO
di Laura Ballerini
Nel
1892
nasce
a
Genova
il
Partito
dei
lavoratori
italiani,
antenato
del
partito
socialista,
tra
i
cui
fondatori
vi
sono
Andrea
Costa
(1851–1910)
e
Filippo
Turati
(1857–1932),
entrambi
portati
al
socialismo
da
un
donna,
forse
la
vera
fondatrice
del
partito,
Anna
Kuliscioff
(1855–1925).
Per
comprendere
le
basi
da
cui
nasce
uno
dei
più
importanti
partiti
italiani,
e il
ruolo
fondamentale
della
Kuliscioff,
bisogna
tornare
indietro
di
qualche
anno,
alle
origini
del
socialismo.
Gli
anni
60 e
70
dell’800
furono
anni
di
grande
fermento
politico
in
Europa,
che
videro
diffondersi
le
teorie
rivoluzionarie
del
filosofo
prussiano
Karl
Marx
(1818–1883).
Vivendo
nei
quartieri
del
proletariato
industriale
londinese,
Marx
studia
da
vicino
gli
effetti
del
capitalismo
e
trova
nei
suoi
stessi
meccanismi
le
basi
per
crollare.
Nei
suoi
scritti
dunque,
egli
manda
un
messaggio
di
salvezza,
quasi
messianico,
in
cui
trasferisce
la
speranza
di
avere
una
vita
migliore,
dal
paradiso
alla
vita
stessa,
con
la
fede
nell’
inevitabile
caduta
del
capitalismo.
Lo
sfruttamento
della
classe
lavoratrice
è
dovuto
al
sistema
economico
capitalista,
vera
struttura
della
società,
che
di
conseguenza
va
abbattuto,
conquistando
lo
stato.
Nell’attesa
che
i
tempi
siano
maturi
per
la
rivolta
proletaria,
bisogna
creare
delle
organizzazioni
di
massa
socialiste,
che
preparino
ed
educhino
i
lavoratori
per
quando
verrà
il
momento
della
rivoluzione:
si
concretizza
in
Europa
la
lotta
marxista
nella
forma
del
partito.
Marx
venne
poi
a
contatto
con
le
idee
di
Mazzini
(1805
–
1872),
filosofo
e
patriota
italiano,
il
quale
però,
riteneva
che
la
causa
dell’oppressione
non
dovesse
ricercarsi
nell’economia,
ma
nella
forma
dello
stato:
egli
infatti
voleva
che
nel
suo
paese
si
costruisse
una
repubblica
democratica,
che
garantisse
l’armonia
fra
le
classi
sociali.
Nella
volontà
di
scardinare
Mazzini,
Marx
chiese
a un
altro
sostenitore
del
socialismo,
il
filosofo
russo
Michail
Bakunin
(1814–1876),
di
recarsi
in
Italia
(Firenze,
1865)
per
diffondere
le
teorie
della
rivoluzione.
La
situazione
italiana
però,
era
molto
differente.
Il
proletariato
industriale
era
ancora
una
piccola
minoranza,
in
confronto
al
grande
numero
di
braccianti
agricoli:
era
dunque
molto
difficile
diffondere
le
idee
socialiste
nei
grandi
latifondi
italiani,
dove
i
contadini
si
trovavano
isolati,
molto
distanti
gli
uni
dagli
altri.
Il
proletariato
era
passivo,
eterogeneo
e
inconsapevole,
e
Bakunin
riteneva
che
le
idee
marxiste
non
potessero
adattarsi
alla
società
italiana,
dove
non
era
l’economia
la
causa
dello
sfruttamento,
ma
lo
stato
stesso,
che
alimentava
la
disparità
fra
le
classi:
la
soluzione
non
era
la
conquista
dello
stato
(Marx),
ma
la
sua
immediata
distruzione,
e
dunque
l’Anarchismo.
Il
sentimento
Anarchico
prese
molto
piede
in
Italia,
soprattutto
in
Romagna,
manifestandosi
in
ribellioni
e
insurrezioni,
alcune
delle
quali
organizzate
da
Andrea
Costa,
che
per
questo
motivo
venne
incarcerato
nel
1874.
Nel
1879,
uscito
dal
carcere,
Costa
si
recò
in
Svizzera
dove
incontrò
Anna
Moiseevna
Rozenštejn.
Conclusi
i
suo
studi
di
filosofia
in
Svizzera,
Anna,
affascinata
dalle
idee
di
Marx,
tornò
in
Russia,
dove
la
situazione
di
miseria
e
sfruttamento,
la
portarono
definitivamente
al
socialismo:
le
sue
idee
rivoluzionarie
la
costrinsero
a
tornare
in
terra
elvetica,
e a
cambiare
il
nome
in
Anna
Kuliscioff
(che
in
Russo
significa
“manovale”).
Qui
conobbe
Andrea
Costa,
con
il
quale
ebbe
una
relazione
da
cui
nacque
la
figlia
Andreina.
Che
una
donna
fosse
così
istruita,
con
idee
forti
e
politicamente
impegnate,
non
era
una
cosa
solita
per
l’epoca,
inoltre
Anna
era
dotata
di
grande
carisma
e
capacità
persuasiva,
e
convinse
Costa
a
studiare
con
lei
il
socialismo,
avvicinandolo
alle
idee
Marxiste.
Costa
abbandonò
totalmente
la
posizione
Anarchica,
al
punto
che,
nel
1879
scrisse
da
Parigi
(dove
i
due
si
erano
trasferiti)
la
lettera
"Ai
miei
amici
di
Romagna",
dove
proponeva
di
abbandonare
l’idea
Anarchica
e
avvicinarsi
al
marxismo.
I
due
tornarono
in
Italia,
dove,
nel
1881,
il
governo
di
De
Pretis,
allargò
il
suffragio
a
chi
avesse
il
primo
biennio
elementare
e un
certo
reddito,
permettendo
di
accedere
al
voto
a
quella
parte
della
classe
operaia
(soprattutto
a
nord)
che
aveva
un
minimo
grado
di
istruzione.
Costa
dunque,
riuscì
a
farsi
eleggere
alla
camera,
accettando
di
partecipare
al
sistema
borghese
per
utilizzarlo
come
propaganda
della
lotta
proletaria:
egli
divenne
il
primo
socialista
eletto
alla
camera
dei
deputati.
Questo
compromesso
con
lo
stato
borghese
non
piacque
agli
ambienti
proletari
lombardi,
dove
il
“sacerdote
del
socialismo”
Costantino
Lazzari
(1857-1927)
non
voleva
nessun
contatto
borghese,
che
potesse
compromettere
la
“purezza”
del
socialismo.
Il
panorama
italiano
si
divideva
dunque
in
tre
grandi
movimenti:
i
Socialisti
Operaisti
di
Lazzari
(il
termine
operaista
vuole
sottolineare
la
volontà
di
nessun
compromesso
con
la
politica),
i
Socialisti
Rivoluzionari
con
Costa
(che
invece
usavano
le
istituzioni
politiche
per
la
lotta
socialista)
e
gli
Anarchici.
La
relazione
tra
la
Kuliscioff
e
Costa
si
concluse
nel
1881,
pur
mantenendo
ottimi
rapporti,
ed
ella
conobbe
in
seguito
un
giovane
avvocato
borghese,
democratico,
sensibile
alla
situazione
delle
classi
operaie:
Filippo
Turati.
Come
si
evince
dalle
loro
lettere,
i
due
ebbero
una
relazione
molto
profonda,
in
cui
condividevano
ogni
aspetto
della
loro
vita,
che
si
concluse
con
la
morte
di
lei
nel
1925.
Turati
venne
persuaso
anch’egli
ad
abbandonare
le
sue
posizioni
democratiche
per
abbracciare
il
socialismo.
Il
suo
obbiettivo
divenne
quello
di
creare
un
partito
nazionale,
con
l’intento
di
escludere
gli
Anarchici
e
provare
a
unire
i
socialisti
operaisti
con
quelli
rivoluzionari
di
Costa,
cercando
un
punto
di
convergenza
anche
con
le
associazioni
per
i
lavoratori,
meno
politicamente
definite.
Nel
1892
a
Genova
si
festeggiavano
i
400
anni
dal
viaggio
di
Colombo,
e
per
tal
motivo
c’erano
molti
sconti
su
treni
e
alberghi,
permettendo
dunque
una
più
facile
affluenza.
Venne
fondato
il
Partito
del
Lavoro,
o
dei
Lavoratori
con
l’obbiettivo
di
creare
una
struttura
che
potesse
canalizzare
la
volontà
delle
masse
in
parlamento.
Turati
andò
alla
guida
del
partito:
egli
era
un
uomo
intellettualmente
molto
valido,
non
interessato
al
denaro,
ma
psicologicamente
debole,
che
con
fatica
reggeva
le
tensioni
del
suo
ruolo.
Spesso
accusava
i
sintomi
di
quelle
oggi
verrebbero
definite
malattie
psicosomatiche,
e
Anna
gli
rimase
sempre
vicina,
facendo
da
pungolo
e da
puntello,
e
lasciandosi
aiutare
nella
difficile
situazione
che
il
suo
ruolo
di
donna
interessata
alla
politica
comportava.
Quando
si
studia
la
storia,
ma
soprattutto
la
storia
dei
partiti,
non
bisogna
mai
dimenticare
che
si
parla
di
uomini,
dei
loro
grandi
ideali,
ma
soprattutto
dei
loro
limiti,
antipatie,
attitudini
e in
questo
caso,
relazioni.
In
una
storia
fatta
dagli
uomini,
una
donna
intellettuale
deve
usare
le
voci
di
altri
per
arrivare
dove
la
sua
non
riesce:
e
quando
l’amore
e
gli
ideali
vanno
a
identificarsi,
ecco
che,
a
fine
800,
anche
un
donna
può
fondare
un
partito.